Roma (NEV), 6 aprile 2005 - In seguito alla morte di Giovanni Paolo II le reazioni sul pontificato del papa polacco da parte del mondo protestante italiano ed internazionale sono state tante e diversificate. Con questa raccolta, seppur incompleta, di dichiarazioni ed espressioni di cordoglio per la scomparsa del pontefice, tentiamo di offrire una prima panoramica delle reazioni a "luci ed ombre" di questo pontificato. Seguono gli interventi di: Gianni Long, Paolo Ricca, Gianni Genre, Anna Maffei, Jürgen Astfalk, Domenico Tomasetto, Daniele Garrone, Paolo Naso, Roberto Mazzeschi, Samuel Kobia, John Larsson, Keith Clemets, Hugo Armand Pilòn.
Gianni Long, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) Esprimendo il suo cordoglio a Kasper, Betori e Paglia ricorda le tante "prime volte" del papa
Scompare con Giovanni Paolo II una figura che ha segnato la storia. Vogliamo in questo momento ricordare con affetto la Sua intensa presenza nel dialogo ecumenico ed interreligioso. Tante sono state le "prime volte" che hanno caratterizzato questo pontificato. E molte di queste "prime volte" hanno contrassegnato i rapporti con le chiese nate dalla Riforma: un Papa a Ginevra, un Papa che incontra i rappresentanti del protestantesimo italiano, un Papa che visita la comunità luterana di Roma. E questo senso di novità che ha caratterizzato tutto il Suo così lungo pontificato. E noi abbiamo ricevuto queste primizie come un dono del Signore: "La terra ha prodotto il suo frutto; Dio, lIddio nostro, ci benedirà" (Salmo 67, 13). Negli ultimi dolorosi mesi, il sistema mediatico ci ha mostrato crudelmente le piaghe di un uomo malato. Ma Egli ha saputo darci in questa occasione una testimonianza forte della sofferenza come parte necessaria della condizione umana, che va sempre vista alla luce dellamore di Dio. Salutiamo in questo momento di tristezza le sorelle e i fratelli cattolici con le parole della promessa divina: "unallegrezza eterna coronerà il loro capo; otterranno letizia, allegrezza, il dolore e il gemito fuggiranno" (Isaia 51, 11). Destinatari della lettera scritta il 3 aprile sono: card. Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per lunità dei cristiani; mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Conferenza episcopale italiana (CEI); mons. Vincenzo Paglia, presidente della Commissione per lecumenismo e il dialogo della CEI.
Paolo Ricca, teologo valdese "Un papato più cattolico, cioè più universale, senza essere per questo meno romano"
Giovanni Paolo II deve senza dubbio essere annoverato tra i grandi nella lunga galleria dei pontefici romani. Con lui listituzione papale si è affermata e quasi imposta allattenzione e anche alla considerazione del mondo, ben al di là dei confini della chiesa cattolica romana. È particolarmente impressionante linteresse che molti "laici" lontani dalla vita di chiesa hanno manifestato e manifestano per la persona e lopera di Karol Wojtyla. Con lui, molto più che con i suoi predecessori immediati, il papato è diventato più cattolico, cioè più universale, senza diventare per questo meno romano. Anzi, uno dei paradossi di questo pontificato è che, pur svolgendosi dopo il Vaticano II e riflettendone in parte linsegnamento, molti dei suoi tratti salienti sembrano riflettere la visione del papato propria del Vaticano I. Anche sul piano teologico e su quello della pietà personale Giovanni Paolo II si è mosso solo in parte secondo le linee ispiratrici e le concrete indicazioni del Vaticano II; in parte invece si è rifatto e ha fatto rivivere la tradizione cattolica preconciliare. Sul piano ecumenico, il dialogo tra le chiese è proseguito, anche se bisogna registrare la grave crisi nelle relazioni tra Roma e Mosca; i rapporti con le chiese protestanti si sono ulteriormente intensificati (in particolare attraverso lo scambio di visite e le richieste di perdono), ma nulla è cambiato sulle questioni più importanti: quella del riconoscimento reciproco dei ministeri (che continua a non esserci), quella dellospitalità eucaristica (negata) e quella del sacerdozio femminile (categoricamente escluso). Daltra parte lenciclica Ut Unum Sint contiene, tra le altre cose, la promessa di una "conversione di Pietro", cioè dellIstituzione papale, nel senso della creazione di nuove forme di esercizio del Primato. Questa resta una promessa che può davvero aprire nuove prospettive; finora però non ha trovato nessun accenno di attuazione. Analogamente importanti documenti varati durante il pontificato di Giovanni Paolo II, come il "consenso differenziato" sulla Giustificazione tra cattolici e luterani e la Carta Ecumenica tra tutte le chiese cristiane dEuropa, contengono entrambi un potenziale ecumenico davvero notevole anche se finora non hanno portato i frutti che da essi ci si può aspettare. Giovanni Paolo II, primo papa polacco della storia, ha onorato, si direbbe in egual misura, sia il ministero papale, sia la fede e la pietà del suo popolo con cui ovviamente si identificava. E stato un vigoroso testimone di Cristo nella forma propria di un cattolico romano e polacco. Molto della originalità e della forza del suo pontificato nascono dallincontro di questi due mondi.
