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www.ildialogo.org È UN CRIMINE ESSERE NATA DONNA?,di Daniela Zini

All’alba del XXI secolo, le violenze nei confronti delle donne si perpetuano. La lapidazione è la più barbara di queste violenze.
È UN CRIMINE ESSERE NATA DONNA?

di Daniela Zini

SAKINEH“Sono Sakineh Mohammadi-Ashtiani.
Dalla prigione di Tabriz, ringrazio tutti coloro che hanno un pensiero per me.
Sono, ormai, taciturna e triste perché una parte del mio cuore è inerte.
Il giorno in cui sono stata frustata sotto gli occhi di Sajjad (1), mi sono sentita annientata.
La mia dignità e il mio cuore sono stati fatti a pezzi.
Il giorno in cui ho saputo della condanna alla lapidazione, è stato come precipitare in un baratro e ho perso conoscenza.
Spesso la notte, prima di addormentarmi, mi domando cosa possa indurre un qualunque essere umano a scagliare pietre sul mio volto; a mirare al mio volto, al mio busto.
Perché?
Ho paura di morire.
Aiutatemi a restare in vita, a poter riabbracciare i miei figli.” (2) 
Ieri, le autorità iraniane hanno sospeso la sentenza di morte per lapidazione (3), emessa nei confronti di Sakineh Mohammadi-Ashtiani.
È un segno di umanizzazione della giustizia iraniana?
Dall’inizio del mese di luglio e nello spazio di poche settimane, l’intera opinione internazionale si è appassionata a questo caso che, tuttavia,  non è isolato in Iran.
Sakineh Mohammadi-Ashtiani non è la prima donna a essere condannata alla lapidazione in Iran e non sarà, ahimé, neppure l’ultima, se questo paese non metterà fine a questa barbarie.
Nel braccio della morte del carcere di Tabriz, dove è detenuta Sakineh Ashtiani-Mohammadi, sono rinchiuse altre 200 persone, di cui 35 donne, in attesa di essere lapidate. Maryam Bagherzadeh, 25 anni, in prigione da quattro anni, la cui esecuzione è stata rinviata perché incinta. Azar Bagheri, 19 anni, costretta a un matrimonio forzato all’età di quattordici anni, il cui marito ha promosso un’azione penale contro di lei, accusandola di averlo tradito con un altro uomo. Arrestata, è stata condannata alla lapidazione per adulterio, a soli quindici anni. Ma anche bambini, adolescenti e diciotto omosessuali, condannati all’impiccagione. Lo scorso luglio, una ragazza di sedici anni si è suicidata in cella per sfuggire all’impiccagione.
Sakineh Mohammadi-Ashtiani è una donna come tante altre in Iran.
Sakineh Mohammadi-Ashtiani è una donna, quindi, potenzialmente colpevole, come tante altre in Iran.
La storia di Sakineh Mohammadi-Ashtiani si iscrive nella storia dell’Iran.
Sakineh Mohammadi-Ashtiani è cresciuta nei quartieri poveri di Tabriz, aveva solo dodici anni allo scoppio della rivoluzione islamica, trentuno anni fa.
Il suo crimine, il suo unico crimine, un crimine, che Sakineh Mohammadi-Ashtiani nega di aver commesso e di cui tre dei cinque giudici, che si sono pronunciati sul suo caso, dubitano fortemente possa aver commesso, questo crimine, dicevo, per il quale rischia la lapidazione, è l’adulterio (4).
L’accusa sarebbe grottesca se le sue conseguenze non fossero così abominevoli.
L’Iran non è il solo paese musulmano a praticare la lapidazione, sono stati segnalati casi in Afghanistan, in Arabia Saudita, negli Emirati Arabi Uniti, in Nigeria, in Pakistan, in Somalia, in Sudan, nello Yemen.
E mi chiedo:
“Il fatto che si tratti dell’Iran, impegnato nella corsa all’armamento nucleare, pesa, come afferma Tehran, in questa mobilitazione senza precedenti per salvare Sakineh Mohammadi-Ashtiani dall’orribile destino che sarebbe, ingiustamente, condannata a subire?”
Sakineh Mohammadi-Ashtiani è divenuta un simbolo.
Bisogna rallegrarsene.
E, anche, diffidarne per non dimenticare Neda, Tahmineh, Sohrab e le centinaia dei suoi compatrioti assassinati e le migliaia di altri, oggi, ancora detenuti.
Per non dimenticare Bibi Sanubar – una vedova di trentacinque anni (o di quarantotto anni, secondo un’altra fonte), colpevole di essere rimasta incinta dopo la morte del marito – prima, frustata duecento volte e, poi, finita a colpi di kalashnikov alla testa da un capo talebano, Mohammad Yusuf, lo scorso agosto, nella zona di Qades, nella provincia di Badghis, nel nord-ovest dell’Afghanistan, sotto gli occhi di una folla muta, e Aisha, una ragazza afghana di diciotto anni, alla quale il marito talebano ha mozzato orecchie e naso. 
