Editoriale - Chiesa Cattolica ed Islam
La via del dialogo non ha alternative

di Giovanni Sarubbi

Alla domanda sull’atteggiamento della Cei sul concedere o meno chiese agli ortodossi e ai musulmani, il Segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Betori ha affermato: “C’è grande collaborazione con le Chiese ortodosse per trovare luoghi di culto, alcuni ceduti in comodato. Rispetto alle moschee il discorso è molto diverso. Quando si concede un luogo per farvi una moschea quello stesso suolo viene consacrato all’Islam e non è più disponibile per la religione cattolica. Quindi occorre molta riflessione comune su questo tema”. (Agenzia Sir del 27/5/2008)


Dico subito che ritengo molto grave la risposta di mons. Betori sul tema delle moschee. Molto grave sia sul piano strettamente biblico, perché mette in discussione una affermazione centrale del Vangelo di Giovanni, quello del colloquio fra Gesù e la Samaritana (“né su questo monte né a Gerusalemme…”) [1], sia sul piano più squisitamente politico.
L’affermazione del Vangelo di Giovanni dice con chiarezza che non vi sono spazi sacri, luoghi speciali dove poter rendere culto a Dio e che i suoi “veri adoratori” lo adoreranno “in spirito e verità”. Non vi sono quindi “funzionari del sacro”, intermediari fra l’uomo e Dio. Non c’è più un terreno sacro per il quale combattere ne una dottrina che ci rende superiori a chicchessia. Tutti uguali e sottomessi di fronte a Dio che nessuno può pensare di possedere o usare a proprio uso e consumo.
Qualsiasi biblista degno di questo nome credo non avrebbe alcuna difficoltà a sottoscrivere queste mie affermazioni, che ho potuto ascoltare più e più volte in tante omelie o leggere in tanti testi esegetici.
L’affermazione di Betori invece cancella questa esegesi e lo spirito del Vangelo di Giovanni. Riafferma l’esistenza di spazi sacri che non possono essere “contaminati” da altri culti, afferma che “il Dio dei cattolici” è diverso da “il Dio dei musulmani”; fa anche una differenza nell’ambito stesso delle chiese cristiane dove viene privilegiato il rapporto con l’ortodossia a scapito di quello con le chiese protestanti che, come è noto, non sono considerate neppure “chiese”. Le chiese cattoliche diventano così “luoghi chiusi”, per i soli aderenti, al massimo aperti a chi avrebbe conservato “la successione apostolica” come gli ortodossi. E’ la negazione dello spirito di apertura del Concilio Vaticano II e della stessa “cattolicità/universalità” della chiesa, che in tanto può essere tale se affronta la realtà e quindi il colloquio con chiunque con spirito libero, con lo spirito indicato nel Vangelo di Giovanni.
Ma le affermazioni di Betori sono molto gravi sul piano politico. Mettere i paletti, recintare un ambito religioso specifico come fa Betori, equivale sia a creare compartimenti stagni fra le persone, le culture, le religioni ed impedire il dialogo e la reciproca contaminazione, sia a dare giustificazioni, argomenti teologici/ideologici a chi sul piano politico (leggi Lega Nord) ha fatto della lotta alle moschee il suo cavallo di battaglia.
Ma le affermazioni di Betori costituiscono anche un richiamo all’ordine a quanti nella chiesa cattolica stanno praticando da anni l’incontro con l’islam o che si sono pronunciati in qualche modo a favore della costruzione di moschee o che hanno consentito a comunità musulmane di usare semplici edifici parrocchiali per la loro preghiera del venerdì. Si tratta in sostanza di una sconfessione di esperienze come quella della diocesi di Padova, che ha emesso proprio recentemente un importante documento proprio sul tema della costruzione della locale moschea con importanti richiami al rispetto della libertà religiosa, allo spirito del Vangelo, al rispetto dei diritti umani nell’ambito di una importante esperienza di dialogo con l’islam nel quale la diocesi è da anni impegnata. La dichiarazione di Betori al contempo suona come un aperto sostegno a posizioni come quella della diocesi di Bologna, decisamente contraria a qualsiasi nuova moschea.
Sulla paura non si costruisce nulla se non i “pogrom”[2], la violenza, l’odio razziale e la xenofobia. La Chiesa Cattolica Italiana deve decidere con chiarezza di quale tipo di spirito vuole farsi interprete, se di quello del Vangelo di Gesù di Nazareth, o di quello di chi adora il “dio Po” e da vita a manifestazioni in maschera per rivendicare “radici cristiane” che di quel Vangelo costituiscono una vera e propria bestemmia. Delle due l’una, compromessi non sono possibili. E quando uso il termine “Chiesa Cattolica” non mi riferisco solo al clero, dal Papa all’ultimo accolito, ma soprattutto a quel “popolo di Dio” che il Concilio Vaticano II ha rimesso al centro della vita della chiesa e che alcuni vogliono a tutti i costi cacciare via.



Note

[1] Gesù le disse: «Donna, credimi; l’ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre.
Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.
Ma l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori.
Dio è Spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in spirito e verità». (Gv 4,21-24)

[2] Riprendiamo di seguito la spiegazione di questa parola che da l’enciclopedia on-line MSN Encarta che non può certo essere accusata di essere di sinistra.

Pogrom, Sommossa popolare, scatenata con l’appoggio o con la tolleranza delle autorità, contro le proprietà e la vita di minoranze etniche, religiose o politiche. In modo specifico il termine (che in russo significa ’devastazione’), viene riferito al massacro organizzato di ebrei. Il primo pogrom della storia risale al 1881 ed ebbe luogo nella Russia zarista in seguito all’assassinio dello zar Alessandro II per mano di terroristi rivoluzionari; un altro massacro di ebrei fu effettuato nel 1903 nella città di Kišinev in Bessarabia.
Dopo il fallimento della Rivoluzione del 1905 in Russia, circa seicento villaggi e città subirono un’ondata di pogrom: migliaia di ebrei furono massacrati e le loro proprietà saccheggiate e distrutte. In apparenza, questi pogrom sembravano reazioni spontanee di cristiani indignati dalle pratiche religiose ebraiche, in particolar modo dal supposto rito dell’assassinio di bambini cristiani, legato alla festività della Pasqua ebraica; tuttavia dai documenti risulta con chiarezza che i pogrom furono deliberatamente organizzati dal governo zarista per incanalare il malcontento dei lavoratori salariati e dei contadini, dovuto alle condizioni politiche ed economiche, deviandolo sull’intolleranza religiosa e sull’odio etnico. Durante la guerra civile che seguì alla Rivoluzione bolscevica del 1917, i pogrom, che provocarono centinaia di migliaia di vittime, furono organizzati in Ucraina dai capi delle Armate bianche.
Impropriamente si definisce pogrom anche la campagna punitiva antiebraica scatenata da Hitler nella cosiddetta notte dei cristalli (9-10 novembre 1938 ), che segnò il punto di passaggio dalla fase della politica e della propaganda antisemita a quella dello sterminio di massa pianificato (Shoah).



Mercoledì, 28 maggio 2008