Gianni Genre, moderatore della Tavola valdese "Un pontificato che ha segnato, tra luci e ombre, più di un quarto di secolo"
In un momento come questo lunica cosa da fare è esprimere il cordoglio per un uomo che ha profondamente segnato più di un quarto di secolo. E ancora troppo presto per fare un bilancio del pontificato di Giovanni Paolo II. Egli fu eletto Papa prima della caduta di tutti i muri, e ha sempre speso parole coraggiose contro il comunismo, ma anche contro il capitalismo e contro le guerre, posizioni che come protestanti abbiamo sempre condiviso. Ma è necessario cogliere anche le contraddizioni di questuomo, che da una parte si mostrava aperto al dialogo, dallaltra però ha bloccato il processo del movimento ecumenico, nonché lauspicata riforma della chiesa cattolica tanto attesa dopo il Concilio Vaticano II. Per quanto riguarda i rapporti del pontefice con i protestanti, va detto che non vi è mai stato un pieno riconoscimento delle chiese riformate come chiese di Cristo. Auspico per il futuro che si possa girare pagina in merito anche allospitalità eucaristica da parte di tutte le chiese cristiane, nella consapevolezza che il Signore è più grande delle beghe teologiche sullintercomunione. Un pontificato a luci e ombre insomma, non solo verso lesterno, ma anche interno allo stesso cattolicesimo: basti ricordare che tutti quelli che la pensavano diversamente da lui sono stati messi a tacere. Peccato, perché così è stata soffocata la libertà allinterno della chiesa cattolica.
Il 4 aprile il pastore Gianni Genre ha inoltre inviato al card. Camillo Ruini, presidente della CEI, una lettera di cordoglio: "Muovendosi spesso al di sopra delle umane convenzioni, Egli ha contribuito a far maturare, nei credenti cristiani di tutte le confessioni, la consapevolezza di appartenere allunica Chiesa Universale, chiamata ad abbattere tutte le barriere erette dagli uomini" scrive Genre nella sua missiva, indirizzata anche a mons. Giuseppe Betori, segretario generale della CEI e a mons. Vincenzo Paglia, presidente della Commissione per lecumenismo e il dialogo della CEI. Per Genre alcune significative intese maturate in questi anni tra la CEI e lUnione delle Chiese Valdesi e Metodiste, come quella sui matrimoni misti e, recentemente, quella riferita allapertura di importanti confronti sulluso pubblico dei simboli religiosi, si sono potute avere grazie al clima creato dallo stesso Papa verso le altre confessioni cristiane. "Nella consapevolezza che il cammino ecumenico è irreversibile, sebbene ancora irto di ostacoli creati dalla umana infedeltà, siamo grati al Signore per avere donato alla Sua Chiesa un uomo che ha testimoniato con determinazione il mondo nuovo di Cristo", conclude Genre.