Non storco, certo, il naso per l’iniziativa internazionale, ma neppure coltivo illusioni perché gli stessi paesi che vogliono apparire come modelli di virtù democratica sono stati, a volte, titubanti su questo argomento. 
E mi chiedo ancora:
“Dov’era, il 29 aprile scorso, Susan Rice, ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU, quando l’Iran veniva eletto, per acclamazione, in seno alla United Nations Commission on the Status of Women?
Come spiega la sua defezione?”
Con il suo ingresso alla Commissione sulla Condizione della Donna delle Nazioni Unite, l’Iran ha ottenuto un seggio da cui pontificare come le donne lapidate contribuiscano all’eguaglianza dei sessi.
È come se si fosse domandato al Sudafrica, al tempo dell’apartheid, di sedere a una commissione sull’eguaglianza delle razze.
E mi chiedo ancora:
“L’insediamento dell’Iran in questo organismo è stato un premio di consolazione per la sua esclusione dall’United Nations Human Rights Council?”
Il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite è dominato da un blocco di Stati islamici e africani che rifiutano sistematicamente di condannare l’Iran.
Non un solo paese musulmano si è levato contro la sentenza pronunciata nei confronti di Sakineh Mohammadi-Ashtiani.
Alcuni movimenti femministi occidentali sono stati silenziosi, in piena coscienza, circa le lapidazioni e altri operati in Iran. Hanno così temuto di essere assimilati agli americani e ai neoconservatori, che hanno preferito tacere.
Similmente i cosiddetti movimenti islamici “moderati” occidentali.
Come donna vi esorto a pregare ciascuno, nella propria fede e nel proprio cuore, per Sakineh Mohammadi-Ashtiani e per tutte le creature, il cui unico crimine è di essere nata donna.
Daniela Zini
Copyright © 9 settembre 2010 ADZ
Note:
(1) Uno dei due figli della donna, che, oggi, ha ventidue anni.   
(2) Questo messaggio di Sakineh Mohammadi-Ashtiani è stato reso pubblico, il 30 luglio scorso, a Londra, dal Comitato Internazionale contro la Lapidazione e le Esecuzioni.
(3) La lapidazione è un tema largamente dibattuto nella comunità religiosa musulmana. L’ayatollah Nasser Makarem Shirazi, l’ayatollah Yusef Sanei e l’ayatollah Seyed Mohammad Musavi Bojnurdi si sono pronunciati contro questa pratica.
Il codice penale iraniano dispone che la lapidazione sia inflitta in caso di adulterio.
 “L’uomo e la donna adulteri sono interrati in una fossa, il primo fino alla vita, la seconda fin sopra il petto, e sono così lapidati.” (art. 102)
“Quando un condannato riesce a tirarsi fuori della fossa, se l’adulterio è stato provato in base alle testimonianze, questi sarà ricondotto nella fossa per essere lapidato, ma, se la condanna è stata pronunciata in base alle sue confessioni, sarà risparmiato.” (art. 103)
“Le pietre utilizzate per la lapidazione non devono essere troppo grandi da causare la morte con un lancio o due, né devono essere così piccole da non poter essere considerate tali.” (art. 104)  
(4) Per stabilire un adulterio, il Corano esige quattro testimoni, la cui testimonianza concordi.
Se alcune delle vostre donne avranno commesso atti indecenti portate quattro vostri testimoni contro di loro, e se questi porteranno testimonianza del fatto, chiudetele in casa finché le coglierà la morte o fino a quando Dio apra loro una via.”
Sura 4, Le Donne, versetto 15
È la prima sura che parla di punizione nei confronti delle donne, in caso di adulterio. Questa raccomandazione è stata abrogata da un versetto della Sura della Luce, che raccomanda di castigare gli adulteri con cento frustate.
“L’adultera e l’adultero siano puniti con cento colpi di frusta ciascuno, né vi trattenga la compassione che provate per loro dall’eseguire la sentenza di Dio, se credete in Dio e nell’Ultimo Giorno: e un gruppo di credenti sia presente al castigo.”
Sura 24, La Luce, versetto 2
Il Corano, dunque, non menziona la lapidazione come castigo in caso di adulterio.
Il fondamento giuridico della lapidazione non è nel Corano.
L’art. 74 del codice penale iraniano esige almeno quattro testimoni – quattro uomini o tre uomini e due donne – per provare un adulterio.


Venerdì 10 Settembre,2010 Ore: 11:47
 
 
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