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La giustizia ha fretta, di PRIMO MAZZOLARI

Gli editoriali di ADESSO, quindicinale di don Primo Mazzolari
La giustizia ha fretta

Anno 1 n. 2 Lunedì 31 gennaio 1949


di PRIMO MAZZOLARI

«portate i pesi gli uni degli altri e così adempirete la legge di Cristo» (S. Pao1o)


Se per guarire il nostro programma sociale bastasse scoprire la perversità degli ordini di certi partiti o il guasto di certi stati di animo; se bastasse indignarsene, gli italiani sarebbero in piena convalescenza.
E’ vero che dietro le vibrate proteste di molti, l’ordinanza confederale sulla «non-collaborazione» è rientrata: ma il guadagno, nonostante il compiacimento dei benpensanti, è assai modesto e di natura puramente politica poiché la non-collaborazione, nelle fabbriche e nei campi, è uno stato d’animo così diffuso che non ha bisogno di riconoscimenti ufficiali per crescere e durare.
Ho l’impressione che tanto i comunisti quanto gli anticomunisti, siano prigionieri della politica - politique d’abord - e credano, gli uni e gli altri, di poter risolvere tutto su quel piano.
Chi non vede che la non-collaborazione è un arma politica, manovrata da uomini politici poco scrupolosi e per scopi puramente politici?
Detto questo non ho risolto niente, se le contrappongo rimedi soltanto politici, e mi dimentico che la non-collaborazione è so­prattutto uno stato d’animo, che può nutrirsi di ragioni e di pre­testi anche umani, che vanno studiati e guariti sul piano umano.

Quand’è incominciata la non-collaborazione?
Da millenni e millenni: da quando l’uomo, cessando di essere giusto e fraterno con l’uomo, ha cercato d’appropriarsi più di ciò che gli spetta e di prelevarlo anche sulla fatica altrui.
Dove vien meno l’equità, la solidarietà ne soffre e il lavorare insieme ancor di più.
Un cristiano, inserendo motivi d’ordine soprannaturale, può re­sistere allo sforzo di dare senza ricevere, ma di questa sublime re­gola non possiamo, per il momento, farne un cardine sociale. I soliti furbi, invece di avvertire il richiamo, potrebbero essere tentati d’approfittarne: e la religione rischierebbe d’essere considerata l’oppio del popolo.

Durante la Resistenza, la non-collaborazione fu conside­rata un dovere civile per com­battere i nazi-fascisti. E sicco­me non ci perdeva nessuno (gli industriali avevano altre fonti di guadagno; gli operai riceve­vano egualmente il salario), nessuno si preoccupò che il fat­to avrebbe potuto costituire un precedente. Certi mezzi non vanno mai usati: ma usati una volta, dobbiamo aspettarci di vederli ricomparire per tutte altre ragioni.
Se oggi io predico l’uccidere come un dovere, colui che mi obbedisce, resterà sorpreso e offeso di essere giudicato domani assassino per la stessa azione che ieri lo faceva un eroe.

Si dovrebbe dimostrare che allora e adesso non sono soltan­to due tempi, ma due casi di­versi: dimostrazione tutt’altro che facile, perché la patria, come il bene comune, la solida­rietà, ecc., si vedono dove e co­me si vogliono vedere e si incarnano secondo i nostri mute­voli interessi.
Il fatto che «ci siano mestato­ri politici, i quali intendono ag­grovigliare e peggiorare la si­tuazione interna, servendosi anche della non-collaborazione, mi può indignare, ma non mi dispensa dal cercare i motivi di giustizia, se mai ci fossero, che possono inclinare anche i mi­gliori a un rifiuto così gravido di grosse conseguenze.

Dico di più: un uomo retto e cristiano, prima di imporre il silenzio ai mettimale di mestie­re (la libertà ha i suoi one­rosi impegni) deve cercare di togliere i motivi che in qualche modo giustificano la non-colla­borazione.
Non si può andare ai poveri con una trave nell’occhio ed esortarli a cavarsi la pagliuzza. Ci risponderebbero con il Van­gelo in mano.

Il politico malaccorto può anche infischiarsi di un mora­lismo a base evangelica e for­zar la mano ai renitenti, poli­ziescamente: ma per ristabili­re una convivenza e una colla­borazione umana, non posso in­fischiarmi della giustizia.
I danni della non-collabora­zione sono veramente gravi per il paese e ricadono piuttosto sul povero che sul ricco: ma prima di predicare la solida­rietà nazionale, bisogna consolidare i cardini della solidarietà umana, fondata sulla giu­stizia e sulla fraternità.

PRIMO MAZZOLARI

Adesso
Quindicinale di impegno cristiano
Anno 1 n. 2 Lunedì 31 gennaio 1949



Mercoledì, 16 ottobre 2002
 
 
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