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Quando la coscienza è addormentata...

LA PRIMA GIORNATA DI P. ALBERTO MAGGI (Venerdì 16 novembre seconda parte)
Avevo fame e non mi avete dato da mangiare(mt. 25,42)


rielaborazione di Giuseppe Castellese

Dal convegno di Cefalù 15-18 novembre 2007


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Con Gesù, Dio non più “prigioniero sacro”

La prerogativa della religione (di tutte le religioni, di tutti i tempi) è “avere l’esclusiva di Dio”: un inattaccabile monopolio con cui ingrassare i suoi sacerdoti. Dio è possibile incontrarlo soltanto nel tempio, casa gestita in esclusiva dalla casta sacerdotale dove l’accesso è permesso a pochi eletti, poche persone qualificate soprattutto per censo, a condizioni predeterminate e con precisi rituali. Diremo, quindi, che “la massa”, i poveracci, i peccatori, gli impuri sono tenuti fuori dalla presenza di Dio e ciò, sia che uno non possa (condizioni socio-economiche), sia che non voglia, o si trovi in una sua “preventivata” situazione morale, religiosa che ti esclude. Ma con Gesù Dio esce dal tempio e va incontro proprio agli esclusi. La discriminante “ufficiale” era la “impurità”: se non sei puro, non puoi essere ammesso alla presenza di Dio (che è purezza o santità assoluta) dice la legge dei sacerdoti. Come è possibile purificarti? Solo se offri a Dio il capro (puro perché allevato secondo i canoni del tempio) Con Gesù salta l’intera impalcatura “commerciale”: non c’è da distinguere tra puri e impuri, osservanti e non, tra ammessi e esclusi. Anche Pietro, dopo l’esperienza del Centurione quando vede lo spirito scendere su un pagano (cosa inverosimile e incredibile) capisce che non c’è “neanche un uomo” che possa essere considerato impuro. Con Gesù non c’è persona esclusa dall’amore di Dio. Gesù apre il varco e va incontro alle persone.

Il crimine della religione: l’invenzione del peccato

Per mantenere il monopolio del sacro la religione “convince di peccato” le persone: siete in peccato, dunque non potete avvicinare il Signore a meno che non venite dai sacerdoti che vi purifichino. Ma, a queste persone intimorite dalla religione, ora va incontro Gesù: queste persone convinte di non potersi accostare al dio del tempio, ora è il Dio Gesù che si fa loro incontro per comunicare a tutti amore. Dio non discrimina: non c’è “neanche una persona” che possa sentirsi discriminata da Dio per la sua condizione o situazione personale. Con Gesù si realizza “un cambio radicale” nel comportamento dei credenti: non più il rispetto della legge è il discrimine ma l’amore del padre e soprattutto “quello che fai” verso i fratelli.

Da questo momento Gesù “ignorerà la legge di Dio” (la legge di Mosè) semplicemente perché la legge non esiste: se Dio è amore, esso non può esprimersi mediante la legge. E “la legge” resta il “vuoto contenitore” da sempre strumento di potere, dominio e prestigio delle autorità religiose. La prova di tutto? Nei vangeli mai la legge di Dio è invocata a favore delle persone ma sempre a beneficio della casta sacerdotale; mai i sacerdoti citano la legge di Dio quando essa è a favore delle persone.

Gesù si oppone al terrorismo religioso

E, dunque, mai Gesù agisce perché mosso dalla legge di Dio; egli agisce perché mosso dall’amore del Padre; mai per il bene della dottrina ma sempre per il bene dell’uomo.

Ecco dove e come si manifesta la “mens” di Gesù in merito: “e saranno riunite davanti a lui tutte le nazioni pagane ed egli separerà gli uni dagli altri come il pastore separa le pecore dai capri”.

Siccome la religione non può convincere “le persone” (una persona che ragiona con la propria testa non accetta i dettami irrazionali della religione), per indurle all’osservanza dei suoi insegnamenti ricorre al terrorismo. Ecco formulata la minaccia terroristica: chi trasgredisce la legge presentata come legge divina si vedrà tra capo e collo tutte le disgrazie di questo mondo. E giù, ad esempio, le 52 maledizioni del libro del Deuteronomio, capitolo 28, 15: …“se non obbedisci alla voce del signore tuo dio, se non hai cura di mettere in pratica i suoi comandamenti e tutte le sue leggi, io ti dirò che tutte queste maledizioni cadranno su di te”.

