“VITTORIO GATTI NEI RICORDI DEL FIGLIO TOM”.
”VITTORIO GATTI L’AMICO BRESCIANO DI DON PRIMO MAZZOLARI, MEDAGLIA D’ORO DEL LIBRO CATTOLICO ITALIANO”.

a cura di Carlo Castellini

Un personaggio ricco di idee e di iniziative del nostro Novecento, anche lui come Don Primo in anticipo rispetto alla Cultura della sua epoca. Lettore vorace come Giovanni Paini, agguerrito autodidatta, con innato il senso del Teatro e della Poesia; ma infine sceglie l’Editoria in cui eccelle e sfonda. Amico e Mecenate di pittori, poeti, pensatori, fa conoscere a tutto il pubblico italiano alcuni autori francesi come BOSSUET, LEBRETON, LECAMUS, GRATRY. Dà notevole impulso alle Case Editrice Queriniana e Morcelliana, diventando un punto di riferimento sicuro della cultura cattolica bresciana ed anche italiana. Come Primo Mazzolari ha sentito l’urgenza della Profezia, ne ha subito il fascino ma anche i condizionamenti degli uomini e della cultura.


La figura del padre VITTORIO GATTI, Medaglia d’oro del Libro Cattolico Italiano,e amico fedele di don Primo Mazzolari, rivive nelle memorie del figlio Tom Gatti. L’editore bresciano è ricordato anche nella docu-fiction di Rai Tre “L’uomo dell’argine” del regista GILBERTO SQUIZZATO.

Nell’iniziare questa breve cronaca della vita di mio padre, morto a novantun anni nel 1977, fui tentato di intitolarla “MIO PADRE LIBRAIO ED EDITORE IN BRESCIA”; ma temetti di fare torto alla sua memoria, e al tormento che negli ultimi anni della sua vita (spesa per dare al movimento cattolico italiano una lingua prettamente evangelica) lo immalinconì per non essersi dedicato alla sua grande passione: il teatro e il cinematografo, (allora ai suoi primordi), in cui tuttavia si cimentò ottenendo successi e riconoscimenti. Scrisse lui stesso nel suo novantesimo compleanno:”La vita di Vittorio Gatti è stata assai travagliata. Colpa mia. Iddio mi diede doti che io sciupai: forte passione per il sapere e per le arti, un grande trasporto per la poesia e per il teatro; ma non ne feci nulla:la dea bendata e beffar da mi lascio’ ad un bivio….ed io sbagliai strada”.
Primo di due fratelli (Giuseppe morì nel 1921), VITTORIO GATTI nacque un Brescia il 9 Gennaio 1886 da Gabriele e Strada Lucia, immigrati in città dalla Bassa Bresciana (Seniga).Di suo padre era orgoglioso perché fin da ragazzo aveva conosciuto la dura fatica del contadino che strappa alla terra il pane quotidiano poi, a vent’anni, era stato arruolato nel REGGIMENTO CAVALLEGGERI DI LUCCA, entrando alla fine come trombettiere, nella VIIa LEGIONE CARABINIERI A CAVALLO con la quale fu inviato a combattere contro i briganti dell’Italia Meridionale, dove scampò miracolosamente alla fucilazione.
IL cognome di sua madre “Strada”, lo assillò fino agli ultimi giorni della sua vita: di chi poteva essere stato figlio _ si chiedeva _il suo bisnonno Timoteo (1777-1865) chiamato Strada perché proveniente dall’Ospedale Maggiore di Brescia ed esposto nell’Ospedale di Borgosatollo?Chi inviava ogni mese, da Montirone un cavaliere a recare denaro per il piccolo, accolto in una famiglia di Seniga?E perché mai, il bambino,accolto nell’ospedale di Brescia,fu esposto a Borgosatollo? Mio padre era convinto che soltanto uno di quei cittadini, che allora si fregiavano di quel titolo,nobiliare, avrebbe potuto agire in questo modo, a quei tempi. Ma tutto resta un mistero.
VITTORIO GATTI frequentò le cinque classi elementari sempre premiato per il lodevole profitto (conservo ancora alcune sue pagelle in cui i dieci ed i nove fanno bella mostra, scritti a mano con ottima grafia), ma le modeste condizioni della famiglia ( suo padre 3era stato assunto come agente daziario comunale), lo costrinsero ad abbandonare gli studi per i quali   letteraria come autodidatta leggendo PASCOLI, MANZONI, EURIPIDE, E ARISTOTELE, SPINOZA, ROSMINI, MARSILIO FICINO, e GALILEI, LA BRUYERE e GRATRY…ecc.).
    Terminata la quinta elementare entrò come operaio nella tipografia ALESSANDRO LUZZAGO,  dove imparò l’arte della stampa e dove gli nacque l’amore per l’editoria. La sua fede cristiana, non da baciapile, si forma e si rafforza alla scuola di mons. PAVANELLI. Nel 1900, a quattordici anni, è tra i ventun fondatori del Circolo Ricreativo Operaio S.Alessandro che i fascisti, piu’ tardi, non riusciranno a far chiudere, di fronte alla ferma opposizione dell’allora parroco mons. PASINI e dei suoi giovani.
Intanto con le scarpe buche, ma con i libri in tasca (nel 1905 rinuncia all’ultimo istante ad una cena sociale per comperare il libro “L’arte del comico” di LUIGI RASI, sul cui frontespizio scriverà la stessa sera:”Il mio ideale!”), frequenta le scuole serali e contemporaneamente comincia a dedicarsi al canto come contralto solista, alla pittura, all’arte della declamazione, in cui eccelse, e della recitazione.
 Prima di recarsi al lavoro, all’alba inforca la bicicletta e se ne va tutto solo a dipingere paesaggi che poi distrugge metodicamente, perché aveva innato un forte senso di autocritica che lasciò in eredità ai figli. Gli sono amici i pittori e gli scultori bresciani, da BOTTA, al MOZZONI, da FRANCIOSI, a VITTORIO TRAININI, a FIESSI ecc. Poi abbandona la scuola serale e diventa primo attore a capocomico (allora non esistevano i “registi”) della COMPAGNIA FILODRAMMATICA S. ALESSANDRO (sua parrocchia), che portò alla conquista del Premio Nazionale di Livorno, con la commedia “Gli spettri” di Ibsen.
 
