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www.ildialogo.org Pane e unità,di Giovanni Sarubbi

Editoriale
Pane e unità

di Giovanni Sarubbi

Sulla "sinistra" e sul che fare


Sono cresciuto politicamente, negli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso, a “pane e unità”. Ma l’unità a cui facevamo riferimento nella mia giovinezza era riferita a quella che allora chiamavamo “classe operaia”, la classe sociale oppressa che, come scriveva Marx, emancipando se stessa avrebbe emancipato tutta la società abolendo tutte le classi. Abolire lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo: questo è l’ideale su cui ho costruito la mia vita e su cui hanno dato la vita milioni di persone. E per realizzarlo c’è bisogno della unità della “classe operaia”.
Ed era una unità intesa come sinonimo di rifiuto del pensiero padronale, separazione netta ed inequivoca con tutto ciò che dal padronato, la classe oppressiva per eccellenza, proveniva.
Oggi si invoca l’unità della cosiddetta “sinistra” in un contesto ed in un’ottica del tutto diversa da quella della mia gioventù. Oggi, e nel recente passato, l’unità si declina come unità dei ceti politici consolidatesi in alcune organizzazioni se-dicenti di “sinistra”, con il concetto di “sinistra” diventato evanescente ed ignoto ai più. “Sinistra” come “soggetto ignoto” della politica italiana, incapace di essere un punto di riferimento per le classi subalterne sia sul piano ideale sia sul piano materiale. La cosiddetta “sinistra” non è punto di riferimento neppure dei molti milioni di poveri oggi esistenti (e siamo ad un livello di povertà mai raggiunto prima) mentre nella mia gioventù, proprio a Napoli, essa era in grado di organizzare persino i disoccupati (i disoccupati organizzati) in organizzazioni dal basso che ottennero anche importanti risultati dal punto di vista meramente sindacale. Oggi nulla! Non siamo in grado di organizzare, con le dovute eccezioni, neppure il mutuo soccorso. Ricordate, esproprio proletario, riduzione delle bollette elettriche, occupazioni degli alloggi sfitti, sciopero alla rovescia…? Spesso balbettiamo persino sulla questione dei migranti o ci lasciamo condizionare dalle posizioni dei fascio-leghisti.
In più occasioni ho scritto di essere allergico a parole quali “ricostruzione-rifondazione” o ai lamenti sulla mancanza di “unità della sinistra”. Chi sente il bisogno di “ricostruire-rifondare” un movimento politico-sociale con una storia di quasi due secoli, vuole evidentemente segnare un punto di discontinuità e di rottura con questa storia, non riuscendo a liberarsi di quel “pensiero unico neoliberista” che ha dichiarato la morte di questa storia e che ha contagiato tutta la società, a cominciare dalle classi più deboli e sfruttate.
Quando io ero giovane l’ostentazione della ricchezza, a cui oggi assistiamo, era impensabile, non perché non esistesse, e ci si ribellava. I ricchi avevano quasi vergogna di ostentare la loro ricchezza perché c’era chi gli ricordava che essa era frutto dello sfruttamento del lavoro ma anche di veri e propri furti che avvenivano con la complicità dei governi che, in regime di sfruttamento sociale (oggi capitalistico), sono sempre l’espressione delle classi sociali dominanti. Accumulo di ricchezza in poche mani era sinonimo di oppressione e sfruttamento per milioni di persone. Chi ricorda più oggi le contestazioni alla “Prima della Scala”, dove sfilavano tutti i vip dell’epoca? Oggi sfilano indisturbati. Chi fra quelli che oggi sono poveri associa la propria povertà alla ricchezza che viene sbandierata sulle TV a reti unificate di pochi ricchi e gaudenti che assumono anche il ruolo di opininisti o maître à penser per le giovani generazioni?
Chi non ricorda la propria storia è destinata a riviverla. E chi pensa di “ricostruire-rifondare” non si sa bene cosa è destinato a ripercorrere ciò che sembrava impossibile.
E sul piano sociale siamo così tornati ai rapporti di lavoro ottocenteschi e al rinascere di vere e proprie forme di schiavismo sia in settori industriali sia in agricoltura sia nei servizi. Il caporalato è tornato alla grande. In più la sostituzione dei lavoratori con le macchine è un processo che non si è arrestato e che anzi sta avendo, negli ultimi anni, sviluppi impensabili fino ad una decina di anni fa. La fabbrica senza uomini, fatta di sole macchine e di pochi gruppi di manutentori non è più una ipotesi fantascientifica ma la realtà con la quale molti settori produttivi sono chiamati già oggi a confrontarsi.
