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Anche la volgarità è uno stato di guerra, di Mario Pancera

Editoriali - Pensare a Kakania /24
Anche la volgarità è uno stato di guerra

di Mario Pancera

Ancora Beppe Grillo? Sì, con qualche osservazione sulla libertà.


L’agitatore politico americano John Brown, che nel 1859 perse la vita combattendo per la libertà degli altri, sosteneva che la schiavitù è uno stato di guerra. Anche l’ignoranza è una schiavitù ed è essa stessa uno stato di guerra. La volgarità è una figlia dell’ignoranza e rappresenta un contorcimento su se stessi: l’incapacità di spiegare le proprie necessità e i propri sentimenti in maniera umana, civile, costruttiva.

La volgarità è improduttiva, porta alla distruzione, non alla costruzione. Non ha esiti positivi. La volgarità non propone, è come un’esplosione inconsulta, anche se proviene da motivi lontani e non disprezzabili, anzi condivisibili. Porta alla regressione. È come un «fuoco amico» che sconvolge le file di chi combatte una battaglia per un fine comune.

Il «Vaffanculo day» dell’attore Beppe Grillo ha come sigla il V-day del politico Winston Churchill, che significava Victory day per gli eserciti alleati nella seconda guerra mondiale. È facile da ricordare ma, come si vede, è tutt’altra cosa. Nella seconda guerra mondiale le democrazie occidentali (i partiti che le formavano, gli uomini che a loro volta formavano e votavano questi partiti) si battevano contro le dittature, contro i fascismi (dove esisteva un solo partito, egemone, cui tutti i cittadini dovevano sottostare).

Era una sigla per la libertà, in mezzo a un mondo sconvolto. Il V-day di Beppe Grillo, dei suoi autori, amici ed estimatori, sembra un’espressione liberatoria, ma è un’espressione di impotenza. È un grido violento, un coro stonato. Nella seconda metà del XX secolo, continuando nella loro durissima battaglia, le democrazie occidentali (i partiti che le formavano, i cittadini che vi credevano) hanno contribuito a far sì che mezzo mondo si liberasse dallo stalinismo, una dittatura disumana come le precedenti che avevano contaminato l’Europa.

L’umanità procede col senso della libertà, non con l’ideologia della distruzione e della volgarità. Lo si vede anche su larga scala, sul piano internazionale: la distruzione - da qualsiasi parte reclamata - non libera, uccide. Porta la morte, anche fisica, non la vita. Non c’è bisogno che lo dicano i sociologi. Con la volgarità figlia dell’ignoranza si agitano forse le masse, non si liberano i popoli. L’indignazione deve stimolare il cervello, non ottunderlo.

L’espressione di Grillo non è comica, è tragica. Non fa ridere: va discussa e rigettata. Ricorda la perentorietà volgare del «Me ne frego» usato dai cosiddetti arditi della prima guerra mondiale e poi assunto negli anni Venti dai fascisti di Mussolini. Nelle sedi fasciste questa frase era scritta sui muri e appariva accanto a bandiere nere con teschi dal pugnale tra i denti. È assolutamente il contrario del milaniano motto «I care» della scuola di Barbiana. A quel «Me ne frego» seguì «Ordine, autorità, giustizia» per finire nel mortale «Credere, obbedire, combattere».

Mario Pancera



Mercoledì, 26 settembre 2007
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
vincenzo lombardo raffadali 28/9/2007 11.34
Titolo:GRILLISMO=FASCISMO?
Non mi convince la perentorietà con la quale Mario Pancera liquida il fenomeno Grillo ed ancor meno condivido l'impostazione secondo la quale Grillo sarebbe l'incarnazione del degrado civile e l'anticamera del fascismo.
Io mi sarei sforzato un pò di più a cercare di capire da dove nasce tanta reazione sdegnata. Non c'è alcun dubbio che il ceto politico che domina ormai da un quindicennio la vita pubblica ha dato prova di una volgarità molto più marcata, seppure meno appariscente, di quella di Grillo. A titolo puramente indicativo vorrei richiamare tutte le leggi a protezione di lestofanti politici ed economici, quelle a detrimento dei ceti sociali più deboli (precarietà, aumento delle povertà, assalto al potere d'acquisto dei lavoratori). "L'insolenza del potere" ha fatto sì che sia stato scavato un fosso sempre più profondo fra una minoranza oligarchica e la grande massa di cittadini, con la prima che è diventata sempre più grassa ed arrogante e la seconda sempre più povera e marginale. Direi che il processo di degrado della democrazia, sempre più formale e rinsecchita, indotto dalle classi dominanti non poteva che generare Grillo e il rifiuto della politica. Il trasformismo e l'opportunismo esibiti dai politici, la politica vista e gestita come business per interessi personali, non potevano che indurre disillusione da un canto e reazione rabbiosa dall'altro.
E' difficile accettare l'idea che il degrado "grillesco" possa essere il figlio legittimo di una società basata su un'idea di capitalismo liberista senza legge e senza Dio?
Non sono particolarmente tifoso di papa Ratzinger, ma se anche lui ammonisce che il capitalismo non è l'ultimo approdo dell'umanità
e che esso, con il suo dominio globale, ha accentuato il degrado dell'ambiente planetario e l'impoverimento dei popoli del mondo, forse un nesso tra il degrado del potere e il degrado della reazione si può cogliere e capire.
Detto ciò, penso anch'io che il grillismo contenga rischi di degenerazione ed elementi di qualunquismo, i cui esiti sono imprevedibili per la tenuta della democrazia. Ma la respnsabilità della tenuta della democrazia appartiene anzitutto alle classi dirigenti (dominanti?) di un paese. Non so se sia possibile un processo di autoriforma della politica, per la verità ne dubito. Una cosa è certa: fintanto che la richiesta di moralizzaizone e riduzione dei costi della politica è stata posta in termini garbati- vedi ad esempio la petizione popolare contenuta in questo forum- il ceto politico ha continuato a sghignazzare ed a fregarsene. Ci sono voluti la dissacrazione ed il rotondo vaffanculo di Grillo, con le imprevedibili manifestazioni dell'otto settembre, per svegliare la casta dal letargo. Forse in politica porgere l'altra guancia non solo non paga ma è addirittura deleterio.

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