"DEUS-TRINITAS": AMORE ("CHARITAS") O RICCHEZZA ("CARITAS")?! PER LA CRITICA DELL'ANTROPOLOGIA E DELLA TEOLOGIA MAMMONICA E FARAONICA. E PER L’USCITA DA INTERI MILLENNI DI "PREISTORIA" E DI "LABIRINTO" ...
SIGMUND FREUD E LA LEGGE DELL'"UNO", DEL "PADRE NOSTRO". IL ‘LUPO’ HOBBESIANO, L’ ‘AGNELLO’ CATTOLICO, E “L’UOMO MOSE’ E LA RELIGIONE MONOTEISTICA”. Indicazioni per una rilettura

(...) una bella e soddisfacente conclusione della sua vita: ha dato alla luce una bambina che cammina da sola e sta imparando già a ballare! Con l’aiuto di Edipo ha gettato una grande luce su Mosè e con l’aiuto di Mosè ha gettato una grande luce su Edipo. Con questo doppio movimento, egli ha liberato il cielo (...)


di Federico La Sala

Fino a quando zoppicheremo con i due piedi?” (Elia. 1 Re: 18.21).

"L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità" (I. Kant - definito da Holderlin, il "Mosè della nazione tedesca"). 

                                                                                              
PREMESSA
 
'Giuseppe', i suoi ‘fratelli’, e “l’interpretazione dei sogni” e della realtà
 
A FREUD, GLORIA ETERNA!!!
 
"anche se il futuro riplasmerà o modificherà questo o quel risultato delle sue ricerche, mai più potranno essere messi a tacere gli interrogativi che Sigmund Freud ha posto all’umanità; le sue scoperte scientifiche non si possono né negare, né occultare (...) e se mai alcuna impresa della nostra specie umana rimarrà indimenticabile, questa sarà proprio l’impresa di Sigmund Freud" (Thomas Mann)
 
DEUS CLARITAS EST !!! Freud era ‘zoppo’ e ‘cieco’ e lo sapeva (auto-analisi!) e coraggiosamente ha cercato di risolvere il suo (e nostro - di tutti e di tutte) problema edipico, ma tantissimi (e soprattutto i filosofi e i teologi ‘cattolici’ - fideisti o razionalisti, laici e non) lo sono e insegnano che la loro ‘condizione’ è la condizione ‘normale’ di tutti gli esseri umani, e continuano a fare i detrattori del suo “interminato” e “interminabile” lavoro.
 
Non sapendo e negando addirittura la loro (e nostra - di tutti e di tutte) ignoranza su “chi siamo noi, in realtà?”(Nietzsche!), come possono riconoscere o capire “l’interpretazione dei sogni” del giovane ‘Giuseppe’, del giovane Freud?! Come possono “essere giusti con Freud” (J. Derrida)?, con i loro ‘fratelli’ e con le loro ‘sorelle’, se non sanno essere giusti innanzitutto con il loro stesso ‘padre’ in carne e ossa - ‘Giuseppe’ (e con la loro stessa ‘madre’ in carne ed ossa - ‘Maria’)?!
 
Ognuno sputa ‘sentenze’ contro la ‘sua creatura’ - la psicoanalisi, ma nessuno sa quello che fa e quello che dice. Continuano a ripetere il loro ritornello, e non sanno nemmeno ‘ascoltar-si’. Non vogliono né ‘crescere’ né tantomeno abbandonare le loro ‘stampelle’: non solo non hanno letto Kant, ma nemmeno ascoltato Gesù! Anzi, tutti (e tutte) in lotta e, al contempo, tutti (e tutte) uguali tra di loro: ognuno per essere riconosciuto l’unico ‘figlio di Dio’ e prendere il posto del ‘Dio-Padre’, e ognuna per diventare l’unica ‘figlia di Dio’ e prendere il posto della sposa del ‘Dio-Padre’ e madre del ‘Dio-Figlio’ !!!
 
