Editoriale
Occupiamoci dell'umanità

di Giovanni Sarubbi

«Perché cercate tra i morti colui che è vivo» (Luca, 24,5)
Ho più volte riflettuto su questa frase del Vangelo di Luca ma mai come in questi giorni mi è stata chiara nel suo significato profondo. E’ la frase che due uomini in abito sfolgorante rivolgono alle donne che erano andate al sepolcro di Gesù dopo la sua crocifission e morte. Cercavano un morto, si aspettavano di trovarlo per compiere i riti prescritti dalla legge, ma due persone sconosciute (come lo sconosciuto che si avvicina ai discepoli di Emmaus sempre nel Vangelo di Luca) gli dicono di cercare fra i vivi. Non occupatevi di cose morte, ma occupatevi di persone vive. E’ l’umanità che vive, che soffre, che ama, che cerca giustizia, che aspetta una buona notizia per la propria liberazione, che deve essere la vostra preoccupazione principale. Li c'è risurrezione, li c'è la via indicata da Gesù, li c'è quello che lui amava e che ha indicato ai suoi dicepoli: occupatevi dell'umanità derelitta, promuovete la liberazione dei poveri,  non perdete tempo con riti assurdi, con vuote preghiere, con diatribe inutili.
Ecco anche nella parte finale dei testi evangelici c’è un invito a mettere al primo posto della propria vita l’umanità. E’ l’umanità che deve essere al centro delle nostre attenzioni, non la teologia, non la discussione sulla natura di “dio”, non la definizione di dogmi o di strutture di dominio, non la vendita del sacro, l’inventare caste sacerdotali per schiavizzare le persone. Tutte cose morte, che producono morte. Voi invece occupatevi dei vivi, ci dice l’evangelo, è lì che si trova la resurrezione.
Domani parteciperò al convegno di Firenze dal titolo “Il Vangelo ci libera, e non la legge” per il quale abbiamo preparato un documento che pone in modo radicale la necessità di mettere al centro della riflessione e soprattutto dell’azione proprio l’umanità. Già lo abbiamo fatto lo scorso anno proponendo come riflessione l’affermazione “Umanità Dio dei cristiani”. Lo ripetiamo oggi con la speranza che si possano superare le tante contorsioni verbali che non aiutano a risolvere la dicotomia fra parole e azioni, fra formulazioni teologiche e vita concreta dei cristiani, fra proclamazione dell’amore da un lato e benedizione delle guerre dall’altro, o fra amore e antisemitismo, o fra amore e razzismo e via dicendo. Affrontare la crisi della religione cristiana fondata dall’imperatore Costantino al Concilio di Nicea nel 325 d.c. non è più rinviabile perché siamo ad un punto di svolta epocale. Non servono pannicelli caldi di fronte ad una umanità che può autodistruggersi in ogni momento vista l’enorme quantità di armi di distruzione di massa che le nazioni, soprattutto quelle che si dicono cristiane, hanno accumulato nel corso degli ultimi sessant’anni.
E coloro che hanno vissuto l’esperienza del Concilio Vaticano II non possono più limitarsi ad essere i nostalgici di quelle esperienze o pensare che le varie gerarchie ecclesiastiche possano cambiare la loro azione concreta semplicemente riproponendo, quasi si trattasse di norme legali, i documenti del Concilio o una loro rilettura. Non serve la nostalgia, servono azioni concrete, gesti concreti che ci spingano verso i vivi e non verso i morti.
E’ con questo spirito che parteciperemo all’incontro di domani e ci auguriamo veramente di poter contribuire a costruire quella “buona notizia” che l’umanità attende.
Giovanni Sarubbi
 

I documenti relativi al primo convegno del 16 maggio 2009

18/05/2009 - Editoriale
Umanità Dio dei cristiani di Giovanni Sarubbi
Testo dell'intervento che avremmo voluto leggere il 16 maggio scorso a Firenze all'incontro "il vangelo che abbiamo ricevuto"

22/05/2009 - Editoriale
Una possibilità da non lascirsi sfuggire,di Giovanni Sarubbi
Un contributo al dibattito sul convegno dei cattolici del 16 maggio a Firenze

05/05/2009 - Il Vangelo che abbiamo ricevuto
 Il contributo della Redazione del sito www.ildialogo.org all’incontro di Firenze del 16 maggio



Venerd́ 05 Febbraio,2010 Ore: 17:28