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www.ildialogo.org DIFENDERSI DAL VIRUS DEL DOMINIO,di Raffaello Saffioti

VERSO IL REFERENDUM OLTRE IL REFERENDUM
DIFENDERSI DAL VIRUS DEL DOMINIO

VADEMECUM CONTRO LA DISINFORMAZIONE E LA FALSA COMUNICAZIONE NELLA CAMPAGNA REFERENDARIA


di Raffaello Saffioti

In nessun secolo la parola è stata così pervertita,
come ora lo è, dal suo scopo naturale
che è quello di far comunicare gli uomini”.

IGNAZIO SILONE, in Pane e vino
Per lo smascheramento del sistema di dominio non si può
generalmente contare sull’aiuto dei cosiddetti ‘mass media’,
espressione unidirezionale di una deformante cultura
(le fonti che si dichiarano libere potranno quindi trovare
un pubblico banco di prova della loro effettiva autonomia)
…”.
DANILO DOLCI
INTRODUZIONE AL VADEMECUM
QUESTA CAMPAGNA REFERENDARIA
Questa campagna referendaria si avvia alla conclusione, in un clima che di giorno in giorno diviene sempre più caldo nello scontro tra il fronte del NO e quello del SI’. E’ diventata una gara di resistenza per tutti i protagonisti, ma anche logorante per l’opinione pubblica.
Il referendum, istituto della democrazia diretta, sarà una nuova, significativa prova della sovranità del popolo italiano, principio supremo della Costituzione. Anche nello Statuto dell’ONU è consacrato il principio dell’autodeterminazione dei popoli.
Gli interventi di soggetti stranieri (grandi banche di affari, giornali economici, autorevoli soggetti politici) riusciranno a influenzare il voto degli italiani?
In ogni caso, i risultati del referendum serviranno per valutare lo stato di salute della democrazia in Italia. Si potranno verificare le tendenze e gli orientamenti dei cittadini in questo tempo di crisi economica, sociale e politica.
Si pongono a questo punto, a pochi giorni dalla conclusione della campagna, alcune domande.
Voteremo per la Costituzione o per la sorte del Governo?
Quale ruolo ha svolto il “quarto potere”?
E’ prevalsa la propaganda o l’informazione?
Alla fine, il voto degli elettori sarà più consapevole e informato?
La Costituzione è di tutti e dovrebbe servire ad unire il Paese. Ma si nota che la divisione del Paese si sta rivelando l’effetto più grave prodotto dal referendum.
Il referendum è stato il tema dominante della cronaca quotidiana e la propaganda sta mettendo a dura prova lo spirito critico dei cittadini elettori, la loro capacità di distinguere il vero dal falso. Anche il quesito posto col referendum è stato messo in discussione per la sua stessa formulazione, contenendo materie di diversa rilevanza.
Quante bugie sono state dette durante la campagna referendaria? Mauro Matteucci ha scritto che si è formata una “Banda di Pinocchi” ed ha elencato i casi in cui sono state dette bugie.
C’è stata come una “epidemia di trasmissioni”. E’ stata prodotta una massa di informazioni e “ora è il momento della riflessione” (Augusto Cavadi). Ma decidere come votare, rimane difficile per molti cittadini.
Le parole chiave del dibattito: riforma, cambiamento, governabilità, stabilità, ed altre, si distinguono per la loro falsità o ambiguità. Si è creata una grande confusione.
Il vizio di fondo del referendum, contro il quale mettere in guardia, rimane quello della legge di riforma della Costituzione.
“Lo ha scritto la Corte costituzionale – nella sentenza n. 1 del 2014 – che la legge n. 270 del 2005, il così detto Porcellum, era incostituzionale perché la governabilità veniva assicurata a danno della rappresentatività. (…) il «principio fondamentale della continuità degli organi dello Stato» può operare solo per brevi periodi di tempo. La Consulta citò infatti gli articoli 61 e 77 della Costituzione, i quali consentono bensì la prorogatio delle funzioni parlamentari in caso di scioglimento delle Camere, ma tutt’al più solo per un paio di mesi di tempo” (ALESSANDRO PACE).