Anna Maffei, presidente dellUnione cristiana evangelica battista dItalia "Parole coraggiose contro le guerre, ma non ha concesso nulla ai cambiamenti interni alla chiesa"
Credo che questo Papa sia stato prima di tutto molto abile nella gestione di se stesso come personaggio pubblico. Ha offerto la sua immagine generosamente, in Italia direi quasi ossessivamente, ad una macchina dellinformazione che negli ultimi decenni ha puntato sempre più sullindividuazione e gestione di “forti figure mediatiche” capaci di catalizzare lattenzione delle masse. Da questo punto di vista, il Papa ha scelto di essere, fino allultimo giorno, una grande star televisiva. E anche la sua malattia e la sua morte sono state un immenso evento mediatico, un fenomeno che ha mosso e ha commosso incredibilmente masse enormi di persone. Il Papa ha, a mio parere, fatto questa scelta sin dallinizio del suo pontificato per due ragioni, in primo luogo per proporsi con il linguaggio di oggi ai cattolici di tutto il mondo come uninconfondibile icona di unità e una voce autorevole nella quale identificarsi, e in secondo luogo per far crescere linfluenza del cattolicesimo in ambito politico, soprattutto in chiave anticomunista, ma non solo, ovviamente. Per far questo il papa si è espresso pubblicamente su ogni argomento. Come evangelici italiani abbiamo apprezzato molto anche alcune delle sue posizioni. Mi riferisco ai suoi richiami al rispetto dei diritti umani, alla lotta alla povertà e al rifiuto della guerra come mezzo per risolvere i conflitti. Su questo ultimo fronte, particolarmente dopo l11 settembre, le sue pubbliche affermazioni hanno contribuito a ridimensionare, presso le comunità islamiche, lidentificazione tout court fra cristianesimo e i concetti da guerra santa espressi dallamministrazione Bush. Questo ritengo sia stato il suo contributo maggiore alla pace e laspetto, direi, più profetico del suo pontificato. Sul fronte interno papa Wojtyla è stato invece un grande normalizzatore. Scorrendo dal 1978 ad oggi le dichiarazioni teologiche, i resoconti di commissariamenti, epurazioni, sospensioni dallinsegnamento della teologia, nomine di nuovi prelati e considerando, infine, le scelte delle persone da lui beatificate e santificate (ben 456 santi e 1.289 beati, più che tutti i papi degli ultimi 400 anni!) emerge un papato molto conservatore e fortemente ostile a qualsiasi processo di modernizzazione e trasformazione della chiesa cattolica. Teologi della liberazione latino-americani quali Gustavo Gutiérrez o Leonardo Boff, vescovi come Helder Camara, Oscar Romero, Samuel Ruiz sono stati sottoposti a provvedimenti disciplinari o emarginati. E sono solo i nomi più noti. In molte occasioni il Papa e la congregazione della fede del cardinale Ratzinger hanno stigmatizzato proposte o idee innovative e messo a tacere gli individui, i movimenti o le istituzioni che le elaboravano. Massima chiusura su contraccezione, comunione ai divorziati, matrimonio dei preti. Per non parlare dellordinazione sacerdotale delle donne da precludere, secondo la lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis (1994), “in modo definitivo”. Sul fronte delle relazioni ecumeniche e di dialogo interreligioso rimane limpressione di un comportamento non esente da ambiguità. Da una parte la professione pubblica di apertura ecumenica e la promozione di incontri a carattere interreligioso, alcuni anche molto significativi, dallaltra la messa al bando di pratiche di ospitalità eucaristica e la riproposizione della centralità romana e di vecchie dottrine come quella relativa alle indulgenze, come accaduto nel corso del Giubileo del 2000. Emerge il quadro di un protagonista del nostro tempo, un pellegrino tenace e instancabile, un uomo che ha usato il suo innegabile carisma fino al punto di alimentare un pericoloso culto della personalità. Indubbiamente un cristiano che ha contribuito ad avvicinare alla fede cattolica, di forte stampo mariano, moltissime persone, fra questi tanti giovani. Ma Karol Wojtyla è stata anche una figura che si è tenuta stretta alla tradizione senza concedere nulla o quasi ai fermenti di cambiamento che pure ci sono nella chiesa dalle tante stanze. Ma, nonostante questo, è stato un papa moderno, capace nella società disorientata e disgregata di oggi, di rispondere alle esigenze da parte di tanti di avere delle forti figure di riferimento. Come, da questo punto di vista, sono moderne (o post moderne) le spinte fondamentaliste di una parte del protestantesimo americano, che, non a caso, è andato spesso molto daccordo con Giovanni Paolo II su alcune questioni, particolarmente nel campo etico, pur senza mai riconoscerlo apertamente.
