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www.ildialogo.org RINASCERE SI PUO', ANCHE AD 85 ANNI! AUGURI A PAPA RATZINGER DI BUON COMPLEANNO. Una nota dell'Osservatore Romano - con alcuni appunti,a c. di Federico La Sala

UN ALTRO MONDO E' POSSIBILE! SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA, TITOLANDOLA "DEUS CARITAS EST" ("CHARITAS", SENZA "H"), E’ ORA CHE TORNI A CASA, DA "MARIA E GIUSEPPE", PER IMPARARE UN PO’ DI CRISTIANESIMO...
RINASCERE SI PUO', ANCHE AD 85 ANNI! AUGURI A PAPA RATZINGER DI BUON COMPLEANNO. Una nota dell'Osservatore Romano - con alcuni appunti

Nicodemo a Gesù:«Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?»


a c. di Federico La Sala

PRMESSA SUL TEMA:

  "CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST" (1Gv., 4, 1-8)

"CARISSIMI, NON CREDETE AD OGNI SPIRITO ... DIO E’ AMORE " (1 Gv., 4. 1-8)


SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA, TITOLANDOLA "DEUS CARITAS EST" ("CHARITAS", SENZA "H"), E’ ORA CHE TORNI A CASA, DA "MARIA E GIUSEPPE", PER IMPARARE UN PO’ DI CRISTIANESIMO. 

 

RINASCERE. La cosa più semplice a farsi è la più difficile: risalire la corrente come un SALoMONE e giungere alla Sorgente: l’Amore che muove il sole e le altre stelle!!! Detto diversamnte, e più chiaramente: andare oltre "Maria e Giuseppe", "Adamo ed Eva", e scoprire che al di là di tutto non c’è Geova (un dio-zio "Paparone", con il suo minestrone faraonico), ma solo l’Amore ("Deus charitas est": 1 Gv. 4.8), l’Amore più forte di Morte!!! (Federico La Sala)

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Giovanni - Capitolo 3

Colloquio con Nicodemo *

[1]C’era tra i farisei un uomo chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei. [2]Egli andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui». [3]Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio». [4]Gli disse Nicodèmo: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?».

[5]Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. [6]Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. [7]Non ti meravigliare se t’ho detto: dovete rinascere dall’alto. [8]Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito».

[9]Replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». [10]Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose? [11]In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. [12]Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? [13]Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorchè il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo. [14]E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, [15]perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».

* La Sacra Bibbia - CEI, Il Nuovo Testamento

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Gli auguri a Benedetto XVI che il 16 aprile compie 85 anni

Nella semplicità della preghiera

Benedetto XVI è rientrato nella serata di venerdì 13 aprile in Vaticano da Castel Gandolfo, dove si trovava dal pomeriggio della domenica di Pasqua. Il Papa ha anticipato di quarantotto ore il suo ritorno per accogliere il fratello, monsignor Georg Ratzinger, che trascorrerà con lui i prossimi giorni, segnati da ricorrenze particolarmente significative: l’ottantacinquesimo compleanno, lunedì 16, il settimo anniversario dell’elezione a successore dell’apostolo Pietro, giovedì 19, e quello del solenne inizio del pontificato, martedì 24. Le immagini che pubblichiamo ritraggono un momento della preghiera delle Lodi che i due fratelli hanno recitato insieme questa mattina, nella cappella privata del Pontefice, dopo la celebrazione della messa. Ed è proprio nella semplicità della preghiera quotidiana che "L’Osservatore Romano" si unisce ai suoi lettori e a moltissime altre persone in tutto il mondo - donne e uomini, anche al di là di distinzioni religiose - nell’augurare a Benedetto XVI buon compleanno. Chi crede non è mai solo, ama ripetere il Papa, che esprime con questa frase la realtà misteriosa e invisibile, ma non per questo meno vera, della comunione dei santi. E Benedetto XVI non è certo solo perché lo circondano l’affetto di persone vicine e lontane e l’amicizia dei santi: ad multos annos, beatissime pater, ad multos et felicissimos annos!

