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www.ildialogo.org LA PATRIA CHE VORREI,di Roberto Mancini

Editoriale
LA PATRIA CHE VORREI

di Roberto Mancini

Alcuni giorni fa, e precisamente il 17 marzo scorso, ricorreva il 160° anniversario dell’unità d’Italia (1861-2021). 160 anni di storia non sono pochi. In questo arco di tempo il nostro Paese ha fatto tante scelte sia in politica interna che sullo scenario internazionale. Il vero amor patrio deve saper guardare i fatti con occhio critico, in grado di distinguere e giudicare le cose buone (che ci sono state) da quelle cattive (che purtroppo non sono mancate). L’elenco delle une e delle altre potrebbe essere lungo, mi limiterò a cogliere quattro esempi per parte, non importa se sono datati o meno.
Di fatto c’è un’Italia di cui sono orgoglioso e che amo festeggiare ma c’è anche un’Italia di cui mi vergogno e che non voglio festeggiare, anche se il calendario segna in rosso il 17 marzo come data della sua nascita. Nell’uno e nell’altro caso non vengo meno al vero amor patrio perché sempre mi sento unito al mio popolo e con lui compartecipe nella buona e cattiva sorte. Però nel giudizio storico-politico che formulo sono guidato da un discrimine che ritengo superiore al concetto di patria comunemente inteso. Questo discrimine è la consapevolezza di appartenere all’unica razza che esiste, quella umana, e di co-abitare l’unico pianeta che è stato dato agli uomini (nessuno escluso) perché da loro venisse coltivato e custodito. L’amor patrio che professo non entra in rotta di collisione con il rispetto e l’amore delle altrui patrie. Se ciò avvenisse significherebbe mortificare un principio etico primario (l’amore verso l’uomo) a vantaggio di un principio etico secondario (l’amore verso una parte dell’umanità). A questo punto mi vengono in mente le belle parole di don Lorenzo Milani: “La parola Patria è stata usata male molte volte. Spesso essa non è che una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la Patria e valori ben più alti di lei”.

