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www.ildialogo.org UN CASO DI OBIEZIONE DI COSCIENZA NELLA SCUOLA,di Raffaello Saffioti

LETTERA AL DIRETTORE
UN CASO DI OBIEZIONE DI COSCIENZA NELLA SCUOLA

RICORDANDO DON MILANI


di Raffaello Saffioti

Caro Direttore,
dopo che abbiamo partecipato allo straordinario Convegno nazionale del 6 dicembre scorso a Monteleone di Puglia, col titolo “La guerra è follia!”1, ti scrivo per presentare la “Lettera aperta” di ROCCO ALTIERI, docente nel Liceo “Carducci” di Pisa, alla Dirigente Scolastica, prof.ssa Sandra Capparelli.
Altieri ha scritto la Lettera per fare una motivata dichiarazione di obiezione di coscienza alla Legge n. 107 del 2015 che porta il titolo “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”. Ha scritto la Lettera dopo essersi astenuto dal votare per il “Comitato di valutazione dei docenti”.
Scrivo perché mi sento provocato in coscienza ad esprimere pubblicamente la mia solidarietà al prof. Altieri, oltre che il mio pensiero sul documento che ritengo di eccezionale valore morale ed educativo.
Dopo la pubblicazione del mio documento “La scuola buona (e quella cattiva). Rileggendo la ‘Lettera a una professoressa’”, sul tema della riforma della scuola2, non pensavo di riprendere lo stesso tema dopo la pubblicazione della Legge n. 107.
***
TESTO DELLA “LETTERA APERTA” (14 dicembre 2015)
Cara dirigente prof.ssa Sandra Capparelli,
sono il professore Rocco Altieri, impegnato nella sua scuola per sei ore settimanali di insegnamento del diritto, a completamento della cattedra tenuta presso l’IPSSAR Matteotti di Pisa, vittima del recente riordino delle scuole serali, tornato precario e dal futuro incerto nonostante 40 anni di servizio.
La ringrazio, innanzitutto, di avere in questa sua “lettera aperta” al corpo docente manifestato tutto il suo malessere.
Le sue parole mi confermano, però, nel mio giudizio di quanto sia sbagliata la riforma in atto della scuola italiana, indirizzata in senso sempre più chiusa e autocratica.
Se qualcuno ha fatto il conteggio finale dei voti per il comitato di valutazione avrà notato che manca un voto rispetto al numero dei presenti: il mio.
Di fronte a una legge ingiusta l’unica scelta possibile è quella di non collaborare, di sottrarsi all’errore con una motivata obiezione di coscienza.
La sua lettera mi offre ora l’opportunità di motivare la mia opposizione, non avendo potuto intervenire, come avrei voluto, nel corso del collegio docenti che aveva raggiunto apici di estrema tensione e di scontro.
Evidentemente il modo moderno di interpretare il ruolo del presidente dell’assemblea collegiale non è più quello del moderatore super partes, del facilitatore della discussione, del notaio delle deliberazioni, ma quello poliziesco di una longa manus governativa, una longa manus armata che deve randellare la testa dei docenti dissenzienti e zittirli per sempre.
Ritengo di una gravità inaudita il voler introdurre una valutazione monetaria del lavoro docente come voluto dalla legge 107 del 2015.
Con la promessa di “premi di produzione” e compensi speciali per i più “bravi” o per i più ossequienti si introduce surrettiziamente un elemento di grave corruzione e di offesa alla dignità del docente.
Nel lavoro educativo, infatti, il docente agisce secondo coscienza e dà tutto se stesso per amore dei discenti, non del denaro.
Un’ideologia aziendalistica che vorrebbe col vile denaro invogliare il docente a fare meglio il suo lavoro è semplicemente ripugnante e mi fa sovvenire alla mente la polemica di Socrate nei confronti della sofistica o di Gesù nei confronti dei farisei e dei mercanti del Tempio.
Gli attuali legislatori evidentemente non sono molto interessati all’obiettivo di sviluppare lo spirito critico, il senso del dovere e la responsabilità civile, che non sono misurabili e quantificabili, e con un colpo di spugna cancellano secoli di riflessione educativa di autori come Comenio, Pestalozzi, Rousseau, Ruskin, Tolstoj, Dewey, Montessori, fino a Capitini, Dolci e don Milani.
Alla sua amarezza aggiungo, quindi, la mia tristezza di assistere nei più giovani di me ad una inaudita regressione del pensiero!
La ringrazio, comunque, della pazienza accordata alla lettura della mia lettera e le invio i più cordiali saluti di buona notte,
Rocco Altieri
***
Questa Lettera è un documento che, più che di una breve nota di presentazione per la sua divulgazione, ha bisogno di essere studiato, per il suo valore culturale.
Il lettore comprenderà meglio il suo significato se è a conoscenza del curriculum, con i titoli culturali e didattici, del professore Altieri.
Alcune domande.
La Legge 107 è conforme ai principi fondamentali della Costituzione?
Che fare contro una legge ingiusta?
“Comitato di valutazione dei docenti”: chi valuta chi?
