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www.ildialogo.org Democrazia? Ma mi faccia il piacere!,di Alessandra Riccio

Editoriale - Brasile
Democrazia? Ma mi faccia il piacere!

di Alessandra Riccio

Il giornale messicano La Jornada, dedicava ieri la sua quotidiana Rayuela (una riga di commento sui fatti del giorno) allo scandaloso impeachement brasiliano: “Rousseff non ha rubato un centesimo, ma è stata condannata da un’orda di senatori imputati per delitti di corruzione”. In sintesi, ecco il paradosso brasiliano, il golpe soave andato a segno grazie alle manipolazioni di un sistema democratico profondamente in crisi. E non parlo solo di quello brasiliano.
Nelle sue dichiarazioni a caldo, Dilma Rousseff non ha soltanto accusato coloro che in senato l’hanno condannata –amici, ex amici e nemici- di commettere una grave ingiustizia, ha affermato la sua innocenza e la malafede di chi manipola in maniera truffaldina lo strumento dell’impeachment perché non rispetta il risultato delle urne e ricorre agli inganni, alla corruzione, all’astuzia per ottenere quello che non ha ottenuto nelle tornate elettorali degli ultimi tredici anni.
Le accuse contro di lei sono una goffa acrobazia legale e chi la condanna è indegno di sedere in parlamento, eppure c’è già chi manda gli auguri a Temer, l’infedele vicepresidente e adesso presidente pro tempore, più veloce di tutti Wikipedia che ce lo dà già come facente funzioni.
Dilma ha ricordato che la vita l’ha sottoposta a dure prove, durissime come la tortura, la malattia, ma altrettanto duro è subire un’ingiustizia attribuendo a lei responsabilità che non erano di sua competenza, proprio perché negli anni del suo governo non ha mai accettato ricatti. La questione, naturalmente, è politica; tutto il resto sono costruzioni bizantine per dare un pallido aspetto di legalità ad un macroscopico attentato alla democrazia, “per imporre il Presidente dei senza voto”. Dilma si è espressa con queste parole e, confesso, un brivido mi è corso per la schiena, pensando a come questo sistema cominci a spandersi nel nostro mondo occidentale, a cominciare dall’Italia, e come l’allarme lanciato dalla Presidenta di un attacco alla democrazia non è un mero gesto di difesa, ma un appello al Brasile e al mondo per salvaguardare un principio irrinunciabile.
Dilma è decisa ad affrontare la battaglia dei prossimi mesi; ha ricordato a tutti che la lotta per la democrazia è una lotta permanente, che non ha fine; ha convocato i suoi sostenitori e gli amanti della democrazia a non ripiegare, a dare battaglia con decisione e in pace perché il rischio che corre il Brasile oggi è davvero molto forte.
La questione non riguarda solo quel grande paese sudamericano, la causa brasiliana è la causa di tutti coloro che pensano ancora che la volontà popolare debba essere rispettata e che gli Stati debbano essere amministrati da delegati del popolo fino a prova contraria.
Come d’abitudini, i nostri media trattano uno dei paesi più grandi e importanti del mondo come fosse una repubblica delle banane: vedono la pagliuzza brasiliana e non la trave nostrana, disinformano allegramente mentre i governi non prendono posizione, non esprimono solidarietà a Dilma, accettano il fatto compiuto. Il democraticissimo Obama che vede nel Venezuela di Maduro un grave pericolo per il suo paese, sorride e tace. In America Latina tutto sta tornando al suo posto. Se prima era la lotta armata a giustificare l’avvento di governi di destra sanguinari in maniera insopportabile, adesso, nella fase di “democratizzazione” dell’America Latina, l’eccesso di Sinistra, le società inclusive, i Governi in lotta contro la fame, favorevoli a importanti alleanze regionali, hanno ottenuto un pericolosissimo effetto collaterale: quello di aguzzare gli ingegni dei Thik Tanks di destra, grattare fra i codicilli, trovare pretesti apparentemente legali, per cacciare via governi –ciascuno diverso dagli altri, ciascuno rispettosa della sua particolare storia- che stavano indicando a tutti che un altro mondo è possibile.



Venerdì 13 Maggio,2016 Ore: 17:49
 
 
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