Che dire!?: quello è il libro del Deuteronomio, è “parola di dio”. E la parola di dio non inganna! E la gente ci crede e soprattutto ha paura! Come non aver paura se delle 52 maledizioni te ne vengono assicurate 52 su 52! E via col florilegio! “lo spavento, la peste, la febbre, il carbonchio l’ulcera, e poi (oh! la fantasia del Padre eterno) le morroidi da cui non potrai guarire!”

Ma ancora: la vendetta del Signore non si laca. Egli ti colpirà di cecità, di confusione mentale; ti colpirà alle ginocchia, alle cosce con ulcera maligna. E poi la perfidia sottile: ti fidanzerai con una donna, ma un altro la praticherà; il tuo bue sarà ammazzato sotto i tuoi occhi, ma tu non ne mangerai. E ancora: “peste, consunzione, febbre, infiammazione, arsura, siccità, ruggine, le ulcere d’Egitto, bubboni, scabbia e prurigine, delirio cecità e pazzia”. E infine l’autore, non contento… e se pure avessi dimenticato qualche maledizione, allora anche le numerose malattie non menzionate in questa legge il Signore le farà cadere presso di te.

L’immagine di un dio abominevole

Così il Signore prenderà “piacere” a farvi perire e a distruggervi strappati dal paese. … e se tornerete in Egitto ad offrirvi come schiavi… mancherà il compratore!

Alla fine… noi abbiamo riso! Certo, un testo antico si presta al riso; ma attenzione chissà tra qualche anno altri, quanto rideranno di noi, delle nostre paure. Attenti! perché la religione continua ad usare gli strumenti della paura e del terrore. Contro tanta aberrazione non ci resta che “aprire gli occhi” e crescere secondo l’insegnamento di Gesù.

Il terrore del giudizio universale

Terrorismo anche su di noi? In effetti una immagine ha angosciato generazioni di credenti: l’immagine del giudizio universale. Però oggi noi abbiamo la fortuna di dimostrare che questa minaccia non ha diritto di cittadinanza nel Vangelo. Certo i pittori si sono sbizzarriti ad illustrare questo giudizio; basta pensare alla Cappella Sistina: qui, ai pochi eletti (quasi tutti religiosi) corrisponde una gran massa di dannati in scene in cui sembra si sia dato sfogo al sadismo, al masochismo più esasperato. Ma come non ricordare che, fino ad alcuni decenni fa, si faceva violenza sulla fantasia popolare? il giorno del giudizio universale… avremmo avuto scritto sulla fronte tutto; tutto quanto anche le più piccole marachelle. Tutto, tutto, tutto? E tutti a coprirsi sta fronte!

Il giudizio di questo dio terribile! e …alla Gregoriana, la pontificia università frequentata da preti, suore, laici impegnati, al questionario “se nel giorno del giudizio avessi facoltà di scegliere il giudice, chi preferiresti?” Badate: nessuno scelse il Padre Eterno e, invece, al primo posto la Madonna, al secondo Papa Giovanni e al terzo, declassato, san Giuseppe. Ecco il frutto del crimine dell’istituzione religiosa: qui c’è un’autentica bestemmia; la bestemmia del volto di Dio col presentare le creature più buone del padre eterno!

Per i credenti nessun giudizio

Ebbene, tanto terrorismo è immotivato! Perché? perché “il giudizio universale”, semplicemente, è assente dai vangeli: ecco perché è importante l’esatta interpretazione dei vangeli.

I termini del problema: intanto, il giudizio di cui parlano i vangeli riguarda le nazioni (etnie) pagane e, già ci consoliamo dato che esso risulta “meno universale”: non è per tutto il mondo. Si vero è, c’è il giudizio per Israele, che Gesù ha affidato ai dodici discepoli (le 12 tribù);e poi c’è questo giudizio che è limitato ai pagani.