Come in terra così in cielo (e viceversa): ciò che a e per loro importa è mantenere o prendere il ‘potere’ e difendere la ‘proprietà’, perciò non sanno né vogliono “aprire gli occhi” (Freud), saper amare il ‘padre’ e la ‘madre’ - ‘Maria’ e ’Giuseppe’, e “camminare eretti”(E. Bloch, Karl Marx). Per loro è “naturale” e “divino”: la donna è “simile” all’ uomo, Mosè è uguale al Faraone, Gesù è uguale ad Edipo, e Dio è uguale a Mammona!!! E, così, continuano ostinatamente a vivere “con una sola gamba” (Bonhoeffer) e a “sputare contro il vento” (Nietzsche) - a 150 anni dalla nascita di Freud, e a duemila e più anni dalla diffusione della “buona notizia”!!! (10.02.2006)
 
 
INTRODUZIONE
 
VIAGGIO DI “LAIO”, DEL “SANTO PADRE” A MALTA SULLE ORME DI   PAOLO DI TARSO: 2010 d. C. “A Malta, al momento di pregare per il Papa, sull’altare è salita una bambina di nove anni, sembrava una rappresentazione concreta del concetto cristiano di “angelo”. Ha pregato, a nome di tutti, perché Benedetto XVI «continui ad ascoltare la Parola di Dio con devozione, a meditarla in santità e a testimoniarla con coraggio». Un Papa, una bambina e una preghiera sincera: per immaginare un futuro diverso, basta e avanza”. Così, don Filippo Di Giacomo chiude il suo articolo: La congiura del silenzio. La vicenda dei preti pedofili sta portando alla luce le coperture messe in atto da alti personaggi della Chiesa. E in Vaticano parte lo scaricabarile (l’Unità, 21.04.2010).
 
Nel baratro dell’inferno che si è spalancato davanti a tutta la gerarchia vaticana sulla vicenda dei pastori che mangiano le pecore e gli agnelli, si può ben capire il suo entusiamo di fronte a questa “patetica” scena del “Pastore” della Chiesa cattolica (“universale”!),  mediaticamente composta e volta a tranquillizzare gli animi  dei “fedeli”! Ma di fronte a una Istituzione come la Chiesa cattolico-romana, la sua dichiarazione è senza futuro: è “l’avvenire di una illusione” (Sigmund Freud, 1927).
 
Se non ci si interroga su “il disagio della civiltà” (Sigmund Freud, 1929), e su “Perché la guerra?” (Sigmund Freud - Albert Einstein, 1932), che cosa vogliamo capire di Mosè, di Gesù, di san Paolo, di Hitler, di Pio XII, e di Benedetto XVI e del cattolicesimo romano, e di noi stessi e di noi stesse?! Freud aveva ben capito che il contenuto principale del cristianesimo "fu sì la riconciliazione con Dio Padre, l’espiazione del delitto commesso contro di lui, ma l’altro lato della relazione emotiva compariva nel fatto che il figlio, che aveva preso su di sé l’espiazione divenne egli stesso dio accanto al padre e propriamente al posto del padre" (L’uomo Mosè e la religione monoteistica). Detto in modo veloce e semplice : Edipo, il papa-re è in Vaticano - ancora,oggi !!! C’è un gran lavoro da fare, un intero mondo da ripensare e da ricostruire - e non nella direzione dei vecchi e nuovi “sacerdoti di Ammone”!!! 
 
