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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org Lettera aperta a Benedetto XVI,

Celibato obbligatorio
Lettera aperta a Benedetto XVI

(e a tutti coloro che amano definire il celibato obbligatorio un “valore sacro”)


Questa lettera è firmata da Antonella Carisio, Maria Grazia Filippucci, Stefania Salomone … insieme alle altre … anche a nome di tutti coloro che stanno soffrendo a causa di questa legge ingiusta


Lo spunto è la notizia di alcuni giorni fa, una delle tante affermazioni a valle di una vera e propria esplosione degli scandali di pedofilia nelle fila del clero:
 
PAPA: Il Celibato è un valore sacro
"L'orizzonte dell'appartenenza ontologica a Dio costituisce la giusta cornice per comprendere e riaffermare, anche ai nostri giorni, il valore del sacro celibato, che nella Chiesa latina è un carisma richiesto per l'Ordine sacro ed è tenuto in grandissima considerazione nelle Chiese Orientali", ha spiegato il Pontefice durante il convegno "Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote".
"Esso è autentica profezia del Regno, segno della consacrazione con cuore indiviso al Signore e alle 'cose del Signore', espressione del dono di sè a Dio e agli altri. Quella del sacerdote è, pertanto, un'altissima vocazione che rimane un grande mistero anche per quanti l'abbiamo ricevuta in dono. I nostri limiti e le nostre debolezze devono indurci a vivere e a custodire con profonda fede tale dono prezioso, con il quale Cristo ci ha configurati a sé, rendendoci partecipi della sua missione salvifica".
 
Chi scrive è un gruppo di donne, di ogni parte d’Italia, che ha vissuto o vive tutt’ora l’esperienza di una relazione con un prete o religioso. Siamo abituate a vivere nell’anonimato quei pochi momenti che il prete riesce a concedere e viviamo giornalmente i dubbi, le paure e le insicurezze dei nostri uomini, supplendo alle loro carenze affettive e subendo le conseguenze dell’obbligo al celibato.
E’ una voce, la nostra, che non può essere ignorata, dal momento che vi ascoltiamo riaffermare la sacralità di ciò che sacro non è, una legge, ignorando al contempo i diritti fondamentali delle persone. Ci ferisce 
 il disprezzo con cui nei secoli e nelle recenti dichiarazioni si cerca di mettere a tacere il grido di uomini e donne che patiscono nell’ormai lacerato sudario del celibato obbligatorio.
Intendiamo ribadire – nonostante ormai molta parte dei cristiani lo sappia - che questa disciplina non ha niente a che vedere né con le scritture in genere, Vangeli in particolare, né con Gesù, che non ne ha mai parlato.
Anzi, per quanto ne sappiamo, egli amava circondarsi di discepoli, quasi tutti sposati, e di donne. Ci direte che anche Gesù ha vissuto da celibe e il prete semplicemente si conforma alla sua scelta. Ecco, appunto, una scelta. Ma una norma non può essere una scelta, se non forzandone il senso. Se poi lo si definisce carisma, non può dunque essere imposto né richiesto, tanto meno al Signore, il quale ci ha voluto liberi, perché amore è libertà, da sempre.
E’ quindi verosimile pensare che intendesse negarne determinate espressioni ad alcuni dei suoi discepoli, al di là di ogni supposta opportunità?
 Sono risapute le ragioni che, a suo tempo, hanno spinto la gerarchia ecclesiastica a inserire questa disciplina nel proprio ordinamento giuridico: interesse e convenienza economica. Poi il tutto nei secoli è stato condito con una certa dose di misoginia e ostilità verso il corpo, la psiche e le loro esigenze primarie.
E’, dunque, una legge “umana”, nel senso lato del termine. E’ da qui che bisogna partire, affinché ci si interroghi  se, come tutte le leggi umane, ad un certo punto, in un certo momento storico, non sia il caso di ridiscuterla e modificarla o addirittura, come auspichiamo, eliminarla.
Per  far questo, occorre molta umiltà, molto coraggio, quello di discostarsi dalle logiche di potere per scendere con lealtà nel mondo degli uomini al quale, piaccia o no, anche il prete appartiene.
 