* L’Osservatore Romano 15 aprile 2012

 



Domenica 15 Aprile,2012 Ore: 09:31
 
 
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Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 15/4/2012 12.16
Titolo:Nati da Dio, siamo Cristo risorto. Pace a voi ...
Noi siamo Cristo risorto!

di Raymond Gravel

in “www.lesreflexionsderaymondgravel.org” del 13 aprile 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)

Per 50 giorni, o meglio 49 giorni (7x7), la Chiesa dispiega la festa di Pasqua. Questo tempo termina il 50° giorno, che si chiama Pentecoste. Sant’Attanasio diceva infatti che c’è solo un’unica domenica di Pasqua che si prolunga fino a Pentecoste. Così, se è vero che senza Pasqua non ci sarebbe mai stato Natale, sappiamo che prima di essere annuale, la celebrazione pasquale fu, per i primi cristiani, settimanale: ogni domenica era un memoriale della Resurrezione del Signore. Solo nel II secolo la Chiesa ha scelto di celebrare ogni anno la festa di Pasqua. Ma in realtà, ogni domenica è Pasqua, poiché celebriamo il memoriale della morte-resurrezione di Cristo.

Purtroppo, nella Chiesa cattolica, a partire dal XVI secolo, nel conflitto con i Protestanti, si è talmente insistito sul sacrificio della messa che ci ricorda il sacrificio della croce, che si è messo in secondo piano il memoriale della Resurrezione. Eppure non si possono separare le due cose: la messa, cioè l’Eucaristia è il memoriale della morte-resurrezione di Cristo, ed è quindi la festa di Pasqua.

Oggi i testi biblici che ci sono proposti sono ricchi di senso e di significati. Eccone alcuni:

1. L’ideale della Chiesa primitiva. Nella prima lettura di oggi, nel libro degli Atti degli Apostoli, abbiamo il secondo sommario di tre, sull’ideale proposto dai primi cristiani. Questo sommario riprende ciò che era stato il tema del primo: la predicazione apostolica ed il suo successo presso le folle (Atti 4,33). Luca inserisce questo versetto tra due descrizioni della vita interna della comunità cristiana:

“La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune” (Atti 4,32).

“Nessuno tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli. Poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno” (Atti 4,34-35).

Queste due descrizioni del vissuto dei primi cristiani possono sembrare irrealistiche ed utopistiche, ma si tratta invece di un ideale proposto dalla Chiesa primitiva, a partire dal concetto dell’amicizia greca vantata da Aristotele: “Gli amici hanno una sola anima tra loro e i beni sono proprietà comune”, e a partire da una rilettura del libro del Deuteronomio sulla ripartizione della ricchezza:

“Non vi sarà alcun bisognoso in mezzo a voi” (Dt 15,4).

È evidente che tanto tra i primi cristiani che tra i cristiani di oggi c’è una grande distanza dall’applicazione di questo ideale. L’episodio di Saffira e di Anania riferito dagli Atti (Atti 5,1-11), ce lo mostra chiaramente. Del resto, anche oggi, dobbiamo lasciarci interpellare da questo ideale; siamo ancora lontani dalla sua realizzazione. Tuttavia, la fede cristiana lo esige.

2. Nati da Dio, siamo Cristo risorto. Che bella la lettera di Giovanni che ci dice la dignità di coloro che credono nel Cristo risorto: “Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato” (1Gv 5,1). Pasqua è presentata come una nuova creazione, già sulla croce del Venerdì santo, la Chiesa è nata, e la sua missione comincia la mattina di Pasqua. San Giovanni Crisostomo, nel IV secolo, diceva: “Uscì dal suo costato sangue ed acqua (Gv 19,34)... Ho detto che quell’acqua e quel sangue erano il simbolo del battesimo e dei misteri (l’eucaristia). Ora, la Chiesa è nata da questi due sacramenti: da questo bagno della rinascita e del rinnovamento nello Spirito, dal battesimo quindi, e dai misteri. Ora, i segni del battesimo e dei misteri provengono dal costato. Quindi è dal suo costato che Cristo ha formato la Chiesa, come dal costato di Adamo fu formata Eva”.

Allo stesso tempo, tutto è Amore: “In questo riconosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio” (1Gv 5,2a), e, per amare Dio, bisogna prima di tutto amare i suoi figli: “Se uno dicesse: ’Io amo Dio’, e odiasse suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv 4,20). E l’amore si manifesta nel nostro modo di essere e nel nostro modo di vivere come cristiani: “In questo infatti consiste l’amore di Dio: nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi” (1Gv 5,3). Il che ha fatto dire a Sant’Agostino, nel IV secolo: “In ciò che si ama, o non c’è fatica, oppure questa stessa fatica è amata”.