La Costituzione è stata modificata per più di un terzo, risultando snaturata e stravolta.
I CITTADINI, LA POLITICA, I PARTITI
I comitati di cittadini che si sono costituiti al di fuori dei partiti politici per il NO al referendum hanno animato la campagna referendaria, ma sono rimasti fuori della scena mediatica, occupata dai partiti.
I partiti non erano stati considerati morti, o agonizzanti, o ridotti a “comitati elettorali”?
Invece essi hanno continuato ad occupare le varie istituzioni, primo tra tutte il Parlamento, ed esercitano la loro influenza sul sistema dell’informazione che li ha fatti come rinascere.
I partiti politici non hanno svolto il ruolo assegnato loro dall’articolo 49 della Costituzione. Hanno fatto nascere la disaffezione alla politica, con il fenomeno dell’astensione dal voto. Ampia la letteratura in materia.
“Sono diventati organizzazioni completamente anacronistiche rispetto ad un modello di democrazia che non può più esaurirsi nella rappresentanza e nella delega. (…) Un mostro a due teste che si appella al diritto di riservatezza, proprio dei soggetti privati, mentre vive di risorse pubbliche in una dimensione opaca, espressione di corruzione e perversa contaminazione di interessi pubblici-privati”. (“Manifesto per un soggetto politico nuovo”, 2012)
Si può ricordare il Manifesto per la soppressione dei partiti politici, di SIMONE WEIL, pubblicato per la prima volta nel 1950? Nell’attuale crisi del sistema partitocratico, può aiutare a ripensare il ruolo dei partiti e a ricercare nuove forme di partecipazione alla vita politica.
IL QUARTO POTERE – I PERSUASORI OCCULTI
“Quarto potere” è la definizione dei mezzi di informazione (stampa e televisioni), per la loro capacità di orientare l’opinione pubblica. Questi mezzi hanno svolto correttamente il loro ruolo nella campagna referendaria?
Il protagonismo dei partiti di entrambi gli schieramenti, con la prevalenza del partito di governo e del Presidente del Consiglio nella occupazione degli spazi televisivi, ha creato molta confusione e ha oscurato l’attività svolta dai comitati espressi dalla società civile.
Quello in atto, è stato definito da ROCCO ALTIERI, come un “tentativo di golpe mediatico ai danni della sovranità popolare, non più coi carri armati, ma con le televisioni”.
Il famoso saggio del sociologo americano VANCE PACKARD, col titolo I persuasori occulti, pubblicato nel 1957 (in Italia nel 1958), si rivela ancora attuale. Il libro ha spiegato il potere subdolo della pubblicità per orientare i gusti del pubblico, minacciando la libertà d’opinione su qualsiasi argomento.
Ha scritto l’Autore:
“Molti di noi vengono influenzati assai più di quanto non sospettino, e la nostra esistenza quotidiana è sottoposta a continue manipolazioni di cui non ci rendiamo conto. Sono all’opera su vasta scala forze che si propongono, e spesso con successi sbalorditivi, di convogliare le nostre abitudini inconsce, le nostre preferenze di consumatori, i nostri meccanismi mentali, ricorrendo a metodi presi a prestito dalla psichiatria e dalle scienze sociali. E’ significativo che tali forze cerchino di agire su di noi a nostra insaputa, sì che i fili che ci fanno muovere sono spesso, in un certo senso, «occulti»”.
E’ da segnalare la rivista “Psicologia contemporanea” (numero 257, settembre-ottobre, 2016) per due scritti: 1) di GABRIELE GIACOMINI, col titolo “Psicologia del quarto potere”; 2) di FEDERICO REPETTO, col titolo “Il peso della ‘cultura pubblicitaria’”.
