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www.ildialogo.org IL VOTO DI SFIDUCIA E LE SUE RAGIONI,di Raffaello Saffioti

Editoriale
IL VOTO DI SFIDUCIA E LE SUE RAGIONI

di Raffaello Saffioti

Una riflessione sulle elezioni a Palmi ma che riguarda l'intero paese


C’ERANO UNA VOLTA I PARTITI

SISTEMA PARTITOCRATICO E CORRUZIONE

UNA QUESTIONE MORALE

***

Una cosa è tendere a sostituirsi al vecchio potere

e altro è creare nuovo potere in ciascuno.

Danilo Dolci

Dichiarazione di voto

A Palmi i cittadini sono chiamati alle urne per l’elezione del Consiglio Comunale il 6 e 7 maggio prossimi, mentre scoppiano casi scandalosi di corruzione che investono i partiti politici e sono alla ribalta della cronaca nazionale.

La campagna elettorale già iniziata può ignorare il fenomeno della corruzione del sistema partitocratico?

E’ significativo il fatto che proprio in questi giorni è stato pubblicato il “Manifesto per un soggetto politico nuovo. Per un’altra politica nelle forme e nelle passioni”, di vari autori,disponibile sul sito del giornale “il Fatto Quotidiano”.

L’ incipit del “Manifesto”:

“Oggi in Italia meno del 4% degli elettori si dichiarano soddisfatti dei partiti politici come si sono configurati nel nostro paese. Questo profondo disincanto non è solo italiano. In tutto il mondo della democrazia rappresentativa i partiti politici sono guardati con crescente sfiducia, disprezzo, perfino rabbia. (…) E’ crescente l’impressione che i nostri rappresentanti rappresentino solo se stessi, i loro interessi, i loro amici e parenti”.

C’è un VOTO DI SFIDUCIA che va dichiarato pubblicamente durante la campagna elettorale.

Per la nostra Costituzione il voto è un diritto e “il suo esercizio è un dovere civico” (art. 48, c. 2).

Esso si può esprimere in vari modi.

E’ personale la scelta del modo di votare la sfiducia, quello ritenuto più adeguato alla espressione della propria volontà.

Va rivendicato non solo il diritto di voto libero, ma anche il diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero, secondo l’articolo 21 della Costituzione. Con questa Dichiarazione s’intende coniugare i due diritti.

Non si vuole scambiare il diritto-dovere di voto con l’astensione dal voto.

La giurisprudenza della Corte Costituzionale riconosce che il non partecipare alla votazione costituisce una forma di esercizio del diritto di voto, ma afferma che è significante solo sul piano socio-politico (sent. N. 173 del 2005). Il non voto è un voto inesistente giuridicamente. L’astensione dal voto è un comportamento lecito, ma non per questo un esercizio del diritto costituzionale.

Anziché astenersi dal voto, è preferibile la scelta di andare alle urne come facenti parte del corpo elettorale e partecipare attivamente alla votazione, per rendere il voto giuridicamente rilevante.

Ragioni della sfiducia

La democrazia rappresentativa che non c’è

Democratici tutti si professano.

Ma la cultura del dominio ha svuotato di significato anche una parola nobile come la parola “democrazia”.

Le ricorrenti crisi delle varie Amministrazioni Comunali, divenute ormai croniche, hanno minato alla radice la fiducia dei cittadini elettori non solo verso i partiti e gli Amministratori comunali, ma anche verso la delega e l’ istituzione rappresentativa.

E’ governabile la Città di Palmi?

Cosa abbiamo imparato dal fallimento delle ultime esperienze amministrative?

Quale stabilità e quale coesione può garantire qualunque maggioranza, risultante dalla somma di gruppi eterogenei?

Quale autonomia può avere il Sindaco eletto col sostegno di liste raccogliticce?

Trasformismo e clientelismo sono i vizi che hanno corrotto e caratterizzato sia la vita politica che amministrativa.

Abbiamo sperimentato le candidature di trasformisti vecchi e nuovi, che si sono presentati senza neppure avvertire vergogna.