  
I. “L’UOMO MOSE’ E LA RELIGIONE MONOTEISTICA”.
 
VIAGGIO DI FREUD A LONDRA, 1938. Arrivato a Londra, trovata “la più amichevole accoglienza”, tira “un sospiro di sollievo”: “posso nuovamente parlare e scrivere – quasi dicevo: pensare – come voglio e devo”. E si decide: osa   portare “davanti al pubblico l’ultima parte “ del suo lavoro, “L’uomo Mosè e la religione monoteista”.  Nel pubblicare l’opera completa (nei suoi tre saggi), nella seconda avvertenza (giugno 1938), Sigmund Freud, sebbene si senta “insicuro” di fronte al suo stesso lavoro, alla fine scrive: “Al mio spirito critico questo lavoro [...] pare una ballerina che cerca di tenersi in equilibrio sulla punta di un solo piede [...] Comunque sia, il dado è tratto” (S. Freud, Opere 11, Bollati Boringhieri, Torino 1992, pp. 381-382). Il Rubicone è stato oltrepassato, in direzione opposta e in modo ben diverso da quello di Cesare (Roma)!
 
Ciò di cui Freud si rende conto ora – “nella bella, libera, magnanima Inghilterra” - e ancor meglio e di più, è che la strada dell’interpretazione dei sogni (1900) è una strada che porta (e lo ha portato) lontano e che, con l’aiuto della scoperta dell’edipo e della comprensione dell’”edipo completo”, è possibile comprendere cosa ci sia dietro ogni “Totem e Tabù”(Sigmund Freud, 1912), ricomprendere meglio il nucleo di verità storica e l’eredità della religione monoteista (e delle tre religioni monoteistiche) e incamminarsi sulla strada di un futuro nuovo per tutta l’umanità. Questa la stella fissa di tutto il suo cammino, non dimentichiamola e non dimentichiamolo.
 
Nel 1902, in una lettera del 28 settembre, Freud scrive a Theodor Herzl (l’autore di Lo Stato ebraico, 1896), per chiedergli una recensione del suo lavoro. Egli dice "di avere chiesto all’editore di mandargli una copia dell’Interpretazione dei sogni" e aggiunge, chiarendo il senso del suo invio - e del suo stesso lavoro: “La prego di conservare la copia come testimonianza dell’alta stima in cui ormai da anni, così come molti altri, tengo lo scrittore e il combattente per i diritti umani del nostro popolo” (cfr.: Yosef H. Yerushalmi, Il Mosè di Freud, Einaudi 1996, pp. 18-19)! 
 
Sulla questione del sionismo, Freud è stato sempre fermo e chiaro. Il 26.02.1930, al dottor Chaim Koffler, che lo sollecitava a un intervento a favore, egli risponde con tutta la sua sincerità e  tutta la sua determinazione:
 
 "Non posso fare ciò che mi chiede. Non riesco a superare l’avversione per l’idea di imporre al pubblico il mio nome; neppure l’attuale momento critico mi sembra motivo sufficiente per farlo. Chiunque voglia influenzare le masse deve dar loro qualcosa di eccitante: la mia opinione moderata sul sionismo non consente nulla di simile. Approvo sicuramente i suoi scopi, sono fiero della nostra università di Gerusalemme, mi fa immenso piacere la prosperità del nostro insediamento. D’altro canto, però,  non penso che la Palestina possa mai diventare uno stato ebraico, né che il mondo cristiano e il mondo islamico sarebbero disposti a vedere i loro luoghi sacri in mano agli ebrei. A mio avviso sarebbe stato più sensato fondare una patria ebrea in una terra con meno gravami storici. So però che questa opinione razionale non avrebbe mai suscitato l’entusiasmo delle masse né ottenuto l’appoggio finanziario dei ricchi. Devo tristemente riconoscere che l’infondato fanatismo della nostra gente è in parte colpevole di aver suscitato la diffidenza araba. Non provo alcuna simpatia per una religiosità mal diretta che trasforma un pezzo di mura erodiane in cimelio nazionale, offendendo così i sentimenti della gente del luogo. Giudichi dunque lei se, avendo opinioni così critiche, io sia la persona giusta per farsi avanti e confortare un popolo deluso da speranze ingiustificate" (Yosef H. Yerushalmi, op. cit., pp. 19-20).
  
