"NEOCOLONIALISMO ECCLESIASTICO"? PRETI CENTRAFRICANI IN ‘SCIOPERO’ DOPO LA RIMOZIONE DI UN VESCOVO
di Agenzia ADISTA
35057. BANGUI-ADISTA. "Per gli africani, avere moglie e figli è una benedizione del cielo". Ma Roma impone ai preti il celibato obbligatorio e non ammette alcuna eccezione". Così, il 28 maggio scorso, il direttore di Religión Digital, José Mauel Vidal, ha commentato le dimissioni dell’arcivescovo di Bangui, mons. Paulin Pomodimo, e quelle precedenti (del 16 maggio) di mons. François-Xavier Yombandje, vescovo di Bassangoa e presidente della Conferenza episcopale della Repubblica Centrafricana. Dimissioni prontamente accettate da Benedetto XVI, ma che, secondo il direttore di Religión Digital, "si dimostrano forzate" perché giunte in seguito alla visita "investigativa" dell’arcivescovo emerito di Conakry mons. Robert Sarah, guineano e segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Di Pomodimo, l’inchiesta avrebbe rivelato che "manteneva una attitudine morale non sempre conforme alla sua decisione di seguire Cristo in castità, povertà e obbedienza". Fuor di metafora, il monsignore mantiene una famiglia. Inoltre, nella sua diocesi, prosegue l’indagine, si è riscontrata un’altissima presenza di "sacerdoti del clero locale che hanno compagne e figli". La "doppia vita" del clero di Bangui, spesso vissuta con estrema naturalezza e alla luce del sole, ha spinto l’inviato della Santa Sede a consigliare ai sacerdoti con famiglia di abbandonare lo stato presbiterale.
Parole molto più pesanti quelle che il card. Ivan Dias, prefetto della stessa Congregazione, ha espresso in una lettera aperta del 18 maggio scorso al clero della Repubblica Centrafricana: "Molte cose cattive sono state fatte al Corpo di Cristo a causa dei comportamenti scandalosi dei sacerdoti". "È inutile negare l’evidenza", prosegue ancora la lettera. "Allo stesso modo non c’è bisogno di giudicare i motivi e le circostanze di tanto male commesso. I membri del clero nazionale, diocesano e religioso, sono, in forme diverse, complici di questa situazione e ognuno deve assumere la propria colpa in proporzione alla sua responsabilità".
Molte le voci, contro la linea dura disposta da Roma, che chiedono maggiore flessibilità. Chi fa leva sulla particolare tradizione culturale dell’Africa centrale, chi sull’inopportunità e l’obsolescenza dell’obbligo del celibato. "A causa del tradimento di una legge umana", ha scritto il peruviano Franz Wieser su Redes Cristianas (1/6), la Chiesa "pregiudica la causa di Gesù". Assurdo pensare che la "doppia vita" di questi vescovi coincida necessariamente con una "doppia morale": in realtà, ha detto, sono "figli del loro popolo, che li conoscono e li amano per questo". La legge, secondo Wieser, "deve servire l’uomo e non l’uomo la legge. Secondo san Paolo, nella morale senza amore, nulla ha valore, nemmeno la legge del celibato; e l’amore non si impone".
Ma c’è di più: le gerarchie vaticane non hanno fatto i conti con il grande carisma del vescovo dimissionario, mons. Pomodimo, amato dal clero e dai fedeli della sua diocesi, molto popolare tra le autorità internazionali dopo aver coordinato l’iniziativa di riconciliazione nazionale nel 2003, in seguito al violento conflitto intestino innescato da un colpo di Stato militare.
E così, il 24 maggio scorso, non appena la Santa Sede ha nominato amministratore apostolico lo spiritano Dieudonné Nzapalainga, i sacerdoti delle nove diocesi della Repubblica Centrafricana si sono riuniti nella Cattedrale di Bangui e hanno organizzato la protesta contro Roma: niente messe pubbliche e sciopero dei sacramenti in segno di solidarietà nei confronti dell’amato vescovo di Bangui. La protesta, affermano i sacerdoti, non intende puntare il dito contro il nuovo vescovo quanto sull’appartenenza di Nzapalainga ad una congregazione europea di religiosi missionari.
L’accusa è netta: i sacerdoti africani si ritengono vittime di una campagna denigratoria avviata da "religiosi, religiose e vescovi europei" i quali, denunciano, "si sono lanciati nella calunnia e nelle delazioni di ogni genere contro il clero locale". L’inchiesta del Vaticano è definita dai manifestanti "discriminatoria, parziale e selettiva" perché i preti neri e quelli bianchi, nella Repubblica Centrafricana, si comportano esattamente nello stesso modo. Eppure, tuonano, ad essere condannati e rimossi sarebbero solo i sacerdoti indigeni.La rimozione dei due vescovi ha portato alla luce gli antichi risentimenti che la Chiesa centrafricana aveva già manifestato nei confronti della politica vaticana. Nel 2004, a sollevare la polemica era stata la nomina dello spiritano tedesco Peter Marzinkowski a vescovo di Alindao, una diocesi suffraganea dell’arcidiocesi di Bangui. Nemmeno un anno dopo, poi, Roma consegnava al Paese un’altra guida non indigena e nominava il salesiano Albert Vanbuel vescovo di Kaga-Bandoro. La presenza invasiva delle congregazioni missionarie europee nel cuore dell’Africa viene così condannata dai sacerdoti in sciopero: "Non è questa forse una forma di neocolonialismo ecclesiastico?". (giampaolo petrucci)
Articolo tratto da Lunedě 08 Giugno,2009 Ore: 16:49 |