"Preti sposati servono bene il Vangelo"

di GIUSEPPE DE CARLI

Il cardinal Daoud: le chiese orientali sono sopravvissute grazie al clero che non ha scelto il celibato. Intervista al patriarca di Antiochia dei Siri: i cattolici per paura ora stanno lasciando le terre del nuovo testamento.


Lei, eminenza Daoud, è stato eletto patriarca di Antiochia dei Siri dal Sinodo e ha ricevuto la "comunione ecclesiastica" dal Sommo Pontefice. Tutto è un po’ complicato e semplice insieme, almeno per la nostra mentalità. Patriarca come i patriarchi dell’Antico Testamento?
"Non siamo come i patriarchi antichi! La parola "patriarca" nella storia cristiana ha assunto il significato di "Capo e padre" di una Chiesa. Egli ha un potere non solo sulla sua eparchia, o diocesi, ma su tutte le eparchie che formano la sua Chiesa. Convoca e presiede i Sinodi. Prende delle decisioni come vero pastore del suo popolo".
Come titolo d’onore ha quello di "Sua Beatitudine".
"È un titolo tipicamente orientale. Un vescovo è chiamato "eccellenza", il capo dei vescovi "beatitudine". Nella Chiesa di rito latino i cardinali hanno il titolo d’onore di "Eminenza"".
Io, dunque, potrei chiamarla "Beatitudine eminentissima".
"Come crede. Qualcuno mi chiama beatitudine, qualcuno eminenza. La beatitudine è del cielo. Là c’è la beatitudine eterna. Non c’è la parola eminenza, c’è solo felicità e beatitudine. Allora, se vuole che sia sincero, preferisco questo ultimo termine che è la traduzione della parola araba "Ghebtat"".
Allora, beatitudine, ci può fare una breve presentazione della Chiesa Siro-Cattolica, la comunità di cui è figlio e della quale è stato pastore. Con l’elezione a patriarca ha avuto la responsabilità pastorale sui cattolici di rito siro-antiocheno in madrepatria e nella diaspora.
"La Chiesa Siro-cattolica è nata quasi nel Cenacolo, perché Gesù, Maria e gli Apostoli parlavano il siriaco antico, cioè l’aramaico. L’aramaico è stata la lingua della prima evangelizzazione. Poi i cristiani da Gerusalemme passarono ad Antiochia. Qui i fedeli di Cristo hanno ricevuto il nome di cristiani. Il siriaco è diventato la lingua di tutto il Medio Oriente. E la religione cristiana si è spinta fino all’India. Sant’Efrem, poeta e teologo insigne, con lo strumento della lingua siriaca operò uno slancio teologico e missionario ineguagliabile. Nel 451 il Concilio di Calcedonia affronta il problema della natura umana e divina di Cristo. I siri si uniscono ai copti e abbracciano il monofisismo. È lo scisma. Intervengono nella contesa teologica l’imperatore Giustiniano, l’imperatrice Teodora. Si formano due Chiese parallele, una Chiesa fedele all’Impero ed una separata. Il risultato è quello che oggi è sotto gli occhi di tutti. Due comunità cristiane sire, una ortodossa e una cattolica, distanti e vicine, così vicine che, durante il viaggio apostolico di Giovanni Paolo II a Damasco nel 2001, per la prima volta si è visto insieme al Pontefice sulla "Papa mobile" anche il patriarca Greco-Ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente, Sua Beatitudine Ignace I Hazim e il Capo Supremo della Chiesa Siro-Ortodossa, Sua Santità Ignatius Zakka I Iwas".
La Chiesa Siro-Cattolica è numericamente consistente?
"No! E’ una Chiesa minuscola: appena duecentomila fedeli. Undici eparchie nel mondo e 15 vescovi".
Qual è il posto delle Chiese cattoliche Orientali nella Chiesa universale e il loro rapporto con la Chiesa latina?
"Dalle Chiese ortodosse dei vari riti sono derivate le Chiese orientali cattoliche che al presente ventidue. Sono dette "sui juris". Hanno scelto l’unione con Roma, sono state accolte dai Successori di Pietro, fanno parte integrante della Chiesa cattolica allo stesso modo della Chiesa latina. Nessuna ha un diritto di primogenitura, nessuna è inferiore o superiore, tutte insieme formano la cattolicità".
