Nel ventesimo anniversario della morte
TUROLDO TRA BIOGRAFIA E POESIA
a cura di Noi Siamo Chiesa
1916 Il 22 novembre nasce a Coderno, in provincia di Udine, Giuseppe («Bepi il rosso» per i compagni), ultimo dei nove figli di Giambattista Turoldo e Anna di Lenarda. E lasciamo il pianto che mi sgorgò sulle mani dopo i cinquanta e più anni che non vi entravo: qui dalla mia casa almeno può dirsi: è stata bandita!
Ancora infatti l'umile porta, ancora quella la finestra: a camino per il fumo che a nembi si addensava contro il soffitto, e tu come allora dentro la nuvola.
– « Pai »[1] già dall'alba e fino a sera era a dissodare i duri campi in affitto o a falciare prati per altri... –
Più densa intorno agli stipiti la caligine colava pure in giorni di vento secco: e le fessure nell'impiantito di sopra, e le crepe nei muri e sul solaio:
no, qui nessun vento soffiava sui divani qui né tempo né morte avevano più nulla da rapire o rodere.
Mancava solo il poco rame, unico oggetto lucente, oltre, madre, i tuoi occhi sempre umidi sul minuscolo lavello.
Mancavamo noi, volati via come uccelli non più tornati al nido.
Sola variante la corte fattasi più deserta: non fosse che le case ora come dopo una peste siano tutte intonacate, di calce, direi: « Morte, non esisti! »
E là tu stai « sudore plebis » mia casa a sassi di fiume, lacrime raggrumate da secoli.
E lei dalla piccola finestra a salutarmi:
« Mandi, frut »[2]
mentre riprendo la strada...
(da Mia infanzia d’oro, Scheiwiller, Milano 1992, pagg. 9-11)
1934-40 A diciotto anni entra come novizio nel convento dei Servi di Santa Maria a Monte Berico; nel 1935 emette la prima professione religiosa assumendo il nome di David Maria. COLLOQUIO NOTTURNO
E quando la notte fonda ha già inghiottito uomini e case, una cella mi accoglie esule del mondo. Gli altri nulla sanno di questa mia pace, di questi appuntamenti.
Forse neppure io stesso saprei rifare l'itinerario del giorno, ripetere la danza del mio Amore. Quasi nulla avanza di me la sera: poche ossa, poca carne odorosa di stanchezze, curvata sotto il peso di paurose confidenze.
Allora Egli mi attende solo, a volte seduto sulla sponda del letto, a volte abbandonato sul parapetto della grande finestra. E iniziamo ogni notte il lungo colloquio.
Io divorato dagli uomini, da me stesso, a sgranare ogni notte il rosario della mia disperata leggenda. Ed Egli a narrarmi ogni notte la Sua infinita pazienza.
E poi all'indomani io, a correre a dire il messaggio incredibile ed Egli ferino al margine delle strade a vivere d'accattonaggio.
(da O sensi miei…, Rizzoli, Milano 1990, pag. 166)
1940-45 Compiuti gli studi filosofici e teologici è ordinato sacerdote a Vicenza nel 1940. Nel 1941 viene mandato a Milano nel convento di S. Carlo. Qui partecipa alla Resistenza e fonda con altri amici «L’Uomo», giornale clandestino, dove pubblica anche le prime poesie, poi edite nella raccolta Io non ho mani. Nel 1945 si laurea in filosofia con la tesi Per una ontologia dell’uomo, diventando assistente di Gustavo Bontadini a Urbino. SENTI CHE È DI TROPPO
Senti che è di troppo il sapore di una pesca in questa povertà di case diroccate; senti che non ti è lecito provare questo dolciore d'anima emigrata dalla strada della tua umanità. Sposata hai una pena di non sentire mai dolcezza alcuna che non sia di tutti; ed ora ti tenta questo profumo di pesche e di aranci, ed ora ti seduce questo languore di tigli, ed ora vorresti andartene in pace in quest'orlo di città in queste ghirlande di bimbi a dimenticare. E invece è tuo soltanto il grido della città disfatta sotto il sole, e tu solo puoi rianimare i corpi abbattuti ai piedi delle piante nell'afosità dell'estate. Ah tu non puoi concederti a queste momentanee paci. Tu sei la possibilità di una viva solitudine; e il tuo sacerdozio è un’oasi ove essi hanno il diritto d’approdare dalle loro fatiche.
