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www.ildialogo.org ISOCHIMICA Avellino: ricordare per non subire ancora gli stessi orrori!,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
ISOCHIMICA Avellino: ricordare per non subire ancora gli stessi orrori!

di Giovanni Sarubbi

Ricordare per evitare che ciò che ha devastato la nostra vita collettiva possa ripetersi. Questo è l’imperativo di sempre dell’umanità e questo è particolarmente vero oggi, in questo tempo nel quale potenti forze politiche ed economiche vogliono invece cancellare la nostra coscienza collettiva.
È stato questo il motivo conduttore dello spettacolo teatrale andato in scena ieri sera 17 febbraio presso il Teatro d’Europa di Cesinali(AV)[1], riguardante la vicenda della ex ISOCHIMICA di Avellino, dal titolo “La neve azzurra”, con riferimento al colore dell’amianto e alla polvere, che somigliava a neve, nella quale vivevano immersi e lavoravano i lavoratori.
La rappresentazione teatrale è stata promossa dalla CGIL di Avellino e fortemente voluta dall’associazione “Dialoghi per il futuro” di Avellino, a cui partecipa il nostro giornale, che il 30 aprile del 2016 presentò, presso la CGIL di Avellino, un libro sull’ISOCHIMICA scritto da Anselmo Botte, della segreteria CGIL di Salerno. Il libro, dal titolo “Il racconto giusto”, edizione Ediesse[2], contiene le testimonianze dirette di un gruppo di operai che hanno vissuto sulla loro pelle la vicenda che si è svolta negli anni immediatamente seguenti al terremoto del 1980. Durante quella presentazione proposi di utilizzare quel libro come base per la realizzazione di una rappresentazione teatrale che potesse fare memoria di ciò che è successo ad Avellino e onorare la memoria degli operai morti che al momento sono circa una trentina.
Subito dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980, che provocò oltre tremila morti e la distruzione totale di decine di paesi e la devastazione di gran parte della provincia, qualcuno ebbe l’idea di far svolgere ad Avellino l’attività di scoibentazione delle carrozze ferroviarie delle FS, che prevedeva la rimozione dell’amianto presente come coibente  e la sua sostituzione con altro materiale isolante ed il ripristino delle carrozze che poi sono state vendute in giro per il mondo. Migliaia di carrozze sono state così avviate presso la stazione ferroviaria di Avellino dove si svolgeva questo lavoro senza alcuna protezione sia per i lavoratori sia per la popolazione del quartiere dove è situata la stazione. La lavorazione delle carrozze avveniva “a cielo aperto”, a pochi metri da un campo da calcio, un asilo infantile, una scuola primaria. In 5 anni sono state trattate 499 elettromotrici e 1740 vetture passeggeri per un totale di oltre ventimila quintali di amianto di cui si sono perse le tracce.
Furono assunti 330 giovani appena ventenni, bisognosi di lavoro e assolutamente all’oscuro di ciò che significava lavorare l’amianto e dei pericoli per la loro salute. Un lavoro fatto a mani nude, senza tute e maschere protettive, che per un lungo periodo è stato fatto addirittura sui binari morti della stazione, diffondendo la polvere d’amianto nell’ambiente circostante con contaminazione anche degli ignari passeggeri in transito.
Una storia di corruzione, di sfruttamento selvaggio dei lavoratori e di inquinamento ambientale diffuso per favorire l’arricchimento del potente di turno legato ai boss politici locali. Il tutto sfruttando la fame di lavoro e le condizioni di arretratezza politica e culturale delle terre del sud. Questa in estrema sintesi i contorni di una storia che non è unica nel panorama politico-sociale del meridione. Una storia simile è quella della Marlane di Paia a Mare, che anche noi come giornale abbiamo seguito. Anche lì il ricatto lavoro-tutela della salute dei lavoratori e dell'ambiente circostante l’ha fatta da padrona per moltissimi anni. Anche lì i lavoratori più deboli, quelli più poveri e ricattabili hanno fatto le cose più sporche verso se stessi e verso l’ambiente circostante, pagando con la propria vita. Anche li la strage dei lavoratori che sono tutti morti.
