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www.ildialogo.org RIACE MIMMO LUCANO E IL RISVEGLIO DELLA COSCIENZA DELL’UMANITA’<br />DALL’ INTIMA CALABRIA TERRA DI UTOPIA E PROFEZIA<br />IL TRIBUNALE E LA STORIA,di Raffaello Saffioti

RIACE MIMMO LUCANO E IL RISVEGLIO DELLA COSCIENZA DELL’UMANITA’
DALL’ INTIMA CALABRIA TERRA DI UTOPIA E PROFEZIA
IL TRIBUNALE E LA STORIA

COME NON RICORDARE L’ATTIVITA’ DELL’ “ULTIMO DOLCI” IN CALABRIA?


di Raffaello Saffioti

***
Il Comune, lo Stato e l’Umanità
Articolo 10 della Costituzione della Repubblica italiana
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.”
Dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani
 
Articolo 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.”
Articolo 2
Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.”
Articolo 3
Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.
***
“… fuori da ogni ottimismo o pessimismo,
l’utopia è la nostra vera realtà permanente.”
Domenico Antonio Cardone (Palmi, 1902-1986)
***
Processo all’articolo 10 della Costituzione italiana?
Si può dire che i giudizi dei magistrati corrispondano sempre ai giudizi storici?
Vari movimenti storici hanno avuto origine ad opera di personaggi condannati dai tribunali.
Ora non sappiamo quale sarà l’esito della vicenda giudiziaria di Mimmo Lucano, sindaco, ora sospeso, di Riace, ma sappiamo le ragioni per le quali Riace e Mimmo Lucano hanno acquistato notorietà mondiale.
Riace e Mimmo Lucano si sono affermati, al di là della cronaca, come scuola di umanità per il mondo intero, come esempio di accoglienza e solidarietà, a fronte del fenomeno storico delle migrazioni.
E’ difficile comprendere, prima di conoscerne le motivazioni, la logica del recente provvedimento del Tribunale della Libertà di Reggio Calabria che, pur revocando gli arresti domiciliari di Domenico Lucano, gli ha vietato di dimorare a Riace.
Mentre la vicenda giudiziaria è in pieno svolgimento ed è alla ribalta della cronaca, simultaneamente sta nascendo un movimento di mobilitazione per la sua difesa che è anche difesa di quello che è stato definito “modello Riace”, costruito nel corso di venti anni e del quale Lucano è considerato il padre.
Avvertiamo il dovere morale di partecipare a questo movimento e dare il nostro contributo.
Quella di Lucano e di Riace è una causa non solo giusta, ma anche legale e per questo va difesa anche giudiziariamente
Il processo si sta rivelando come un processo politico all’articolo 10 della Costituzione della Repubblica italiana.
Perché difendere Riace e Lucano?
Perché Riace:
  • è un esempio di accoglienza diffusa;
  • è un esempio di solidarietà;
  • è un’utopia realizzata;
  • è simbolo di nuova umanità.
Ricordare Danilo Dolci in Calabria (1986-1995)
Dopo l’arresto ai domiciliari di Lucano, da varie parti è stata ricordata la difesa di Danilo Dolci, imputato per il famoso sciopero alla rovescia, fatta da PIERO CALAMANDREI nel processo del 1956 presso il Tribunale di Palermo.
Ma Dolci va ricordato anche per l’attività svolta in Calabria nell’ultimo periodo della sua vita, quello della maturità, che è il meno conosciuto.
In Calabria Dolci soggiornò per lunghi e frequenti periodi, dalla fine del 1986 in poi, intervallati da viaggi in varie parti del mondo. Fu un geniale interprete e maieuta della tradizione culturale di questa regione, della quale riconobbe l’anima profonda, e con la quale ebbe un rapporto particolare, definito di “affinità elettiva”. Furono innumerevoli gli incontri e i seminari nelle scuole, nei paesi, nei centri culturali. Cinque furono i seminari nazionali: tre a Platania (Catanzaro) nel 1991, due a Lorica (Cosenza), nel 1992 e nel 1993.
Una ricca bibliografia documenta l’attività di Dolci in Calabria. (Cfr. la scheda bibliografica in Appendice a questo scritto)
Servirebbe progettare un “Centro di documentazione Danilo Dolci in Calabria” per conservare e valorizzare il patrimonio storico di quell’esperienza.
I soggiorni più lunghi furono a Palmi, dove era arrivato alla fine del 1986, (base elettiva dell’attività del “periodo calabrese”), e a Vibo Valentia. Vibo Valentia era sede della Casa editrice Qualecultura e della rivista Quaderni del Sud-Quaderni Calabresi, (Direttore FRANCESCO TASSONE). In quella città e nel suo circondario ebbero luogo molti incontri nei quali fu discussa la Bozza di Manifesto. 1
L’idea di “Calabria, parco di pace tra due mari”.
L’idea di “Calabria, parco di pace tra due mari” nacque nel seminario promosso dall’ingegnere ed educatore ANTONIO D’AGOSTINO in una scuola di Vibo Valentia.
Quell’idea fu poi ripresa nei seminari in altre scuole e in molti altri incontri. La documentazione, curata da Dolci, è contenuta nei due volumi di Variazioni sul tema Comunicare, pubblicati da Qualecultura-Jaca Book nel 1991. Il primo volume comprende la terza edizione della Bozza di Manifesto e contributi, il secondo volume contributi e verifiche di gruppo.2
Seguono:
- passi scelti dalle pagine sul seminario nel quale nacque quell’idea. 3
SEMINARIO ALL'ISTITUTO PER GEOMETRI, dal 7 al 9 gennaio '91 in Vibo Valentia.
(Elisa, Raffaele, Federica, Salvatore, Liliana, Gregorio, Giuseppe, Anselmo, Antonino, Melina, Domenico, Serafina, F. Giovanni, Luigina, Pietro, Rosa Maria, Giovanni, Roberto, Gianluca, Giuseppe, Ferdinando, Fortunato, Giuseppe I.)”
 