L’ “AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI” (AGCOM)
L’AGCOM, istituita con la legge 249 del 1997 ha svolto il suo compito, intervenendo nella fase decisiva della campagna per garantire un’informazione corretta?
Un esposto molto dettagliato, per la violazione della par condicio è stato presentato dal Comitato per il NO, firmato dai costituzionalisti ALESSANDRO PACE e ROBERTO ZACCARIA, e da ALFIERO GRANDI e VINCENZO VITA. Si stanno adottando forme sofisticate di manipolazione, per cui si parla di una “torsione filogovernativa di grande parte dei media”, soprattutto nei telegiornali (Tg1, Tg2, Tg3, Rai News). Il “tempo di antenna” si determina facendo la somma del “tempo di notizia” con il “tempo di parola” e non è facile il conteggio delle presenze radiotelevisive. Stiamo notando vari travestimenti di Renzi che appare, di volta in volta: statista europeo, Presidente del Consiglio, leader di partito, esponente di punta del Sì.
PERCHE’ QUESTO VADEMECUM?
L’idea del Vademecum è stata suggerita dalla considerazione dell’andamento della campagna referendaria, rileggendo l’opera Comunicare, legge della vita, a cura di DANILO DOLCI.
Pubblicata da La Nuova Italia nel 1997, nella collana “Educatori Antichi e Moderni”, dovrà essere considerata come un classico ed è da leggere e studiare per il suo valore educativo.
E’ l’ultima opera di Dolci, uscita l’anno prima della sua morte, come un compendio del decennio 1986-1996, quasi un testamento spirituale.
Dolci è ormai riconosciuto uno dei Padri e Maestri della nonviolenza del ventesimo secolo.
Nell’ultimo decennio della sua vita si è avuta la maturazione del suo pensiero e della sua opera.
Dolci ha sperimentato la “struttura maieutica”, in Italia e in varie parti del mondo, proponendo negli incontri una “Bozza di Manifesto sul Comunicare”.
Due le domande prevalenti: 1) qual è la differenza tra il trasmettere e il comunicare? 2) qual è la differenza tra il potere e il dominio?
Come ha scritto Dolci nella Premessa, un libro che invita a “scrostare la mente, ad una prima lettura non può risultarci che strano, arduo”.
“Questo libro (nato da conversazioni con amici preoccupati dello stato confusionale del mondo: particolarmente Noam Chomsky, Paulo Freire, Mario Luzi e Jurgen Habermas) prova umilmente ad ampliare nelle diverse lingue-culture una complessa chiarificazione indispensabile a rianimare la crescita della vita nel nostro pianeta”.
ERVIN LASZLO:
“Non possiamo raggiungere la prossima tappa della nostra evoluzione collettiva senza dare origine a un nuovo modo di pensare, sentire e agire”.
Il Vademecum viene proposto in vista del referendum, ma può valere anche al di là del referendum.
Roma, 27 novembre 2016
RAFFAELLO SAFFIOTI
Centro Gandhi - PALMI
***
VADEMECUM
PASSI SCELTI
da DANILO DOLCI (a cura di), Comunicare, legge della vita (La Nuova Italia, 1997)
a cura di Raffaello Saffioti
ANATOMIA LESSICALE-CONCETTUALE
I
Il vocabolario è anche uno specchio: per valorizzarlo, ad esprimersi e intendere, occorre imparare
a scegliere. Quale il senso delle nostre parole? Che ci significano?
II
La parola assume il senso suo interpretando il mondo, nel tentativo di esprimere una visione della vita. Vi è un maturare dei significati e un involversi.
III
Mentre il trasmettere può essere violento o nonviolento, inquinante o no, il comunicare essenzialmente è sincero e nonviolento, pure quando conflittuale. Mentre esiste un trasmettere che tende al comunicare (ad es. la domanda, la proposta d’amore), un rapporto esclusivamente e continuativamente unidirezionale tra una persona e un’altra, tra una persona e altre, nel tempo risulta – di fatto – violento: non esiste né può esistere alcuna comunicazione esclusivamente unidirezionale.