Jürgen Astfalk, decano della Chiesa evangelica luterana in Italia "E stato il primo papa dopo la Riforma a predicare da un pulpito evangelico"
Giovanni Paolo II ha dato impulsi essenziali al clima ecumenico. E stato il primo papa dopo la Riforma a predicare da un pulpito evangelico: fu l11 dicembre del 1983, quando fece la sua visita alla chiesa evangelica luterana di via Toscana a Roma. Inoltre, in occasione della dichiarazione celebrativa per i martiri del XX secolo, aveva ricordato, tra gli altri, anche i due protestanti Dietrich Bonhoeffer e Paul Schneider. Nella sua storica richiesta di perdono per le colpe dei figli della chiesa, si era spinto ben oltre ogni concezione del riconoscimento della colpa. Lecumenismo è stato decretato quale dimensione fondamentale della Chiesa, dando così seguito al mandato del Concilio Vaticano II, quello cioè di aprire la chiesa cattolica verso le chiese sorelle da essa divisa. Il Papa fu credibile nella sua volontà di servire lunità della chiesa di Cristo, e di adempiere al suo ministero che spesso andava ben al di là delle funzioni normalmente svolte dal capo della chiesa cattolica. Se oggi in Italia il clima ecumenico è molto più segnato da uno spirito fraterno da parte della chiesa cattolica, è perché il Papa ha contribuito ad esso attraverso queste azioni. Nellenciclica “Ut unum sint” ripeté quanto già ricordato anche da Paolo VI, cioè che il maggiore impedimento allunità visibile della chiesa è il papa stesso. Aveva invitato le altre chiese a riflettere su come ridefinire il ministero papale, in modo che anchesse possano accettarne lesistenza quale servizio rivolto allunità della chiesa. Tuttavia Giovanni Paolo II rimase nellambito della tradizione della dottrina cattolica. E la dottrina è tuttora elemento di divisione. Un primo passo verso una dottrina condivisibile fu fatto in occasione della “Dichiarazione cattolico-luterana sulla Giustificazione”, del 31.10.1999 ad Augusta, accordo siglato tra la Santa Sede e la Federazione luterana mondiale. Rappresenta la prima intesa su questioni dottrinali dopo la divisione della chiesa nel XVI secolo. Anche se la giustificazione non ha per la chiesa cattolica la stessa valenza che ha nella teologia luterana, dovè centrale, questa “Dichiarazione” non può che promuovere e mettere in luce quanto esiste di comune e di condivisibile, senza tuttavia dare niente per scontato. Auspichiamo che si possa continuare a lavorare in questa direzione. Va detto che Giovanni Paolo II era un Papa non solo ecumenico, ma universale: aveva a cuore il mondo intero. Ritengo che su questa terra la chiesa abbia una funzione politica di vigilanza, non può occuparsi solo di se stessa. Karol Wojtyla fu un testimone sincero del nostro Signore comune, Gesù Cristo.
Domenico Tomasetto, pastore battista, presidente della FCEI dal 1994 al 2000 “Non sono stati corretti quei meccanismi che hanno portato alle tragedie per cui chiedeva perdono”
Un ricordo personale: al Convegno ecclesiale di Palermo del 1995, come capo delegazione delle chiese evangeliche invitate per loccasione, ho avuto modo di scambiare poche battute con il Papa. “Quando i cristiani di diverse confessioni si incontrano, solo il Signore può dire dove si arriverà”. “Solo il Signore lo sa”, fu la breve risposta di papa Giovanni Paolo II. Nel pieno rispetto della sua condizione umana degli ultimi giorni, Giovanni Paolo II è stato un papa che ha vissuto dopo il Concilio Vaticano II, ma che ha guardato come sua ispirazione teologica, storica e culturale al Concilio Vaticano I, con forti ricadute sul cammino ecumenico. Questo si ricava da una serie di considerazioni. Lesaltazione della figura di Maria, che assurge in una sua enciclica a “corredentrice” di Cristo, al di là di una pur minima giustificazione biblica. Linsistenza sul primato petrino, del quale, nonostante le stesse parole papali, non si sono rivisti i modi del suo esercizio. La doppia riserva sulleucaristia: sia per quanto riguarda lintrercomunione con altri cristiani, sia per quanto riguarda il divieto a coppie che si siano risposate con il solo rito civile, amareggia molti fronti. Dal canto suo linsistito diniego del sacerdozio femminile priva la chiesa di una fonte di energia e di rinnovamento immenso. Non vanno dimenticati neanche il deficit di democrazia nellistituzione stessa, per cui da una parte si denunciano i diritti violati in molti paesi e dallaltra si rinuncia a guardare in casa propria. Si chiede perdono per errori della chiesa cattolica del passato, ma non si correggono quegli stessi meccanismi che hanno portato a quelle tragedie. Similmente vanno considerate anche le forme di allontanamento o di riduzione al silenzio di teologi non perfettamente allineati, e nello stesso tempo laccoglienza di posizioni e movimenti più integralisti. I due momenti devono essere paralleli e equilibrati, altrimenti perdono forza morale. Sul piano etico le prese di posizione sono ancora più rilevanti per molti: le barriere poste a protezione della vita nel suo momento iniziale e in quello finale, senza alcuna apertura al confronto, manifestano una concezione magisteriale sui problemi “de more” ancora incapace di fare i conti con la scienza e la ricerca. Da non dimenticare neanche lo scontro con la cultura presente nella Fides et ratio, rivendicando alla fede un ruolo che non ammette confronti. Nonostante i silenzi opportunistici e le tante parole celebrative che si levano da troppe parti, questi fatti parlano da soli. La verità, per quanto scomoda, non ammette né silenzi, né sconti. I fatti indicati gettano una grande zona dombra o una luce meno splendente sullintero pontificato di Giovanni Paolo II, per altro verso costellato di risultati molto rilevanti sul piano storico.