“…. Il cambiamento radicale, possibile per noi e per i nostri figli, possiamo definirlo «la reazione a catena delle valorizzazioni» del suolo e delle creature, per arrivare a una diversa vita. Quale sarà la scintilla che farà iniziare la reazione e accenderà il coraggio di cominciare a lottare? Credo che questa scintilla sia l'imparare a comunicare. Ci potrebbe aiutare a realizzare un grande fine: cominciando dal nostro, costruire un mondo come Parco di pace.
Abito in un piccolo paese della Calabria e sono fiera di essere calabrese, malgrado l'immagine negativa che altrove si ha di questa terra. (…) La vera Calabria è di gente con sentimenti profondi, gente che crede ancora nell'amicizia e nell'amore con la A maiuscola, crede nei valori della vita mentre altrove tendono a svanire. Qui non c'è lo sviluppo delle grandi città? Ma questa terra ha grandi potenzialità che occorre valorizzare secondo la sua natura, ha molto da dare.
Non è possibile creare un cambiamento se la gente non ha occasione di divenire consapevole dei propri problemi, se non cresce un organizzarsi che contribuisca a far prendere coscienza dei diversi problemi. Il problema, complesso, è risolubile purché si impari a partecipare, soprattutto i giovani. Qualcuno potrebbe dire che la Calabria non è forse il luogo adatto per originare un mondo come parco di pace? Proprio da queste terre, afflitte da tanto dolore, dovrebbe partire questa iniziativa. Per riuscire è necessario che ognuno costruisca la pace cominciando da se stesso, imparando ad ottenere la propria libertà, imparando a comunicare e a collaborare con gli altri, imparando a eliminare il parassitismo sugli individui e sulla società. E importante ricordare quanto è emerso in questo seminario: la zecca non ha possibilità di scegliere, noi si. Il popolo calabrese, col suo impegno comune, può liberarsi dalle zecche che, da vicino e da lontano, lo dissanguano.
...Può contribuire la Calabria, diventando un parco di pace, a originare un mondo di pace? Sicuramente sì. Quale spinta migliore di un parco della pace interiore e della comunità in cui si vive per mettere in moto un congegno prima territoriale poi nazionale e internazionale e infine mondiale per accomunare tutti i popoli nella crescita della vita?
Anche noi siamo responsabili della tragedia finché ci aspettiamo che tutto sia risolto dallo Stato, invece di far crescere il sano potere dell’organizzazione popolare, anche giovanile, a contrapporsi a ogni mafia e a costruire il mondo che vogliamo.
In Calabria vi sono ampi settori che possono fruttificare. Valorizzare i territori imparando a organizzarsi in modo pulito e coraggioso può far diminuire la disoccupazione e la delinquenza.
...Le nostre popolazioni sono fondamentalmente pacifiste. (…) Solo imparando a comunicare e a organizzarci possiamo liberarci con dignità dai parassiti di diverso tipo e fare della Calabria proprio «un parco di pace tra due mari».”
***
Dal contributo di Francesco Tassone:
La parola guerra è pronunciata con esecrazione, come una bestemmia. Le popolazioni calabresi hanno l’esigenza di essere riconosciute. Pensare alla Calabria come «parco di pace tra due mari» suscita emozione. Perché significa riconoscerla nella sua natura più vera e le popolazioni calabresi hanno esigenza di questo riconoscimento forse in maniera particolarmente acuta. Hanno un acuto bisogno di cittadinanza, di una cittadinanza non formale ma sincera, che rimuova dipendenze ed ingiustizie, non solo immaginarie. Vi è un altro aspetto in quella emozione, poiché essa indica in modo chiaro e pregnante una direzione comune di lavoro per i gruppi maieutici”.4
 
