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www.ildialogo.org Cannibalismo,di Cettina Centonze

Editoriale
Cannibalismo

di Cettina Centonze

“Il fardello dell’uomo bianco” (Rudiard Kipling)

“Chi fa la storia?” Si chiedeva Alessandro Manzoni nell’intraprendere la stesura del suo “romanzetto”.

Egli contrapponeva polemicamente ai personaggi di potere il popolo di tutti i tempi e luoghi che subisce la storia e le cui sofferenze non sono citate in alcun testo, se non come dato erudito assieme al numero di capi di ovini e bovini spazzati via, per esempio, dalla guerra dei trent’anni.

Oggi, dopo altri due secoli di colonialismo e neocolonialismo, gli risponderei che la storia la fa, comunque, l’uomo bianco poiché, a dire di Kipling, civilizzare i popoli primitivi è il suo fardello, la sua responsabilità, il suo dovere; olocausti e genocidi attraverso cui questi “civilizza” sono soltanto “danni collaterali”.

“Danni collaterali” a cui non c’è mai fine poiché spesso le vittime di ieri si trasformano negli aguzzini di oggi in una girandola orribile e irrazionale che nega l’assunto che la storia sia maestra di vita.

Lasciamo da parte la civiltà ateniese, troppo ignorata nella febbre dell’oggi e dell’immediato, e “accontentiamoci” di esempi più vicini nel tempo quali gli immortali principi dell’89 proclamati dall’Illuminismo e ribaditi in numerosi documenti come la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948.

L’ Illuminismo, che Kant definì “l’uscita dell’uomo dalla minore età”, aveva liberato l’umanità dalla tirannide del mito, dalla tirannide del potere assoluto- laico e religioso-, e aveva sposato per sempre Modernità e Progresso

Alla metà del secolo scorso, tuttavia, Adorno e la scuola di Francoforte espressero il dubbio che l’approdo all'isola felice della Ragione non è mai definitivo, ma sempre da riconquistare giacché, dal momento in cui la ragione da teoretica- conoscitiva- e quindi implacabile indagatrice, è stata fatta coincidere con ciò che è più conveniente, più utile, più probabile, è stata trasformata in un nuovo mito più potente dei precedenti perché ha come garanti il cosiddetto progresso e la cosiddetta modernità.

Infatti se Ragione, Progresso, Modernità hanno come finalità il raggiungimento del vantaggio di pochi attraverso la manipolazione dei più per assecondare la libido dominandi, ecco che ci ritroviamo di fronte ad un'altra forma di tirannia contravvenendo all’ottimismo dei lumi.

Di fatto il limite dell’Illuminismo sta nell’interpretazione semplificata e semplicistica dell’umanità perché, enfatizzando la ragione, non spiega le ombre dell’agire umano allorché tralascia pulsioni, desideri, spinte irrazionali o alogiche, comunque presenti e vigorose.

Quindi questi malintesi concetti di progresso e modernità hanno ulteriormente radicato il senso di superiorità dell’uomo bianco: egli, auto ingannandosi, sublima la componente belluina che, come una landa di sabbie mobili, sobbolle sotto l’intonaco della civiltà occidentale.

A questo proposito osserviamo lo svolgimento dell' olocausto dei nativi d’America.

I Padri pellegrini, approdati sulle coste del nord America, persino loro che fuggivano dalla tirannide, dovevano essere portatori del preconcetto di superiorità generata da una cultura europocentrica se, come era già accaduto per le popolazioni indigene dell’America del sud, anche essi si domandarono : “i pellerossa possono essere considerati esseri umani?”

E’ forse perché l’identità occidentale si è coagulata e stratificata, anche inconsciamente, su un concetto che, più che all’autentico pensiero di Aristotele appartiene! alla su a vulgata, secondo cui l'uomo è tale in quanto dotato di intelletto attivo che si esprime nella creazione (produzione) di utensili che ne allevino la fatica?

