- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (2)
Visite totali: (643) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org RICORDARE DANILO DOLCI A VENT’ANNI DALLA MORTE,di Raffaello Saffioti

RICORDARE DANILO DOLCI A VENT’ANNI DALLA MORTE

di Raffaello Saffioti

DA GIOVANE VOLEVA SCOPRIRE L’ANIMA DELLA VITA
L’ “ULTIMO” DOLCI: “COMUNICARE, LEGGE DELLA VITA”
Non sono un antropologo o un sociologo scolastico, non so bene chi sono.
Cerco di studiare il rapporto e come le sue condizioni inducono.
DANILO DOLCI (1988)
Per me Danilo è stato uno dei due italiani più importanti del secolo scorso.
L’altro è Gramsci. Tutt’e due scrittori. Tutt’e due incarcerati.
JOHAN GALTUNG (2004)
 
Come ricordare Danilo Dolci nel ventesimo anniversario della morte, avvenuta il 30 dicembre del 1997? Cosa dire di nuovo rispetto alle varie commemorazioni degli anni passati?
Sono state già varie e molteplici le occasioni nelle quali l’ho ricordato sulle pagine del giornale “il dialogo”.
Sono sempre convinto che gli anniversari dei grandi autori devono evitare la retorica delle commemorazioni celebrative e servire, invece, come occasioni per studiarli e cercare una sempre migliore conoscenza, per attualizzarli e farli rivivere.
Ora c’è da chiedersi: cosa dire di nuovo?
Col passare degli anni, ripensando la vita di Dolci, rileggendo le sue opere, si scopre sempre meglio il carattere profetico del suo pensiero. Come, da lontano, si vedono meglio le vette degli alti monti.
Dal 1952, da quando andò a Nomadelfia, da don Zeno, fino al 1997, si coglie una linea evolutiva, ma anche un filo unitario che collega le varie fasi nelle quali può dividersi la sua vita.
C’è molto da esplorare, per definire la sua personalità, al di là delle definizioni ricorrenti che non colgono la sua complessità. “Sociologo”, “educatore”, “poeta”: sono le più ricorrenti.
Ma egli stesso scrisse: “Non sono un antropologo o un sociologo scolastico, non so bene chi sono. Cerco di studiare il rapporto e come le sue condizioni inducono”1.
In un opuscolo, quasi sconosciuto, col titolo “Volevo scoprire l’anima della vita” si legge:
A questo punto (ndr: dopo i due anni a Roma e un anno, poi, a Milano) è cominciata la prima cosa per me importante. Ho cominciato a piantare tutti i libri, perché ho sentito la necessità di scoprire l’anima della vita [il grassetto:ndr]. Me ne andavo in campagna; da un ottobre all’altro ottobre, per il ciclo di un anno, ho visto morire tutte le cose. Ho visto i gelsi, tutti cariati dentro, come disperati per la campagna, con quei moncherini: di vivo c’erano solo dei crisantemi, da noi sono i fiori della morte - sapevo che dall’altra parte del globo erano i fiori dell’amore. Poi adagio adagio è venuto il primo soffio della primavera e ho scoperto che persino tra gli spini - proprio sugli spini, ai lati della strada - al primo tepore dell’aria sbocciavano dei fiori bianchi e tutte le cose stavano diventando come una parabola per me.
I fiori sono cresciuti, sono maturati adagio adagio i frutti, la messe si era spiegata. Io stavo per ore in campagna, disteso ovvero camminando, cercando quasi di dimenticare il mio mondo, i rapporti con le persone, i fatti della giornata: perché sapevo che quando ero sgombro di tutto, allora cominciavo a scoprire la vita.
E poi è arrivata la falce, i campi si sono tutti rapati di nuovo e adagio hanno cominciato a cadere le foglie; e man mano che cadevano le foglie si vedeva lontano l’orizzonte. Tutto cadeva, marciva di nuovo e rimanevano soltanto, sopra i rami delle acacie, i semi. E tornavano i crisantemi. Questo è il ciclo, ecco: ho voluto viverlo, per una volta.