IV
Comunicare è intimamente connesso a creatività e a crescere: non si può essere creativi senza comunicare, né si può comunicare senza essere creativi. Silenzioso o esplicito, il vero comunicare non altera ma potenzia l’intimo segreto di ognuno; esercitare il proprio sano potere (radicato nel conoscere), essere creativi, è una necessità per ognuno: tutti abbiamo bisogno che ognuno sia creativo, comunicante pur coraggiosamente. Il chiudersi (individuale, di gruppo, collettivo) inaridisce vite e prospettive.
V
Pur se può avviarsi da un impulso, il comunicare autentico matura solo se e quando cresce almeno tra due creature una specifica interazione che nel reciproco fecondarsi non esclude ma implica contemplativamente il resto del mondo. L’interagire comunicativo comprende il dialogo (dia-logos attraverso il logos: la parola-scienza si verifica nell’esperienza del confronto) ma non vi si identifica.
VI
Al desiderio di comunicare occorre un codice comune, pur non verbale, ma non basta: occorre anche una certa esperienza e un minimo concepire affine, disponibile ad ampliarsi nel confronto. Sincero, dice l’antica esperienza, è chi tende a crescere insieme; sincerità è provare a divenire uno. La struttura dell’esprimersi non dipende solo dalla profondità dell’intimo radicarsi meditativo, ma anche dalla integrativa coerenza della relazione in cui, maturando, si esplicita. Consentire o no, distinguere il più vero dal meno vero o dal falso, non è solo operazione linguistica. Il comunicare è anche modo di esistere, operare, vivere poetico. In tutte le implicazioni, anche economiche. Il falso e l’inquinante ritardano e, talora, bloccano la vita; per guarire, quando si riesce, talora occorre la fatica di anni, secoli.
VII
E’ soprattutto l’attitudine al comunicare strutturante che favorisce l’evoluzione delle specie. E in particolare dell’uomo, anche attraverso il linguaggio, materia-creatura che sopravvive a chi l’inventa, espressione della scoperta coorganizzata, espressione mentale-emozionale che riesce a «scatenare mutualmente anche cambiamenti ormonali e fisiologici», riesce a influenzare il coerente sistema nervoso di ognuno.
VIII
In questa epoca si insalda nel mondo la tendenza per cui, con l’impiego strategico di potenti quanto sottili strumenti unidireazionali (la scuola trasmissiva che confeziona ragazzi in serie, la televisione inoculatrice, la propaganda-pubblicità che incide elettronicamente il cervello ecc.), pochi gruppi di scaltri guidano colonizzando l’esistenza delle maggioranze rendendole passive, succubi. Questo dominio parassitario, antica malattia virale rimodernata, sta ora investendo prestigiosamente non soltanto gli uomini ma tutta la natura. Mentre è stato ampiamente accertato nell’ultimo secolo che anche lo sviluppo cognitivo è per massima parte correlato alla effettiva capacità di interagire, comunicare, scoprire.
IX
In questo percorso linguistico non possiamo pure osservare la verbalizzazione del decorso di una perversione? Il dominio deforma a poco a poco al proprio uso il concepire, succhia il valore alle parole vive. Competere (dirigersi insieme verso) è ridotto a bisticciare; interrogare (chiedere fra, consultare) è ridotto a «appurare attraverso una serie di domande il grado di preparazione di uno studente » e talora perfino («al terzo grado»): «mirare a distruggere ogni resistenza dell’interrogato».
X
In questa prospettiva occorre riconoscere che deformare concezioni-parole-entità vitali come comunicare, interesse, potere, struttura, valore, economia, educazione, e così via, è espressione di macrovirosi causata dall’uomo a livello biosferico. Anche la lingua, abilmente manipolata, può divenire occasione di penetrazione virale, strumento di dominio:«la comunicazione è advertising, promotion, trade marketing». Fino a Little Boy, la bomba che vetrifica e polverizza Hiroshima. Fino al sottomarino atomico «Corpus Christi».