La rappresentazione teatrale, riprendendo il libro di Anselmo Botte, ha voluto così mettere in primo piano la storia dei lavoratori, ricordare il loro dramma personale, ricordare che essi sono stati costretti a preparare i loro figli alla loro morte prematura e a far convivere le loro famiglie con questo dramma. Molte sono state le mogli degli operai ex ISOCHIMICA che sono morte di mesotelioma pur non avendo mai messo piede nel luogo di lavoro dei loro mariti, che però portavano a casa i loro abiti da lavoro pieni di fibre di amianto che esse lavavano.
Per me è stato una emozione grande partecipare alla prima dello spettacolo ed essere chiamato dopo sul palco a spiegare, insieme all’associazione “Dialoghi per il futuro”, il perché lo avevamo proposto. Mentre raccontavo dal palco i “perchè” dello spettacolo, sono stato colpito da un dolore profondo che però si è trasformato subito in speranza. Speranza che questa rappresentazione teatrale possa essere l’inizio di una più ampia e decisa lotta per il rispetto della dignità dei lavoratori e delle loro famiglie, unitamente al rispetto per l'ambiente che non può più essere la pattumiera delle attività umane finalizzate al profitto e allo sfruttamento dei lavoratori invece che al bene comune.
L’impegno di tutti i promotori dell'iniziativa è ora quello di diffondere nelle scuole la rappresentazione teatrale sull’ISOCHIMICA. C’è bisogno di diffondere la cultura del rispetto della dignità umana e il teatro è un potente strumento di formazione delle coscienze.
Ma c’è anche bisogno oggi di portare a termine il processo penale sull’ex ISOCHIMICA attualmente in corso a distanza di oltre venticinque anni dalla chiusura dello stabilimento, rispetto al quale sono ancora aperti e irrisolti i problemi della bonifica.
Il processo da Avellino, sua sede naturale dove è iniziato, è stato spostato a Napoli accampando l’inadeguatezza delle strutture giudiziarie irpine piccole e che sarebbero inadatte ad accogliere oltre trecento parti civili con annessi e connessi.
La verità è che le stesse forze che hanno consentito al padrone dell’ISOCHIMICA, recentemente morto, di fare quello che ha voluto, hanno brigato per allontanare il processo dalla città, per impedire che i cittadini possano ricordare ciò che è successo e prendere coscienza degli errori commessi e della corruzione che ha attraversato la comunità locale che non ha risparmiato nessuno, dagli stessi lavoratori al sindacato.
Anche su questo è necessario una grande mobilitazione delle persone. Sono in corso alcune petizioni per riportare il processo nella sua sede naturale. L’obiettivo di chi ha spostato il processo a Napoli è quello di far navigare il processo verso la prescrizione. Questo è il fine ultimo a cui mira il processo penale in Italia e questo è una offesa per l’idea stessa di giustizia.
Noi ci batteremo affinché questo non avvenga e abbiamo fatto e continueremo a fare appello all’unità di tutti i lavoratori ex isochimica, di tutte le associazioni ambientaliste e di tutte le forze sane della città di Avellino affinché il processo si concluda nella sua sede naturale, rigettando tutte le strumentalizzazioni politiche particolarmente forti in questo periodo elettorale.
Pensiamo che riflettere su una storia come quella dell’ISOCHIMCA serve a tutt’Italia perché non è una storia locale, fa parte di un sistema corruttivo nazionale che bisogna finalmente riuscire a scardinare.
Giovanni Sarubbi
 
Di seguito riproduciamo la registrazione degli interventi dei promotori della rappresentazione teatrale svoltosi al termine della rappresentazione stessa. Gli interventi sono stati introdotti da Luigi Frasca direttore del Teatro d'Europa che ha chiamato sul palco Anselmo Botte, autore del libro, Mimmo Limongiello e Giovanni Sarubbi (Associazione dialoghi per il futuro), Franco Fiordellisi (CGIL), Angela Caterina autrice del canovaccio teatrale.
 
 
 
NOTE



Domenica 18 Febbraio,2018 Ore: 15:18
 
 
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