Testimoni  

Primo Mazzolari

Di Anna Carfora


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La figura di don Primo Mazzolari (1890-1959) si articola tra pastorale e profezia – una profezia obbediente: "obbedientissimo in Cristo" aggiungerà in calce alle sue lettere al Vescovo. Il suo è un tentativo di leggere il Vangelo sine glossa e, nello stesso tempo, una ricerca sui metodi e lo spirito dell’apostolato attorno a cui ruotano i grandi temi della sua riflessione: l’ecumenismo; "i lontani" e il dialogo; i poveri e la rivoluzione cristiana; la pace. E’ particolarmente arduo separare l’itinerario biografico dal suo messaggio; si può tentare di individuare alcuni filoni:

Dalla guerra del 15-18 a Tu non uccidere: il pacifismo

Giovanissimo prete, figlio di operai socialisti, don Primo si schierò, all’epoca della Grande Guerra, con gli interventisti, ma dall’esperienza bellica tornerà profondamente cambiato, inizierà un itinerario che lo porterà ad assumere posizioni pacifiste che tuttora sono tra le più avanzate in campo cattolico. Dirà più tardi della sua esperienza di guerra e dell’equivoco nel quale lui ed altri giovani preti erano caduti: "Se invece di dirci che ci sono guerre giuste e guerre ingiuste i nostri teologi ci avessero insegnato che non si deve ammazzare per nessuna ragione, che la strage è inutile sempre, e ci avessero formati ad un’opposizione cristiana chiara, precisa ed audace, invece di partire per il fronte saremmo discesi sulle piazze. E noi, in buona fede, abbiamo creduto che bisognava finirla una buona volta coi prepotenti di ogni risma, e siamo partiti come per una crociata. Perché a noi non importava né Trento né Trieste, né questa né quella revisione di confini; a noi importava fare il punto, chiudere una sedicente civiltà cristiana e preparare una svolta umana della storia" ( La pieve sull’argine, 66).

Le idee pacifiste di don Mazzolari si trovano espresse nella Risposta ad un aviatore, che si conclude con queste parole: "Il martire che aveva coscienza di morire per Cristo ha inaugurato il regno dei figli di Dio e dei veri uomini liberi; il soldato che muore, senza sapere perché muore, porta al colmo il regno dei servi". Nel 1955 uscì, anonimo, Tu non uccidere, quasi un trattato del pacifismo radicale cristiano: un pacifismo che non concede alcuno spazio ad alcuna forma di violenza: "Cadono, quindi, le distinzioni tra guerre giuste e ingiuste, difensive e preventive, reazionarie e rivoluzionarie. Ogni guerra è fratricidio, oltraggio a Dio e all’uomo […] Per questo noi testimonieremo, finchè avremo voce, per la pace cristiana. E quando non avremo più voce, testimonierà il nostro silenzio o la nostra morte, poiché noi cristiani crediamo in una rivoluzione che preferisce il morire al far morire".

La parrocchia

Don Primo è stato parroco per tutta la vita e parroco di paese: prima a Bozzolo, poi a Cicognara, infine nuovamente a Bozzolo, ma egli è stato, soprattutto e come amava definirsi, parroco dei poveri e "parroco dei lontani". Mazzolari rinnovò la vita parrocchiale nel campo della liturgia e dell’omiletica. Nel 1934 fu pubblicato La più bella avventura, una riflessione sul Prodigo che è stata definita "una teologia ecumenica". Un libro che inaugura lo stile del dialogo e dell’abbraccio, stile del Padre, e comincia a delineare quella rivoluzione dialogica per amore che caratterizza impegno e pensiero di Mazzzolari.

L’antifascismo

Don Mazzolari ebbe scontri con il fascismo, già prima della marcia su Roma e fino alla condanna a morte decretata dai repubblichini di Salò. Nel 1924 aveva scritto: "Mi chiedo se proprio nessuno deve alzare la voce di condanna, se il sacerdote, che è il protettore nato degli oppressi, può stare pago di soffrire interiormente e di pregare […]. Il dubbio, per conto mio, l’ho risolto: io sento il dovere di dichiararmi apertamente a favore degli oppressi". Mazzolari si rifiutò di cantare il Te Deum per lo scampato attentato a Mussolini e di andare a votare per il listone unico dei fascisti. Venendo ringraziato dai fascisti con tre colpi di rivoltella contro le sue finestre. Diventò punto di riferimento per l’opposizione clandestina al fascismo.

La Resistenza e la rivoluzione cristiana

Durante la clandestinità che durò per don Primo fino al 25 aprile del 45 scrisse, fra altri testi, La rivoluzione cristiana, un testo in cui progettava le grandi linee dell’impegno cristiano del dopoguerra. All’indomani della Liberazione accettò di lavorare al fianco della Dc. "Tu vai – dice all’interlocutore disposto ad abbracciare la causa del comunismo – io non vengo, non posso venire. Ancora una volta c’è Qualcuno – non qualche cosa – che mi ferma… Tu vai senza una tua tenda, chiedendo un posto sotto la tenda comunista… Invece io pianto, e non da oggi, la tenda cristiana vicino a quella comunista, non per una meschina concorrenza, ma per offrire un porto, quando la delusione succederà fatalmente all’ebbrezza del successo". Dopo il 18 aprile del 1948, quando la DC vinse le elezioni, Mazzolari divenne la coscienza critica del partito cattolico al potere.

"Adesso"

Nel 1949 uscì "Adesso", il giornale progettato da don Mazzolari per dare spazio alle "avanguardie cristiane": voci critiche, profetiche, con le mani libere. "Adesso – è il titolo del giornale – chi non ha una spada venda il mantello e ne comperi una", come recita Lc 22, 36. "Il nostro scopo non è di entrare nel gioco di questi o di quelli, ma di aiutare questi e quelli a liberarsi da ogni equivoco e a trovar soluzioni nel proprio ambito, più conformi a giustizia e a libertà, e nel contempo a giudicare equamente gli stessi avversari verso i quali ci riserviamo la stessa libertà di critica per lo stesso scopo e con lo stesso animo. – Ma voi siete cattolici, quindi… - Sì, siamo cattolici per grazia di Dio; ma cattolico non vuol dire che uno rinunci a pensare con la propria testa là dove l’uso della testa è un dovere dell’uomo, rispettato e consigliato dalla religione […]. Chi ha paura che la religione possa essere minacciata dal disaccordo dei credenti negli affari temporali, deve avere della Fede e della Chiesa un’idea ben meschina".

Il giornale andò incontro a molte traversie, lo si accusò anche di essere finanziato dai comunisti.

Il rapporto con la gerarchia e l’incontro con Giovanni XXIII

Don Mazzolari venne spesso contrastato e costretto al silenzio e i suoi scritti incorsero in restrizioni del Santo Uffizio, ma fu molto amato dal card. Roncalli e anche dal card. Montini. Sebbene gli fosse stato comunicato da personaggi di curia che la sua presenza in Vaticano non era gradita, fu ricevuto molto calorosamente da Papa Giovanni che lo chiamo "tromba dello Spirito Santo". Nell’udienza concessa da Paolo VI alla sorella di don Primo, dieci anni dopo la sua morte, il Papa disse: "Hanno detto che non abbiamo voluto bene a don Primo. Non è vero. Anche noi gli abbiamo voluto bene. Ma voi sapete come andavano le cose. Lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto noi. Questo è il destino dei profeti".


"Il Dialogo - Periodico di Monteforte Irpino" - Direttore Responsabile: Giovanni Sarubbi

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