Certamente i nativi, come tutti i popolo primitivi, apparivano meno capaci di creare meccanismi artificiali in base a cui cui gli occidentali sono soliti misurare la modernità, il progresso, e, quindi, l’evoluzione di una “razza”; tuttavia furono gli stessi indigeni a fornire quegli aiuti senza i quali i Wasichu (i visi pallidi) non avrebbero potuto sopravvivere in un ambiente sconosciuto ed ostile: in seguito la superiorità tecnica dei bianchi prese il sopravvento e giustificò lo sterminio.

È forse perché in ogni occidentale che corre per il mare c’è un Ulisse fornito di metis, astuzia più che intelligenza, se Francesi ed Inglesi riuscirono a coinvolgere nelle loro contese europee le tribù indiane usando le loro sconfitte e vittorie comunque a discapito di questi?

La vittoria delle tredici colonie nei confronti della corona inglese accelerò il declino dei nativi:

nel 1785 fu imposto ai Cherokee di rinunciare alle terre che, secondo precedenti trattati, erano state loro assegnate.

Nel 1790 George Washington assicurò che “in futuro non sarete privati delle vostre terre.”

Il presidente Jefferson aggiunse: “Sinceramente vi auguro di avere successo nei vostri lodevoli sforzi per salvare ciò che resta della vostra nazione.”

Ma negli anni immediatamente successivi i coloni wasichu continuarono ad occupare le terre assegnate agli indiani.

E’ del 1830 l’Indian Removel Act (Decreto di Allontanamento degli Indiani) di Andrew Jackson, seguito nel 1835 da un trattato imposto, in base al quale tutte le nazioni civilizzate indiane rinunciavano ad ogni rivendicazione ad est del Mississippi.

Ma i bianchi non si fermarono e tre anni dopo 17000 Cherokee furono cacciati dalle baionette americane verso l’Oklahoma su un percorso tanto segnato da sofferenze e da morti che ancora oggi è chiamato “il sentiero delle lacrime”.

La rush gold provocò una nuova ondata di bianchi, formata da avventurieri e delinquenti, che attraversarono le grandi pianure sottraendole ai nativi; infine l’ l’Homestead Act nel 1863 stabilì il diritto di proprietà per i coloni che vi avessero risieduto per cinque anni: nacque così il mito del cow boy “buono e lavoratore” che deve proteggere il suo ranch dagli attacchi “ingiustificati” dei pellerossa.

Di trattato in trattato, che gli USA violavano sistematicamente, si giunse alla creazione delle riserve in cui rinchiudere gli indiani superstiti.

Questa sintesi minima del destino dei nativi d’America comprova l’ipocrisia e l’eleganza con cui l’uomo bianco nasconde, forse persino a se stesso, la propria natura di insaziabile predatore.

Ed oggi che i popoli “primitivi” sono stati spazzati, o sono stati occidentalizzati trasmettendo loro la stessa voracità, l’occidente, inventore del mercato e delle sue bieche logiche, smania “somigliante a quella inferma/ che non può trovar posa in sulle piume” alla ricerca di una nuova preda.

Dato per acquisito che la colpa è sempre del diverso, chi sono oggi i diversi nell’occidente?

Sono i lavoratori che non appartengono alle consorterie dei privilegiati, politici, alto clero, divi dello sport e dello spettacolo: ergo sono i lavoratori il nemico da eliminare.

Osserviamo quindi le tappe del declino dei diritti dei lavoratori:

Maggio 1970: lo Statuto dei lavoratori i cui articoli 36 e 37 riducono in maniera considerevole il numero di lavoratori che possono usufruire in maniera completa della protezione offerta dallo statuto giacché storicamente l'Italia non è stata sede (e la tendenza è confermata anche al giorno d'oggi) di aziende con un elevato numero di dipendenti; la maggior parte delle aziende italiane rientrano, infatti, nel novero delle "piccole e medie imprese" alle quali buona parte dello statuto non si applica.

1992: Il governo Amato fa approvare una legge che sgancia i salari dalla scala mobile diminuendone drasticamente il potere di acquisto, pur rimanendo in un’economia che “obbliga” al consumismo.