E per i credenti? per i credenti non c’è nessun giudizio. Per il fatto di avere accolto Gesù come modello per la propria esistenza ed avere orientato la propria vita verso il bene degli altri, siamo già nella pienezza della vita eterna. Non c’è nessun giudizio per chi crede e segue Gesù. Perciò Paolo nelle sue lettere arriva a dire “noi che siamo risuscitati”; e, dunque, noi che abbiamo accolto Gesù, noi che, pur con le difficoltà, le imperfezioni e le debolezze che ci angustiano, abbiamo orientato la nostra vita verso il bene degli altri, siamo già nella pienezza della vita eterna e non andiamo incontro a nessun giudizio.

Ed ecco la domanda d’obbligo: se c’è gente che non ha sentito mai parlare di Dio, quelli che non l’hanno conosciuto, in base a cosa saranno giudicati?

Allora il re…

Ribadiamo: Israele sarà giudicata dai 12 discepoli; poi c’è il giudizio per le nazioni pagane . In questo caso vale quanto è scritto: “ed egli separerà gli uni dagli altri come il pastore separa le pecore dai capri”.

Un breve esame della terminologia adoperata dall’evangelista: prima Gesù si è presentato come il figlio dell’uomo cioè l’uomo che ha raggiunto la condizione divina; ora Gesù si presenta come pastore. Qui non emerge nessuna paura o timore: il pastore è Gesù, il pastore che si prende cura delle pecore, il pastore che va in cerca della pecora smarrita, il pastore che offre la vita per le sue pecore.

E dunque, il pastore separa le pecore dai capri. Gesù parla facile: egli si rifà alla pratica palestinese, dei beduini. Presso costoro la sera i greggi venivano separati per la mungitura. E allora “Egli porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sua sinistra.

“Allora il re”… i passaggi lessicali sono importanti: prima il figlio dell’uomo, poi il pastore, poi il re: qui si intende il re ideale, il tipo di re che Israele, dopo il fallimento della monarchia, aspettava: nella tradizione biblica il re ideale era quello che si prende cura degli orfani e delle vedove. Gli orfani e le vedove sono due categorie umane che non hanno un uomo, un maschio che pensi a loro. Allora il re nella simbologia ebraica indica colui che si prende cura di quelli di cui nessuno si prende cura.

Venite benedetti dal Padre mio

Ecco, Gesù si presenta come il re e dirà a quelli che stanno alla sua destra: venite benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo.

Data la tradizione, ebraica prima, poi cristiana che “il re avrebbe letto nel libro”, ci chiediamo: come ha fatto Gesù a riconoscere quelli che sono benedetti?

La risposta: egli ha fatto come il pastore che separa le pecore dai capri. Gesù non ha bisogno di consultare alcun libro, Gesù come il pastore, distingue prontamente quelli che hanno orientato la propria vita a favore degli altri e quelli che invece sono vissuti solamente per se stessi.

Tutto questo Gesù l’aveva prefigurato nel Vangelo: nella rete tirata dal pescatore si trovano pesci buoni e pesci marci (non ci sono pesci cattivi poiché Gesù non emette un giudizio morale): i pesci non sono cattivi, ma senza vita, marci e per questo vengono scartati. Non vengono scartati per la loro condotta, vengono scartati perché si tratta di pesce marcio, inutile.

Gesù distingue prontamente quelli che hanno vissuto per gli altri e ci dice che chi orienta la propria vita agli altri, inizia dentro di se una progressiva trasformazione anche nel fisico. Se l’occhio che è in te è luminoso, tutto il tuo corpo sarà luminoso.

L’occhio luminoso nell’espressione ebraica è sinonimo di generosità. E chi è generoso? Chi ha orientato la propria vita per gli altri. Una persona che vive per gli altri, lo diciamo anche noi, è una persona splendida.