Dal contributo di Antonio D’Agostino:
Per costruire un mondo «Parco di Pace» si può partire dal luogo dove ognuno di noi vive e lavora. L’ipotesi può apparire velleitaria, antistorica. Ma la storia non è solo quella che leggiamo sui libri. C’è la storia non scritta. Ci sono le microstorie dei nostri paesi, delle nostre contrade. Sono storie molto più ricche, più vive di quelle scritte dai dominatori. La storia dei calabresi è soprattutto storia di gente pacifica per cultura e tradizione.
Ma bisogna anche ricordare che non si può raggiungere alcuna pace senza lavorare per una maggiore giustizia. La pace può crescere se radicata nella fattività solidale, nella creatività, nella coesione di piccole comunità sparse sul territorio che si organizzano e si difendono dalle invasioni dei dominatori”.5
 
***
L’intima Calabria
Nell’opera Sorgente e progetto. Per una ricerca autoanalitica dall’intima Calabria all’industria del Nord, Dolci scrisse:
Nell’era atomica non è la pace, nonviolenta espressione dei conflitti, quel nuovo vitale bisogno che può promuovere, attraverso la realizzazione di nuovi rapporti – anche produttivi – la sana trasformazione del mondo? (p. 6)
E su Gioacchino da Fiore:
E’ utile il profeta, la scoperta del dire meditante che ricerca e interpreta presagi? E’ come domandarsi se il vedere – nelle ampie prospettive dei diversi spazi e tempi – giova.
Si può discutere un interpretare ma fra le ginestre di Corazzo e i boschi di San Giovanni in Fiore otto secoli fa è germinata una nuova ermeneutica del mondo, che rischiamo ignorare, dissipare. L’economia – ci avvisa – è la scienza-arte della salute: di ciascuno, insieme”. (p. 76)
Dell’oscura Calabria Gioacchino e Francesco sono soltanto due dei profeti, seppure eccezionali di splendore.
Se il veggente esprime il desiderio di strutture pacifiche del mondo, nel secolo in cui Gandhi solidifica gli strumenti di lotta e innovazione pacifica, dalla Calabria ancora rigermogliano esperienze concrete a illuminarci”. (p. 79)
Se i futurologi – sempre esistiti nei più diversi modi – studiano tendenze, chi attento al vicino e al più lontano con gli occhi dell’ascesi comunitaria osserva pur studiando alternative necessarie, è un costruttore etico, un poeta dell’etica profonda. Tra quelle di Agostino e Bonaventura, non è ancora esaurita l’ermeneutica del calabrese abate Gioacchino: l’annunzio che inventa costruendo il comunicare”. (p. 219)
***
Dolci non fu solo interprete della tradizione culturale della Calabria, ma anche della sua natura. Fu affascinato dagli ulivi della Piana di Gioia Tauro che furono per lui uno dei motivi ispiratori del poema Occhi ancora rimangono sepolti. Su quegli ulivi incombeva il pericolo della loro distruzione, derivante dal progetto della costruzione di una Centrale a carbone. L’ulivo e il fiore, anche con le immagini, sono molta parte del poema. In esso la “voce narrante” forse esprime “la coscienza della terra, intesa come espressione della particolare cultura locale (comprensiva dunque prospetticamente anche di chi qui appare), saggezza profonda di questa terra”.
L’esperienza di Riace tra etica e politica
Un’altra opera di Dolci, che esprime la sua filosofia profetica, col titolo Nessi fra esperienza etica e politica, prodotta nel “periodo calabrese”, ci aiuta a comprendere l’esperienza di Riace.
Ho vivo il ricordo delle mie conversazioni con Danilo, mentre soggiornava a Lorica nell’estate del 1993 ed elaborava la nuova opera. Il ricordo mi aiuta, rileggendo l’opera, a comprendere sempre meglio il suo significato.
La fascetta della prima edizione (1993) riportava una Nota dell’editore:
 