 
 PSICOANALISI, DIRITTI UMANI, EBRAISMO. Da sempre sottovalutato, questo di Freud è un nodo e un punto di vista complessocarico di passato, di futuro, e di teoria
 
Nel 1918, in uno scambio epistolare amichevole e scherzoso con Oskar Pfister, ecclesiastico svizzero che faceva anche lo psicoanalista, suo amico e seguace (cfr.: Yerushalmi, op. cit., p. 13), Freud  scrive: “Detto per inciso, perché fra tanti uomini pii nessuno ha creato la psicoanalisi, perché si è dovuto aspettare che fosse un ebreo affatto ateo?”.  E Pfister, senza scomporsi, risponde: “Ebbene, perché pietà non vuol ancora dire genio scopritore (…) E poi, in primo luogo, lei non è ebreo, cosa che mi spiace assai data la mia immensa ammirazione per Amos, Isaia, Geremia, il poeta di Giobbe e dell’Ecclesiastico, e in secondo luogo non è ateo, perché chi vive per la verità vive in Dio”. E, sicuro che Freud non equivocherà, Pfister sempre scherzosamente risponde: “Non c’è mai stato miglior cristiano”, citandogli testualmente una frase dall’opera di Lessing, “Nathan il saggio” (1769), dalla favola dei tre anelli (vale a dire, della riflessione sul rapporto tra le religioni abramiche: ebraismo, cristianesimo, e islamismo). Da ricordare: il nome della madre di Freud era Amalia, e il cognome Nathanson: morì nel 1930.
 
Nella Motivazione del "Premio Goethe" conferitogli il 28 agosto 1930, in un passaggio, così è detto: "Sigmund Freud ha posto le basi per una rinnovata collaborazione tra le discipline scientifiche e per una migliore comprensione tra i popoli" (S. Freud, Opere 11, Bollati Boringhieri, Torino 1992, p. 5). E, dentro questa scia, nel 1931, è interpellato e sollecitato a partecipare a un dibattito epistolare promosso dall’”Istituto internazionale per la cooperazione intellettuale”, per conto della Società delle Nazioni Nell’estate del 1932, Einstein scrive a Freud e Freud replica alle sue argomentazioni (come aveva già espressamente richiesto e precisato) adottando “il punto di vista psicoanalitico” (S. Freud, op. cit., p. 287). Nasce così, “Perché la guerra?”.  Nel 1933, il carteggio viene pubblicato a Parigi, in opuscoli in lingua tedesca, inglese e francese, col titolo rispettivamente: Warum Krieg?, Why War? e Pourquoi la guerre?, e inizia il suo viaggio. In Germania, dove le opere di Freud erano già state messe al bando,  la circolazione dell’opuscolo fu vietata. 
 
LA GUERRA, LA PACE, E IL PROBLEMA DELL’ “UNO”. Freud, nel chiudere la sua lettera di risposta a Einstein,  scrive: “Le chiedo scusa se le mie osservazioni L’hanno delusa” (S. Freud, op. cit. p. 303).  Freud è “triste”.  Di che cosa, Freud chiede scusa – prima di tutto a se stesso? Non è affatto contento della risposta che ha dato.  Ha risposto secondo il punto di vista dell’ateo (materialistico e biologistico), ma ha ‘dimenticato’ (e negato) il punto di vista dell’ebreo (diritti umani). Il discorso su quale strada “condusse dalla violenza al diritto” (cit., 294) gli appare evidentemente e consapevolmente “zoppo” e “cieco”, ancora costretto nelle maglie edipiche. Troppo hobbesiano (“Homo homini lupus”) da una parte e troppo platonico (idealistico e utopistico) dall’altro,  esso non fa altro riproporre il sogno e l’utopia della tradizionale “dittatura della ragione” ('cattolico'-hegeliana): “L’ideale – egli scrive – sarebbe naturalmente una comunità umana che avesse assoggettato la sua vita pulsionale alla dittatura della ragione. Nient’altro potrebbe produrre un’unione altrettanto perfetta e tenace, capace di resistere perfino alla rinunzia di vicendevoli legami emotivi. Ma, con ogni probabilità, questa è una speranza utopistica. Le altre vie per impedire indirettamente la guerra sono certo più praticabili, ma non danno garanzie di un rapido successo. E’ triste pensare a mulini che macinano talmente adagio che la gente muore di fame prima di ricevere la farina” (S. Freud, op. cit., p. 301).
 