3. La missione cristiana: pace, gioia, liberazione, speranza e presenza. La pagina di vangelo che leggiamo ogni anno nella seconda domenica di Pasqua costituiva, agli inizi della Chiesa, la fine del vangelo di Giovanni. Il capitolo 21 è un’aggiunta posteriore, con la quale l’autore o gli autori hanno voluto riconciliare i cristiani che credevano nel ruolo particolare di Pietro e quelli che accordavano un posto preponderante al discepolo che Gesù amava. La pagina del vangelo di oggi comporta dei messaggi importanti:

1) L’apparizione ai discepoli la sera di Pasqua e la domenica successiva significa innanzitutto l’importanza della riunione domenicale, come luogo di incontro del Risorto. Di modo che, nella prima riunione, Tommaso è assente; non ha quindi potuto fare l’esperienza del Risorto. Solo la domenica successiva ha potuto anche lui incontrare il Signore. Il che significa che ancora oggi è possibile anche a noi vivere l’esperienza del Risorto nelle nostre riunioni domenicali.

2) Durante queste riunioni, Cristo si fa presente, nonostante le nostre porte chiuse a chiave. Ed è presente per darci la sua pace. Ma in quale modo lo si riconosce? Giovanni ci dice che il Risorto di Pasqua è proprio il Crocifisso del Venerdì santo. Si tratta quindi di una continuità tra il Gesù del Calvario e il Cristo della mattina di Pasqua. In fondo, la Resurrezione non abolisce la passione, la sofferenza e la morte; le trasforma, ne rivela il senso. Soprattutto non dimentichiamo che siamo alla fine del I secolo, in piena persecuzione cristiana, Per questo, è vedendo gli altri, e specialmente coloro che portano i segni e le ferite del crocifisso, che i partecipanti alla riunione riconoscono il Signore e provano una grande gioia: “I discepoli gioirono al vedere il Signore” (Gv 20, 20b). La pace li invade: “Pace a voi!” (Gv 20, 19b.21a).

3) Riuniti in nome della nostra fede e della nostra appartenenza a Cristo, siamo ricreati, investiti del suo Spirito: “Detto questo soffiò e disse loro: ’Ricevete lo Spirito Santo’” (Gv 20,22). È la Pentecoste, è la missione che comincia. Questa nuova creazione fa dei discepoli dei Cristi risorti. Bisogna quindi aprire le porte e partire ad annunciare questa Buona Notizia che Cristo è vivo, che ci assicura la sua presenza, che ci lascia la sua pace e che ci offre la liberazione, la libertà: “A coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati; a coloro a cui non li perdonerete non saranno perdonati” (Gv 20,23). È una responsabilità: si ha il potere di liberare la gente o di rifiutare di farlo. Una cosa è certa, se vogliamo assomigliare a Cristo, la liberazione è obbligatoria.

4) Assente dalla prima riunione, Tommaso, che è, insieme, il nostro gemello e il nostro modello nella fede, non ha fatto l’esperienza del Risorto. Sentiva la testimonianza degli altri, ma gli ci voleva qualcosa di più: “Se non vedo nelle sue mani il segno e se non metto il mio dito nel suo fianco, io non credo” (Gv 20,25b). Alla riunione della domenica successiva, Tommaso è presente. Il testo di Giovanni non dice che Tommaso ha toccato le piaghe di Cristo... Dice semplicemente che le ha viste, e il verbo vedere, nel vangelo di Giovanni ha lo stesso senso del verbo credere: vedere porta necessariamente alla fede. Per questo, l’evangelista Giovanni ci presenta Tommaso non come un incredulo, ma proprio come un modello di fede. L’espressione: “Mio Signore e mio Dio” (Gv 20,28) è la più bella professione di fede del discepolo che incontra il Risorto.