Il padre di Gesù non è il dio della religione

Gesù, dunque, non ha bisogno di consultare il libro, vede ad occhio. E vede le persone che sono splendide e le persone che sono invece tenebre. Ed ecco l’indicazione di Giovanni evangelista: anzitutto “benedetti” dal padre mio. Il padre di Gesù benedice queste persone e vedremo perché, e dice: ricevete il regno preparate per voi fin dalla creazione del mondo.

Il Dio che emerge dai vangeli, il Dio di Gesù, il Dio che sarà sviluppato e compreso in maniera teologica attraverso la profonda riflessione, è un dio completamente diverso da quello della tradizione religiosa. Il dio della religione è un dio sempre scontento dell’umanità; un dio che si affaccia, guarda la terra e si ritrae nauseato: sono tutti malvagi, tutti cattivi, tutti peccatori: questo è il dio della religione.

Il Padre di Gesù, guarda l’umanità… che meraviglia! Quanto son belli!. E non è che abbia un difetto di vista, non è che non veda la realtà così come è, ma Dio vede l’uomo “così come può diventare se accoglie il suo amore”.

Dio talmente innamorato della sua creatura

È un Dio talmente innamorato della sua creatura che, ce lo dice Gesù e la parola di Gesù è vera, fin dalla creazione del mondo, quindi prima ancora di creare il mondo, aveva pensato a ognuno di noi… per cosa? Per dare in eredità il regno.

Vediamo di comprendere queste espressioni: sono formule, parole tanto lontane da noi che ci sembrano incomprensibili. Perciò ci facciamo aiutare da Paolo: la lettera agli efesini si apre con un inno che è la meraviglia dell’ottimismo di Dio sul creato. Dice Paolo che “in lui, in Gesù, Dio ci ha eletti prima della creazione del mondo”.

Riflettiamo su questo: prima ancora di creare il mondo, Dio aveva pensato a me. Aveva pensato a ognuno di noi. Per cosa? Per renderci suoi figli adottivi.

Non figli, ma figli adottivi

È una espressione straordinaria: l’adozione di un potente, non era l’adozione come noi la intendiamo, non era l’adozione di un bambino all’interno dell’amore di una famiglia. Adozione qui era qualcosa di ben diverso. È l’adozione di un potente, l’adozione di Dio!

Tentiamo di capire: quando l’imperatore o un re vedeva approssimarsi la fine della sua esistenza, non lasciava in eredità il regno ai figli che di solito erano cresciuti nella bambagia! Sceglieva, invece, tra i generali, tra i suoi valorosi, chi riteneva avesse le sue stesse qualità onde poter continuare a portare avanti il suo impero come lui e meglio di lui. Ecco (per approssimazione) cosa significa essere figli adottivi di Dio! Dio ci stima tanto e soprattutto Dio ha tanto bisogno di noi che ci chiede di collaborare alla sua azione creatrice.

Collaborare alla azione creatrice

La creazione non è terminata! finché ci sarà male e sofferenza nel mondo, la creazione non è terminata.

Nei primi capitoli del libro del Genesi leggiamo di quel paradiso, di quell’armonia tra l’uomo e la donna, tra gli uomini e la natura! Ebbene, quella non è la descrizione di un paradiso irrimediabilmente perduto, ma la profezia di un paradiso da costruire. Come? collaborando all’azione creatrice del Padre.

Prima della creazione del mondo, Dio ha pensato a chi? A quanti avrebbero potuto collaborare con lui e come lui a creare questo mondo. E come si collabora alla creazione di questo mondo? cosa bisognerà fare di strano? Eccola la sorpresa: “benedetti! perché io ho avuto fame e m’avete dato da mangiare”. Tutto qui: collaborare all’azione creatrice del Padre, significa esercitare nella vita opere che comunicano vita agli altri.

Tutto qui: “ho avuto sete e m’avete dato da bere, ero straniero e m’avete ospitato. Nudo e m’avete vestito, malato e m’avete visitato”. Per collaborare alla creazione basta avere una risposta d’amore, una risposta di misericordia nei confronti di chi ha bisogno. Collaborare all’azione creatrice di Dio significa comunicare vita a chi vita non ha.