 
UNA COINCIDENZA E UNA SOMIGLIANZA PERTURBANTE. Ma Freud è Freud. E “il combattente Sigmund Freud” (Motivazione del “Premio Goethe”, cit., p. 5)  non si arrende.  Continua a cercare la via per uscire dall’inferno e dalla guerra, e ripensa al lavoro e al percorso fatto. Ora – nel 1932, ritorna ancora sull’opera dell’ingegnere, filantropo, e scrittore Josef Popper-Lynkeus (1838-1921), in particolare sulle “Fantasie di un realista”, libro pubblicato a Vienna nel 1899, contemporaneamente a L’interpretazione dei sogni! Freud vi aveva già riflettuto nel 1909 e nel 1923, ma ora – nel decimo anniversario della sua morte  e in coincidenza con la riflessione sul “Perché la guerra?” -  vi torna di nuovo su e scrive il breve testo, “I miei rapporti con Josef Popper-Lynkeus”. L’esposizione è felice, limpida. Freud riannoda in modo brillante le sue idee e sembra aver ritrovato pace, serenità …  per proseguire la sua opera e la sua  interpretazione dei sogni. la sua  auto-analisi.
 
Nel libro di Popper-Lynkeus, uno dei racconti in esso contenuti, “Traumen wie Wachen” (“Sogno come veglia”)  aveva toccato il “più vivo interesse” di Freud,  perché vi è descritto un uomo, un personaggio che vive consapevolmente e in modo non conflittuale (senza rimozione e deformazione onirica) il rapporto sogno-veglia: “Io sono uno e indiviso, gli altri sono divisi e le due parti in cui si dividono – il vegliare e il dormire – sono fra loro quasi perennemente in guerra”.
 
Freud interpreta tale ‘particolarità’, come caratteristica della personalità dello stesso Popper-Lynkeus: “All’uomo che non sognava diversamente da come pensava quand’era sveglio, Popper aveva attribuito la medesima interiore armonia che egli, in quanto riformatore sociale, sperava di infondere nello Stato. E se la scienza ci diceva che un tale uomo alieno da qualsiasi nequizia e falsità non s’era mai visto, né comunque avrebbe potuto sopravvivere, si poteva tuttavia arguire che un’eventuale approssimazione a tale ideale Popper l’aveva trovato in sé stesso” (op. cit., pp.313-314).    
 
La ‘sfida’ - sia sul piano teorico sia personale - è grande, ma Freud ‘preferisce’ non raccoglierla. Alla fine scrive:  “Colpito profondamente dalla coincidenza fra il mio sapere e il suo cominciai a leggere tutti i suoi scritti (….)  finché l’immagine di questo uomo semplice e grande, che fu un pensatore e un critico, ma al tempo stesso un uomo affabile e cordiale, e un riformatore, si delineo chiaramente davanti a me. Meditai a lungo sui diritti dell’uomo per i quali egli si era battuto, e di cui volentieri mi sarei fatto paladino anch’io, né mi lasciai distogliere dal pensiero che l’organizzazione della natura da una parte, e le finalità della società umana dall’altra, non giustificavano appieno tali rivendicazioni. Una particolare simpatia mi spingeva verso di lui, perché anch’egli aveva evidentemente provato l’amarezza dell’essere ebrei ed era stato dolorosamente colpito dalla vacuità degli ideali culturali di questa nostra epoca” (op. cit., p. 314).
 