Come non notare che Altieri sia stato il solo nel Collegio a non votare per il “Comitato di valutazione dei docenti”?
Quale risposta dà o darà al professore Altieri la sua scuola?
Quali effetti avrà la divulgazione della Lettera?
Avrà un’eco nella scuola italiana?
Ci sono o ci saranno altri casi di obiezione di coscienza alla Legge 107?
RICORDANDO DON MILANI
“Quanti tra i docenti conoscono oggi don Milani, Capitini e Dolci?” aveva chiesto Altieri scrivendo a commento del già citato testo “La scuola buona (e quella cattiva)”.
Buona scuola” o “scuola buona”?
La Legge 107, detta della “Buona Scuola”, è una delle tanto sbandierate leggi di riforma del Governo Renzi. E’ indifferente dire “buona scuola” o “scuola buona”? Come, per esempio, “buona donna” o “donna buona”?
Il “Glossario delle frasi fatte” dice che è un insulto dire “buona donna”, eufemismo per “prostituta”. Lo stesso significato si trova nel “Dizionario dei Modi di Dire”.
Se l’avesse saputo il Presidente del Consiglio Matteo Renzi avrebbe evitato di battezzare la sua legge col nome di “buona scuola”. Il suo dizionario è significativo della sua cultura.
La sua concezione della scuola e la sua filosofia dell’educazione sono lontanissime, se non antitetiche, a quelle del Priore di Barbiana che usò la locuzione “scuola buona” in una pagina di Esperienze pastorali (Libreria Editrice Fiorentina, 1958, p. 239) sotto il titolo “Il segreto della scuola”.
Il segreto della scuola” secondo don Milani.
Spesso gli amici mi chiedono come faccio a fare scuola e come faccio a averla piena. Insistono perché io scriva per loro un metodo, che io precisi i programmi, le materie, la tecnica didattica. Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, ma di come bisogna essere per poter far scuola”.
DON MILANI E L’OBIEZIONE DI COSCIENZA
Ricordiamo che don Milani scrisse la “Lettera ai Cappellani militari toscani” per difendere l’obiezione di coscienza alle forze armate (1965) e per questa fu processato per apologia di reato. In appello, fu condannato il contenuto della Lettera e il reato venne dichiarato estinto, dopo la morte del Priore nel 1967.
La “Lettera ai Giudici” (1965), scritta collettivamente con i ragazzi della Scuola di Barbiana, è la sua autodifesa. E’ da considerare, ormai, un classico dell’educazione.
In essa scrisse:
In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge è d’obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate. La leva ufficiale per cambiare la legge è il voto. La Costituzione gli affianca anche la leva dello sciopero. Ma la leva vera di queste due leve del potere è influire con la parola e con l’esempio sugli altri votanti e scioperanti. E quando è l’ora non c’è scuola più grande che pagare di persona un’obiezione di coscienza. Cioè violare la legge di cui si ha coscienza che è cattiva e accettare la pena che essa prevede. E’ scuola per esempio la nostra lettera sul banco dell’imputato ed è scuola la testimonianza di quei 31 giovani che sono a Gaeta. Chi paga di persona testimonia che vuole la legge migliore, cioè che ama la legge più degli altri. Non capisco come qualcuno possa confonderlo con l’anarchico. Preghiamo Dio che ci mandi molti giovani capaci di tanto. Questa tecnica di amore costruttivo per la legge l’ho imparata insieme ai ragazzi mentre leggevamo il Critone, l’Apologia di Socrate, la vita del Signore nei quattro Vangeli, l’autobiografia di Gandhi, le lettere del pilota di Hiroshima. Vite di uomini che sono venuti tragicamente in contrasto con l’ordinamento vigente al loro tempo non per scardinarlo, ma per renderlo migliore”.
La “Lettera ai Giudici” segna un momento del processo storico che ha portato al progresso legislativo, con il riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare, con la prima legge nel 1972. Appartiene, pure, alla storia letteraria del 900.
Dopo questi precedenti storici, forse oggi è più facile far valere il diritto all’obiezione di coscienza anche oltre i casi finora previsti dalla legge.
LA LETTERA, DOCUMENTO E TESTIMONIANZA
La Lettera può valere come appello ai docenti per non essere complici di una legge ingiusta e difendere i valori più alti della nostra Costituzione.
Il professore Altieri si qualifica, oltre che come docente di Diritto, per l’impegno in varie attività culturali (il Centro Gandhi Edizioni, la rivista “Quaderni Satyagraha”). L’impegno più recente, da evidenziare, dopo il Convegno del 6 dicembre a Monteleone di Puglia, è quello per l’organizzazione del “Centro internazionale per la nonviolenza” e per la “Scuola di Pace”, con sede pure a Monteleone di Puglia.
La sua Lettera può essere proposta agli studenti come un’alta testimonianza della funzione educativa.
Un esempio di coerenza tra la vita e il pensiero.
Roma, 22 dicembre 2015
RAFFAELLO SAFFIOTI
Centro Gandhi
Associazione Florense per lo Sviluppo Creativo