“Tangenti, criminalità privata e criminalità di Stato, degrado ecologico e decadenza morale. Quale rinnovamento etico-politico e con quali fondamenti? Quali le alternative alla denuncia? Su questi temi e su queste domande risponde, con prospettive planetarie, Danilo Dolci, l’innovatore sociale di Partinico, criticamente immerso nei fatti e nei dolori dell’esistenza”.
Seguono passi scelti:
 
L’etica, filosofia-scienza-arte dei rapporti – con sé e con ogni creatura, col mondo, con la vita -, si radica nella necessità di dare valore al proprio agire, pur oltre il proprio spazio e il proprio tempo.
Anche l’evolversi della coscienza, quando avviene, è lento
L’elaborare nuove forme etiche non può che radicarsi nei profondi bisogni della gente in ogni parte del mondo verso mutamenti cosmici severi. La gente può impegnarsi seriamente quando partecipa a un suo progetto.
La prova di una verità etica si può ottenere nel laboratorio di una vita, di varie vite in opera comune, nei secoli.
Oltre ogni sclerosi moralistica, oltre ogni nichilismo, attenti al relativo, ci occorre fondare un universo etico, sia pure problematico e conflittuale, attento ai mutamenti.
Come si configurano i valori? Non esistono valori assoluti, avulsi da creature. Non esiste la coscienza assoluta. Non essendo possibile possedere tutta la verità occorre, valorizzando quanto collaudato da secoli, alimentarci e fecondarci da ogni incontro. Ancora siamo mentalmente condizionati dal modello del sole, a noi fondamentale luce, e troppo arduo pensiamo illuminarci da ogni lume?
Ogni fiorire è sempre luminoso, diversamente illumina. Incontrarsi, riunirsi, illumina il futuro”.
(pp. 13,14)
 
Il rivoluzionario avveduto si nutre di un nuovo contemplare, pur scientifico, per ampliare le sue intuizioni e le sue esperienze. Occorre avviare e moltiplicare pluralità di strutture valorizzanti, ad ogni occasione: dalle famiglie alle organizzazioni volontarie, alle agenzie educative, fino a riuscire a mutare lo Stato da vecchia istituzione in nuova struttura. Esiste un rapporto fra sviluppo di coscienza e struttura sociale: è vero che una struttura può contribuire a cambiare la gente ma è pur vero che solo gente nuova può inventare una viva struttura planetaria”.
(p.22)
 
Come per la coscienza etica, anche l’evolversi della coscienza civile, quando avviene, è lento. Sono stati necessari quattro secoli per iniziare a comprendere nella sua pienezza la definizione che Johannes Althusius (1603) ha dato della politica: «E’ l’arte per mezzo della quale gli uomini si associano allo scopo di instaurare, coltivare e conservare tra di loro la vita sociale. Per questo motivo è definita simbiotica”.
(p. 24)
 
Per risolvere conflitti, in ogni attuale Stato e oltre ogni Stato, primariamente occorre saper diagnosticare, nel modo più specifico e al contempo complesso, problemi e concause. Potenziando la partecipazione, cosciente e nonviolenta, di ogni parte in conflitto: come la geniale concretezza di Gandhi e Einstein ha esortato, e come Johan Galtung ha ben focalizzato nelle sue «Ricerche di pace»".
(p. 71)
 
La politica diviene un sempre più vasto spettacolo, mondiale fiera ipocrita. Falsa libertà, inquinata e inquinante.
La gente che lavora onestamente, la gente semplice a cui vale la parola nauseata mormora:«Che schifo. Questa è politica?».
(pp. 82-83)
 
Un particolare aspetto della criminalità, insito sovente nella sovranità statale, è il sistema clientelare-mafioso legale”.
(p. 99)
 
