Caro Peppe Sini* A proposito del tuo “messaggio di saluto inviato […] al convegno sul contributo della nonviolenza alla lotta contro la mafia svoltosi a Palermo il 21-22 maggio 2005”, ripreso e riproposto nella “domenica della nonviolenza.62” (26.02.2006), e titolato “La non violenza contro la mafia. Sette tesi” – tenendo presente soprattutto il punto 2: “La riflessione e le pratiche dei movimenti delle donne sono il cuore della nonviolenza e il cuore della lotta antimafia. Cosicche chiunque si voglia impegnare nella lotta contro la mafia e chiunque si voglia accostare alla nonviolenza, e massime chi voglia operare contro la mafia con la scelta pienamente consapevole della nonviolenza, non puo non far riferimento al pensiero e allagire delle donne e dei movimenti delle donne. Ed e naturale che sia cosi, poiche il sistema di potere mafioso e una delle manifestazioni piu evidenti anche di quella forma di oppressione che e il patriarcato, e non si da lotta contro la mafia, come non si da lotta contro la guerra, e contro ogni discriminazione ed ogni totalitarismo, se non si riconosce il nesso che queste forme di oppressione lega alla dominazione patriarcale” - è da dire, a mio parere, che cè in esso qualcosa di non illuminato e di non pensato – non sul piano personale (ovviamente!), ma sul piano storico e collettivo – che impedisce e ostacola la stessa nonviolenza in cammino. In questa direzione e in questo senso, mi sembra opportuno dare un piccolo contributo: fare una breve considerazione e, possibilmente, un invito a ri-considerare da un altro punto di vista il problema. Recentemente Lea Melandri (Locchio di Dio e la parola delle donne, www.liberazione.it, 14 gennaio 2006, e www.ildialogo.org – sez. “pianeta donna”) ha messo il dito nella piaga e ha invitato a pensare e a pensare di nuovo e più a fondo: “Cè un solo modo per non restare fermi allimmaginario della nascita, per distogliere lo sguardo da quella coppia di protagonisti dellorigine, madre e figlio, su cui si può ipotizzare che si siano modellate tutte le coppie di opposti che conosciamo: è pensarsi uomini e donne, liberi” . Questo, se ci riflettiamo, indica una direzione di ricerca e di riflessione che tocca la “mafia”, la “chiesa cattolica” (in particolare) e tutta la nostra stessa “cultura” – tutti e tutte, figli e figlie di “mammasantissima”!!! Se si vuol continuare continuare a parlare di “patriarcato” dobbiamo pensare diversamente e, con Freud (ma anche con Marx), alla struttura edipica: alla base del cosiddetto patriarcato, non cè affatto il dominio delluomo sulla donna ma il dominio e lalleanza (su tutti i piani, dallantropologico al politico e al teologico – cfr. almeno uno degli ultimi interventi sul sito: www.ildialogo.org/) della madre con il figlio … sposo e padre di tutti gli altri uomini e di tutte le altre donne della città!!! Aprire di più e meglio gli occhi! In tal direzione, forse, potremo capire meglio (non solo Freud e Marx, ma anche) Kafka (1920): “Il capitalismo è un sistema di dipendenze che vanno dal di dentro al di fuori, dal di fuori al di dentro, dallalto al basso e dal basso in alto. Non cè cosa che non sia concatenata e dipendente. Il capitalismo è una situazione del mondo e dellanima”. M. cordiali saluti, Federico La Sala * Direttore de "La nonviolenza e in cammino"
Lunedì, 27 febbraio 2006
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