XI
Assecondando queste tendenze non c’è il rischio che in un prossimo futuro il termine per esprimere l’attuale popolazione divenga senza infingimenti, mercato, o consegna, o analogo?
Ricordiamo Silone, in Pane e vino: «In nessun secolo la parola è stata così pervertita, come ora lo è, dal suo scopo naturale, che è quello di far comunicare gli uomini».
Se vado su un terreno che frana, su una slavina, rischio di franare: per intendere e prevedere un evento in un ambiente, occorre conoscere la struttura delle essenziali relazioni di quell’ambiente. Così, per interpretare – e interagire opportunamente con – un messaggio, occorre riconoscere la profonda struttura espressa dalle parole chiave di quel messaggio, di quella lingua. Peggio della moneta falsa è la parola falsa: soprattutto se usata per insegnarla. Infamando la lingua, infamiamo noi e la terra.
XII
La meraviglia forse ci colpisce quando riusciamo a scoprire, in quanto ci è ancora ignoto, qualcosa di profondamente nostro. Tele significa lontano, da lontano. Vedere, anche lontano, è necessario. Parassitare la necessità di vedere (dovrebbe risultarci in ogni senso ripugnante) accade nella tele-visione sovente.
XIII
Dare ordini o eseguirli fa esclusivamente parte dei sistemi di trasmissione. Un rapporto esclusivamente unidirezionale (il dominio, ad esempio, usualmente combinato col parassitismo) produce lucro inquinando, paralizzando, cosificando. Chi è cronicamente passivizzato risulta, anche in senso medico, depresso, pur non sapendolo, pur non conoscendone le cause: è compromessa la sua capacità di vivere, e non soltanto la sua.
XIV
Oltre la rumorosa propaganda (che tenta di trapiantarsi negli altri), oltre le più sottili persuasioni parassitarie, ci urge sbocciare le parole vere per riconoscerci e crescere.
XV
Per il dominatore, pace è l’inquadramento degli altri nel suo ordine. Ma la pace matura nel comunicare vivo, oltre ogni diversità: lo possiamo provare dai più semplici rapporti ai più complessi. Nel risolvere le difficoltà.
XVI
Dal profondo conflitto fra l’insensato dominio che trasmette meccanicamente e le autentiche forze educative, comunicanti creativamente in un organico fronte che valorizza i meccanismi senza esserne consumato e stritolato, risulteranno le sorti del mondo. Né il linguaggio del telegrafo o del predeterminato calcolatore, pur utili, ci possono bastare. Oggi più che mai saper distinguere trasmettere da comunicare è operazione non solo mentalmente essenziale alla crescita democratica del mondo: la creatività di ognuno, se valorizzata comunitariamente, acquista un enorme potere ora in massima parte sprecato.
XVII
Pur la parola autentica è interprete – di ogni creatura, mondo – e ci identifica: anche se dialettale ci rigenera potenziandoci, come ogni vero educatore sa, nel costruire del comunicare.
XVIII
Giustamente Einstein osserva che il significato della parola verità muta secondo l’ambito in cui viene usata: un fatto dell’esperienza? una formula matematica? una teoria scientifica? «E’ difficile attribuire un significato preciso», dice, perfino «al termine verità scientifica».
XIX
Sovente appaiono verità alcuni aspetti della realtà. Sovente appaiono verità, nell’apparente caos, tentativi di connessione-semplificazione che poi, se assunti come norma, ad un accertamento più maturo possono risultare pericolosamente riduttivi. Fino ove il criterio di coerenza può aiutarci a distinguere il vero dal falso? La verità generalmente risulta relativa, prodotto di una interazione comunicativa.