Mai in Italia la delinquenza è stata così lancinante come ora. I gruppi clientelari-mafiosi illegali trovano il loro vivaio più opportuno – come abbiamo ripetutamente precisato – ove prospera il sistema clientelare-mafioso legale. Si formano sistemi parassiti ad ogni livello negli stessi apparati dello Stato.
Il modello mafioso di criminalità inquadrata non può sussistere se non supportato dal sistema clientelare che attornia i politici agenti in quel sistema”.
(p. 108)
La vita planetaria necessita di un’anima robusta, di un’etica vigorosa. Per riuscire a vivere ci occorre coscienza strutturante responsabile, identificare gli accordi fondanti i principi archetipi fondamentali, le leggi sempre più valorizzanti.
I problemi di fondo della vita (non solo umana) sono comuni: essenzialmente l’etica è imparare a sapere riconoscere e risolvere i problemi comuni. L’etica non può relegarsi a cattedre o carismi ma occorre sia verificata e concretata laboriosamente dall’insieme delle creature nella visione del loro responsabile futuro: non è privata scelta di costumi quanto scelta di vita complessiva.
Le diverse culture non sono abiti (costumi) che tengono in piedi la gente movendola in un modo o nell’altro; né devono essere – come spesso avviene – stampi che formano la gente, in serie.
Una cultura viva – anche etica – ci emerge dall’intimo orientarci in nuove scelte – della creatura, dei gruppi, dei popoli che cercano – valorizzando le esperienze trascorse, con le attuali”.
(p. 190)
Come mai per la vicina Calabria non riesco ad ottenere in mesi e mesi dalla Presidenza regionale una sola cifra riguardante l’acqua?
Quanto capita a Gioia Tauro (ove il Ministero dell’Industria vuole imporre una Centrale a carbone notevolmente cancerogena, devastante) non soltanto è un modello di ignorante presunzione tecnologica, di irresponsabilità della Regione che non sa contrapporre alternative sane. E’ un modello di criminalità dell’attuale Stato italiano, contro la terra e le sue creature, contro l’aria e il respiro di ciascuno, contro il proprio paesaggio. Non può esistere pace ove la terra, le sue acque e le sue creature sono trascurate e maltrattate, ove la tecnica pretende dominare sfruttando invece di integrare interpretando”.
(p. 36 del secondo volume)
 
***
Mentre ricordo l’esperienza decennale dei rapporti personali avuti con Dolci, e quanto da lui ho imparato, cerco di intuire quanto direbbe e farebbe oggi per la vicenda di Mimmo Lucano.
 
Mimmo Lucano non è solo, Riace non è un’isola
La vicenda giudiziaria e i provvedimenti amministrativi non sono serviti a stroncare l’esperienza di Riace, Anzi, paradossalmente, sono serviti a renderla più viva, e i fondi privati la salveranno, come ha detto lo stesso Lucano.
Sono innumerevoli le manifestazioni, le iniziative di varia natura, gli atti di solidarietà a favore di Lucano e di Riace, cresce la mobilitazione delle coscienze in Italia e a livello internazionale. Sono tutti segnali di speranza, di resistenza, di lotta.
Alla fine della Marcia per la pace Perugia-Assisi è stata annunciata la candidatura di Riace al Premio Nobel per la Pace.
C’è la campagna “Riace riparte!”, annunciata da p. Alex Zanotelli.
C’è il sostegno della Rete Comuni Solidali (ReCoSo).
Tanti i motti e gli slogan: “Riace patrimonio dell’umanità”, “Diventiamo tutti cittadini di Riace”, “Riace fa scuola”.
 
La Città e lo Stato
 
Nel già citato processo a Danilo Dolci, Piero Calamandrei, rivolgendosi ai giudici, richiamò “grandi parole preannunziatrici di futuro” delle quali è piena la Costituzione italiana e disse:
“Grandi promesse che penetrano nei cuori e li allargano, e che una volta intese non si possono più ritirare. Come potete voi pensare che i derelitti che hanno avuto queste promesse, e che vi hanno creduto e che si sono attaccati come naufraghi alla tavola di salvezza, possono ora essere condannati come delinquenti solo perché chiedono, civilmente senza far male a nessuno, che queste promesse siano adempiute come la legge comanda?”.
Cosa direbbe oggi Calamandrei? E’ stato già detto che correrebbe in Calabria a difendere Mimmo Lucano.
Ma sappiamo già che non sono le sentenze dei tribunali che fanno la storia.
 
Per concludere.
Ha scritto Ernesto Balducci (1922-1992):
Le città devono trasformarsi in laboratori di cultura di pace. Esse devono sorpassare la corazza delle sovranità statali, che ancora sono segnate dall’arcaico antagonismo tra città e stato, per restaurare la solidarietà in una dimensione planetaria. Le città sono chiamate a questa grande, pacifica rivoluzione.”
 