Il nodo edipico stringe sempre di più. Di Josef Popper-Lynkeus,  Freud  ha doppiamente paura, sia perché  lo mette di fronte a se stesso, sia perché  gli indica anche il cammino da fare – come il padre Jakob! Per ora (1932),  ancora una volta  nega, rimuove,   e ammette: “Ma non cercai di conoscerlo (…) Dopo tutto Josef Popper veniva dalla fisica: era stato un amico di Ernst Mach. Non volevo assolutamente che venisse guastata la lieta impressione suscitata dalla coincidenza delle nostre posizioni sul problema della deformazione onirica”. E così, in-credibilmente, mette una pietra tombale sul discorso: “ Continuai dunque a rimandare un incontro con lui, finché fu troppo tardi e mi dovetti accontentare di salutare il suo busto situato nel parco che sta di fronte al nostro palazzo municipale” (op. cit., p. 314). Per Freud sembra negata ogni via d’uscita: il complesso edipico gli appare insuperabile.  Nella suafantasia di un realista” e, nel suo mondo di “sogno come veglia”, tra il padre e  il figlio la guerra continua ad apparire  interminabile e ineliminabile - e la morte (come insegna la fisica di Mach e di Popper) è più forte della vita e dell’amore. L’ateo vince sull’ebreo – il figlio uccide il padre e si consegna allo stesso destino del  padre ...    
 
1933: L’ORA DELLA DECISIONE PER HEIDEGGER.
 
 A fine gennaio del 1933, Adolf Hitler giunge al potere. Nello stesso anno, Martin Heidegger diventa rettore dell’Università di Friburgo ed esprime pieno ed inequivocabile appoggio al regime nazista, con il suo famoso discorso su “L’autoaffermazione dell’università tedesca”. Per Heidegger non c’è alcun dubbio che Hitler sia il Messia del popolo tedesco, come ripeterà   in uno  scritto sul giornale degli studenti dell’Università,  il 3 novembre del 1933: “Il Fuhrer stesso e lui soltanto è la realtà tedesca e la sua legge, oggi e da oggi in poi. Rendetevene conto sempre di più: da ora ogni cosa richiede decisione, e ogni azione responsabilità”. La notte scende sulla Germania, e su tutta l’Europa: in un’intervista del 1966, Heidegger,  pur mai pentendosi dei suoi trascorsi nazionalsocialisti, dichiarerà che “Solo un Dio ci può salvare”.   
 
1933: L’ORA DEL PERICOLO PER FREUD. IL CAPPELLO NEL FANGO E LA RIPETIZIONE COME RIPRESA 
 
Così, una volta, [mio padre]  mi fece questo racconto per dimostrarmi quanto migliore del suo fosse il tempo in cui ero venuto al mondo io. “ Quand’ero giovanotto – mi disse- un sabato andai a passeggio per le vie del paese dove sei nato. Ero ben visto, e avevo in testa un berretto di pelliccia, nuovo. Passa un cristiano e con un colpo mi butta il berretto nel fango urlando: “Giù dal marciapiede, ebreo!” “E tu cosa facesti?- domandai io. “Andai in mezzo la via e raccolsi il berretto”, fu la sua pacata risposta. Ciò non mi sembrò eroico da parte di quell’uomo grande e robusto che mi teneva per mano” (S. Freud, L’interpretazione dei sogni)..
 