“Riostruire-rifondare” corrisponde così alla accettazione del pensiero unico neo-liberista che ha dichiarato morto il movimento comunista mondiale quando si sono verificati alcuni fatti storici quali la caduta del Muro di Berlino e la dissoluzione dell’URSS e del cosiddetto “socialismo reale” nei paesi dell’est.
Ma questa “dichiarazione di morte” la si può trovare in tutti i testi degli epigoni del capitalismo fin dalla pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista del 1848 di Marx ed Engels. Non è una novità! È in realtà una pia illusione delle classi dominanti oppressive che usano a proprio favore l’incapacità o la corruzione, ideologica e materiale, dei dirigenti dei partiti che di volta in volta hanno rappresentato gli interessi delle classi subalterne e che si sono arresi agli oppressori.
Lo scontro tra sfruttati e sfruttatori continuerà fino a quando gli sfruttatori non saranno messi in condizione di non nuocere all’umanità. È uno scontro che va avanti da alcuni millenni, che ha visto sorgere e perire vari imperi e vari imperatori finiti tutti nella polvere perché tutti portatori di sistemi sociali oppressivi e violenti, basati sull’odio e sulla guerra. E sono sempre state le guerre che hanno portato alla fine e alla distruzione dei vari imperi che sono sorti nel corso della storia. Guerre via via sempre più distruttive e oggi siamo giunti al limite estremo, al più alto potenziale distruttivo dell’intera umanità. Ed infatti il livello di sfruttamento oggi esistente ha raggiunto vette mai verificatesi finora.
Allora il problema oggi non è certamente quello di mettere d’accordo un po’ di ceto politico raccolto in uno o più partiti di "sinistra", vecchi o nuovi che siano. Ne è quello, sul tema del lavoro, di cercare l’unità con tali partiti su un po’ di modifiche legislative al cosiddetto Job-Act.
Il problema è capire dove scoppieranno le contraddizioni fra sfruttati e sfruttatori e come acuire tali contraddizioni partendo dal livello di coscienza delle classi subalterne.
“Riostruire-rifondare” da il senso della sconfitta e della incapacità a dare indicazioni. Dice che la cosiddetta “sinistra” non ha idee, non capisce la società nella quale vive, non è capace di dirigere e di orientarsi rispetto alle dinamiche sociali e politiche dell’Italia e del mondo nel suo complesso. Non sa incidere sui mass-media e non è capace di contrastare la cultura edonistica dominante con una cultura pienamente umanistica che ricostruisca la solidarietà tra le classi subalterne. “homo homini lupus” è il motto degli sfruttatori che vogliono conformare a se stessi tutta la società. Quello degli sfruttati non può che essere quello di non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te e quello del condividere.
E chi si lamenta della mancanza di “unità della sinistra” dichiara la propria incapacità e la propria mancanza di idee.
La molteplicità di partiti oggi esistenti nell’area della cosiddetta sinistra, non è una novità ne è mai stato un problema vero per lo sviluppo del millenario movimento di liberazione dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo che, negli ultimi due secoli, è stato incarnato dalle idee del socialismo e del comunismo. Partiti e correnti sono sempre esistiti in tutti i movimenti di liberazione della storia. Basti guardare all'originario movimento dei seguaci di Gesù di Nazareth, che all’origine non era una religione, diviso in più gruppi. Basta leggere il nuovo testamento. Ai tempi della Rivoluzione d’Ottobre, di cui quest’anno si celebrano i cento anni, la quantità di partiti di sinistra era forse superiore a quella oggi esistente in Italia o nel mondo. Se il partito Bolscevico di Lenin si fosse fatto impressionare da quelle divisioni, rispetto alle quali le nostre oggi sono rose e fiori, non ci sarebbe stata la Rivoluzione d’Ottobre.
È la mancanza di idee e la incapacità di analisi scientifiche della realtà che bloccano i partiti e li relegano ad essere organizzazioni marginali della storia. E la somma di enne marginalità produce solo una marginalità più grande.
Oggi abbiamo bisogno invece di chi riesca a dare idee a questa millenaria lotta tra sfruttati e sfruttatori che è probabilmente giunta ad un punto di svolta decisivo per l’intera umanità.
Dunque oggi o mai più.
Giovanni Sarubbi



Domenica 07 Maggio,2017 Ore: 18:48
 
 
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