CHE COSA E' L'ILLUMINISMO? "Una freccia scagliata al cuore del presente. A proposito della lezione di Michel Foucault su “Was ist Aufklerung?” di Kant" (J. Habermas, 1984).
KANT, UN ALTRO KANT. LA LEZIONE DI MICHEL FOUCAULT E LA SORPRESA DI JURGEN HABERMAS. Alcune note di Federico La Sala

(...) In questa lezione incontriamo un altro Kant (…) Foucault scopre in Kant il contemporaneo che trasforma la filosofia esoterica in una critica del presente che replica alla provocazione del momento storico (...)


Ciò che segue è la QUARTA parte di un piccolo percorso di indagine. Per le prime TRE, si cfr. in nota qui *:
 
KANT E LA RIVOLUZIONE COPERNICANA. Se è vero, come è vero, che dopo Copernico “l’uomo rotola verso una X” (Nietzsche), è altrettanto vero che il teorico della “rivoluzione copernicana” in filosofia, una volta sepolto sotto le fondamenta dell’idealismo tedesco, ne condividerà le sorti, fino a essere considerato e  ‘naturalmente’ criticato come un restauratore super-tolemaico (cfr., ad esempio, John Dewey, nella sua “Ricerca della certezza”, 1929) dell’ “impero” faraonico-idealistico. Il lavoro di Kant , negato e stravolto, scompare sotto un mare di sabbia ‘egiziana’.
 
E chi ha avuto il coraggio di affrontare la discesa all’Averno, ha realizzato la decisiva interpretazione dei “sogni di un visionario spiegati con i sogni della metafisica”, e ha sottoposto ad analisi  critica la Ragione sì da portarla fuori dall’infantilismo (egocentrico e super-egoico), diviene per lo più invisibile allo stesso Freud (che pure si è occupato di archeologia e ha osato scendere anch’egli agl’Inferi, e  nonostante abbia avuto le sollecitazioni di un kantiano come l’autore delle “Fantasie di un realista”, Josef Popper-Lynkeus), che finisce per non cogliere a pieno  (Freud, 1924: "L’imperativo categorico di Kant si rivela così il diretto erede del complesso edipico") la portata antropologica del suo programma di ricerca .
 
E, dopo di lui, come gli storici della psicoanalisi così gli storici della filosofia hanno continuato a camminare senza nemmeno vederlo. In un lavoro degli anni scorsi (1973) di due psichiatri e psicoanalisti francesi, che sono occupati della “naissance du psychanalyste de Mesmer a Freud” (cfr. Léon Chertok - Raymond de Saussure, “Freud prima di Freud. Nascita della psicoanalisi”, Laterza, Bari 1975) non un solo riferimento a Kant. In genere, ovviamente, molti gli approfondimenti sul rapporto Hegel-Freud.
  
 
Paradossalmente è solo nel 1984, nella ricorrenza del bicentenario della celebre “Risposta alla domanda: Che cos’è l’Illuminismo?” (1784), che Foucault (poco prima di morire) si sveglia dal “sonno dogmatico” e lancia l’allarme e un "urlo",  con la straordinaria lezione “Che cosa è l’Illuminismo? Che cosa è la Rivoluzione?”.
 
Habermas è sorpreso e stravolto, la sua “ragione comunicativa” è messa in crisi: “Qui non si incontra - egli scrive -  il Kant familiare di Le mots et les choses, il critico della conoscenza che con la sua analitica della finitudine ha dischiuso l’epoca del pensiero antropologico e delle scienze umane. In questa lezione incontriamo un altro Kant (…) Foucault scopre in Kant il contemporaneo che trasforma la filosofia esoterica in una critica del presente che replica alla provocazione del momento storico” (J. Habermas, Una freccia scagliata al cuore del presente. A proposito della lezione di Michel Foucault su “Was ist Aufklerung?” di Kant, Il Centauro, 11-12, 1984, p.238). Il suo orizzonte, troppo segnato dalla “distorsione” hegeliana della “sostanza “ diventata “soggetto” e dall’entusiasmo ateo-devoto della “conciliazione del divino con il mondo”, non comprende a pieno il capovolgimento e la rottura della lezione foucaultiana. E, alla fine, seguendo il filo della “ragione e rivoluzione” hegeliana, continua il sonnolento  dialogo con il custode della tradizione ‘cattolica’ (platonico ed hegelo-marxista), l'amico Josef Ratzinger.
 