raffaello.saffioti@gmail.com


NOTE

1 Raffaello Saffioti, “Il miracolo di Monteleone di Puglia. 6 dicembre 2015” (“il dialogo”, 9 dicembre 2015).
2 Raffaello Saffioti, “La scuola buona (e quella cattiva). Rileggendo la ‘Lettera a una professoressa’” (“il dialogo”, 25 giugno 2015).



Martedì 22 Dicembre,2015 Ore: 16:48
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Mariella Ratti La Spezia 23/12/2015 15.51
Titolo:Solidarietà al prof. Altieri
Come ex preside (mi piace ancora questo termine) non posso che esprimere il mio totale accordo con la lettera del prof. Altieri ed  esprimere tutta la mia solidarietà. Non si rende la scuola migliore con "un pugno di dollari" che si trasforma facilmente in ossequio al potere e in una guerra tra poveri (tali sono i docenti, come peraltro la scuola stessa). Come non capire che il denaro  non genera passione, dedizione, cura al fine della crescita umana e culturale delle alunne e degli alunni? Di ben altro ha bisogno la scuola! Prima di tutto del riconoscimento e del rispetto sociale e politico della sua funzione primaria e poi di azioni,  prassi (e anche di finanziamenti, certamente!) per far sì che il diritto allo studio non sia una frase vuota, ma un percorso di speranza e di opportunità per tutti e per tutte, nessuno escluso. Non mi pare si vada in questa direzione. Si è preferito non affrontare i problemi veri e spostare le conflittualità a livelli più bassi, a cui dall'alto si può guardare con sufficienza e un pò di commiserazione ... Ben ha fatto il prof. Altieri a manifestare la sua obiezione di coscienza. Grazie, professore!

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