5) La Beatitudine che segue al versetto 29: “Beati coloro che credono senza aver visto”, si rivolge a tutti i cristiani di tutti i tempi che sono invitati a credere sulla testimonianza dei primi testimoni, cioè di coloro che hanno conosciuto Gesù di Nazareth e che, dopo la sua morte, lo hanno riconosciuto vivente nella comunità dei suoi discepoli. La loro esperienza del Risorto è unica, nel senso che possono verificare la sua autenticità rispetto a quel Gesù che hanno conosciuto, seguito, amato, accompagnato fino alla morte. Sono in qualche modo dei testimoni privilegiati, ed è sulla loro testimonianza che si fonda la fede nostra, di noi, discepoli di oggi.

Terminando vorrei condividere con voi questo bellissimo commento dell’esegeta francese Jean Debruynne su questa pagina di vangelo:

“Questo testo del vangelo è una meravigliosa canzone di speranza. È quando noi abbiamo chiuso la porta a Gesù, quando abbiamo messo il chiavistello, che Gesù entra e sta lì. È nel momento in cui si dubita di più che Gesù arriva. È nella notte che nasce il giorno. È nell’inverno che comincia la primavera. È quando non c’è più speranza terrena, che sorge la Speranza vera. È quando non c’è più ragione di credere che la fede apre gli occhi. Il chiavistello è messo, la porta è ermeticamente chiusa eppure Gesù è lì. Non è fuori di noi, è dentro. Si presenta: ’Pace a voi!’ Gesù non è né rimprovero né accusa, è Pace. La Pace sia con voi!”
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 16/4/2012 15.20
Titolo:IL SEGRETARIO DEL PAPA: LA "DEUS CARITAS", IL SEGNO PROGRAMMATICO ....
- Il regalo di padre Georg al Papa
- "Un libro per dire chi è davvero"

- I cardini del pensiero. Nel giorno dell’85esimo compleanno, esce in Germania il volume che raccoglie venti pareri sul Pontefice
- A curarlo è stato il segretario di Benedetto XVI. Che racconta a Repubblica com’è nata l’idea

- di Marco Ansaldo (la Repubblica, 16.04.2012)

UN PONTEFICE che ha «coraggio». Che non ha paura di affrontare «questioni delicate». E la cui immagine invece, già da cardinale, come quella di un «poliziotto», ma anche dopo, è stata presentata spesso «in modo deformato e distorto». Perché Joseph Ratzinger è, piuttosto, un «Papa delle parole». Più un «teologo che un uomo di grandi gesti». Forse non c’è persona, oggi, che conosce meglio il Pontefice tedesco del suo segretario personale.

Non solo per motivi di ufficio, quanto di vicinanza spirituale e conoscenza della figura e del magistero di Benedetto XVI. E monsignor Georg Gaenswein, tedesco del sud, amante dei Pink Floyd e dello sci, ma dottore in teologia e docente di diritto canonico, rimarca la propria devozione al vescovo di Roma con un regalo speciale.

Oggi Joseph Ratzinger compie 85 anni. E don Georg ha voluto festeggiare il tondo anniversario con una sorpresa: un libro pubblicato in Germania che raccoglie gli scritti di 20 vip di lingua tedesca, 20 personaggi prominenti (da qui il titolo "Benedikt XVI. Prominente ueber den Papst"), sul Papa. Ha lavorato in silenzio per mesi, tirando le fila di questo lavoro di 191 pagine, riunendo contributi diversi: dall’ex calciatore Franz Beckenbauer, ai politici Schaueble e Stoiber, al cardinale svizzero Koch, scrivendo infine un suo ritratto personale del Pontefice e l’introduzione all’intero testo.

Visto da vicino Gaenswein, 56 anni portati gagliardamente, un ciuffo brizzolato che fatica a uscire in maniera composta dall’elegante abito talare, non smentisce l’allure che lo circonda. Eppure l’aspetto sportivo non è disgiunto da un afflato spirituale solido e da un’intelligenza pragmatica.

Non sempre l’assistente del Papa - lo si vede costantemente al suo fianco, un inchino e un passo indietro - ha goduto della considerazione degli osservatori vaticani che all’inizio lo giudicavano con cautela. Ma ora, alla vigilia il 19 aprile prossimo dei sette anni del pontificato di Benedetto, l’immagine di don Georg si è rafforzata. La sua perseveranza, l’operare discreto dentro l’Appartamento, l’intesa consolidata con il Papa, hanno fatto sì che l’assistente tedesco oggi non solo sia il custode fidatissimo di tanti segreti della Casa. Ma un sostegno concreto, con un apporto apprezzato da Ratzinger che vede nel proprio segretario particolare ben più che un’ombra attenta: un consigliere influente e ascoltato.