“Che cosa è l’Illuminismo? Che cosa è la Rivoluzione?”. Per Foucault, “in Che cosa è l’Illuminismo? emerge per la prima volta la domanda sul presente: che cosa accade oggi? Che succede ora? E che cosa è questa “ora”, al cui interno siamo gli Uni e gli Altri? E chi definisce il momento in cui scrive?”(p.229). E, poco oltre, precisa ancora: “In breve, mi sembra emergere in questo testo kantiano per la prima volta la domanda sul presente come evento filosofico cui appartiene lo stesso filosofo che di esso parla (…) Qui si vede anche che la domanda sull’appartenenza a questo presente non è più assolutamente per il filosofo la domanda sulla sua appartenenza ad una dottrina o tradizione; la domanda non riguarda più la sua appartenenza ad una comunità umana in generale, bensì la sua appartenenza ad un determinato “noi”, un noi che si riferisce ad un qualcosa di culturalmente comune, caratteristico per la sua attualità” (p. 230). 
Così l’Illuminismo “per noi diventa qualcosa di più di un episodio di storia delle idee. L’Illuminismo come domanda è iscritto dal XVIII secolo nel nostro pensiero”. E prosegue: “Ci sono dei pensatori che vogliono oggi conservare viva e intatta l’eredità dell’illuminismo. Lasciamoli alla loro devozione: essa è la più commovente forma di tradimento. Non si tratta oggi di custodire le spoglie dell’Illuminismo, si tratta piuttosto di tener viva come interrogazione e come oggetto teoretico la domanda sull’evento e sul suo senso: la domanda sulla storicità dell’idea di generale”(p. 235).
 
L’ONTOLOGIA DI NOI STESSI. Per Michel Foucault, ora, Kant non  è più, non solo e non tanto, il pensatore che ha fondato “la tradizione che muove dalla domanda di quali siano le condizioni che consentono una vera conoscenza”, ma è anche e soprattutto l’inauguratore della tradizione che “pone la domanda: che cos’è attualità? Qual è il campo attuale delle esperienze possibili?”. E qui “non si tratta – scrive Foucault – di una analitica della verità, bensì di una sorta di ontologia del presente, di una ontologia di noi stessi” (M. Foucault, “Che cos’è l’Illuminismo? Che cos’è la Rivoluzione?”, Il Centauro, 11-12, 1984, p. 236). Anzi, a ben vedere, è da qui che bisogna riconsiderare la stessa tradizione dell’analitica della verità e riproblematizzare anche tutta la cosiddetta tradizione critica. E conviene (ne va della nostra stessa auto-comprensione) rileggere Kant di nuovo e da capo – dagli scritti pre-critici fino alla Logica (1800). Con Nietzsche (e contro Nietzsche), bisogna decidersi ad ammetterlo:  il “cinese di Konigsberg”  (con il suo “Io penso” e il suo “cielo stellato sopra di me” e il suo “Tu devi” e la sua  “legge morale dentro di me”, abita il cuore del presente e che la sua strada (ben illuminata) porta a una  "montagna” (“berg”), che è “la montagna del Re” (“Konigs-berg”)  - della sovranità di tutti gli esseri umani - e non la montagna  del Faraone-Dio e dei suoi sacerdoti atei e devoti! 
 