Sappiamo cos’è il “trasformismo” e chi è il “trasformista”, secondo la definizione del Grande Dizionario della Lingua Italiana, di Salvatore Battaglia:

Trasformismo: tendenza a mutare spesso e con superficialità le proprie idee e opinioni, ad assumere atteggiamenti incoerenti, adeguandosi, per opportunismo, di volta in volta, alle circostanze.

Trasformista: chi tende al compromesso, a intrecciare accordi e alleanze per ragioni particolaristiche estranee ad alcuna coerenza ideologica; che è incline a mutare partito o coalizione politica, adattandosi per interessi personali di volta in volta alle circostanze.

Sappiamo come funziona il “sistema clientelare”.

Danilo Dolci scrisse nel lontano 1967:

Soffermandoci ad analizzare con un minimo di attenzione il sistema clientelare, notiamo che le figure essenziali sono:

  • l’abile «politico», centro pubblico di potenza del gruppo;

  • i «clienti» grandi elettori, che contribuiscono in modo essenziale a determinare il prestigio e la potenza del loro politico (clientes – dice il vocabolario – nell’antica Roma erano le persone che, pur godendo dello status libertatis, non essendo cioè giuridicamente schiavi, si trovavano in rapporto di dipendenza dal patronus che assicurava loro la sua protezione: premessa concettuale cioè della clientela è la sostanziale differenza tra il forte, il padrone – al quale ci si dà in fede -, e chi si concede);

  • quegli uomini della strada che, non sapendo riconoscere i propri fondamentali interessi, si lasciano illudere dal «politico» e dai suoi «clienti», prestando col proprio voto prestigio e potenza spesso nella direzione opposta ai propri interessi.

Alcune caratteristiche evidenti di questo tipo di gruppo, al limite estremo sono:

  • non si mira alla valorizzazione di ogni individuo;

  • il rapporto tra il «politico» e il «cliente» grande elettore, come tra il «cliente grande elettore» ed il suo «cliente» (e così via in una vera e propria catena clientelare), consiste in un sistematico tentativo di sfruttamento reciproco: «tu dai una cosa a me e io do una cosa a te», «tu dai un posto a me e io procuro dei voti per te»;

  • si riesce spesso a contrabbandare questo sistema sotto le sembianze di un sistema democratico.

Se poi si considera la presenza della criminalità organizzata e l’esistenza di una vasta “zona grigia”, il sistema clientelare diviene clientelare-mafioso.

Il processo di degenerazione della democrazia che dura ormai da tanti anni sembra inarrestabile. I partiti politici si sono dimostrati incapaci di rinnovarsi e funzionano in ogni competizione elettorale come comitati elettorali. Hanno progressivamente perso la credibilità e non svolgono più il ruolo assegnato dalla Costituzione (art. 49).

Sistema partitocratico e corruzione.

Intanto dilaga il malcostume della corruzione, nell’intreccio perverso tra corrotti e corruttori.

La corruzione del sistema partitocratico pone ormai alla coscienza del cittadino elettore una questione morale.

Ormai appare chiaro che il sistema corrotto dei partiti è incapace di riformarsi dal suo interno.

Stiamo assistendo all’agonia, se non alla morte, di questo sistema.

“Tante tirannie sono cadute, e anche la tirannia partitocratica cadrà. Cadrà il giorno nel quale tutto il paese sarà diventato consapevole della natura del male e della sua tragica gravità; cadrà il giorno nel quale tutti sentiranno l’illegittimità di un’autorità fondata solo sulla frode e le rifiuteranno ossequio; cadrà il giorno nel quale ciascuno si renderà conto del rapporto di causalità che intercede fra i mille problemi particolari che angustiano la sua vita privata d’ogni giorno e questa cancrena della vita pubblica. Solo un moto di opinione d’irresistibile forza, potrà imporre quelle forme legislative che strapperanno il potere dalle mani dei suoi illegittimi detentori (di ogni partito). Ma quel moto sicuramente si produrrà”.

Queste parole di Giuseppe Maranini (1902-1969) autore del libro “Il tiranno senza volto” (Bompiani, 1963), lette oggi, appaiono profetiche.

Quando il Parlamento riuscirà ad approvare la legge anticorruzione?

La democrazia in frantumi.