VIENNA, BERGGASSE 19. Nel 1933, il padre di una paziente italiana, amico di Mussolini, chiede a Freud un libro da offrire al Duce. Per i tempi che corrono, la richiesta è ‘oscena’: Freud è sollecitato a ‘scappellarsi’ di fronte al Duce! E’ in trappola, sia in quanto ebreo sia in quanto ateo. Che fare?!  Da ateo non ci sarebbe nessun problema: si tratterebbe di fare un omaggio al Lupo, al figlio della Lupa (Roma), e di gridare – come e con i tutti i fratelli della ‘eterna’ tradizione faraonica e hobbesiana – “Viva il Lupo”! Da ebreo e semita (si cfr. L’interpretazione dei sogni, a proposito di Annibale Barca) togliersi il cappello e  mettere la testa nella bocca del Lupo, sarebbe peggio del berretto gettato nel fango (come nel racconto dell’esperienza del padre, riportata nella Interpretazione dei sogni) - un' ultima e definitiva umiliazione: Freud ha 77 anni ed è malato di tumore alla mascella da tempo.
 
Una risposta di fuoco! Con calma, Freud prende il libretto di Perché la guerra?, da poco uscito,e glielo dà, con la dedica: “Da parte di un vecchio che saluta nel Legislatore l’Eroe della cultura”. Una risposta e due messaggi: uno a Mussolini e uno a Mosè!!! Nello stesso tempo ha reso l’ultimo omaggio al Lupo e  finalmente al Legislatore e al Liberatore di tutto il suo popolo.
 
La comunicazione non oppositiva con l’amato padre Jakob e con Mosè è stata ristabilita!  Freud si è svegliato dal sonno dogmatico e, in modo brillantissimo, ha vinto la paura della morte, non ha offeso il Lupo, il Duce di Roma (che forse – insieme alla diplomazia americana e inglese – diede un contributo alla liberazione di Freud dalle mani della Gestapo nel 1938),  ha salvato se stesso,  e “la capra e i cavoli”. Non è che l’inizio – un nuovo inizio!
 
Non tutto è chiaro ovviamente, ma Freud riprende coraggiosamente  il discorso già fatto su quale sia la strada che “condusse dalla violenza al diritto” (da Totem e tabù a Perché la guerra?)  e comincia a lavorare (1934) su “L’uomo Mosè e la religione monoteistica”, senza sosta -  non finirà  più se non nel 1938, poco prima di morire, il 23 settembre 1939..
    
 
“Fino a quando zoppicheremo con i due piedi?” (Elia. 1 Re: 18.21). Freud, benché consapevole che il suo lavoro e il suo contributo si portino dietro (ancora non sciolti) elementi della trama edipica, a conclusione della sua vita è contento di quanto ha realizzato, sia per quello che ha fatto nel suo percorso di ricerca sia per quello che è riuscito a dire e a scrivere in L’uomo Mosè e la religione monoteistica.
 
E’ soddisfatto: quest’ultimo lavoro lo ritiene una bella e soddisfacente conclusione della sua vita: ha dato alla luce una bambina che cammina da sola e sta imparando già a ballare! Con l’aiuto di Edipo ha gettato una grande luce su Mosè e con l’aiuto di Mosè ha gettato una grande luce su Edipo. Con questo doppio movimento, egli ha liberato il cielo - e la terra. Detto diversamente: contrariamente a quanto ancora si ripete, anche dopo Auschwitz, con Freud non è più possibile né pensare né confondere l’Uno del Legis-latore Mosé con l’Uno del Sapere e del Potere del Faraone, di Platone, e dei Grandi Sacerdoti delle religioni tradizionali (e, in particolare, dell’ebraismo, del cattolicesimo, e dell’islamismo).   L’Uno di “l’uomo Mosè e della religione monoteistica” non ha niente a che fare con l’Uno dei vari imperialismi e fondamentalismi, atei e devoti!
 