Monsignor Gaenswein, com’è nata l’idea di questo omaggio? «E’ molto semplice: sono stato invitato dalla casa editrice, la Media Maria Verlag, a scrivere un contributo per un libro che sarebbe diventato un regalo per l’85° compleanno del Santo Padre. Ci ho pensato su».

E che cosa ne è venuto fuori? «Dato che si sarebbe trattato di un regalo per il compleanno del Papa ho detto di sì, lo scriverò! E comunicata la risposta positiva, mi hanno immediatamente invitato a occuparmi anche dell’aspetto editoriale dell’opera. Ho riflettuto pure su questo e alla fine ho accettato».

Venti grandi personaggi di lingua tedesca: come sono stati scelti? «Lo scopo era di dare voce a personalità provenienti da ambiti diversi della società tedesca - chiesa, politica, cultura, economia, sport - che conoscono personalmente il Santo Padre. Abbiamo presentato loro l’idea, e poi invitati a collaborare. Ecco il risultato! ».

E qual è l’idea che emerge dai loro scritti? «E’ importante sottolineare che non sono state poste condizioni di scrivere "pro Papa". Cioè il libro non è per niente, per così dire, "un lavoro ricevuto dall’alto da svolgere per pura cortesia". Non c’era un diktat sul politically correct. Ciascuno di loro, uomo o donna, poteva, anzi doveva scrivere come avrebbe "dettato" il cuore e il cervello. L’idea di fondo era di offrire una visione personale e sincera sulla persona e sull’operare di Papa Benedetto, scritta da persone note in Germania». Dall’immagine di "poliziotto del Papa", come lei scrive nel testo, quando sotto il precedente pontificato Ratzinger era a capo della Congregazione della Dottrina della Fede (l’ex Sant’Uffizio), a "Papa delle parole". Più un "teologo che un uomo di grandi gesti".

Lei oggi è forse la persona che lo conosce più da vicino. Ma chi è davvero quest’uomo? «Ho cercato di dare una rispostaa questa domanda proprio nel mio contributo. L’immagine del Santo Padre, già l’immagine del Cardinale Ratzinger, spesso è stata presentata in modo deformato e distorto. Mi dovrei dilungare troppo se dovessi esporne ora i motivi. Propongo di prendere in mano il libro e di leggerlo. Qui si troveranno le risposte».

Sono comunque passati sette anni dall’ascesa di Ratzinger al Soglio petrino. Non un tempo troppo lungo per un pontificato, però sufficiente per trarne un bilancio. Quale, dal suo punto di vista? «Un fatto che segna chiaramente il pontificato di Benedetto XVI è il coraggio. Il Papa tedesco non teme questioni delicate e neanche confronti ad bonum fidei et Ecclesiae! ».

Dunque che cosa davvero gli sta a cuore? «La questione del rapporto tra fede e ragione, tra religione e rinuncia alla violenza. Dalla sua prospettiva, la ri-cristianizzazione innanzitutto dell’Europa sarà possibile quando gli uomini comprenderanno che fede e ragione non sono in contrasto ma in relazione tra loro».

Ma c’è un segno programmatico? «Il Papa, in fondo, vuole riaffermare, con forza e chiarezza, il nocciolo della fede cattolica: l’amore di Dio per l’uomo, che trova nella morte in croce di Gesù e nella sua resurrezione l’espressione insuperabile. Questo amore è l’immutabile centro sul quale si fonda la fiducia cristiana nel mondo, ma anche l’impegno alla carità, alla misericordia, alla rinuncia alla violenza. Non per caso la prima Enciclica del Papa è intitolata "Deus caritas est - Dio è amore". È un segno programmatico del suo pontificato. Benedetto XVI vuol far risplendere la gioia e la bellezza del messaggio evangelico».
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 16/4/2012 17.59
Titolo:UN EX COLLEGA DI RATZINGER. «Caro Joe, ricordi quando eri progressista?»
«Caro Joe, ricordi quando eri progressista?». Un ex collega scrive a Ratzinger

di Ludovica Eugenio (Adista - Notizie, n. 15, 21 aprile 2012)