Mi era rimasto il fatto che i frutti si facevano mangiare o marcivano cadendo per essere da seme. E allora ho capito che cosa significa la Comunione. Non l’ho pensato, ho sentito che tutto è una tragedia, dove il germe nascente divora il germe moribondo e la vita è tutto un essere commestibile. Non sapevo perché, però sapevo che era così. E poi adagio adagio ho sentito il bisogno di farmi mangiare, o di essere concime. Anche a me toccava, anch’io lo avrei fatto.
Allora ho capito come doveva essere la vita quale Iddio l’aveva concepita. Che il mondo avrebbe potuto essere tutto un giardino dove gli uomini avrebbero potuto vivere da fratelli e che la vita aveva un senso soltanto se si viveva così. Ho sentito che bisognava collaborare alla vita.
Leggendo questo passo, mi è sembrato di avere trovato la chiave di lettura di tutta la vita e di tutta l’opera di Dolci, di aver capito meglio e più a fondo quello che avevo capito della sua personalità collaborando e frequentandolo nell’ultimo decennio della sua vita.
L’ “ultimo” Dolci.
Il 1985, anno della prima edizione di Palpitare di nessi (Editore Armando), può segnare l’inizio dell’ultima fase della vita di Dolci. Leggiamo nella “Premessa”:
Che sono queste pagine? … La seconda parte (confesso, è quasi un testamento) cerca i nessi tra educare, creatività e sviluppo… verifica la nuova forza che può crescere da un rapporto reciprocamente maieutico. Provando, osservando, meditando, sbagliando e risbagliando, mentre ormai la mia vita sta compiendosi mi pare intuire come un mondo nuovo potrebbe crescere, diverso. … Tentano riesplorare… la natura del rapporto, senza il quale non cresce alcuna vita.
… Ormai si dovrebbe sapere: non cambia la vita del mondo finché la gente non si sveglia a conquistare nuovi rapporti, anche economico-politici (personali, di gruppo, strutturali).2
E’ da sottolineare la parola “rapporti” (o “nessi”), che è una delle parole-chiave del lessico dolciano. Due altre parole-chiave sono “struttura” e “comunicare”. Sono tutte parole che compaiono nei titoli stessi di alcune opere. E sono parole tra loro collegate.
L’attività svolta da Dolci nell’ultimo periodo della sua vita è stata soprattutto un’attività seminariale nelle scuole italiane e in varie parti del mondo. Ha continuato a scrivere, documentando, come aveva sempre fatto, la sua attività. La sua è stata una vita di ricerca-azione continua, di verifica e sperimentazione, tratti costanti della sua personalità.
Seguire Dolci nel concepimento e parto delle sue opere è un processo estremamente difficile. E’ uno studio, forse, ancora da farsi, ma non può essere fatto solo a tavolino. Può essere fatto meglio da chi ha partecipato alla sua attività o sperimenta la struttura maieutica. Dolci ha scritto: “Se non si sperimenta, la struttura maieutica vivente non è affatto possibile comprenderla”.
I libri di Dolci nascono dalla vita e servono alla vita. Ogni suo libro è uno strumento di lavoro, non è fine a se stesso. Dolci “è il solo della nostra generazione che ha saputo ridurre al minimo la terra di nessuno esistente tra la vita e la letteratura” (Cesare Zavattini).
Remo Fornaca ha scritto: “Il poeta Luzi coglie molto bene l’apporto di Gente semplice quando sostiene che è un ‘libro-lavoro’; è uno strumento di ricerca, di documentazione, di riflessione, ma anche uno stimolo a ricordare, ricercare, porsi problemi, riflettere, leggere, scrivere, comunicare” (Postfazione al libro di Dolci, Gente semplice, Camunia, 1993, p. 182).
Comunicare, legge della vita (La Nuova Italia, Scandicci, 1997).
Questo è l’ultimo libro di Dolci, pubblicato nell’anno della sua morte e può essere considerato come riassuntivo ed emblematico di tutta la sua opera. E’ la conclusione di una vita che Dolci aveva iniziato da giovane, lo ricordiamo, col desiderio di “scoprire l’anima della vita”.
Il libro comprende l’ultima edizione della Bozza di Manifesto. La prima era stata del 1989 (Edizioni Sonda, Torino). Ad essa Dolci ha dedicato l’impegno prevalente degli ultimi anni, rivedendola e rielaborandola continuamente, con sempre nuovi contributi e verifiche di gruppo, in varie parti del mondo.