 MEMORIA DELLA LINGUA (E DELLA LEGGE) DELL’ UNO “MOSAICO”. Dei limiti e dei pregi del lavoro di Freud, Albert Einstein (l’ amico, che viene “dalla fisica”)   ha detto e capito forse meglio e di più di molti altri (filosofi, teologi, e psicoanalisti). In modo forte, sottile, e fulminante -  così gli scrisse il 4 maggio 1939: “Ammiro particolarmente il Suo Mosè, come del resto tutti i Suoi scritti, da un punto di vista letterario. Non conosco.alcun contemporaneo che abbia presentato le sue argomentazioni in lingua tedesca  in modo così magistrale” (S. Freud, Opere 11, cit., p. 333). Non poteva ricordare meglio a Freud sia  il “Premio Goethe” e lo stesso Goethe, sia l’amico di Ernst Mach, Josef Popper-Lynkeus, sia la Lingua e la Legge del  Liberatore e Legis-latore Mosè!
   
LONDRA, 20 MARESFIELD GARDENS. Nella sua nuova casa, Sigmund Freud vive i suoi ultimi giorni, con la moglie, Martha Bernays,  e la figlia, Anna Freud  – Martha morirà nel 1951 e Anna nel 1982. Non siamo di fronte ad Edipo e Mosè non gli ha lanciato alcuna maledizione (si cfr. Jakob Hessing, La maledizione del profeta. Tre saggi su Freud, Editrice La Giuntina, Firenze 1991)!   Agli inglesi  preoccupati - come alla Direttrice del “Time and Tide” – che  gli parlano di un  “certo aumento dell’antisemitismo anche” in Inghilterra,  il 16 novembre 1938, alla fine di una breve lettera (S. Freud, op.cit., pp. 656-657), egli scrive: “Le attuali ondate di persecuzioni non dovrebbero suscitare un’ondata di compassione in questo paese?”.
 
VARSAVIA 2008. La risposta di Freud del 1938  non è molto diversa (cum grano salis!) da quella data - nel maggio del 2008 - dall’eroe del ghetto di Varsavia, Marek Edelmann, a Gad Lerner, che gli chiese “il perché dell’ostinazione con cui era rimasto a fare il guardiano delle tombe del suo popolo”: «Perché qualcuno provi dispiacere quando lo guardo negli occhi. Voglio dispiacere a quelli che sono contenti che gli ebrei siano morti in Polonia. Hanno vergogna di guardarmi negli occhi, hanno paura di me. E questo mi fa piacere perché non hanno paura di me, ma della democrazia» (Gad Lerner, Varsavia. Nel ghetto di Edelmann, la Repubblica, 19.04.2010).
 
 
 
LA LEZIONE DI FREUD: NEGARE AL FARAONE LA VITTORIA POSTUMA. Se si vuole, e senza nessuna forzatura, si può ben dire che L’uomo Mosè e la religione monoteistica sia e sia stato di Freud il più prezioso contributo, a pensare meglio la lotta contro l’antisemitismo e contro il nazismo. Nel 1970, Emil Fackenheim istituisce la 614ma norma del canone ebraico: “È fatto divieto agli ebrei di concedere a Hitler vittorie postume” (Emil L. Fackenheim, La presenza di Dio nella storia. Saggio di teologia ebraica, Brescia, Queriniana, 1977, pp. 97-99 e 111-112). Nel 1982 pubblica "TIQQUN. Riparare il mondo. I fondamenti del pensiero ebraico dopo la Shoah" (Medusa, Milano 2010): in questo, in particolare, di Sigmund Freud nemmeno una parola. Questo modo di comportarsi non mi sembra che sia un modo corretto  per "essere giusti con Freud" (Jacques Derrida, 1992), né  una buona premessa per trasformare o riparare il mondo!
 
Federico La Sala (21.04.2010/01.05.2010)

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Sul tema, in rete, si cfr.:

CON KANT E FREUD, OLTRE. Un nuovo paradigma antropologico: la decisiva indicazione di ELVIO FACHINELLI.

L’ILLUMINISMO, OGGI. LIBERARE IL CIELO. Cristianesimo, democrazia e necessità di "una seconda rivoluzione copernicana"

 



Domenica 02 Maggio,2010 Ore: 12:27