«Caro Joe»: così inizia una lettera aperta a Benedetto XVI scritta dal teologo statunitense Leonard Swidler, suo collega negli anni ’70 all’Università di Tübingen, alla quale tornò poi in diverse occasioni come docente anche negli anni ’80. Ma, a dispetto del tono amichevole, il documento, pubblicato sul sito australiano catholica.com (5/4) è tutt’altro che tenero nei confronti dell’attuale “politica” pontificia.

«Alcuni anni fa, quando eri ancora a capo del Sant’Uffizio, ti scrissi una lettera riguardo al ruolo delle donne nella Chiesa cattolica», esordisce Swidler che, oltre ad essere direttore e cofondatore del trimestrale Journal of Ecumenical Studies, nonché fondatore e presidente del Dialogue Institute, organismo attivo nel dialogo interreligioso e interculturale, fondato nel 1978 presso la Temple University di Philadelphia, insegna anche Pensiero cattolico e dialogo interreligioso presso la stessa istituzione .

«A quel tempo - scrive Swidler - mi rivolgevo a te con un familiare “caro Joe”, che si fondava sulla nostra amicizia, risalente alla fine degli anni ‘60/primi ’70». Lo feci, racconta, «pensando che quella forma ti avrebbe comunicato con quanta serietà io nutrivo la speranza che tu potessi aprire la tua mente e il tuo cuore per ascoltare ciò che avevo da dirti. Non avevo modo di sapere se avrei avuto successo in questo. Tuttavia, facendo ricorso alla nostra antica “collegialità”, ora mi rivolgo a te ancora una volta in questo modo fraterno».

«Sono sconcertato dal fatto che, specialmente negli ultimi tempi, tu abbia lanciato segnali che contraddicono le parole e lo spirito del Concilio Vaticano II, nel corso del quale tu, come giovane teologo, hai dato un contributo a far sì che la nostra amata Chiesa uscisse dal Medio Evo per entrare nella modernità», afferma il teologo, ricordando anche le posizioni prese da Ratzinger, da professore a Tübingen, a favore di un’elezione episcopale democratica e di un limite all’incarico dei vescovi.

«Ora stai rimproverando pubblicamente preti cattolici impegnati perché fanno proprio ciò che tu in precedenza avevi così coraggiosamente difeso. Questi e molti, molti altri nella Chiesa cattolica stanno seguendo il tuo esempio di allora, cercando disperatamente di spingere la Chiesa nella modernità. Uso volutamente il termine “disperatamente” perché nel tuo Paese d’origine, la Germania, e altrove in Europa, le chiese sono vuote, e lo sono anche i cuori di tanti cattolici quando sentono le parole raggelanti che vengono da Roma e dai vescovi “radicalmente obbedienti” (leggi: yes-men).

Nel mio Paese, gli Stati Uniti, luogo di nascita della libertà moderna, dei diritti umani e della democrazia abbiamo perso - solo in questa generazione! - un terzo della popolazione cattolica, 30 milioni di persone, perché le promesse del Vaticano II, con la sua rivoluzione copernicana in cinque dimensioni (svolta verso libertà, mondo, senso della storia, riforma interna e soprattutto dialogo) sono state così deliberatamente vanificate dal tuo predecessore e ora, ancora di più, da te».

Swidler fa poi riferimento al contributo apportato da Ratzinger al Vaticano II, quando spiccò tra i teologi che «sostennero l’invito di Giovanni XXIII all’aggiornamento grazie allo spirito riformatore derivante dal ritorno alle ritempranti fonti originarie del cristianesimo (ad fontes)». Quelle fonti democratiche e orientate alla libertà della Chiesa primitiva erano esattamente le «“fonti” del rinnovamento di cui tu e i tuoi colleghi di Tübingen» parlavate diffusamente.