L’ incipit del Manifesto attraverso le varie edizioni è rimasto invariato e conviene riproporlo, ancora una volta:
Non dobbiamo temere la diagnosi. Una malattia ci intossica e impedisce: la vita del mondo è affetta dal virus del dominio, pericolosamente soffre di rapporti sbagliati. Non un nuovo Golia occorre denunciare, né estranei nemici ma, nei più diversi ambiti, ripensare e rifondare il modo e la qualità dei nostri rapporti, di ogni genere di rapporto. Talmente abituati siamo a questa malattia, che ci è arduo concepire la salute. Sappiamo quale mondo vogliamo?
Queste le parole conclusive dell’ultima edizione:
Ma un virus di tipo AIDS infetta la politica in Italia e nel mondo: ci occorre che i fronti della gente creativa si connettano a smascherare ed inibire il virus sogghignante.
Qui c’è il Dolci biologo e biofilo. Qui c’è il Dolci che ripropone il tema dei rapporti.
Il Manifesto è diagnostico e terapeutico, per “ripensare e rifondare il modo e la qualità dei nostri rapporti, di ogni genere di rapporto”. E’ un Manifesto per la liberazione dal sistema del dominio. E’ un Manifesto sul potere. E’ un Manifesto politico. E’ un Manifesto per ripensare e rifondare la democrazia. E’ un Manifesto della rivoluzione nonviolenta per un mondo nuovo. Il tema del comunicare è connesso al tema della democrazia. Dolci stesso, nella prima edizione, ci avvertiva scrivendo: “Oggi più che mai saper distinguere trasmettere da comunicare è un’operazione non solo mentalmente essenziale alla crescita democratica del mondo: la creatività di ognuno, che si esplicita nel comunicare, se comunitariamente valorizzata, acquista un enorme potere ora per grandissima parte sprecato. Questa l’anima del Manifesto” (p. 13).
La struttura maieutica e l’evolverci (La Nuova Italia, Scandicci, 1996)
Anche questo libro, pubblicato l’anno prima della morte, serve a comprendere l’ “ultimo” Dolci. Come pure il discorso che Dolci ha pronunciato ricevendo la laurea honoris causa in Scienze dell’Educazione, conferitagli dall’Università di Bologna nello stesso anno3.
In quella occasione Dolci disse:
Di solito non faccio prolusioni ma domande. Oggi parlo, ma spero nel futuro mi invitiate con voi in seminari in cui anch’io possa ascoltare. Psicologi, psichiatri e neurologi constatano che, soprattutto nelle zone della modernità metropolitano-industriale, si esiste in uno stato confusionale, confusionale proprio in senso medico.
…Un’altra chiave per diagnosticare questo stato confusionale è il fatto di non saper distinguere trasmettere da comunicare, pratica da esperienza.
… Chi dice che il comunicare consiste nel trasferirsi di un messaggio da un destinatore a un destinatario è affetto da stato confusionale, pur se accademico. Questa è solo una insufficiente definizione di trasmissione. Anche i bambini sanno riconoscerlo. Il comunicare richiede che tra due o più persone ognuno sia creativo nell’ascoltare-interpretare come nell’esprimersi, non solo verbalmente.
… Quando il rapporto fra una persona e altre è esclusivamente e continuamente unidirezionale, a poco a poco diviene violento, castrando ognuno – individuo o gruppo – della propria creatività.
… Questa Laurea Honoris Causa non riguarda tanto Danilo Dolci, o svariate scuole che da anni, in Italia e nel mondo, già operano attraverso strutture comunicative maieutiche. Questa Laurea si enuncia nuovo fronte della stessa Università che, dal primitivo mondo della ruota e della freccia, dal mondo dei tamburi, dei trombetti e delle inoculazioni pur elettroniche, dal mondo dei rapporti sistematicamente sbagliati, dalla norma insana, vuole pervenire concretamente alla civiltà del conflitto nonviolento creativo: alla civiltà del dialogo tra persone e genti che imparino a sperimentare creative. Così ho capito.
Maieutica e informatica
Lo sviluppo sempre più accelerato in questi anni delle nuove tecnologie della comunicazione suggerisce di proporre, ancora una volta, il tema del rapporto tra la nuova maieutica e l’informatica.