Sono 14 le liste, delle quali 7 sono di partito, con 4 candidati a Sindaco e 221 candidati per 16 posti in Consiglio Comunale.

Il numero delle liste e dei candidati, anche se minore di quello delle elezioni precedenti, è dovuto alla legge elettorale vigente, ma non è indice di democrazia, anzi è segno proprio della sua degenerazione e della sua crisi.

Chi rappresenta chi?

Le elezioni sono diventate un rito logoro della democrazia rappresentativa che non c’è più.

Nella campagna elettorale, come in un mercato, “il candidato diventa un agente di commercio che distribuisce brochure e santini per vendere se stesso e, contemporaneamente, sostenere il brand della casa madre (il candidato a sindaco)” (Tonino Perna).

Ormai sembra chiaro che la riforma della legge elettorale è inevitabile.

Noi non contrapponiamo ai “partiti politici cattivi” la “società civile buona”.

“E’ difficile ormai trovare, pur con tutta la buona volontà, una diversità di comportamenti, di valori, nei diversi partiti politici al di là delle dichiarazioni di rito. (…) Così come è difficile invocare una società civile onesta da contrapporre ad un ceto politico disonesto, per la semplice ragione che la maggioranza degli aventi diritto vota per questi rappresentanti. Ci troviamo in un momento di profondo smarrimento.

… Ma è arrivato il tempo di contarsi, di individuare delle nuove modalità dell’agire politico che consentano il controllo dal basso, di stringere un’alleanza tra cittadini ‘liberi’ da condizionamenti ed impegnati nella sfera sociale, economica e culturale.

E’ il tempo di uscire dalla neutralità: chi pensa di potere continuare a fare lo spettatore sarà un giorno visto come complice” (Tonino Perna).

Il credo politico: il potere di tutti

Ognuno deve imparare che ha in mano una parte di potere, e sta a lui usarla bene, nel vantaggio di tutti; deve imparare che non c’è bisogno di ammazzare nessuno, ma che, cooperando o non cooperando, egli ha in mano l’arma del consenso e del dissenso. E questo potere lo ha ognuno, anche i lontani, le donne, i giovanissimi, i deboli, purché siano coraggiosi e si muovano cercando e facendo, senza farsi impressionare da chi li spaventa con il potere invece di persuaderli con la libertà e la giustizia, e l’onestà esemplare dei dirigenti.

E’ un errore pensare che basta che uno molto bravo (e chi lo giudica?) o un gruppo di pochi vada al potere anche con la violenza, riesca a cambiare tutto in bene. Noi non ci crediamo. Bisogna prepararci tutti al potere per il bene di tutti, cioè per la loro libertà, per il loro benessere, per il loro sviluppo. (Aldo Capitini, Il potere di tutti, 1969)

A noi interessa una società in cui il potere politico non venga affidato a poche persone, che lo esercitano lasciando all’oscuro la massa della popolazione. Ci interessa una società in cui non esistano sudditi, ma cittadini i quali verificano l’operato dei loro rappresentanti politici, discutono insieme ad essi le deliberazioni da prendere, criticano e fanno proposte, sostituiscono i dirigenti quando questi si dimostrano incapaci e disonesti. In altre parole, ci interessa una democrazia diretta, contrassegnata da una cosciente partecipazione popolare alla vita politica e da un vigile controllo dal basso negli organi di autogoverno e di decentramento del potere.

E’ autoritarismo anche quello degli amministratori comunali, che, dopo essere stati eletti, si guardano bene dal sottoporre a verifica e controllo il proprio operato, ed evitano di convocare le masse popolari alla responsabilità delle scelte e decisioni dell’amministrazione.

Perché il potere sia di tutti occorre che sia concesso agli elettori il diritto di revocare la loro fiducia a tutti gli eletti nelle pubbliche amministrazioni, prima della scadenza del loro mandato.

(Dal mensile “Il potere è di tutti”, fondato da Aldo Capitini, Anno I, n.1, gennaio 1964)

Palmi, 6 aprile 2012

Raffaello Saffioti

rsaffi@libero.it



Luned́ 09 Aprile,2012 Ore: 08:44
 
 
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