Citando Eugen Drewermann (“Funzionari di Dio – psicodramma di un ideale, Raetia, 1995), “Secondo l’ideologia teologica la persona del singolo chierico assomiglia a un secchio d’acqua: bisogna svuotarlo completamente del suo contenuto per riempirlo fino all’orlo con tutto ciò che ai superiori ecclesiastici sembra desiderabile. In questo modo si neutralizza tutta la sfera dei sentimenti umani a favore del decisionismo del potere. Di tutta la gamma dei possibili rapporti umani sopravvive solamente un tipo di rapporto: la corrispondenza fra l’ordine e la sottomissione, il rituale di padrone e servo, l’astrazione e la riduzione della vita al formalismo del rispetto di determinate direttive”.
Non è una questione di avere più tempo da dedicare agli altri, come recita la più gettonata tra le innumerevoli frasi fatte utilizzate da coloro che ritengono che il chierico non debba e non possa avere un compagna, ma piuttosto un rifiuto dell’idea che gli sia consentito di godere di una presenza sentimentale più intima e personale, a volte addirittura delle stesse amicizie.
Infatti, prosegue Drewermann, “L’identificazione obbligatoria con il ruolo professionale non gli permette di vivere se stesso come persona, e quindi non ha altra possibilità che fingere il calore umano, la vicinanza emotiva, la comprensione pastorale, l’empatia, facendo smancerie, invece di vivere in modo autentico”.
Secondo questa visione istituzionalizzata, il prete si realizza nel suo ministero, attraverso l’ordine sacro, solo da celibe e per tutta la vita. Ma la decisione presumibilmente libera di un giovane ragazzo, entusiasta di una grande proposta che pensa di aver ricevuto, non presuppone che la sua profonda adesione al messaggio di Gesù non possa crescere, maturare, cambiare e magari meglio esprimersi, ad un certo punto, attraverso un presbiterato uxorato. E’ semplicemente questo che accade, quello che non si è in grado di vedere o di valutare a pieno.
Una scelta di questo tipo non può essere immutabile, e non si tratta né di un tradimento né tanto meno di una caduta o di una trasgressione perché l’amore non trasgredisce l’amore.  E il prete, come ogni essere umano, ha bisogno di vivere con i suoi simili, di provare dei sentimenti, di amare e di essere amato e anche di confrontarsi profondamente con l’altro, cosa che, difficilmente è disposto a fare per paura di esporsi ad un pericolo.
 Dietro alla cortina del detto e non-detto, questo è ciò che viviamo. E’ come se questo sistema ecclesiastico, con le sue norme, riuscisse ad imprigionare la parte più sana di tutti noi.
Cosa accade, di fatto, se il prete si innamora? Può scegliere:
1.      Di immolare le proprie esigenze e i propri sentimenti, nonché quelli della donna, a vantaggio di un “bene più grande”  (quale?)
2.      Di viversi la storia di nascosto, con l’aiuto e la complicità dei superiori, basta che non si venga a sapere e che non si lascino tracce (leggi figli)
3.      Di “gettare la tonaca alle ortiche”, espressione consueta che definisce la scelta di qualcuno che non ce l’ha fatta, cioè di un traditore.
Ciascuna di queste opzioni provoca un dolore grande alle persone coinvolte che, comunque vada, hanno molto da perdere.
E quali sono le scelte per la donna?
1.      Immolare le proprie esigenze ed i propri sentimenti a vantaggio di “un bene più grande” (in questo caso il bene del prete)
2.      Di accettare di vivere la storia di nascosto, passando il resto della sua vita nell’attesa che il prete possa dedicarle alcuni ritagli del suo tempo, attimi rubati, sacrificando il sogno di una storia accanto ad un uomo “normale”
3.      Portare il peso di colei che ha costretto il prete “a gettare la tonaca alle ortiche”, oltre a condividere il peso del suo presunto “fallimento”.
Un prete che lascia è comunque considerato “colui che non è riuscito a portare avanti la grande necessaria rinuncia”, e quindi in qualche modo viene isolato. E questa è una cosa difficile da sopportare, per chi è convinto di essere “un prescelto, uno che ha ricevuto una chiamata speciale”, l’Alter Christus, che con un solo gesto delle mani consacra, trasforma la natura delle cose … che perdona, che salva!
E’ possibile rinunciare a tutto questo? E per che cosa?
Per una normale vita di coppia, che suona perfino banale al confronto delle potenzialità che il “funzionario di Dio” può esercitare attraverso l’ordine sacro.
Eppure, una delle frasi ricorrenti detta dai preti alle loro “compagne” , si riassume in poche parole “ho bisogno di te per essere quello che sono”, cioè , un prete.
Non stupitevi! Per riuscire ad essere testimoni efficaci dell’amore hanno bisogno di incarnarlo e viverlo pienamente, così come la loro natura esige. E’ una natura malata? Trasgressiva?
 