(da O sensi miei…, Rizzoli, Milano 1990, pagg. 39-40)
1946-54 A Milano fonda, con Camillo De Piaz, il Centro culturale «Corsia dei Servi», diventa predicatore ufficiale in Duomo (1943-1953) e si segnala per una costante attenzione ai più poveri. Collabora con don Carlo Gnocchi e poi con don Zeno Saltini a Nomadelfia. A causa del suo coinvolgimento in questa esperienza e delle sue prese di posizione in campo socio-politico gli viene imposto, alla fine del 1952, di lasciare l’Italia. Incomincia così il suo peregrinare: Innsbruck, Ginevra, Parigi, Monaco di Baviera, Londra... DAMMI DA CREDERE SIGNORE
E così mi sono ricordato di questa «lettera» scritta proprio per natale agli amici di Milano, dal mio esilio dopo Nomadelfia. Ero colpevole di aver creduto che la fraternità fosse legge. Perciò mi avevano detto di «girare», purché non ritornassi in Italia. Ero senza casa e senza chiesa. E dovevo girare! Prima a Monaco di Baviera, dove andavo tutti i giorni alla stazione a vedere i treni partire; poi a Parigi, poi a Ginevra... Ed era natale. E precisamente alla vigilia mi sono fermato per ore, fino oltre la mezzanotte, alla ringhiera sul lago, vicino alla isoletta di Rousseau. E anche allora una voglia di poesia mi ha salvato. Seguivo l'andare e venire indifferente di un cigno sul lago; e il frecciare delle auto sul ponte, e il passare festoso della gente, tutta, ohimè, carica di doni. Proprio nell'isola di Rousseau cantava un uccello. Anitre continuavano a tuffarsi in cerca di preda. E io, come un idiota, stavo a guardare. E volevo appunto continuare a credere. Così, devo alla mia chiesa anche quel natale.
LETTERA A NATALE Dal ponte di Mont Blanc a Ginevra
Notte serena santa notte per ognuno felice o maledetto che sia
Possiamo dirci umanialmeno per una notte ancora
I fratelli di Milano spezzino il pane ai figli della nebbia e del gelo
A me basta un altare e baciare la pietra
E gli amici di Monaco cantino sotto la lampada stille nacht
Al mattino ci sarà sempre qualcuno che accende il forno crematorio
E io andrò alla stazione a vedere i treni partire
O girerò per la nottefino all'alba a cercarmi un ciborio per la mia colazione
(da Fine dell’uomo?, Scheiwiller, Milano 1976, pagg.269-272) 1954-59 Per interessamento degli amici, e del sindaco Giorgio La Pira, gli è permesso di rientrare a Firenze, dove riprende le iniziative «milanesi»: la messa della carità, cineforum, l’associazione «Amici dell’Annunziata», la rivista «Attesa del Regno». Dovrà riprendere, anche per incomprensioni con il friulano cardinal Florit, il suo vagabondare. ERAVAMO L'ALBERO VERDE
A te, fratello, ramo necessario al tronco dell'annosa amicizia: un vento sinistro ci squarcia e contro vi sta il grido di un muto dolore.
A noi che solo peccammo in purezza non di rimorsi è questa pena senza nome. L'immeritata bufera non accenna a finire.
Quanti anni nelle vie assiderate come alberi senz'acqua ciechi di speranza! Quanti nodi interrotti di memorie oltre il dono che ci ha divorati! Abbiamo arato le pietre, abbiamo radici in tutte le strade amate più di noi stessi.
Ora il selciato è rotto della città. Eravamo l'albero verde dei compagni chino sulle macerie al vento e al sole.
(da O sensi miei…, Rizzoli, Milano 1990, pag. 187) 1959-62 Sono gli anni passati in Inghilterra, Stati Uniti, Canada, Messico, Sud Africa, sempre alla ricerca di un contatto vivo con gli «ultimi». CREDENTI SENZA SPERANZA?