   In tipografia, a 14 anni, esibendosi in salti mortali sul nudo pavimento ha un incidente e contrae un male al capo, che non lo abbandonerà mai. Durante la prima guerra mondiale lo troviamo caporeparto presso lo stabilimento bresciano “Mida” che abbandonò assai presto perché la sua grande passione, l’arte cinematografica, trovò finalmente realizzazione presso la “BRIXIA FILM”. Qui lavora come attore, regista e librettista. La Brixia Film, nata nel campo cattolico, è tra le prime società che producono films in Italia, films che vengono esportati in Germania e raggiungono lItalia meridionale, tramite la distributrice “MORETTO FILM”, anch’essa di Brescia (distrutta poi da un incendio).
 
      Ma la famiglia aumenta di numero ( i figli saranno nove, otto dei quali viventi); essa ha delle esigenze, mentre l’arte cinematografica, la vita dell’attore ne hanno altre. Il Gatti deve scegliere tra arte e famiglia; la sua scelta definitiva la fa a Torino, dove era atteso da una importante casa cinematografica: all’alba, invece  di recarsi all’appuntamento sale sul treno e ritorna a Brescia. “CESARE TREBESCHI, quando il 10 gennaio del 1976 lo riceve al Palazzo della Loggia, con numerosi assessori, per consegnargli la “VITTORIA ALATA”.
     1921: troviamo Vittorio Gatti alla direzione della EDITRICE QUERINIANA alla quale reca un grande impulso: nel maggio dello stesso anno dà alle stampe:”La vita di N.S. Gesù Cristo” di LE CAMUS, in tre volumi; e GIOVANNI PAPINI gli scrive testualmente: “Caro Signore, ebbi tempo fa la nuova edizione della “Vita di Gesù” di Le Camus, e la ringrazio molto del dono. Sappia che Le Camus era uno dei pochi libri che avessi in campagna e lo tenni  presente mentre scrivevo la “STORIA DI CRISTO”.
    Le doti e l’ingegno del Gatti, furono allora tanto apprezzate da far sì che nel 1924 la Morcelliana gli offrisse la Direzione della sua nuova LIBRERIA EDITRICE: un tavolo, una penna, dei fogli di carta:nasce con lui l’Editrice Morcelliana, dove nel 1926, superate le incomprensioni e i timori di alcuni dirigenti, il Gatti, realizza finalmente, una sua grande idea: la pubblicazione dei “SANTI EVANGELI” in edizione di lusso (preziosamente illustrata da disegni dell’amico pittore VITTORIO TRAININI: la prima che sia apparsa in Italia e probabilmente nel mondo.
L’edizione, tradotta e commentata da mons.  LUIGI GRAMATICA, è curata dal Gatti, in tutti i minimi particolari: scelta dei caratteri e delle illustrazioni, tipi di carta, copertina, rilegatura e segnalibro, ecc. Ne furono stampate 1750 copie in 4.°; 200 esemplari numerati in carta ingres (il n. 1è custodito nella BIBLIOTECA VATICANA; il n. 2 lo posseggo io; il n. 17 lo volle D’ANNUNZIO; 1550 esemplari furono stampati in carta a mano. Ancora oggi l’editrice MORCELLIANA ha in commercio, in formato ridotto stampato con la tecnica della fotoincisione, questo bellissimo Vangelo che certamente non ha l’eguale nel campo dell’editoria artistica. Nel maggio del 1926 Vittorio Gatti annunciava all’Italia la pubblicazione del Vangelo con queste parole:”Ecco, dunque, che l’Italia avrà, finalmente, una edizione del