A ben leggere, questa espressione tradisce invece l’urgenza di essere anche parte di un mondo a due, di poter esercitare quel diritto naturale e fondamentale di cui spesso la chiesa istituzionale parla nelle ufficialissime e latine encicliche, riservato evidentemente ai soli laici, e negato ai chierici, che diventano così esseri soprannaturali, talmente separati da tutti gli altri, da non riuscire più a distinguerne i contorni.
 
 Ma è possibile che non riusciate a vedere che il prete è dolorosamente solo? Ha un sacco di cose da fare, che gli riempiono la giornata ma gli svuotano il cuore. Spesso neanche se ne accorge, preso com’è dalle liturgie e dalle incombenze del suo ufficio. 
E può capitare che tra le conoscenti ve ne sia una speciale che sembri, già a un primo sguardo, fatta apposta per scaldargli il cuore, completando ed arricchendo anche il ministero. E’ questo che accade, molto semplicemente.
 
Ma la disciplina ecclesiastica dice “No, tu sei stato scelto per qualcosa di più grande”. E si sente mancare, perché non riesce ad immaginare qualcosa di più grande di ciò che sta provando. Ma si fida dell’obbedienza che ha promesso, pensando che rappresenti la volontà di Dio, il suo piano per lui e per quelli come lui. Il celibe eroe torna quindi alla ribalta di un’istituzione che lo pretende così e magari ha già pronta una promozione in cambio della necessaria separazione.
 
E tutto questo scempio in nome di quale amore?
Quello che fa nascondere, che fa rinunciare, quello che fa male. Non è l’amore del Padre. Citando una conclusione di Drewermann, “Il Dio di cui parlava Gesù vuole proprio ciò che la chiesa cattolica oggi teme più di ogni altra cosa: una vita umana libera, felice e matura, che non nasce dall’angoscia, ma dalla fiducia obbediente e che è liberata dalle costrizioni della tradizionale tirannia di una teologia che preferisce cercare la verità di Dio in sacre scritture anziché nella santità della vita umana”.
 
Antonella Carisio
Maria Grazia Filippucci
Stefania Salomone
… insieme alle altre … anche a nome di tutti coloro che stanno soffrendo a causa di questa legge ingiusta

A cura della Redazione del sito www.ildialogo.org



Domenica 28 Marzo,2010 Ore: 15:55
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Enrico Sciarini Segrate 05/4/2010 17.10
Titolo:lettera aperta
Ora aspettiamo che i sacerdoti che hanno una compagna prendano coraggio e scrivano anche loro una lettera aperta al pontefice
Autore Città Giorno Ora
chino piraccini Cesena(FC) 12/4/2010 18.47
Titolo:eprimo gratitudine per vostra lettera aperta a papa benedetto
Avete centrato tutte le questioni del celibato obbligatorio, soprattutto la questione del cuore che dev'essere indiviso per servire degnamente il Signore. Il prete non può perdersi in sentimenti frantumati per la sua donna e i suoi figli eventuali. Questo argomento appare a molti, vescovi, preti e buoni laici e buone donne come l'argomento ecclesiale che taglia la testa al toro, e fa gridare alla libertà dei figli del regno, là dove "neque nubent,neque nubentur". Purtroppo questi signori dimenticano che l'essere umano solo è un rischio permanente, non tanto per la pedofilia, ma per gl'infiniti surrogati dell'amore di cui è a rischio il cuore dell'uomo-prete. Grazie a Voi. Chino
Autore Città Giorno Ora
filippo angileri trapani 14/4/2010 11.30
Titolo:Lettera aperta a Benedetto XVI
Complimenti per la lettera.Nella Fede Baha'i di cui mi onoro farne parte, non esiste la gerarchia, non ci sono preti nè suore,la comunità va avanti con il contributo di tutti/e non ci sono caste, la religiosità e gli aspetti pratici vengono gestiti da tutti/e attraverso la legge della consultazione.E' un mondo nuovo e meraviglioso, venite a vedere.. inoltre chi vuole può sposarsi, non esiste il celibato imposto.
Tutti dovete ancora scoprire questa cosa così entusiasmante che realizza le migliori aspirazioni di tutti/e noi.
Fraternamente
filippo

www.bahai.it
Autore Città Giorno Ora
Silvio Brozzi Roma 26/4/2010 15.01
Titolo:Cosa dice Gesù Cristo
Vangelo secondo Matteo (MT 19,10):