ESSERE GIUSTI CON KANT. Di Kant generalmente e per lo più si ricorda la “Critica della Ragion pura” (1781, 1787) e la “Critica della Ragion pratica (1788, 1792, 1797), e la famosa frase dell’inizio della “conclusione” della “Critica della Ragion pratica”, in cui egli parla delle coordinate fondamentali della sua vita, “il cielo stellato” e la “legge morale” (Due cose hanno soddisfatto la mia mente con nuova e crescente ammirazione e soggezione e hanno occupato persistentemente il mio pensiero: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”),  ma solitamente si dimentica  che tali coordinate richiamano da una parte il lavoro di Newton  e dall’altro – senza dimenticare la decisiva scossa avuta dalla lettura delle opere di David Hume, che l’ha svegliato dal “sonno dogmatico” -  il lavoro di J.-J.Rousseau, si richia  (come si è sempre fatto) di tradire profondamente lo spirito di Kant. Uno spirito nient’affatto pedante, ma ricco di infiniti e creativi capovolgimenti in tutto il suo lungo lavoro.  
 
L’INTERPRETAZIONE DEI “SOGNI”(1766).Per evitare riduzionismi ed equivoci, oltre che le trappole interpretative dei soliti “sognatori allucinati con l’aiuto della metafisica”, come terapia, vale la pena riprendere in mano l' interpretazione dei “sogni” di Kant -  e rileggerla di nuovo, e meglio!  
 
Per cominciare, e per sciogliere l’enigma, non è male ricordare (come invita a fare lo stesso Kant)  “il sagacissimo Hudibras” (il protagonista di un poema satirico di Samuel Butler) e del “suo modo di vedere”: “quando un vento ipocondriaco rumoreggia negli intestini, tutto sta nella direzione che prende; se va in basso ne viene un peto, se sale, allora è una visione o un’ispirazione santa” ateo-devota (cfr. I. Kant,I sogni di un visionario spiegati con i sogni della metafisica”, BUR, Milano 1982, p. 136).
 
Che Kant  non stia solo a castigare scherzando lo dimostra l’avvio stesso del lavoro, tutto in sintonia con il suo futuro programma critico. Nella “Prefazione”, ed è solo all’inizio, guarda già molto lontano: “Il regno delle ombre è il paradiso dei sognatori. Qui essi trovano un paese sconfinato, dove possano costruire a piacer loro. Vapori ipocondriaci, racconti di balie e miracoli di conventi non lasciano mancare il materiale. I filosofi ne tracciano il piano e lo rimutano o lo respingono, come è loro costume. Soltanto Roma la santa vi ha province redditizie: le due corone del regno invisibile sostengono la terza come il malsicuro diadema della sua altezza terrena, e le chiavi che aprono ambo le porte dell’altro mondo aprono ad un tempo, per simpatia, i forzieri di questo. Simile privilegio del mondo degli spiriti, in quanto l’esistenza sua è fondata sulle ragioni della politica, si eleva di gran lunga sopra tutte le vane obiezioni dei filosofi delle scuole ed il suo uso e abuso è già troppo venerabile perché abbia bisogno di esporsi ad un così disprezzato esame. Ma i racconti ordinarii, che trovano tanta fede o almeno coì debole contrasto, perché vanno intorno così inutili od impuniti e penetrano perfino nei sistemi dottrinali, sebbene non abbiano per sé l’argomento che viene dall’utile (argumentum ab utili), che è di tutti il più convincente?” (op. cit., p.100).
 
A quanto pare (non solo questo o quello, ma un po’ tutti e tutte) abbiamo dormito alla grande! E ancor oggi, nonostante Foucault, non ci siamo accorti quanto  Kant sia nostro contemporaneo!  Si preferisce di no, si preferisce non vedere (come scrive e vuole anche Habermas) in Kant “il contemporaneo che trasforma la filosofia esoterica in una critica del presente che replica alla provocazione del momento storico”.
 
Federico La Sala  (12.06.2010)
 
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2. LO SPIRITO DELL’EUROPA, KANT, E L’USCITA DALLO STATO DEL FARAONE, DALLO STATO DI MINORITA’ ... 
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3. HEIDEGGER, KANT, E LA MISERIA DELLA FILOSOFIA - OGGI.

In rete, si cfr. anche:

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Sabato 12 Giugno,2010 Ore: 16:01