Scegliendo lei, il Papa ha fatto una scelta orientalista.
"Papa Wojtyla, chiamandomi a Roma, ha voluto onorare questa Chiese orientali ed ha voluto facilitare i loro rapporti con la Chiesa di Roma. Come orientale conosco la sensibilità di queste Chiese, posso meglio sintonizzarmi con loro. E’ stato un bel gesto nei confronti delle Chiese Orientali".
Segnali d’apertura si mescolano a rigide chiusure. Dialogo e separatezze che sembrano invincibili. Scenari opposti, forse, in Medio Oriente rispetto all’Est europeo dove pure vi sono Chiese orientali.
"In Medio Oriente non si lavora per la separazione. Al contrario, c’è un avvicinamento molto forte. Le Chiese ortodosse non vedono più le comunità cattoliche come nemiche. Conviviamo insieme. I patriarchi e i vescovi ortodossi hanno accolto il Papa come i patriarchi e i vescovi cattolici. Preghiamo insieme, andiamo insieme alle feste".
Non così nell’Europa orientale.
"Il condizionamento storico è stato evidente. Nell’Europa dell’Est i regimi comunisti hanno scavato un fossato che è difficile colmare. Fallito il comunismo le Chiese cattoliche hanno ritrovato la libertà ed ora vogliono riprendersi i loro diritti, il che ha irritato e irrigidito le Chiese ortodosse. In Slovacchia le questioni che riguardano la restituzione dei beni alla Chiesa cattolica sono in via di soluzione. In Ucraina, in Romania, nella Repubblica Ceca ci sono ancora dei problemi".
Nella comunione cattolica troviamo molti riti e la grande maggioranza di essi spetta all’Oriente. Lungo i secoli si può pensare ad una influenza reciproca, ad una varietà di soluzioni a temi particolarmente dibattuti. Penso al clero uxorato, ai preti sposati che avete mantenuto in Oriente.
"Le Chiese d’Oriente sono eredi di un patrimonio prezioso per la Chiesa universale, perché conservano le testimonianze dei Padri dei primi secoli. Un tesoro di liturgia, riflessione teologica, spiritualità, musica e disciplina. Le prime definizioni dogmatiche della Chiesa Cattolica sono venute dai Concili e dai Sinodi orientali. L’apporto della Chiesa latina d’Occidente si è fatto sentire specie dopo l’anno mille. Dunque, abbiamo bisogno sia dell’apporto dell’Oriente che dell’Occidente. Le parole dell’Occidente non possono parlare al mondo moderno senza le parole dell’Oriente. Dobbiamo respirare con due polmoni. Il clero sposato è una tradizione che abbiamo sempre conservato".
Anche in Occidente, all’inizio, i preti si potevano sposare.
"Certamente. La Chiesa latina ha poi optato per il celibato perché sono subentrate altre valutazioni. L’Oriente ha conservato il clero sposato che tanto bene ha fatto alla Chiesa. Guardi, io ho l’impressione che nei Paesi dove i preti sposati sono rimasti, come in Egitto, Siria, Libano, Turchia, la Chiesa ha resistito malgrado l’occupazione musulmana. Mentre in Tunisia, Marocco e Algeria la Chiesa "autoctona" è quasi scomparsa".
Mi colpisce questo "elogio al prete sposato" che viene da una beatitudine eminentissima. Il discorso vale anche per l’Est europeo?
"Non ho dati sufficienti su questo aspetto specifico relativamente agli anni della persecuzione comunista nell’Europa Orientale. Ma penso si tratti di una situazione diversa".
I preti sposati in Medio Oriente sono stati perciò di aiuto al mantenimento della presenza cristiana?
"Penso di sì. Hanno conservato il cristianesimo nei villaggi e nelle campagne, sono stati punti di coagulo per piccole comunità che altrimenti sarebbero state spazzate via".
Beatitudine Daoud, nel prossimo futuro non vede preti sposati anche nella Chiesa latina?
"Come orientale?".
Sì, come orientale, dal suo punto di vista.