Gli dissero i discepoli: "Se questa è la condizione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi". Egli rispose loro: "Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso.
Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca".
Autore Città Giorno Ora
Giuseppe Morelli ROMA 17/5/2010 14.16
Titolo:Scelta, Vocazione e RESPONS-ABILITA'
Due sono le vocazioni dell'ESSERE UMANO:
MATRIMONIO oppure CONSACRAZIONE RELIGIOSA.
Il SACERDOZIO non è un LAVORO ... ma una CHIAMATA VOCAZIONALE e ci sono SOLO DUE modalità di VIVERE la VOCAZIONE che i SACRAMENTI, cioè la CONSACRAZIONE a DIO della VITA di RELAZIONE, offrono: l'ORDINE nel MATRIMONIO e l'ORDINE nel SACERDOZIO.

Infatti, gli SPOSATI, i MARITATI, collaborano con il proprio ministero UNICO ed IRRIPETIBILE, al DISEGNO ddi DIO per la VITA dell'UMANITA' "nel SECOLO" ... ed hanno una dignità che non è nè superiore nè inferiore alla dignità del SACERDOZIO MINISTERIALE.

Ecco l'esempio di San Paolo con il suo rapporto fruttuosissimo con Aqulia e Priscilla.

Mi chiedo ... ma questi uomini che non sono nè carne né pesce ... e queste donnicciuole da quattro soldi ... abbiano il coraggio di vivere la vita delle povere persone che LAVORANO per SBARCARE il LUNARIO ... e RINUNCINO al PRIVILEGIO dell'ABITO SACRO ... SEEVENDO DIO da LAICI ... ad esempio nel DIACONATO ... che è dignitosissimo.

Questa è VERITA' di VITA ECCLESIALE E SPIRITUALE secondo ORDINE e che GESU' IN PERSONA APPROVA.

Poi, ogni situazione è degna di ricevere COMPASSIONE, COMPRENSIONE, ACCOGLIENZA ... ma laddove l'UMILTA' è "IL" SEGNO dell'ESSERE NEL'AMORE DI DIO e nella SUA GRAZIA.

Direttore, la SALVEZZA sta solo ... nella FEDE ... mentre la GIUSTIFICAZIONE sta SOLO nei SACRAMENTI e la SANTITA' sta solo nelle OPERE!!!

Convertitevi e credete al Vangelo.

Baqdate bene a non dover rispondere di tante anime che contribuite a confondere per la vostra IDEOLOGIA ANTICATTOLICA ... ANTICRISTICA!!!

Basta con questo scempio di FALSI CRISTIANI!!!

BASTA!!!

CONVERTITEVI e CREDETE AL VANGELO.

NEL NOME DEL SIGNORE GESU' CRISTO, CONVERTITEVI E CREDETE AL VANGELO.

IN NOME DEL SIGNORE,
Giuseppe Morelli
Autore Città Giorno Ora
Stefania Salomone Roma 17/5/2010 19.31
Titolo:Chiamati alla felicità, alla libertà. Altrimenti parliamo di aria fritta.
E, oltretutto, bisognerebbe informarsi seriamente.
Le prime comunità cristiane avevano presbiteri sposati. La storia della chiesa cattolica conta 39 papi sposati ...
Come la mettiamo?
Gesù non ha mai parlato di consacrazione né tanto meno ha preferito gente celibe a gente sposata, tanto è vero che ha riposto tante speranze nel testardo Pietro che, per giunta, aveva ceduto alle insidie della carne ...povero lui.
Mi sorprende peraltro la massiccia presenza di maiuscole, perché queste persone amano distinguere ciò che merita da ciò che non merita, e va scritto in minuscolo.
Peccato che spesso questo riguardi perfino le persone, ma forse loro hanno letto un altro vangelo, uno in cui si narra di un Gesù che discrimina o ignora i diritti fondamentali della persona umana.
Ho letto di presunti privilegi, addirittura il privilegio dell'abito sacro, ma quale Dio è mai questo?
Mi dispiace che viviate questo inferno, perché non deve essere una vita serena la vostra, ma, coraggio! Rimettete in tasca il dito inquisitore e sorridete.
E' l'augurio sincero di una donnicciola da quattro soldi, che cerca la ricchezza al di fuori delle assurde leggi della religione, lì dove Gesù ha piantato la sua croce. Fuori della religione.
Autore Città Giorno Ora
Salvatore Trotta Tampa 31/5/2010 17.49
Titolo:La libertà non si elemosina
La questione del celibato è una NON questione, da un lato e una questione di sottomissione dall\\\'altro.
a) La sottomissione all\\\'uomo è contraria al Vangelo perchè lo stesso vangelo condanna la schiavitù o sottomissione volontaria ad altri uomini: "smettete di divenire schiavi degli uomini. " (1 Corinti 7.23) "Per tale libertà Cristo ci rese liberi. State dunque saldi e non vi fate porre di nuovo sotto un giogo di schiavitù." (Galati 5.1)
Perchè voler chiedere ad un altro uomo il permesso di fare ciò che Dio permette ?