Nell’Appendice a questo articolo vengono riportati dei passi estratti da due opere che documentano la geniale intuizione della problematica posta, appunto, dallo sviluppo delle nuove tecnologie della comunicazione.
Le due opere sono: Dal trasmettere al comunicare (Sonda, Torino, 1988); La struttura maieutica e l’evolverci (La Nuova Italia, Scandicci, 1996).
L’ “era internettiana”
Il “quarto potere” e i “persuasori occulti”
L’era nella quale viviamo viene detta “internettiana” e le tecnologie digitali cambiano sempre più rapidamente il nostro modo di vivere e di pensare. Colpiscono molto i dati statistici, forniti anche dal Rapporto Italia di Eurispes, sulla diffusione dei nuovi strumenti di comunicazione e fanno molto pensare. In particolare, lo smartphone risulta lo strumento tecnologico più diffuso in Italia. Anche tra gli adulti si diffonde sempre più il comunicare sui social network (facebook, whatsapp, twitter). E’ evidente il rapporto tra democrazia e comunicazione ed è sempre più urgente che divenga sempre più esteso il dibattito già aperto da molti anni sul rapporto tra internet e democrazia.
“Quarto potere” è la definizione dei mezzi di informazione (stampa e televisioni), per la loro capacità di orientare l’opinione pubblica. 
Il famoso saggio del sociologo americano Vance Packard, col titolo I persuasori occulti, pubblicato nel 1957 (in Italia nel 1958), si rivela ancora attuale. Il libro ha spiegato il potere subdolo della pubblicità per orientare i gusti del pubblico, minacciando la libertà d’opinione su qualsiasi argomento.
Ha scritto l’Autore:
Molti di noi vengono influenzati assai più di quanto non sospettino, e la nostra esistenza quotidiana è sottoposta a continue manipolazioni di cui non ci rendiamo conto. Sono all’opera su vasta scala forze che si propongono, e spesso con successi sbalorditivi, di convogliare le nostre abitudini inconsce, le nostre preferenze di consumatori, i nostri meccanismi mentali, ricorrendo a metodi presi a prestito dalla psichiatria e dalle scienze sociali. E’ significativo che tali forze cerchino di agire su di noi a nostra insaputa, sì che i fili che ci fanno muovere sono spesso, in un certo senso, «occulti».
E’ il caso, anche, di segnalare la rivista “Psicologia contemporanea” (numero 257, settembre-ottobre, 2016) per due scritti: 1) di Gabriele Giacomini, col titolo “Psicologia del quarto potere”; 2) di Federico Repetto, col titolo “Il peso della ‘cultura pubblicitaria’”.
Il sociologo polacco Zygmunt Bauman, padre della “modernità liquida”, in una intervista ha detto: “Le reti sono molto utili, danno servizi molto piacevoli, però sono una trappola”.
E’ noto che con la pubblicità on line i social network e le aziende fanno soldi sui nostri click, come dimostrano tante indagini. Si fanno sempre nuove ricerche. Con Facebook, in particolare, si ha il sospetto che “stiamo entrando in una fase ulteriore: la pubblicità su misura del tuo stato d’animo”. E si parla di “pubblicità psicologica”.
Questo ricordo di Dolci vale anche come rinnovata adesione alla linea del giornale “il dialogo”, espressa dagli editoriali del Direttore, Giovanni Sarubbi.
Sarubbi ha scritto recentemente:
Sono anni che ci occupiamo di mass-media denunciando il ruolo nefasto che essi svolgono a supporto di un sistema sociale marcio che condanna la maggioranza della popolazione alla miseria a favore di pochissimi super ricchi.
… I mass media hanno oramai una struttura globale, lavorano in sinergia, hanno un unico canovaccio di riferimento. I giornali stampati hanno un ruolo sempre più marginale. Anche fra i giornali tradizionalmente stampati prevale la versione digitale o quella direttamente on-line. Tutti i mass-media, come diciamo da tempo, sono finalizzati alla pubblicità e si spalleggiano a vicenda. TV, Internet, inteso come informazione digitale (i siti dei singoli quotidiani), e soprattutto social-network sono un tutt’uno finalizzato al controllo delle coscienze.4
Verrebbe da dire: fortunati i ciechi che non possono vedere e i sordi che non possono sentire. I sordo-ciechi potrebbero considerarsi addirittura beati. Sono queste le uniche persone che non sono costrette a subire la martellante pubblicità che ha oramai invaso tutta la nostra vita, e che colpisce il nostro udito e la nostra vista e penetra in profondità nelle nostre coscienze.