Ho visitato Chicago e Detroit, Camillo[3], e New York e Montreal e Messico-City; ho sentito macchine urlare nel vasto silenzio di neve e dentro il mare di polvere del Sud; ho visto la gru baluginare con la sua proboscide sulle lande del Manitoba, su, ai confini della vita; ma non ho visto un fanciullo giocare a piastre sulle migliaia di laghi. Siamo forse, Camillo, gli ultimi credenti.
(da O sensi miei…, Rizzoli, Milano 1990, pag. 412)
1962-89 Rientrato in Italia, alla morte di Giovanni XXIII (1963) decide di stabilirsi a Sotto il Monte. Il vescovo di Bergamo, Clemente Gaddi, gli affida l’abbazia di S. Egidio a Fontanella, che ben presto diventa un importante centro di studi ecumenici. Padre David partecipa a trasmissioni radiotelevisive, collabora a riviste e giornali, nel 1967 fonda la rivista «Servitium» e da vita alla «Casa di Emmaus». Continua l’attività di scrittore con poesie, raccolte in O sensi miei... Poesie 1948-1988 (1990), testi teatrali e saggi; l’attenzione e il gusto per la liturgia sono all’origine della traduzione dei Salmi (1973) e di Opere e giorni del Signore, in collaborazione con G. Ravasi (1989). CREDERE DA SOLI
Almeno tornasse a darci speranza! Non vogliamo l'impossibile: sperare, ci sarebbe d'avanzo.
Lui[4] venuto dalle nostre strade, camminava come uno di noi amico fratello padre... Il nostro cuore era la sua casa.
Egli credeva per noi, ora invece dobbiamo credere da soli:
e credere anche per l'altro venuto dopo.
(da O sensi miei…, Rizzoli, Milano 1990, pag. 369)
1989-92 Da tempo sofferente di forti dolori addominali, viene visitato a Padova dal professor Ancona che gli scopre un tumore al pancreas. Incomincia l’esistenza da «paziente» di Turoldo, attivo però fino alla fine. L’editore Garzanti pubblica nel 1991 Canti Ultimi e l’anno successivo Mie notti con Qohelet. Il 21 novembre 1991 Turoldo riceve il Premio Lazzati; il cardinale Martini, consegnandoglielo, afferma che si tratta di attestato di gratitudine e di stima, ma anche di un atto di riparazione. IERI, ALL’ORA NONA
Ieri all'ora nona mi dissero: il Drago[5] è certo, insediato nel centro del ventre come un re sul trono. E calmo risposi: bene! Mettiamoci in orbita: prendiamo finalmente la giusta misura davanti alle cose; con serenità facciamo l’elenco: e l'elenco è veramente breve.
Appena udibile, nel silenzio, il fruscio delle nostre passioncelle del quotidiano, uguale a un crepitare di foglie sull'erba disseccata.
(da Ultime poesie 1991-1992, Garzanti, Milano 1999)
Muore a Milano la mattina del 6 febbraio 1992 ed è sepolto nel piccolo cimitero di Fontanella, frazione di Sotto il Monte Giovanni XXIII. MA TU SEMPRE
Tu sempre m’intendi pur se mormoro o grido:
tu l’Ineffabile
perfino Tenebra luminosa!...
Così varcherò l’ultima soglia l’anima danzando…
(da Ultime poesie 1991-1992, Garzanti, Milano 1999, pag. 40) Testo e scelta poesie : Mauro Manzoni di Varenna laureato all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Milano con la tesi: “ Quale Dio? Il volto di Dio nella poesia di David Maria Turoldo” Lecco, 06/02/2012 Oltre la foresta da Canti ultimi Fratello ateo, nobilmente pensoso il nudo Essere e là [1] « Pai »: termine friulano per significare « babbo ». [2] « Mandi, frut »: saluto tipico della mia gente, significa « Addio, figlio ». [3] Si tratta dell’amico di sempre di Turoldo, il Servita Camillo De Piaz (1918-2010). [4] Turoldo si riferisce a papa Giovanni XXXIII. [5] Turoldo chiamava “Drago” il tumore che l’aveva colpito. Luned́ 06 Febbraio,2012 Ore: 21:38 |