"Come orientale penso che si tratti di una buona istituzione, senza minimizzare il valore del celibato. Noi, in Oriente, possiamo scegliere due strade. Io, ad esempio, ho scelto di essere sacerdote celibe, mentre mio zio ha scelto di essere prete uxorato ed ha svolto molto bene il suo servizio pastorale".
Potrebbe essere una soluzione alla crisi delle vocazioni nei Paesi occidentali. Che le pare?
"La crisi delle vocazioni non dipende dal matrimonio, dipende dalla fede. Quando la fede non c’è non ci sono più vocazioni, né preti sposati o non sposati".
Un dialogo meno conflittuale con l’Islam è possibile?
"L’Islam non è un blocco unico. Ci sono tanti Islam. Moderato, fondamentalista, sciita, sunnita. Ogni musulmano, considerato individualmente, è un credente profondo, fedele, un vero amico".
Quando fanno massa sono pericolosi?
"È la mentalità della massa che rappresenta un pericolo. Noi, in Oriente, abbiamo imparato a convivere con l’Islam da quattordici secoli. L’Islam, in generale, rispetta i credenti delle altre religioni. Ciò che fa paura è l’Islam fondamentalista".
Il Papa non teme l’Islam.
"Lo ha dimostrato varcando a Damasco la soglia di una moschea! Questo gesto è stato un evento per l’intero mondo musulmano; ha fatto intravvedere che il dialogo interreligioso è possibile. Le religioni, se interpretate in modo autentico, non si combattono. La questione del Medio Oriente, il conflitto arabo-israeliano o palestinese non sono di carattere religioso, sono piuttosto problemi politici".
La presenza cattolica si sta riducendo sempre di più. L’emigrazione è una piaga. Senza i cristiani il Medio Oriente non sarà più Medio Oriente. Perchè i cattolici abbandonano il campo e di chi sono le responsabilità?
"Sono costretti ad andare via dalla guerra perdurante, dall’insicurezza o dalla situazione economica precaria nel tentativo di liberarsene per costruire un futuro migliore. Gli ambiti di responsabilità sono diversi. Ne accenno solo due: la divisione interna dei cristiani e la politica internazionale che non favorisce una pace giusta".
E’ in dirittura di arrivo l’accordo bilaterale col Governo israeliano. Proprietà, statuto fiscale, partecipazione dello Stato ai finanziamenti delle attività assistenziali ed educative della Chiesa, accesso ai tribunali. Una specie di "concordato". Come lo valuta?
"Sono pienamente fiducioso di quanto la Segreteria di Stato Vaticana, competente in materia, compie presso i Governi per garantire a quella comunità cattolica pieni diritti di cittadinanza".
Il 29 giugno il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, sarà ospite del Papa. E’ un incoraggiante segnale.
"Ho incontrato Bartolomeo I a Istanbul il 14 maggio scorso. Gli incontri di questo tipo sono sempre benedetti, specie quando avvengono nel nome del Signore. E in questo caso si commemora addirittura il primo abbraccio tra Paolo VI e Atenagora I. Dopo quarant’anni ne comprendiamo ancora di più la portata storica ed ecumenica. Vedo perciò di buon occhio e con tanta speranza l’incontro: sarà come porsi nella vitalità di quelle origini, nell’impeto di fraternità ecumenica suscitata dal Concilio Vaticano II".
Lei come cardinale può partecipare ad un conclave. Gli altri suoi colleghi patriarchi dell’oriente no. La norma canonica non potrebbe cambiare?
"I patriarchi cattolici orientali sono sei. Il Papa non interviene nell’elezione di un patriarca. Se un patriarca non è cardinale, non appartiene al clero romano, non può eleggere il Papa. E’ una legge canonica comprensibile. Ma non è detto che un giorno non possa cambiare".
Lei ha tre passaporti siriano, libanese e vaticano. Ora vive nella città eterna. Nostalgie?
"Lasciare la mia Chiesa è stato uno strappo, un grande sacrificio. Ma mi trovo bene a Roma e ringrazio il Papa di aver pensato a me come a un ponte fra Chiesa latina e Chiese orientali. Come San Paolo ora posso affermare " Civis romanus sum"".

lunedì 7 giugno 2004



Giovedì, 17 giugno 2004