b) La non questione è più facilmente comprensibile perché che se si chiede a qualcun altro qualcosa che si può facilmente ottenere autonomamente evidentemente c\\\'è una convenienza personale economica alla base di tale richiesta.
Ciò è talmente più vero quando il Vangelo stesso, il quale chi vuol essere prete decide di servire, afferma : "Il vescovo deve perciò essere irreprensibile, marito di una sola moglie, di abitudini moderate, di mente sana, ordinato, ospitale, qualificato per insegnare, non ebbro schiamazzatore, non percotitore, ma ragionevole, non bellicoso, non amante del denaro, uomo che diriga la propria casa in maniera eccellente, avendo i figli in sottomissione con ogni serietà;  (se in realtà un uomo non sa dirigere la propria casa, come avrà cura della congregazione di Dio?) (1 Timoteo 3.2-5)

Quindi perchè voler chiedere ad un altro uomo il permesso di fare ciò che Dio permette ?

Dio disse: "Se ti volgi per fare il bene, non ci sarà un'esaltazione?" (Genesi 4.7) - "Ma se, quando fate il bene e soffrite, lo sopportate, questa è cosa gradita presso Dio." (1Pietro 2.20)
Così per fare il bene non c\\\'è bisogno di chiedere il permesso a nessuno se qualcuno lo fa va pure contro Dio.
Autore Città Giorno Ora
XXXXXX XXXXXX LLLLLLLLLLLLLLLLL) 25/11/2011 17.24
Titolo:finalmente qualcuno che ha il coraggio della verità!
sono prete da oltre quarant'anni e il problema da voi presentato è vissuto da molti preti. C'è una considerazione da fare che mi faceva un prete e che condivido: spesso la donazione è solo costrizione anche perchè negli anni 60 quando iniziai la mia strada verso il sacerdozio ci veniva se non impedito almeno sconsigliato il fare gli esami alle scuole pubbliche in modo che non avendo alcun foglio in mano si era coscretti a rimanere anche se controvoglia. Questo prete, ora in Svizzera dagli anni '70 mi diceva: "Rientrerò in Italia solo quando sarò economicamente libero": Che dire poi della "eguaglianza" che avrebbero dovuto fare con l'8 per mille?
C'è qualche prete che deve mangiare pane e cipolle ed altri che ancora si costruiscono ville (vedi don Verzè). Io purtroppo sono vecchio ma spero che "i miei figli????????" possano godere di una maggiore libertà di essere preti ed insieme avere il conforto di una donna che possa condividere la loro solitudine, cosa che mi pesa particolarmente ora che sono vicino ai '70. Grazie!
Autore Città Giorno Ora
Paolo Gianardi Piombino 02/12/2011 21.18
Titolo:grazie
sono convinto che la mia fede in Gesù il Liberatore sia sopravvissuta alle delusioni per lo strapotere e l'ipocrisia vaticani anche grazie al fatto di avere vissuto da vicino - negli anni sessanta del secolo scorso, quand'ero poco più di un ragazzo... - l'esperienza di qualche carissimo, coraggioso amico prete cattolico, che decideva di vivere alla luce del sole il proprio amore per la propria, non meno coraggiosa compagna: sono grato a quelle care persone ed a voi

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