Dio Padre non chiede per se

Ma avete notato? sono sei azioni chiamate teologicamente le sei opere di misericordia: in nessuna di queste viene chiesto conto del comportamento nei confronti della divinità. Quelli sono benedetti dal Padre mio, non perché hanno pregato, non perché hanno creduto o hanno offerto sacrifici, ma perché hanno dato vita agli altri.

Gran parte dell’umanità non conosce Dio, gran parte dell’umanità lo ha rifiutato forse “giustamente” dato che, presentato in una maniera talmente atroce, nessuna persona che ragioni con la propria testa potrebbe accettare un dio del genere. Ce lo diceva pure il Concilio che la colpa, la responsabilità prima, dell’ateismo ricade su noi cristiani.

Quando si presenta il Padre di Gesù, è difficile che una persona, a meno che non abbia particolari problemi, possa rifiutarlo. Il Padre di Gesù non diminuisce l’uomo ma lo potenzia. Il padre di Gesù si mette a servizio degli uomini, perciò non può essere rifiutato; ma il dio che minaccia, il dio che castiga, il dio che condanna, questo gran parte dell’umanità, a ragione, lo ha rifiutato.

Il giudizio finale per i non credenti

Allora per queste persone quale è il giudizio? Cos’è che consentirà loro di avere la vita eterna?

Non per il rapporto (che non ha avuto) con Dio, ma per il rapporto che hanno avuto con le altre persone.

Nella tradizione ebraica per entrare a far parte della benedizione, della ricompensa di dio, bisognava avere osservato la legge. Ma Gesù toglie la legge: quello che è negli intendimenti di Dio, non è se hai osservato la legge, ma il comportamento verso l’altro. Ecco la novità portata da Gesù: la novità di Gesù è che all’orizzonte del credente c’è soltanto il bene dell’altro. Non c’è nient’altro. Non è la legge che determina la condotta dell’uomo, ma un atteggiamento di misericordia nei confronti dei bisognosi ed i sofferenti della terra.

Ero carcerato e m’avete visitato

L’ultima azione elencata da Gesù l’abbiamo lasciata da parte perché tutte le altre opere di misericordia, tranne questa, erano conosciute nel mondo antico: anche presso gli scrittori pagani si trovano questi elenchi di opere di misericordia. Ma sia nei testi religiosi, sia nei testi pagani, non si trova questa categoria con la quale il Signore, ora, si identifica. Gesù si identifica con gli ultimi della società: si identifica con gli affamati, stranieri, assetati, i nudi, e cosa veramente scandalosa per l’epoca, col carcerato!

Il carcerato veniva considerato una persona giustamente punita per le sue colpe. Verso il carcerato non c’era nessun sentimento di compassione o di misericordia: era responsabile della propria condanna. I carcerati erano gli emarginati più emarginati!

Visitare i carcerati non era roba da poco! A quell’epoca i carcerati erano detenuti… in attesa dell’esecuzione capitale. Non venivano mantenuti a vita nelle carceri. E la loro sopravvivenza non era affidata ai carcerieri: dovevano essere i familiari o gli amici a portar loro da mangiare. Non ci pensavano i carcerieri.

Visitare il carcerato non significava… fare una visita di conforto; significava, invece, dare vita a quelle persone che la religione o la società civile non riteneva degni di alcuna compassione. L’attenzione verso i carcerati sarà una costante della missione di Gesù.

Prima di Gesù i giusti (nella bibbia il giusto significa il fedele) erano “fedeli” all’osservanza della legge; con Gesù tutto cambia: non è più la legge che determina il comportamento delle persone ma l’amore dell’altro. Questi che Gesù chiama giusti non sono più i fedeli alla legge, sono, invece, i fedeli all’amore degli altri.

Gesù rivoluziona la relazione tra credenti

A persone che credevano in una religione, Mosè, servo di dio, aveva imposto attraverso il terrore e la paura una alleanza tra “i servi” ed il loro signore basata sull’obbedienza; Gesù il figlio di Dio, propone una relazione non più tra servi e il signore, ma tra i figli e il Padre; una relazione non basata sull’osservanza della legge, ma sull’accoglienza e la somiglianza del suo Amore.