Daniele Garrone, decano della Facoltà valdese di teologia di Roma "Ha riproposto il cattolicesimo più tradizionale a partire dalle frontiere in cui esso appariva in crisi"
Giovanni Paolo II è stato indiscusso protagonista sulle frontiere più impegnative della fine del II millennio: lecumenismo, il dialogo interreligioso, il rapporto con lebraismo, lingiustizia e la pace. Lo è stato in modo a mio avviso ambivalente. Da un lato vi sono stati grandi e innovativi gesti, indubbiamente legati alla sua personalità, ma enfatizzati dai media di cui egli è stato geniale utilizzatore e sapiente regista, come gli incontri interreligiosi di preghiera, le richieste di perdono per le colpe storiche dei “figli della chiesa”, la riconciliazione con lebraismo. Daltro lato, però, su molte questioni il suo pontificato rappresenta una interpretazione conservatrice del Concilio Vaticano II: la collegialità nella chiesa non è cresciuta; i rapporti con le altre chiese cristiane, nonostante il proliferare di dialoghi bilaterali, non hanno fatto sostanziali progressi, anzi si è ribadito che quelle protestanti non sono chiese, ed è stato ribadito il "no" allintercomunione. Le beatificazioni operate da Giovanni Paolo II hanno spesso contraddetto vistosamente i mea culpa, dichiarando santi personaggi responsabili dei comportamenti per cui si chiedeva perdono. Sulla maggior parte delle questioni su cui, in primo luogo allinterno della chiesa cattolica, il Vaticano II aveva acceso speranze di rinnovamento, Giovanni Paolo II ha ribadito la sua visione del cristianesimo sostanzialmente improntata a categorie medioevali. Cè chi vede in queste ambivalenze una contraddizione. Credo invece che esse esprimano pienamente quella che è stata una vera e propria visione, una strategia. Con Giovanni Paolo II, il papato è uscito dalla situazione di accerchiamento e di difesa in cui esso si sentiva ancora un secolo fa, per riproporsi straordinariamente rafforzato, allinterno della chiesa cattolica e nel mondo. Persino la volontà di modificare in prospettiva ecumenica le forme di esercizio del ministero papale è stata funzionale alla riaffermazione della sostanza del primato papale - cui le altre confessioni cristiane non potranno mai attribuire una portata ecumenica – come essenziale per lunità della chiesa, che quindi non potrebbe, in questa prospettiva, essere conciliare. Gli incontri ecumenici e interreligiosi sono sempre stati convocati e presieduti dal Papa, che in questo modo si è conferito e si è vista riconosciuta una autorità universale. Con il suo protagonismo, Giovanni Paolo II, ha voluto riproporre il cattolicesimo più tradizionale proprio a partire da quelle frontiere in cui esso appariva in crisi, non solo senza modificarlo, ma riaffermandolo – a volte con durezza - nella sua chiesa e nellopinione pubblica. Proprio là dove appariva più universale, Giovanni Paolo II è stato – e io credo ha proprio voluto essere – quanto più “romano” possibile. Per ora sembra una risposta vincente quasi un superamento della modernità ridotta a parentesi chiusa con la crisi delle ideologie, ma i nodi non sono sciolti e si ripresenteranno in futuro.