Di qui il vibrante appello di Swidler al papa affinché torni proprio a quello spirito di riforma espresso in gioventù, già negli articoli pubblicati sul primo numero del trimestrale di teologia ecumenica da lui fondato nel 1964, «che cercavano di gettare un ponte sull’abisso della Controriforma che divideva la Chiesa cattolica dal resto del cristianesimo, e dal resto del mondo moderno». «In quello spirito, Joe, ti sollecito a tornare ad fontes!», è la conclusione del teologo.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 17/4/2012 10.17
Titolo:Festa di compleanno per Papa Ratzinger
- Festa di compleanno per Papa Ratzinger
- Niente dimissioni «finché Dio vorrà»

di Roberto Monteforte (l’Unità, 17 aprile 2012)

«Mi trovo di fronte all’ultimo tratto del percorso della mia vita e non so cosa mi aspetta. So, però, che la luce di Dio c’è, che Egli è risorto, che la sua luce è più forte di ogni oscurità, che la bontà di Dio è più forte di ogni male di questo mondo. E questo mi aiuta a procedere con sicurezza. Questo aiuta noi ad andare avanti, e in questa ora ringrazio di cuore tutti coloro che continuamente mi fanno percepire il Sì di Dio attraverso la loro fede». Con queste parole Benedetto XVI ha concluso ieri mattina la sua omelia alla messa privata celebrata nella Cappella Paolina per il suo 85mo compleanno.

Agli amici, ai vescovi tedeschi e alla delegazione giunta dalla sua Baviera, Papa Ratzinger ha parlato dei «segni» offerti alla sua vita dai santi che si festeggiano il 16 aprile, giorno del suo compleanno: la semplicità che ha contrassegnato l’esistenza di santa Bernadette, la veggente di Lourdes. Perché con il nostro «sapere e il fare» - ha spiegato - non dobbiamo perdere «lo sguardo semplice del cuore, capace di vedere l’essenziale».

Dall’altro santo, il francese Benedetto Giuseppe Labre, «viandante europeo», ha tratto il senso di una fraternità da vivere «perché in Dio cadono le frontiere, solo Dio fa cadere le frontiere e lo smantellamento delle frontiere ci unisce e guarisce». Sono i «segni» che ha caratterizzato anche il suo pontificato. Nelle parole dell’anziano pontefice, pronunciate alla vigilia del suo settimo anno di pontificato che verrà celebrato il prossimo 19 aprile, vi è la conferma della determinazione di Papa Ratzinger a continuare a guidare la Chiesa universale davanti al «male» del mondo che non la risparmia.

Nessun abbandono è all’orizzonte. La sua agenda è già fitta: dall’Incontro mondiali per le famiglie di fine maggio a Milano, alla visita ad Arezzo, quindi il viaggio previsto per metà settembre in Libano. L’anno prossimo sarà in Brasile per le Giornate mondiali della gioventù. Poi il Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione e l’Anno della Fede. Questa estate è prevista l’uscita del suo terzo libro su Gesù dedicato all’infanzia del Nazareno.

Attivo e lucido, malgrado l’età e i malanni, il più anziano pontefice dalla fine del XIX secolo, ieri, si è visto festeggiare alla «bavarese» nella Sala Clementina dai giovani in costume e da una delegazione guidata dal ministro e presidente della Baviera Horst Seehofer.

Auguri al vescovo di Roma sono giunti anche dai parroci della Capitale. «Te volemo tutti bene» ha detto in romanesco a nome di tutti a Radio Vaticana, padre Lucio Maria Zappatore, parroco a Torrespaccata. Di buon mattino è giunto quello inviato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano a nome anche del popolo italiano e quello del cancelliere tedesco, Angela Merkel.

È stato aperto anche un «sito» in Vaticano per raccogliere i messaggi di augurio rivolti al pontefice. Particolare l’augurio inviato a nome delle Acli dal presidente Andrea Olivero. «Inquieti e mai rassegnati all’esistente» è il titolo del video messaggio realizzato per Famiglia Cristiana. «Le auguriamo ancora anni di gioventù come quelli che ci ha donato - afferma Olivero - anni nei quali Lei possa spronarci a essere inquieti, di quella Santa inquietudine di Cristo che ha manifestato sin dall’inizio del Suo pontificato». «Noi cercheremo - ha aggiunto - di non rassegnarci all’esistente, ma di andare, forti degli insegnamenti della Chiesa e forti del Vangelo, a testimoniare la nostra fede nella società».

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