… La pubblicità è dappertutto. Siamo ad oltre 3000 messaggi pubblicitari al giorno fra spot televisivi e radiofonici, e poi internet, cartelloni pubblicitari posti dappertutto, ma in particolare sui mezzi pubblici, e poi pubblicità sui giornali stampati, dove le notizie vanno a riempire gli spazi vuoti lasciati liberi dalla pubblicità. E senza dimenticare gli annunci delle varie radio private esistenti in tutte le grandi catene commerciali o nelle stazioni. Dovunque c’è qualcosa che ti ricorda che sei un consumatore e non un essere umano.
… Vedere uno spot in TV, ascoltarlo alla radio o guardare un cartellone pubblicitario o un giornale stampato, ti cattura per circa 20 secondi che è la durata, non casuale, degli spot televisivi. Spot che sono realizzati con lo scopo di impossessarsi delle menti delle persone manipolandone l’inconscio. Lo chiamano neuromarket, ogni spot, ogni immagine o suono è studiato nota per nota, fotogramma per fotogramma, parola per parola. Importanti università a livello mondiale conducono da anni ricerche approfondite sul funzionamento del cervello umano quando esso è sottoposto a determinati stimoli visivi o uditivi o olfattivi per determinare quali zone del cervello vengono stimolate al fine di acquisire una conoscenza intima del cervello dei consumatori per condizionarne le scelte.
… E allora come rompere il neuromarket? Come far prendere di nuovo coscienza alle persone e farle riacquistare uno spirito critico oramai inesistente? Queste le domande che ci affliggono e su cui invitiamo tutti a riflettere. 5
La guerra è follia!
Ho avuto la fortuna di partecipare a innumerevoli seminari organizzati da Dolci dal 1986 in poi.
Oggi, a vent’anni dalla sua morte, posso dire che Dolci continua ad interrogarci, come in una struttura maieutica vivente e permanente, riproponendoci le domande già poste ricevendo la laurea honoris causa in Scienze dell’Educazione.
Il suo è il grido di allarme di un profeta.
Sia in Comunicare, legge della vita, che nella “prolusione” all’Università di Bologna, c’è la diagnosi acuta dello “stato confusionale proprio in senso medico” sofferto, oggi più di allora, dall’umanità.
Dolci, biologo e biofilo, disse:
Psicologi, psichiatri e neurologi constatano nelle zone della modernità metropolitano-industriale, si esiste in uno stato confusionale, confusionale proprio in senso medico.
Come è possibile diagnosticare uno ‘stato confusionale’? Osservando in quale modo ci si comporta, e in quale ci si esprime. Guardando l’agire, i fatti, quando emerge una difficoltà come si comportano le persone sane? Cercando di identificare il problema (che significa originariamente proposta), per poterlo risolvere. Come invece si comporta il neurotico (persona, gruppo o popolo)? Si scaglia contro la difficoltà – pur se rappresentata da persone, gruppi, popoli - per eliminarla, talora distruggendosi. La guerra è un fenomeno neurotico.
… Stato confusionale ci significa deperimento pure biologico fino al rischio dell’autodistruzione. 6
Come non ricordare l’enciclica “Pacem in terris” di Giovanni XXIII, del 1963, nella quale è scritto “alienum est a ratione, bellum”?
Come non ricordare l’omelia di Papa Francesco nel sacrario militare di Redipuglia, del 13 settembre 2014, in occasione del centenario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, nella quale disse “la guerra è follia”?
Come non ricordare il “Manifesto Russell-Einstein”, del 1955?
Come non ricordare Erich Fromm, sulla “patologia della normalità”, sulla “biofilia e necrofilia”, sulla “anatomia della distruttività umana”?
Dobbiamo rassegnarci al suicidio?”