Libro Divino curata con intento artistico. Finalmente il piu’ bello tra tutti i libri, IL LIBRO DEL GENERE UMANO, POTRA’, DA UN LEGGIO (che il Gatti fece appositamente realizzare su disegno di ViITTORIO TRAININI), guardare e amorevolmente ammonire anche negli ambienti piu’ signorili. E’ riparata così (lo diciamo senza ombra di presunzione), una dimenticanza ingiustificabile; poiché se vi era un libro che meritava l’onore di essere composto con passione d’Arte, quello era precisamente il Vangelo di Gesù. E questa edizione a noi sembra riuscita non indegna del testo; per la qual cosa, confidiamo che i nostri sforzi, consumati per concretare un’idea di omaggio cristiano, non siano stati vani. Ai posti di onore dunque, questo libro che racchiude “ La Legge per tutti”; e valga la sua presenza quale affermazione di fede nella regalità assoluta di Cristo”.
 L’anno dopo il Gatti inizia la sua attività di libraio e editore in proprio. “Ribelle ad ogni coercizione”, come lui stesso si defini’, non accetta le chiesuole, ma guarda ai lontani. Con le sue edizioni si propone di far conoscere all’Italia che lavora e che studia il pensiero dei migliori scrittori cattolici d’avanguardia, particolarmente francesi. E’ il primo editore che pubblica vite di santi scritte da laici, e3ssendo convinto che potranno andare piu’ facilmente nelle case dei Lontani.
 
 Nel 1928 gli giunge la prima batosta: aveva pubblicato la vita di “ROSA MALTONI MUSSOLINIi”, scritta da VIRGINIA BENETTI; ma poiché il giovane Benito è presentato quale era (“espulso per due volte e due volte riammesso presso il Collegio dei Salesiani di Faenza”, ecc.), Mussolini fece togliere dalla circolazione il libro, rimborsando però le spese. La vita di una maestrina belga, “Maggy”, e quella di una giovane operaia dal temperamento rivoluzionario, di educazione bolscevica, di formazione anticattolica: “MIEKE”, la FIDANZATA DI CANTON DEL DIAVOLO”, (che convertirà al cristianesimo il proprio fidanzato), ottengono un grande successo.
 
      Dal 1929 al 1936, le pubblicazioni del Gatti sono conosciute in tutta Italia; ne parlano giornali e riviste; ne scrive L’OSSERVATORE ROMANO: Brescia dorme. Ecco alcuni titoli: Hanri Ghèon, “Il Santo curato d’Ars”, tradotto da AGNESE TOVINI; CESARE BONINI:”La preghiera del Signore: commento al Pater”, un libro che il Gatti, fece scrivere all’amico sacerdote bresciano, perché quando recito il Pater tremo, di LEBRETON:”La vita e l’insegnamento di Gesù nostro Signore”: tutti volumi di 400 pagine.
      In quanto all’edizione del “ Pater”, il 29 Gennaio del 1933 ADA NEGRI gli invia la seguente lettera:”Signore, la ringrazio di avermi mandato il libro di don Cesare Bonini. Non tanto per la povera riga che c’è, dentro, di me: ma piuttosto per il gran bene che mi puo’ fare. A don Cesare Bonini è toccata la sorte piu’ bella: mettere la parola “fine” a un libro di pietà e di carità, e morire. Spero e desidero che il “Commento al Pater” si diffonda nelle case e nei cuori: lo consiglierò ai miei amici e conoscenti: lo conserverò tra i miei libri di consultazione spirituale. Devotamente sua  ADA NEGRI”.
 