Nelle religioni, dunque, il credente è colui che obbedisce a Dio, osservando le sue leggi; con Gesù il credente è colui che assomiglia al Padre praticando un amore simile al suo. E l’amore del padre è amore che si rivolge a tutte le creature che hanno bisogno ma “senza chiedere conto”.

Non chiede al carcerato: sei qui? dunque te lo sei meritato!. Non chiede conto allo straniero, non chiede all’affamato perché ha fame. Non fa domande: il fatto che uno abbia fame è motivo sufficiente per dargli da mangiare.

Il giusto con Gesù non sarà il fedele osservante della legge, (che non determina più la condotta del credente): è la legge, infatti, che impedisce agli uomini di avvicinarsi a Dio. È la legge con la categoria del puro e dell’impuro che separa gli uomini da Dio.

Ogni legge, per quanto bene sia fatta, non può andare incontro ai bisogni, alle esigenze delle persone. Se noi ci mettiamo a fare una legge, forse andrà bene alla maggioranza ma non a tutti e allora gli altri sono esclusi. La legge, fosse pure la legge divina, discrimina le persone: infatti alcuni possono osservare queste regole, altri possono osservarle a costo di grandi sacrifici, altri per la loro situazione religiosa, morale, civile, saranno nella impossibilità di osservarla. E quindi, per la religione, restano gli esclusi da Dio.

È la legge, dunque, che allontana gli uomini da Dio, che impedisce agli uomini di ricorrere a Dio. Perciò con Gesù non è più la legge, ma è l’amore a determinare il comportamento.

Quando ti abbiamo visto affamato?

Allora gli chiedono: “Signore quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere, quando straniero e ti abbiamo ospitato? Nudo e ti abbiamo vestito e quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti da te”. Ed ecco la risposta clamorosa di Gesù. Gesù, colui che si era presentato “figlio dell’uomo”, poi “pastore” ed ora “re”, dirà: “in verità vi dico ogni volta (cioè tutte le volte) che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli insignificanti”.

Gli invisibili, gli insignificanti e le persone pie

Gesù chiamerà fratelli i suoi discepoli, ma qui anticipa che i fratelli sono le persone insignificanti. Quelle persone che sono “gli invisibili” le persone che noi ignoriamo, sono i fratelli di Gesù. Gesù li considera suoi fratelli. Se avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli cioè insignificanti, l’avete fatto a me.

Gesù considera fatto a se quello che viene fatto agli altri, ma attenzione! perché una errata interpretazione di questo brano ha dato adito a quella ipocrita spiritualità di vedere Cristo nel povero.

Le persone sopracitate hanno aiutato l’affamato non perché ci vedevano Cristo (tant’è che non lo riconoscono), ma perché era affamato. Non hanno accolto lo straniero perché hanno pensato di accogliere Cristo. Questi, del Signore non sanno niente; di fatti si meravigliano: ma quando mai ti abbiamo dato da mangiare, quando ospitato? questi hanno fatto azioni nei confronti dei bisognosi, non del Signore.

Una interpretazione ipocrita di questo brano ha fatto nascere quel meccanismo che suggerisce di amare gli altri perché in loro c’è il Signore. Una ipocrisia tremenda. Io devo amare il povero perché? perché è povero, non perché c’è il Cristo. Che direbbero se scoprissero che nell’affamato non c’è il Cristo?… concluderebbero: “che, tu affamato, ci resti!”

Non si amano gli altri perché in essi c’è il Signore! ma con il Signore e per il Signore, si amano gli altri così come sono. Non si deve pensare alla ricompensa divina!

E siamo alla solita nenia! nella religione il traguardo è Dio; tutto quello che nella religione l’uomo fa, lo fa per Dio (prego per Dio, servo l’altro perché Dio poi mi ricompensa, acquisto meriti presso Dio). Con Gesù, Dio non è più il traguardo dell’esistenza ma è l’inizio. È Gesù che prende l’iniziativa di amarci e noi, avvolti da questo amore, con lui e come lui amiamo l’altro così come è: sia esso pidocchioso, sporco, insopportabile.



Domenica, 13 gennaio 2008