Rispondere ad un appello
Quelli che vogliono raccogliere l’eredità del pensiero e dell’opera di Dolci, quelli che sono stati suoi amici e collaboratori e vogliono continuare la sua opera, hanno il dovere di rispondere alla domanda della “Bozza di Manifesto”, in Comunicare, legge della vita: “Dobbiamo rassegnarci al suicidio?”
L’appello è rivolto
“a chi più avverte l’immensa portata di questa problematica per la vita del mondo, a tutti coloro cui non sfuggono gli intimi nessi tra la valorizzazione delle intime risorse inesplorate, e la pace – o tra sfruttamento e violenza-, soprattutto a chi nei più diversi contesti esercita una pur varia funzione educativa.
Per scoprire ed esprimere i dirompenti segreti del comunicare occorre che germinino ovunque i suoi laboratori, consolidandosi in comuni fronti.
Alla fine del discorso all’Università di Bologna, Dolci disse:
Per il mondo, essenziale nel futuro sarà come valorizzare ognuno attraverso maieutiche strutture a diversi livelli, riguardando dalle evolutive prospettive della scienza della complessità. Essenziale problema è riuscire a concepire strutture maieutiche di reciproca valorizzazione in cui tutti, i più semplici e i più tecnici, possano apprendere a comunicare e a organizzarsi.
Ancora da Comunicare, legge della vita:
L’inaudita complessità dei problemi in un mondo che si dibatte tra la morte ed una nuova vita, richiede analisi e intuizioni approfondite per le quali ognuno può arrecare il suo apporto personale.
Sapere concretare l’utopia”
Sono ancora attuali le parole che leggiamo nell’ultima pagina de La struttura maieutica e l’evolverci:
Sapere concretare l’utopia chiede, col denunciare, un annunciare capace di lottare e costruire frontiere che valorizzino ognuno: l’educazione è rivoluzionaria se si matura valorizzatrice, dunque maieutica.
Fino a quando queste parole si riveleranno attuali?
Roma, 29 novembre 2017
Raffaello Saffioti
Centro Gandhi-PALMI (RC)
raffaello.saffioti@gmail.com
APPENDICE
MAIEUTICA E INFORMATICA
Passi scelti da:
DANILO DOLCI, Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino,1988
DANILO DOLCI, La struttura maieutica e l’evolverci, La Nuova Italia, Scandicci, 1996
***

 
Al minimo buon senso non sorprende se l’entusiasmo per una recente scoperta, o utile tecnica, rischia infatuazioni e sbornie. Ma possiamo accettare che queste vengano spacciate come portentosi toccasana? Possiamo lasciare dilagare, tra furbizia pubblicitaria e culturale acerbità, allettamenti quasi idolatrici perfino nei piccoli?
Informatica: Utilissima. Bene.
E il rapporto? Il senso del rapporto? Il problema del rapporto? E’ sparito?
E’ stato prima meccanicizzato e poi meccanizzato.
Dati: da chi scelti? A che scopo? Come raccolti? In quale rapporto tra sorgente e osservatore-rilevatore?
Elaborazione: da chi? Come? Perché? In quale contesto?
Trasmettere, informare: chi e come trasmette? In quale rapporto col ricevente? Palese o nascosto? Propone o inculca?
Eliminare il problema del rapporto non è semplificare: è cosare le creature.
Ci cresce l’immenso rischio di perdere, attraverso ordini, numeri e macchine, il senso del contatto, il rapporto vivo sempre nuovo.
L’informazione dell’elaboratore (che oltre ad essere una macchina per calcoli e un informatore numerico, sempre più diviene trasmettitore di codici simbolici, segnali fonici e visivi) non esaurisce certo tutte le possibilità ricettive ed espressive della mente, della personalità umana. E opera su un modello della realtà – non in rapporto alla realtà integra.
Quanto più le informazioni ci pervengono attraverso macchine, attraverso impulsi mediati, tanto più la nostra biologica ricezione alterandosi impoverisce, appassisce. Viene a poco a poco eroso e mozzato quanto nel rapporto vivo risulta essenziale: la complessa reciprocità.
Un più veloce calcolo facilita e riduce la fatica, garantisce alcuni aspetti del conoscere. Il calcolare, compiere cioè serie di operazioni con dati da noi scelti, dovrebbe presupporci consapevoli della limitatezza delle informazioni da noi assunte ed elaborate di fronte a quanto ancora ignoriamo.