 La sua libreria diventa presto un centro di resistenza al fascismo, e durante l’ultima guerra diventerà ritrovo di uomini della resistenza quali VIGHENZI,  ANDREA TREBESCHI, (che fu un suo Mecenate), CENINI, BIANCHINI,  BARDELLI, PETRINI, POZZI, TESTA, ecc.
Dalla sua attività editoriale non vuole ricavare denaro (gli sarebbe molto facile fare soldi in questo campo facendo magari atto di sudditanza), se non altro per mantenere decorosamente la famiglia. Non è un commerciante ma un idealista: è convinto che non si vive di solo pane (ma anche di pane, scriverà poi il suo prediletto autore: Primo Mazzolari), crede nelle idee che guìdano gli uomini, nella giustizia sociale, nella democrazia, nella verità, nell’amore, nella difesa dei principi cristiani e cattolici. I libri che pubblica rispecchiamo tutti le sue convinzioni, il suo pensiero: egli è quindi contro tutte le dittature, tute le forme di violenza, di coercizione materiale e spirituale, e con la sua attività editoriale si oppone sempre piu’ al fascismo che sembra ormai trionfare.
 
    Negli anni Trenta, gli amici di Sant’Alessandro gli giocano un brutto tiro: la piccola Banca del Circolo – dipendente dalla Banca San Paolo – che gli aveva concesso un prestito vuole l’immediata restituzione del denaro. Il Gatti è colto da una profonda crisi e pensa al suicidio: Poi si riprende e gli resta, come unica soluzione, di cedere le edizioni del BOSSUET del LEBRETON, appena stampate (erano tutta la sua speranza), a due editrici bresciane. Logicamente le cede al prezzo di costo.
 
 Aiutati da amici quali prima il Conte MAZZOLA, poi la signora Bontemp i e l’avvocato Andrea TREBESCHI, sostenuto dai consigli di sacerdoti quali don Peppino TEDESCHI, padre MANZIANA, Padre BEVILACQUA, mons. PASINI, mons. GUERRINI, il Gatti ritorna con maggiore tenacia all’editoria. Presto giungerà il momento in cui scoprirà le doti eccezionali di un umile parroco di campagna: don Primo Mazzolari. Allora inviterà il Mazzolari a scrivere:”Il mio parroco”, e gli pubblicherà i libri di battaglia che recheranno all’Autore e all’Editore il sequestro da parte delle autorità fasciste, e l’amarezza della incomprensione e del boicottaggio da parte di molti cattolici e religiosi della retroguardia.
 
 Già nel 1937, il Ministero per la Stampa e la Propaganda fascista, gli aveva sequestrato, a seguito di una recensione di don Primo Mazzolari, l’edizione “Il problema del comunismo” del BERDIAEFF, tradotto da Pietro Cenini e apparso con il sottotitolo di “verità e menzogne del Comunismo”. La motivazione del sequestro è la seguente:”Nell’edizione italiana, ridotta, che è ora apparsa, la tesi del Berdiaeff, non solo resta intatta, ma è pericolosamente sintetizzata in un volumetto, che, spogliato di ogni metodo e di ogni linguaggio filosofico,per la brevità, la facile lettura, e il modesto prezzo, assume il carattere di un opuscolo di propaganda forse piu’ diffondibile dell’edizione integrale originale. Il BERDIAEFF ha scoperto un fondo mistico e una religiosità nel comunismo, al quale non solo dà un valore etico, ma conferisce un riconoscimento sociale e politico, che non si accordano con i principi fascisti. Non si è ritenuto pertanto di revocare la decisione presa di fare a meno di un tale breviario”.
 Nel 1940: gli viene sequestrata l’edizione  “L’uomo che s’avvicina” di Pierre l’Ermite, tradotto da ENZO PETRINI. (FINE DELLA PRIMA PARTE – TOM GATTI FIGLIO DI VITTORIO).
(A CURA DI CARLO CASTELLINI)


Martedì 27 Gennaio,2009 Ore: 16:38