Svizzera: uomini divorziati “messi in regola” per diventare preti!
Grazie del vostro articolo che mette bene in evidenza il livello di ipocrisia. Come prete sposato, ma anche come sostenitore delle riforme radicali riguardo i ministeri, non posso che essere scandalizzato. Mi permettete però una piccola correzione che potrebbe anche essere una aggiunta?
Come sapete, la legislazione riportata all’inizio dell’articolo non riguarda che la Chiesa cattolica romana di rito latino, mentre uomini sposati delle chiese orientali possono diventare preti pur restando tali. Possiamo dunque facilmente immaginare che la legislazione cattolica “universale” cambia in ragione del “territorio” …
L’annullamento di un matrimonio mi ha sempre scioccato, che sia per diventare prete o per chissà quale altra ragione. Anche se la decisione presa nel passato venisse considerata come un errore di giudizio o una mancanza di libertà, non sarebbe più coraggioso assumersene la responsabilità piuttosto che fare finta che non sia mai esistita e cancellarla dalla propria esistenza?
Potremmo dire cose simili a proposito di due o trecento preti anglicani sposati accettati e divenuti preti cattolici sposati per essersi opposti all’accesso delle donne al ministero nella loro vecchia chiesa…
Ma c’è un’altra cosa su cui mi interrogo. Vi ricordate di aver letto nella biografia di fuoco del patriarca Alessio II di Mosca, che egli era stato sposato e aveva divorziato per diventare monaco, essendo il celibato obbligatorio necessario per diventare vescovo anche dentro la chiesa ortodossa?
Senza volermi pronunciare sul fondamento di questa legislazione che gli storici spiegano molto bene, non vado più lontano nell’interpretazione di questo genere di “manovra” di cui beneficiano i rappresentanti abituali del vangelo …: converremo almeno che tutto questo non è giusto!
Pierre COLLET
Articolo apparso su Golias-Hebdo n. 62 del 8 gennaio 2009
Svizzera: uomini divorziati “messi in regola” per diventare preti!
Lo sappiamo, un uomo che ha contratto un matrimonio religioso valido non può essere ordinato prete nella chiesa cattolica romana, a meno che non sia vedovo!
Per contro, se la sua prima unione è solo civile o invalida, egli può essere ordinato senza alcuna contestazione possibile. In conclusione, il consiglio da dare ai giovani che sono titubanti tra i due percorsi che la chiesa giudica contraddittori sarà di .. non sposarsi religiosamente e lasciarsi quindi aperte tutte le strade.
Uno spirito appena lucido e critico non può non restare scioccato dall’assoluto divieto di contrarre matrimonio religioso se si vuole diventare sacerdote, laddove la semplice convivenza o anche diversi anni di matrimonio civile non costituirebbero problema.
Si tratta quindi di uno dei vari “iato” tra la legislazione canonica formalista e disumana e la realtà vissuta, nella sua profondità esistenziale, di cui l’istituzione cattolica sembra sovente non avere cura.
L’inizio di una polemica
Oskar Planzer, 55 anni, è stato ordinato prete nel 2005 e si trova attualmente a capo di una parrocchia. Ebbene, quest’ultimo ha vissuto tempo fa una unione matrimoniale, ma non religiosamente riconosciuta. Ciò non ha quindi creato problemi a questa vocazione tardiva, accettata prontamente da una gerarchia che è carente di nuove reclute. Per il presidente della comunità cristiana di Alpnach, Daniel Alberto, lo stato civile di Planzer prescinde dalla sua vita personale, dal punto di vista canonico egli non può considerarsi sposato. Di fatto, la situazione di P. Planzer è un caso unico come sottolinea P. Josef Annen, direttore del seminario diocesano di Coire (diocesi di incardinazione di Planzer).
Esiste però un altro caso in Svizzera: quello di un prete che è stato sposato religiosamente, ma il cui matrimonio non è stato riconosciuto nullo per le istanze canoniche. Per via di questa dichiarazione di nullità, egli è giuridicamente in una situazione assimilabile a quella dei suoi colleghi, ma certo non è vero sul piano della mentalità e delle reazioni dei fedeli. Il prete in questione assicura di non aver avuto in mente di fare il prete quando ha divorziato. Ciò non toglie che la situazione di quest’uomo abbia innescato un dibattito nel quadro di una chiesa così intransigente in materia di celibato del clero e di opposizione al divorzio.
Sposato, divorziato, poi ordinato!