Fiori e musiche sono pure numeri: ma ridurre creature a numeri non produce massa? Non produce Auschwitz e Hiroshima?
Anche i vocabolari sono strumenti. Cantando si può fare musica; o con altri strumenti, oltre la gola: il flauto, o l’organo.
Le macchine non solo possono servire a diverse verifiche ma, in base alla trascorsa esperienza e all’intelligenza di questa realtà, pur non sapendo intuire possono aiutarci a concepire e nutrire alternative alla realtà attuale. Eseguire complessi calcoli può essere utile sia per verificare le ipotesi alternative, i poetici sogni, sia per contribuire a maturare l’intuitivo progetto.
Abbagli estremi: idoleggiare – o ignorare, abominare – i calcoli e i loro strumenti.
Essendo la matematica un sistema di rappresentazione, e in quanto il conoscere rafforza, il computer è una macchina che, accumulando dati e la possibilità di interpretarli, aumenta il potere di chi la possiede. E’ vero: se una carta nautica riporta cifre errate, se non si sa calcolare esattamente l’altezza delle maree, le navi rischiano incagliarsi.
Il calcolo, in sé, in quanto valorizza il misurare, il quantificare, in quanto sviluppa deduzioni logiche e contribuisce a proporre scenari alternativi, può risultare non solo essenziale all’accertamento scientifico ma anche utile ad ampliare la fantasia. L’uso del calcolo potenzia sia il virus sia il costruire, il crescere. Problema è chi lo muove, come, a qual fine. Si sente dire “la rivoluzione dell’informatica…”: ma come è usata sovente, non accelera e potenzia vecchie strategie?
Il calcolatore che sta diventando anche strumento per formulare e trasmettere scenari e modelli di comportamento, ricorda ovviamente soltanto quanto gli si vuol far ricordare perché vi è stato immesso, quanto non è stato escluso a priori o dimenticato: quando anche dovesse in un futuro prossimo divenire familiare, in ogni casa, la partecipazione prevedibile in queste condizioni sarebbe soltanto poter scegliere tra i diversi programmi. Ma non agire sulla composizione sistematica dei programmi stessi.
Usualmente chi sa calcolare non sceglie di potenziare il fronte, sovente ancora inesistente o quasi, dei poveri, di chi ha scarso potere: trova più comodo usare le sue abilità nel servire il dominio, cioè vendersi. Un guaio è quando i poveri (nel senso di chi produce poco) o i poeti non sanno usare o contrapporre i loro calcoli.
Gli uomini-computer aderiscono anche per affinità computeristica: semmai gareggiano con altra massa.
Non possiamo attribuire all’informatica responsabilità non sue. Seppure il video di un elaboratore è altro dal video di un televisore, la già avviata tendenza a fabbricare apparecchiature in cui si esprimono coi processi informatici anche i mass media, ci richiede non sprovveduti al rischio di una nuova più vasta confusione. “Fra poco sarà certamente contento quell’esercito di adolescenti che usa l’home computer: la Sip sta già mettendo a punto una linea che consentirà loro il collegamento, con l’ausilio di un apposito adattatore telematico, una macchinetta da sistemare tra il televisore di casa e il computer… Tutti quei giovani che hanno sognato guardando il film Wargames”.
Ma su questi problemi, più che il solitario riflettere, o il rischio di predicare, necessita in ogni parte del mondo suscitare, soprattutto fra i giovani, il conversante dibattito chiarificatore.
Mentre appunto queste note mi arriva dalle Edizioni Gruppo Abele il libro Il potere del computer e la ragione umana, scritto da un amico di Lewis Mumford e Noam Chomsky, l’esperto Joseph Weizenbaum, che dedica la vita a questi problemi. Lo apro subito, a caso.
“Abbiamo trasformato il mondo più del lecito in un computer. Questo rifacimento del mondo a immagine del computer è incominciato molto prima che nascessero i primi calcolatori elettronici.”.
“…I mass media hanno stabilito che siamo la società dell’informatica”.