Paolo Naso, direttore del mensile interreligioso "Confronti" "Il Papa del dialogo, tra aperture e tradizione"
È stato il Papa del dialogo. Giovanni Paolo II è stato assolutamente consapevole che “globalizzazione” significa anche incontro e relazione con le altre comunità di fede. Ed in questi anni abbiamo visto Giovanni Paolo II, vescovo di Roma, entrare nella chiesa luterana della sua città nel 1983; e poi nella sinagoga nel 1986, compiendo un piccolo tragitto che però esprimeva un grandissimo cambiamento nelle relazioni tra i cattolici e gli ebrei. Ed ancora il 1986 è stato lanno del primo incontro interreligioso di Assisi: se il Concilio Vaticano II aveva posto le premesse teologiche di quel raduno di pastori e rabbini, imam e maestri di spiritualità, quellincontro segnava un cambiamento nelle relazioni umane tra le comunità di fede. Dal riconoscimento si passava allamicizia. Ma di Giovanni Paolo II “papa del dialogo” restano anche altre icone: la visita a Gerusalemme e il passaggio al Muro occidentale nel 2000; lincontro nella grande moschea Omayyade di Damasco lanno successivo. Ed ancora, nel 2002, a pochi mesi dalla strage delle Torri gemelle, un nuovo incontro ad Assisi. Giovanni Paolo II ha combattuto la teoria dello scontro di civiltà con tutte le sue forze e la sua voce è stata la più forte a levarsi contro la guerra preventiva in Iraq: una voce che la comunità islamica di tutto il mondo non ha dimenticato. Tra il Papa e lislam si è insomma creato un rapporto particolare, rafforzato da un altro gesto molto “forte”: linvito ai cattolici, nel mese di Ramadan del 2001, a condividere il digiuno con i musulmani di tutto il mondo. Forse paradossalmente, il Papa del dialogo interreligioso è stato più prudente nel rapporto con le altre comunità cristiane. Negli anni del suo pontificato la distanza tra Roma e Mosca non si è ridotta, e la dichiarazione Dominus Iesus del 2000 ha creato serie difficoltà nel rapporto con il mondo protestante. Unaltra gelata sulle relazioni ecumeniche è giunta con lenciclica Ecclesia de Eucharistia del 2003. In tutti questi documenti emerge una linea teologica tradizionale e ferma nel richiamo alla dogmatica cattolica più nota. Gli stessi interrogativi “ecumenici” sulle modalità di esercizio del ministero petrino contenute nellenciclica Ut Unum Sint del 1995, non hanno avuto significativi sviluppi. Non è ancora il momento di tentare il bilancio di un pontificato lungo e complesso come quello di Giovanni Paolo II: tuttavia la spinta allincontro con le altre comunità di fede, ebrei e musulmani in primo luogo, ha costituito un aspetto decisivo del suo ministero.
Pastore Roberto Mazzeschi, presidente dellAlleanza evangelica italiana (AEI) "Nonostante le apparenti aperture ecumeniche, non ha spostato le posizioni dogmatiche"
LAlleanza Evangelica Italiana (AEI) esprime cordoglio per la morte di Giovanni Paolo II. Al di là della commozione generale, che non è estranea agli evangelici, la scomparsa del Papa deve indurre a qualche riflessione sul lungo operato del pontefice. Il pontificato di Giovanni Paolo II è stato una parabola del cattolicesimo contemporaneo in cui è possibile vedere tutti i tratti salienti della chiesa cattolica di oggi. Da un lato, è stato il Papa dellattuazione del Concilio Vaticano II che ha spronato la chiesa cattolica a ricollocarsi al centro della scena mondiale e a riconquistare la sua cattolicità, per molti versi smarrita nei decenni precedenti. Oggi, la chiesa cattolica è lunica istituzione millenaria che può ancora dirsi veramente mondiale e che ha un progetto di lungo respiro. Daltro lato, è stato il Papa della conservazione dottrinale che non ha spostato di un millimetro le posizioni dogmatiche del cattolicesimo, nonostante le apparenti aperture ecumeniche che tendono ad inglobare gli altri cristiani, senza però modificare la dottrina cattolica. Il giudizio degli evangelici che si riconoscono nellAEI è quindi negativo, pur nel rispetto della persona e della sua funzione. Giovanni Paolo II è stato un papa molto cattolico e molto romano. Nel 1999 lAEI ha prodotto un documento sul cattolicesimo in cui ha ribadito il fatto che la fede evangelica è teologicamente alternativa a quella cattolica. Nel linguaggio dellapostolo Paolo (2 Corinzi 1), il cattolicesimo è un “sì” e un “no” allEvangelo allo stesso tempo. La vocazione della fede evangelica è invece di confessare un “sì” pieno, senza riserve, a Gesù Cristo e alla sola gloria di Dio. Un papa che ha avuto come motto "Totus tuus" rivolto alla Madonna non è stato sicuramente un papa vicino agli evangelici.