Il atto di ammettere al sacerdozio un uomo divorziato civilmente – anche se la chiesa riconosce la nullità dell’eventuale matrimonio o la sua totale assenza – è un piuttosto interessante, al momento che la chiesa rifiuta di dare la comunione ai divorziati risposati.
Un’altra vocazione tardiva è degna di nota: qualla di Rolf Zimmermann-Köhler, che è stato sposato per venticinque anni prima del suo divorzio avvenuto 3 anni fa. Ha cinque figli, tra cui la 18enne aiuta a crescere gli altri.
Molti si pongono dei dubbi sull’attitudine di Mons. Kurt Koch, vescovo di Basilea e presidente della conferenza episcopale svizzera, che raccomanda al suo entourage che si trovi di fronte al fallimento di un matrimonio di rivolgersi alle istanze canoniche per regolarizzare la situazione.
In breve, una acrobazia giuridico-canonica per sbanchettare tutti i candidati al sacerdozio cancellando il loro passato di sposati-divorziati-annullati.
Incredibile, ma vero! Attraverso questa scappatoia, il vescovo Koch sembra coltivare un secondo fine, quello di rimpolpare le fila dei sacerdoti facendo pressioni su un vivaio già costituito: i divorziati.
Questa audacia contrasta con le posizioni sempre più intransigenti sulle questioni come il matrimonio dei preti, a dire il vero. In terra svizzera-tedesca, i vescovo Koch dimostra prese di posizione piuttosto reazionarie, frenando l’ecumenismo e combattendo la democratizzazione nella chiesa. Se gli anziani sposati e i nuovi preti non esitano a pronunciarsi per un clero uxorato dal volto umano, non è dello stesso parerer Mos. Kurt Koch e neanche il suo collega conservatore della diocesi di Coire, Mons. Vitus Huonder.
A ricompensa del suo cambio di rotta autoritario e conservatore, Mons. Kurt Koch potrebbe attendersi promozioni a Roma, forse a rimpiazzare il cardinale Walter Kasper alla testa del consiglio per l’unità dei cristiani.
Berretta cardinalizia, prima di tutto.
La morale di questa storia surreale è che si può far dire o far fare praticamente tutto, sia al diritto canonico che alla teologia vaticana!
Réginald Urtebize
Testo reperito da Patrizia Vita
Traduzione di Stefania Salomone
Suisse : des hommes divorcés “régularisés” pour devenir prêtres !
Merci pour votre article qui met bien en évidence l’hypocrisie de la mesure. Comme prêtre
marié mais aussi partisan de réformes plus radicales concernant les ministères, je ne peux
qu’être scandalisé. Me permettez-vous une petite correction qui pourrait aussi être un
prolongement ? Comme vous savez, la législation rappelée en début d’article ne concerne
que l’Eglise catholique romaine de rite latin, et des catholiques orientaux mariés peuvent
devenir prêtres tout en restant mariés. On pourrait donc assez facilement imaginer que la
législation catholique « universelle » change un jour de « territoire »...
N’empêche, l’annulation d’un mariage m’a toujours choqué, que ce soit « pour » devenir
prêtre ou pour n’importe quelle raison. Que la décision prise dans le passé soit considérée
comme une erreur de jugement ou un manque de liberté, ne serait-il pas plus courageux de
l’assumer plutôt que de faire comme si elle n’existait pas et la « gommer » de son
existence... ? On pourrait dire des choses semblables à propos des deux ou trois cents prêtres
anglicans mariés acceptés et devenus prêtres catholiques mariés pour s’être opposés à
l’accès des femmes au ministère dans leur ancienne église...
Mais c’est autre chose qui m’interpelle. Vous souvenez-vous avoir lu, dans la biographie de
feu le patriarche Alexis II de Moscou, qu’il avait été marié et avait divorcé pour devenir moine,
cette condition de non-mariage étant obligatoire pour devenir évêque également dans
l’Eglise orthodoxe... ? Sans me prononcer sur le bien-fondé de cette législation que les
historiens expliquent évidemment très bien, je n’ose aller plus loin dans l’interprétation de ce
genre de « manoeuvre » dont bénéficient des représentants attitrés de l’évangile... : on
conviendra au moins que ça ne sonne pas très juste !
Pierre COLLET
Article paru dans Golias-Hebdo n° 62 du 8 janvier 2009
Suisse : des hommes divorcés
“régularisés” pour devenir prêtres !