Roma, 26 ottobre 2018
Raffaello Saffioti
Centro Gandhi – PALMI
***
APPENDICE
 
SCHEDA BIBLIOGRAFICA
Testi che documentano l’attività di Danilo Dolci in Calabria
1) Danilo Dolci, La creatura e il virus del dominio, Latina, L’Argonauta, 1987
2) Danilo Dolci, Occhi ancora rimangono sepolti, Venezia, Centro Internazionale della Grafica, 1987
3) Danilo Dolci, La comunicazione di massa non esiste, Latina, L’Argonauta, 1987
4) Danilo Dolci, Dal trasmettere al comunicare, Torino, Sonda, 1988
5) Danilo Dolci (a cura di), Bozza di Manifesto, prima edizione, Torino, Sonda, 1989
6) Danilo Dolci (a cura di), Bozza di Manifesto, nuova edizione, Torino, Sonda, 1989
7) Danilo Dolci, Se gli occhi fioriscono, Venezia, Centro Internazionale della Grafica, 1990
8) Rosellina Scarcella, Comunicare per cambiare, in AA.VV., Frammenti della «città» futura, Manduria (Taranto), Lacaita, 1990
9) Maria Rosa Caruso, Danilo Dolci in Calabria, in AA.VV., Frammenti della «città» futura, Manduria (Taranto), Lacaita, 1990
10) Per la nostra identità, l’identità della Calabria, numero monografico della rivista “Quaderni del Sud-Quaderni Calabresi” (anno XXVII, 72, febbraio, 1991)
11) Danilo Dolci (a cura di), Variazioni sul tema Comunicare, 2 voll., Vibo Valentia, Qualecultura-Jaca Book, 1991
12) Danilo Dolci (a cura di), Sorgente e progetto. Per una ricerca autoanalitica dall’intima Calabria all’industria del Nord, Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino, 1991
13) Sereno Dolci (a cura di), Il racconto di Ugo il fungarolo, Lorica (Cs), Edizioni “Arvo”- Centro Studi e Iniziative, 1992
14) Sereno Dolci (a cura di), Il racconto di Ugo il fungarolo, Lorica (Cs), Soc. Coop. “Lorica Nova”-Centro Studi e Iniziative, 1993
15) Danilo Dolci, Gente semplice, Milano, Camunia, 1993
16) Danilo Dolci, Gente semplice, Scandicci (Fi), La Nuova Italia, 1998
 
A cura di Raffaello Saffioti – Palmi, 1999
***
1 La prima edizione, a cura di Danilo Dolci, pubblicata dall’editore Sonda, Torino, 1989.
2 Alla Bozza di Manifesto Dolci dedicò l’impegno prevalente degli ultimi anni, rivedendola ed integrandola continuamente, con sempre nuovi contributi e verifiche di gruppo, in varie parti del mondo.
Il 1991 fu un anno particolarmente fecondo.
“Nell’estate ’91, dopo incontri di anni e lavori continui, con vari gruppi calabresi, nasce l’Associazione per l’identificazione e lo sviluppo nonviolento della Calabria. Questa Associazione, che inizialmente si muove in mezzo a grandi difficoltà, ha lo scopo di sfatare atavici pregiudizi che indifferentemente coinvolgono tutta la popolazione, permettendo così di conoscere l’altra faccia della Calabria, che è nonviolenta, creativa ed impegnata nell’autosviluppo contro la sopraffazione mafiosa” (Nota bio-bibliografica, in Danilo Dolci educatore, di Antonino Mangano, Edizioni Cultura della Pace, 1992, pp. 26-27) (Carmela Maiorana)
.
3 In DANILO DOLCI (a cura di), Variazioni sul tema Comunicare, Qualecultura-Jaca Book, Vibo Valentia, 1991, vol. secondo, pp. 133-139.
Anche nella rivista “Quaderni del Sud-Quaderni Calabresi”, numero monografico col titolo “Per la nostra identità L’identità della Calabria”, Anno XXVII, n. 72, febbraio 1991.
4 In Variazioni sul tema Comunicare, cit., p. 124.
5 In Variazioni sul tema Comunicare, cit., pp. 127-128.



Venerdì 26 Ottobre,2018 Ore: 15:17
 
 
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