“… In questo mondo c’è un mercato pronto ad accogliere a braccia aperte persone che siano già psichicamente intorpidite quando entrano a far parte della forza-lavoro … allenate a non interessarsi della connessione tra ciò che fanno e l’effetto finale … le loro vittime”.7
Le riviste scientifiche riportano: “Florida, maggio 1995. Il futuro telematico multimediale è già arrivato, almeno per le famiglie di Orlano. La Time Warner ha finalmente attivato il suo tanto atteso servizio televisivo interattivo destinato a un pubblico potenziale costituito da 4000 abbonati alla TV via cavo. La FSN costituisce il primo tentativo su vasta scala di trasformare la televisione da servizio a senso unico a servizio digitale che funziona in due direzioni, cioè interattivo.
L’avventura di Orlando è una pietra miliare. Secondo la maggior parte delle stime, la diffusione su vasta scala della FSN avverrà tra non meno di tre-cinque anni”. Interessante pur l’iniziativa di Giancarlo De Carlo che struttura mezzi multimediali e urbanistici al borgo medioevale di Colletta, sopra il mare di Albenga.
Questi giovani specificamente cercano prepararsi ad aiutare gli infiniti arcipelaghi del mondo a riconoscersi comunicando coi più diversi mezzi della tecnica che serva la vita: pensano necessario che informatica, televisione e reti di telecomunicazione convergano; sanno che lo spettatore attraverso il computer-televisore potrà presto trasformarsi in attore. Ma senza cancellare i propri occhi e la pelle ed il cervello con le macchine; sanno che “la tecnologia da sola non può risolvere i problemi sociali e politici”.
Senza infatuarsi pensano possibile contribuire a maieutizzare il mondo anche con mezzi elettronici: e che questa prospettiva pur dipende dalle scelte economico-politiche. 8
***

 
A cura di Raffaello Saffioti


NOTE
1 DANILO DOLCI, Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino, 1988, p. 13.
2 DANILO DOLCI, Palpitare di nessi, Armando, 1985, pp. 7-8, 114.
3 Leggere “Laurea honoris causa a Danilo Dolci” nella rivista “Scuola e Città”, n. 9, 30 settembre 1996.
La laurea gli fu conferita “per il suo impegno nel campo delle problematiche educative, connesse ai bisogni della nostra epoca, e, in particolare, «per avere dedicato la sua vita e la sua attività nonviolenta a favore dei diseredati e degli oppressi, dei disoccupati e di tutti coloro che nella società moderna ‘non hanno voce».” (Ivi, p. 407)
4 GIOVANNI SARUBBI, “Divide et impera”, su “il dialogo”,12 novembre 2017. (ildialogo.org)
5 GOVANNI SARUBBI, “Neuromarket”, su “il dialogo”, 1 ottobre 2017. (ildialogo.org)
6 Dal Discorso all’Università di Bologna, 1996, cit.
7 DANILO DOLCI, Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino, 1988, pp. 85-90.
8 DANILO DOLCI, La struttura maieutica e l’evolverci, La Nuova Italia, Scandicci, 1996, pp. 268-69.



Giovedì 30 Novembre,2017 Ore: 09:04
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Mauro Matteucci Pistoia 08/12/2017 16.43
Titolo:Eclissi educativa come negazione del messaggio di Dolci

Oggi assistiamo nel concreto a una vera e propria eclissi educativa, che è la negazione più stridente del metodo maieutico di Dolci. Di fatto ci si omologa rispetto ai modelli proposti dai media e dalla politica mistificante: così assistiamo come a una forma di demolizione di ogni autorevolezza educativa basata sulla valorizzazione delle capacità dell'individuo, ridotto ormai invece a uno strumento della Grande Macchina. La regressione etica e civile, cui assistiamo, ne è l'inevitabile conseguenza. Altro che "buona scuola"! Mauro Matteucci
 
Autore Città Giorno Ora
Antonio D'Agostino Vibo Valentia 10/12/2017 23.36
Titolo:Danilo Dolci profeta del nostro tempo
Un documento completo, da conservare per la ricchezza di riferimenti, per le riflessioni alle quali ci invita e per le domande che ci pone.Un giusto tributo a un grande dei nostri tempi, per molti aspetti troppo scomodo per essere ricordato come meriterebbe. Per fortuna c'è chi continua a farlo. Grazie Raffaello!

Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (2) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Editoriali

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info