XX
Il controllo critico, la controllabilità pluripersonale è certo un requisito per la conoscenza “scientifica”: ma è sufficiente, soprattutto nella cosiddetta “scienza dell’educazione”, nelle “scienze sociali”?
XXI
Il vocabolario dice: verità = rispondenza alla realtà effettiva. Una rispondenza speculare dell’attimo presente? O una corrispondenza che tiene conto pure della dinamica di questa “realtà”? che tiene conto del suo possibile crescere, modificarsi, nel rapporto con noi? La “realtà” via via non risulta diversa secondo la struttura che la esprime?
NON DOBBIAMO TEMERE LA DIAGNOSI
XXII
Una malattia ci intossica e impedisce: la vita del mondo è affetta dal virus del dominio, pericolosamente soffre di rapporti sbagliati.
Non un nuovo Golia occorre denunciare, né estranei nemici ma, nei più diversi ambiti, ripensare e rifondare il modo e la qualità dei nostri rapporti, di ogni genere di rapporto.
Talmente abituati siamo a questa malattia, che ci è arduo concepire la salute. Sappiamo quale mondo vogliamo?
XXIII
L’antico virus va tramando strategie inedite. Una frode sottile ma vasta degenera il mondo, acuta, sistematica, mentre il rapporto esclusivamente unidirezionale nel tempo tende a passivizzare l’altro, gli altri, e a divenire violento. Ove le bombe non bastano, l’inoculazione, la trasmissione propagandistica vengono più e più camuffate da comunicazione.
XXIV
Malgrado puntuali denunce, finora inadeguate, questa strategia (condotta da persone, gruppi, Stati) subdolamente tende a strumentalizzare la gente, rendendola indifesa e acquiescente. Il bambino, il giovane, il passante nella strada difficilmente può difendersi dalla ingegneria del consenso finché non sa che esiste, e come ordisce, sostenuta da apparati e investimenti smisurati.
XXV
I maggiormente pericolosi predatori e parassiti umani perlopiù ragnano legalmente o nell’oscuro. Svariati i modi del manipolare – e del dipendere. Sovente l’usurpatore e i suoi strumenti vengono esaltati e incentivati dagli stessi oppressi. Insano è frodare, ma anche lasciarsi parassitare, divenendo complici. L’adeguarsi all’ordine del dominio implica sia la responsabilità del dominatore che quella di chi si lascia dominare.
XXVI
Tanto più a fondo questo contagio penetra quanto più riesce ad assoldare anche notevole parte degli istituti universitari, accademici e scolastici, oltre ai quadri politico-industriali direttamente implicati e, ovviamente, gli stessi loro mezzi di informazione: spacciandosi, talora con inconscio cinismo, per scientifico progresso.
XXVII
Molti strumenti del dominio sfuggono al controllo democratico, sfuggono alla coscienza popolare.
La massima parte dell’informazione mondiale entro poco tempo rischia di essere concentrata, filtrata e adulterata da pochi gruppi dominanti. Il falsare erode, corrompe, disintegra la vita.
Arduo è liberarsi dall’inganno che diviene norma. Chi non medita, non pensa liberamente, non distingue fra l’ipnotizzante trasmettere e il comunicare.
XXVIII
Occorre indagare più a fondo l’essenza del comunicare, ma già il bambino, che sa «vedere il re nudo», può intendere:
  • se uno parla in una piazza o alla radio vi è una trasmissione, recepita più o meno criticamente;
  • altro è la televisiva persistenza unidirezionale, e altro il conversare (pur telefonico) nel rispetto reciproco;
  • altro è il baratto, il dare per avere; e altro il correlarsi fecondante del comunicare.
XXIX
Mentre la continua passività induce alla disperazione e la rabbia privata si polverizza nel corrosivo rumore quotidiano, è necessario sviluppare con esperienze vive la scoperta di come ognuno (persona, gruppo, popolo) possa crescere creatura unica e diversa, vitale per tutti, nel ricomporre il fronte della vita.