On le sait, un homme ayant contracté un mariage religieux valide ne peut être ordonné prêtre
dans l'Eglise catholique romaine, sauf s'il est veuf! En revanche, si sa première union est
purement civile ou invalide, il peut être ordonné sans aucune contestation possible. En
somme, le conseil à donner à des jeunes gens hésitant entre deux voies que l'Eglise juge pour
l'instant contradictoires sera de... ne pas se marier religieusement et de laisser ainsi toutes les
issues grande ouvertes.
Un esprit quelque peu lucide et critique ne peut manquer d'être choqué par l'interdit absolu
que constitue le mariage religieux pour l’accès au sacerdoce, alors que la cohabitation, même
pendant de nombreuses années de mariage civil ne posent pas de problèmes. Il s'agit bien là
d'un des nombreux "hiatus" entre une législation canonique formaliste et inhumaine et la
réalité vécue, dans sa profondeur existentielle, dont l'institution catholique semble souvent ne
pas avoir cure.
Le début d’une polémique
Oskar Planzer, 55 ans, a été ordonné prêtre en 2005 et il se trouve actuellement à la tête d'une
paroisse. Or, ce dernier a longtemps vécu une union matrimoniale mais non reconnue
religieusement. Ce qui n'a donc pas posé de problème à cette vocation tardive acceptée
promptement par une hiérarchie en grand mal de nouvelles recrues. Pour le président de la
communauté chrétienne d'Alpnach, Daniel Albert, l'état civil du prêtre Planzer relève de sa
vie personnelle, dans la mesure où sur un plan canonique, il n'est pas considéré comme marié.
De fait, la situation du Père Planzer est un cas unique comme le note le Père Josef Annen,
directeur du séminaire diocésain de Coire (diocèse d'incardination de Planzer).
Il existe pourtant bien encore un autre cas épineux en suisse : celui d'un prêtre qui fut marié
religieusement mais dont le mariage fut reconnu nul par les instances canoniques. Du fait de
cette déclaration de nullité, il se trouve juridiquement dans une situation semblable à celle de
son collègue mais ce n'est certes pas vrai au plan des mentalités et des réactions des fidèles.
Le prêtre en question assure ne pas avoir eu en tête de devenir prêtre au jour où il a divorcé. Il
n'empêche que la situation de cet homme fait débat dans le cadre d'une église tellement
intransigeante en matière de célibat du clerc et d'interdic tion du divorce.
Marié, divorcé puis ordonné !
Le fait d'admettre au sacerdoce un homme divorcé civilement - alors même que l'Eglise
reconnaît par ailleurs la nullité de l'éventuel mariage ou tout simplement son absence - est un
peu piquant dans la mesure où l'Eglise refuse de donner la communion aux divorcés remariés.
Une autre vocation tardive est aussi à remarquer : celle de Rolf Zimmermann-Köhler qui a été
marié pendant vingt-cinq ans avant de divorcer il y a trois ans. Il compte cinq enfants dont
une fille de 18 ans qui l’aide à élever ses enfants.
Beaucoup se posent des questions sur l'attitude de Mgr Kurt Koch, évêque de Bâle et
président de la Conférence des évêques suisses, qui recommande à son entourage se trouvant
en échec matrimonial de s'adresser aux instances canoniques pour régulariser cette situation.
Bref, de la haute voltige juridico-canonique pour blanchir tout candidat au sacerdoce de son
passé de mari-divorcé-annulé.
Incroyable mais vrai! Par ce biais, l'évêque Koch semble cultiver une bien étrange arrièrepensée,
celle de renflouer ses effectifs sacerdotaux en puisant dans un vivier peu exploité
jusque là, celui des divorcés ! Cette audace tranche avec ses positions de plus en plus
intransigeantes sur des questions comme le mariage des prêtres justement.
En terre de Suisse alémanique, l'évêque Koch multiplie des prises de position assez
réactionnaires, freinant l'oecuménisme et combattant la démocratisation dans l'Eglise. Si les
anciens mariés et nouveaux prêtres n'hésitent pas à se prono ncer pour un clergé marié à visage
humain, il n'en va pas du tout de même pour Mgr Kurt Koch ni d'ailleurs pour son très
conservateur collègue de Coire, Mgr Vitus Huonder. En récompense de son revirement
autoritaire et conservateur, Mgr Kurt Koch pourrait très bien être promu à Rome, peut-être
pour remplacer le cardinal Walter Kasper à la tête du conseil pour l'unité des chrétiens.
Chapeau de cardinal en prime.
La morale de ces histoires surréalistes est qu’on peut faire dire ou faire faire à peu prés
n'importe quoi, aussi bien au droit canon qu'à la théologie vaticane !
Réginald Urtebize Mercoledì 17 Giugno,2009 Ore: 18:59 |