MESSAGGI DI CORDOGLIO PER LA MORTE DEL PAPA GIUNTI DA ORGANISMI ECUMENICI E PROTESTANTI INTERNAZIONALI
Samuel Kobia, segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese Papa Giovanni Paolo II è stato uno dei personaggi più eminenti degli ultimi decenni e ha avuto influenza ben al di là della chiesa cattolica romana e della comunità cristiana nel mondo. Durante il suo pontificato, la chiesa cattolica romana ha affermato la propria vocazione universale e ha rafforzato la propria coesione interna. Il suo impegno per la giustizia sociale e la riconciliazione, per i diritti umani e la dignità della persona umana, per lunità dei cristiani e la comprensione interreligiosa sarà ricordato con riconoscenza. (Stralci di un comunicato consultabile sul sito CEC http://www.wcc-coe.org/wcc/francais.html)
Gen. John Larsson, leader mondiale dellEsercito della Salvezza Con la morte di papa Giovanni Paolo II, il mondo ha perso un leader spirituale ed uno statista di grande levatura. Il suo coraggio nel parlare per coloro che non hanno voce, il suo saldo sostegno per i valori nei quali credeva e linesauribile energia con la quale ha svolto i suoi doveri pastorali in tutto il mondo sono stati di ispirazione per milioni di persone. La sua vita ha lasciato unimpronta indelebile nella sua epoca e le sue imprese sono di portata storica. I salutisti di tutto il mondo si uniscono ai fratelli e alle sorelle cattoliche nel ringraziare e lodare Dio per la vita di papa Giovanni Paolo II e pregano che essi possano sentire il conforto di Cristo in questo momento di dolore.
Keith Clements, segretario della Conferenza delle chiese europee Alla notizia della morte di papa Giovanni Paolo II, la Conferenza delle chiese europee si unisce ai cristiani di tutte le tradizioni nel mondo nel rivolgersi a Dio, il Dio che dà conforto, in una solenne preghiera e riflessione. Una vita ed un ministero di portata epocale nel cristianesimo moderno sono giunti alla loro fine terrena. Gli ultimi anni di crescente sofferenza fisica hanno ricevuto una misericordiosa conclusione dalla grazia di colui che adesso ci dice di nuovo: “Io sono la resurrezione e la vita”. […] Le nostre preghiere per la chiesa cattolica romana ricordano soprattutto coloro che adesso, con laiuto del Signore, avranno il solenne incarico di eleggere il successore di papa Giovanni Paolo II. Sapranno di certo di essere accompagnati nel pensiero e nella preghiera da tutti i cristiani che sperano che “lunità dello Spirito nei legami della pace” sia rafforzata nel nostro tempo. (Stralci di un comunicato consultabile sul sito della KEK http://www.cec-kek.org/)
Hugo Armand Pilón, moderatore della "Iglesia Evangélica Valdense" del Río de la Plata In occasione della morte di Giovanni Paolo II il moderatore della chiesa evangelica valdese del Rio de la Plata ha mandato una lettera ai presidenti delle Conferenze episcopali in Argentina e in Uruguay, per esprimere le sue condoglianze a tutti i cattolici romani dei due paesi sudamericani. Nellaugurarsi il proseguimento della ricerca congiunta dellunità della chiesa nel rispetto delle diversità, il moderatore Armand Pilón cita un passo dellenciclica papale Ut Unum Sint: papa Wojtyla in essa ricorda la sua visita presso la sede del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) a Ginevra in Svizzera il 12 giugno del 1984, ed implora perdono a nome anche di Paolo VI, per gli atti dolorosi inflitti ai fratelli cristiani, e di cui si sentiva responsabile. Per Armand Pilón "un autentico gesto di umiltà e coraggio".
Martedì, 12 aprile 2005
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