XXX
Non la tecnica uccide ma l’irresponsabile dominio tecnologico; e la paura di essere creativi, la mancanza del coraggio, il non saper vincere la propria intima inerzia anche nell’imparare a organizzarsi.
XXXI
Più che dalla coscienza personale e collettiva dei bisogni, le scelte e i comportamenti sono generalmente determinati dai flussi finanziario-pubblicitari-propagandistici di chi cerca raggiungere la supremazia, da ammodernati arsenali capaci di “intrattenere i consumatori” in nuove forme di colonialismo.
Sempre il soggiogare, il dominare, ha cercato di presentarsi insostituibile, necessario, addirittura sacro. Pure ha preteso di salvarti l’anima con le torture.
XXXII
Il rilassarsi degli inconsci schiavi combinato all’inoculato armarsi di chi domina, ormai guasta il mondo. Non poter esprimersi, non poter comunicare, ammala, uccide. Il non saper comunicare occorre sia studiato come malattia da guarire.
L’inerzia, la sfiducia personale, il rinviare a domani quanto urge, il sospetto verso il nuovo e il diverso, l’impuntualità, la mancanza di rispetto reciproco fracassano il possibile potere di immense moltitudini che, così, soccombono molli sotto i talloni di pochi furbi abilmente aggregati. In ogni parte del mondo la gente, finché non impara a scoprire nei propri problemi i propri interessi profondi, apprendendo a organizzarsi puntualmente per conseguirli, è mai possibile che possa liberarsi?
XXXIII
Occorre analizzare come siano strettamente correlati un certo dominio industriale-parassitico inquinante, l’inoculazione dottrinaria-pubblicitaria, il disastro ecologico, un falso o gretto comunicare malgrado le tecniche sofisticate, il disorientamento di tanti giovani, lo svanire di tante energie nella droga, nel sempre più frequente suicidio.
Ci si attarda a tamponare gli effetti, invece che intervenire sulle cause.
XXXIV
Osservare, e osare la diagnosi, è il primo operare: la diagnosi prepara al cambiamento. Se rincorrere malati e moribondi per assisterli è sacrosanto, più proficuo (ma certamente più arduo, proprio Pasteur ce lo rammenta) è scoprire le cause dei morbi, cercando prevenire o risanare.
Tanto più quando la vecchia cultura stima lo strazio della guerra come inevitabile soluzione dei più gravi problemi.
I diversi popoli non hanno ancora imparato a organizzarsi per cogestire la pace internazionale, mondiale: appena alcuni secoli fa era molto difficilmente concepibile; oggi è estremamente necessario, urgente.
XXXV
Questo scorcio di secolo, assistendo al trionfo dei rapporti – elettronici e no – unidirezionali, sovente si vergogna del comunicare vero, lo teme, lo avversa.
XXXVI
Arduo è scrostarci la mente da quanto i precettori succubi del dominio, giorno per giorno in decenni, secoli, millenni, sono riusciti a somministrarci: scrostarci e liberarci dai dogmi storici che ci impediscono di rinnovare il sistema dei nostri rapporti.
XXXVII
Moltiplicare ovunque possibile la sperimentazione di metodologie relazionali che favoriscano lo sviluppo della individualità personale e collettiva, imparando a connettere fecondamente le “teste di ponte” in un valido fronte: non è una impellente necessità alla salute del mondo?
XXXVIII
La scoperta del vero non è un compito riservato a monopoli, più o meno accademici: anche i semplici possono aiutare, anche i bambini.
XXXIX
Non certo indottrinando moltitudini: non vi è liberazione, mondo nuovo, senza impegno maieutico, per sé e ciascun altro.
Non vi è creatività senza sapere porsi interrogativi, maturare curiosità e interesse a decifrare i rapporti nel mondo, riguardando in nuove prospettive.
DECIDIAMO RASSEGNARCI AL SUICIDIO?