 
C’ È UN’ITALIA CHE NON AMO FESTEGGIARE
È l’Italia colonialista.
Quella che a conclusione della guerra combattuta contro la Turchia nel 1911/1912 riuscì a conquistare la Tripolitana e la Cirenaica. Lo storico Lucio Villari scrive: “Fu un possesso non facile per la resistenza armata delle tribù arabe dell’interno. Per anni gli italiani furono ricacciati sul litorale e impegnati in dure repressioni. In quello stesso 1912 fu istituito il ministero delle Colonie, quasi a consacrare il ruolo dell’Italia come potenza colonialista. Si può dire che l’Italia sia stata una potenza colonialista? Certamente sì, se si considera soprattutto il poderoso impegno militare e lo spirito aggressivo con cui furono occupate le due regioni della Libia e poi nel 1935-1936 l’Etiopia. In questi conflitti l’Italia sperimentò armi distruttive e feroci metodi repressivi. Forse è bene ricordare che i primi bombardamenti aerei del secolo XX furono compiuti da aeroplani di legno e di tela dell’aviazione italiana durante la campagna 1911/1912…Che dire poi dei gas asfissianti della guerra d’Etiopia? Questo fu il colonialismo italiano, una pagina nera della nostra storia, dalla quale prendere inequivocabili distanze storiche e morali”
È l’Italia razzista
Le leggi razziali, rivolte prevalentemente contro le persone di religione ebraica, vennero emanate nel 1938 e furono lette da Benito Mussolini il 18 settembre di quell’anno dal balcone del municipio di Trieste. Il testo del manifesto razzista si articola in dieci punti. Estrapolo alcune affermazioni significative:
  • Esiste una pura razza italiana, questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione Italiana.
  • E’ tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti….La concezione del razzismo in Italia vuole additare agli italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee.
  • Gli ebrei non appartengono alla razza italiana, essi rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata perché è costituita da elementi razziali non europei diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli italiani.
  • I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli italiani non devono essere alterati in nessun modo. Il matrimonio è ammissibile solo nell’ambito delle razze europee.
È l’Italia militarista
Ricordo solo una data:l’8 aprile 2009. Quel giorno le Commissioni Difesa di Camera e Senato approvarono all’unanimità un programma di riarmo internazionale lanciato dagli Stati Uniti, chiamato Jsf (Joint Strike Fighter) che comportava l’acquisto di 131 caccia bombardieri americani, chiamati F35, per un costo totale di quasi 15 miliardi di euro. Se per correttezza dobbiamo dire che il PD in quella votazione si astenne, per la stessa correttezza è doveroso ricordare che la prima intesa del progetto fu firmata al Pentagono nel 1998 dal governo D’Alema. La decisione presa dal parlamento quel lontano giorno non ebbe la dovuta risonanza mediatica e di conseguenza la maggioranza degli italiani non ne fu a conoscenza. Ci fu solo qualche voce isolata che criticò la scelta di investire così tanti soldi in strumenti di morte invece che destinarli all’istruzione, alla sanità, alla ricerca e agli ammortizzatori sociali. La solita voce nel deserto.
È l’Italia antiimmigrati
Oggi nei confronti di chi sbarca sulle nostre coste si respira un’aria di ostilità che rasenta l’odio. Con facilità abbiamo rimosso dall’immaginario collettivo che due secoli fa eravamo noi a sbarcare sulle coste altrui. Ancora largamente condivise sono le convinzioni xenofobe di una famosa scrittrice, Oriana Fallaci, che qualche anno fa si esprimeva in questi termini: “…le moschee sorgono ovunque, e la tracotanza degli invasori è raddoppiata a tal punto che nessuno ci fa più caso. Chi si ribella allo straniero che spadroneggia nel nostro paese? Chi si indigna, per il marocchino che infrangendo il Codice Penale tiene due o tre mogli? Chi si arrabbia con l’albanese che gestisce la prostituzione e che, ubriaco, investe i passanti e li uccide? Chi si scandalizza per l’algerino che aggredisce o ricatta il carabiniere in procinto di arrestarlo?” Oggi sono altri i personaggi che parlano ma il sentimento di avversione che trasmettono verso gli immigrati è il solito. Purtroppo ancora oggi le parole di un Salvini o di una Meloni hanno grande risonanza e così le navi delle ONG, che salvano i naufraghi, si trasformano in taxi che portano a spasso per il Mediterraneo orde di fannulloni che emigrano non per fame e disperazione ma solo ‘perché così je va’. Ai due capofila fanno poi seguito alcuni politici moderati (sic!) che non si stancano di strombazzare il farisaico slogan ‘aiutiamoli a casa loro’ .
C’È UN’ITALIA DI CUI SONO ORGOGLIOSO
È l’Italia della costituzione
  • che considera i diritti inviolabili dell’uomo come diritti naturali, non creati giuridicamente dallo Stato ma ad esso preesistenti;
  • che ritiene il principio di laicità dello Stato salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale;
  • che giudica il lavoro non solo un rapporto economico, ma anche un valore sociale che nobilita l’uomo;
  • che considera tutti i cittadini uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali e personali;
  • che ripudia la guerra come strumento di offesa e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
È l’Italia che ha riconosciuto l’obiezione di coscienza
La legge 772 del 1972, infatti, stabilisce che “gli obbligati alla leva che dichiarano di essere contrari in ogni circostanza all’uso personale delle armi per imprescindibili motivi di coscienza possono essere ammessi a soddisfare l’obbligo del servizio militare nei modi previsti dalla presente legge”. È stato quello un primo passo per armonizzare la legislatura italiana al principio costituzionale del ‘ripudio’ della guerra. Nel 1985 ha fatto seguito la sentenza della Corte Costituzionale (n. 164/85) che ha legittimato la scelta dell’obiezione di coscienza e il conseguente Servizio Civile come pieno adempimento del dovere costituzionale di difesa della patria. Si è giunti poi alla legge 230 del 1998. Essa contempla il compito di “predisporre …forme di difesa civile non armata e nonviolenta”. Una timida apertura che lascia sperare in ulteriori passi verso la soluzione dei conflitti internazionali tramite la Difesa Popolare Nonviolenta.
È l’Italia che ha chiuso i manicomi
Con la legge 180 del 1978 la legislazione italiana ha cessato di considerare il malato mentale come un individuo pericoloso per trattarlo invece come persona le cui qualità umane devono essere valorizzate e non represse. Egli deve restare in rapporto con il mondo esterno e a lui deve essere permesso di dedicarsi al lavoro e di mantenere i rapporti umani. Questa nuova concezione filosofico-medica si oppone alla dottrina psichiatrica precedente che non aveva compreso la malattia mentale e si preoccupava esclusivamente di isolare i malati in manicomio allo scopo di neutralizzare soggetti difficili da integrare.
È l’Italia di Lampedusa
Termino con un’immagine. E’ un’immagine bella dell’Italia che dice molto più delle parole. Non è l’Italia che ai Fori Imperiali di Roma viene rappresentata il 2 giugno di ogni anno nelle parate militari. Ma è l’Italia della fratellanza universale che io ho visto l’8 maggio 2011 a Lampedusa. E’ la visione di una lunga catena umana che strappa dalla furia del mare 528 naufraghi africani. Ho visto mani che salvavano, ho udito mani che parlavano una lingua universale e salutavano dicendo: ‘benvenuti nel nostro paese! Non importa da dove venite; siete persone in pericolo e questo è sufficiente per darvi il benvenuto’. Purtroppo questa immagine, anche se vera, non rappresenta la realtà di tutti i giorni e non ha consistenza politica. Essa appartiene al mondo dei sogni, quello che troviamo nei disegni dei bambini, dove gente dalla pelle diversa si prende per mano per formare un girotondo. Questa immagine appartiene a Martin Luther King che il 28 agosto 1963 raccontò agli americani il suo sogno: “Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza”. è vero questo sogno non fa parte di nessun programma politico perché non garantisce vittorie elettorali. È altrettanto vero, però, che solo uomini come Luther King sanno indicare i sentieri giusti da percorrere. È questione di tempo ma sono certo che il cammino da intraprendere sarà quello e la storia di domani ne sarà testimone. Il 28 maggio 2011 dagli scogli di Lampedusa si alzò l’inno dell’umanità che verrà: ‘nostra patria è il mondo intero!’ Io quel canto l’ho sentito e vi garantisco che è bellissimo!
25 Marzo 2021
Roberto Mancini



Giovedì 25 Marzo,2021 Ore: 17:40
 
 
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