1995: con referendum abrogativo, proposto da COBAS ed altre organizzazioni di sinistra, è stato modificato l'articolo 19, in merito alle rappresentanze sindacali. Con tale modifica le rappresentanze sindacali sono riservate ai sindacati firmatari di contratti nazionali e locali applicati nell'unità produttiva, e non più ai sindacati più rappresentativi in generale.

Nel 2000 si è svolto un referendum per abolire le garanzie previste dall'articolo 18 ai lavoratori delle aziende con più di 15 dipendenti. Ha votato solo il 32,00% degli elettori (quindi non è stato raggiunto il quorum), e il sì comunque non ha avuto la maggioranza dei voti validi (33,40%).

2003: il ministro Maroni si serve del nome di Marco Biagi per fare approvare una legge che mina i diritti dei lavoratori e in base alla quale il precariato viene mistificato per flessibilità.

13- 14 gennaio 2011: con il “referendum” Fiat-Mirafiori il manager Marchionne impone la deroga dal contratto nazionale; il che comporta periodi di malattia non retribuita, pause ridotte, sabati lavorativi obbligatori.

Febbraio 2012 inizia un attacco culturale da parte del governo Monti che con la stessa faccia tosta mostrata dai presidenti americani nei confronti dei nativi, vuole spacciare per vero ciò che è falso millantando che il posto fisso, la sicurezza e la stabilità sono tabù obsoleti di fronte al “bene sommo” rappresentato dagli interessi dei poteri forti.

E' evidente che siamo di fronte all'ultima espressione della predazione: il cannibalismo.

Sono consapevole che questo termine, in quanto tabù, sarà giudicato eccessivo, ma la sequenza delle decisioni, dei provvedimenti volti a deprivare la classe lavoratrice prima diffamandola con leggende di scarso rendimento, poi riducendola numericamente in modo che non vi sia forza di coesione; infine, con l’irriderne i diritti, trasformando il lavoro in schiavitù concessa dal "buon cuore" del padrone, non può essere altrimenti definita.

Siamo di fronte ad una edizione rivista della Serrata del Maggior Consiglio.

Il fardello del civile Occidente è ricaduto sulla parte artatamente indebolita dell’occidente stesso; questa é il degrado a cui é giunta la civiltà europea per il suo egoismo e la sua incapacità di rinnovarsi.

L'egoismo ha innescato nei privilegiati il senso di onnipotenza; l'onnipotenza ha prodotto l'ostilità nei confronti di ogni forma di rinnovamento in senso democratico e culturale come l'apertura a forme alternative all’economia di mercato; e infine l'odio nei confronti dei lavoratori trattati da diversi e fuoricasta.

E’ evidente che é scoccata l’ora di opporci in modo esplicito di lottare perché i diritti dei lavoratori non vengano ulteriormente intaccati.

Vi è comunque un’alternativa creativa: stare al mondo in modo lentius, profundius, suavius poiché non dobbiamo a loro né la vita, né la bellezza, né il cielo stellato!


Cettina Centonze
San Donà di Piave



Domenica 11 Marzo,2012 Ore: 13:54
 
 
Commenti

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Autore Città Giorno Ora
Daniele Bettenzoli Varese 18/3/2012 19.25
Titolo:
Le giuste rivendicazioni ed altolà non devono necessariamente significare "lotta", ma - credo nella non violenza -dimostrare che gli interessi degli uni (capitalisti) non possoono prescindere da un rispetto ed armonizzazione con gli interessi degli altri (nativi o proletari). L'attuale crisi economica anche se coinvolge soprattutto i lavoratori spaventa giustamente i detentori del potere economico, i banchieri ecc.. Se le banche hanno bisogno di capitali per sostenere le industrie ed i propri interessi, ma i "poveracci" hanno salari e stipendi sempre più ridotti e gli altri continuano a imboscare i loro ricavi, le stesse banche rischiano necessariamente la bancarotta.

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