XL
Notevoli opportunità di resistere e inventare vengono evase da chi poi si lamenta vittima: il conformismo gregario deriva, dovremmo ormai sapere, tanto dalla mancanza di autodeterminazione come dalla paura.
XLI
Non è possibile comunicare senza impegno sincero, nonviolento, creativo, mentre d’altronde lo sviluppo della creatività richiede effettiva capacità di comunicare, connettere.
Il comunicare autentico (difficile e raro esito di attenta reciprocità, non soltanto vicenda di simboli e parole) rinforza i sistemi immunitari della vita terrestre, ci libera dalle nostre parassitosi e si concreta in economia indispensabile alla crescita civile: nel comunicare la probabilità dell’informazione-fecondazione si amplia potenziandosi e verificandosi complessivamente.
XLII
Per lo smascheramento del sistema di dominio non si può generalmente contare sull’aiuto dei cosiddetti “mass media”, espressione unidirezionale di una deformante cultura (le fonti che si dichiarano libere potranno quindi trovare un pubblico banco di prova della loro effettiva autonomia): tendono a trasmettere televisivamente finanche corsi universitari e messe (che dovrebbero consistere in spazi di ricerca e iniziativa comunitaria), a ridurre a spettacolo sia lo sport che l’evento religioso, snaturando la Festa che degenera nel massificante teleassorbire.
XLIII
Spettacoli elettronici, pilotati da esperti in confezioni di immagini vincenti, più e più sostituiscono l’effettivo approfondimento del radicato dibattito politico, e avvezzano a dipendere dal dominante.
XLIV
Per scoprire ed esprimere i dirompenti segreti del comunicare occorre che germinino ovunque i suoi laboratori, consolidandosi in comuni fronti.
XLV
Rivoluzione autentica non è mobilitare processi maieutici in cui cresca, dall’organizzazione, la forza necessaria per cambiare? Il potenziale del comunicare maieutico è soltanto al suo inizio, in scala planetaria è da scoprire: contro ogni preteso monopolio annunzia la responsabilità di una nuova rivoluzione, immensa, per ogni prossima generazione. La fissità dell’ammaestramento unidirezionale, screpolata da secoli, comincia a vacillare. Guardare il mondo tenendo presente le possibilità della struttura maieutica, è un po’ come il vedere di Galileo al nuovo telescopio.
XLVI
Quanto è difficile non è impossibile. Ogni creatura ha una notevole capacità di autorigenerarsi.
*****
A cura di Raffaello Saffioti



Domenica 27 Novembre,2016 Ore: 15:34
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
CENTRO GANDHI ONLUS Pisa 28/11/2016 01.39
Titolo:Riusciremo a ricostruire le basi della democrazia italiana ?
Quello che ci viene offerto dall'amico Raffaello Saffioti  come riflessione conclusiva della campagna referendaria è un documento programmatico su cui edificare le basi di una nuova convivenza civile. In queste settimane giganteschi carrarmati e bombardieri mediatici hanno bersagliato la nostra società e le nostre coscienze, provocando morte e distruzioni,  metaforicamente non dissimili da quelle di Aleppo e non meno laceranti del tessuto democratico.
L'eventuale  vittoria del Sì al Referendum sarebbe la pietra tombale sulle nostre speranze di promuovere un potere nonviolento dal basso ispirato alla omnicrazia.
 
Autore Città Giorno Ora
Mauro Matteucci Pistoia 30/11/2016 10.55
Titolo:
Caro Raffaello,
                    ancora una volta ho notato una grande sintonia nell'analizzare la campagna referendaria, che i fautori del NO hanno impostato in modo arrogante (e bugiardo) sul trasmettere. Grazie di avermi citato ma soprattutto per la stupenda idea del Vademecum con i pensieri - che vanno ben oltre il referendum - di Danilo Dolci, un grandissimo maestro, che io ho accostato sempre a don Milani. Buona notte e speriamo che domenica prossima gli Italiani siano cittadini sovrani e responsabili. Con amicizia
Mauro

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