Dibattito
Preti sposati, Milingo e dintorni

di Ernesto Miragoli

Riceviamo da Ernesto Miragoli, prete sposato di Como, questo intervento che molto volentieri pubblichiamo per favorire un dibattito sempre più ampio e articolato su una questione di grande interesse per il futuro della chiesa.


Ho ricevuto la lettera aperta di Giuseppe a mons.Milingo e, poichè vedo che cita alcune frasi che abbiamo elaborato come gruppo del sito donne co-si, vorrei spingermi in qualche approfondimento.
Non mi piace mons.Milingo. Non mi è mai piaciuto. Credo che sia un errore materiale averlo scelto come pastore della chiesa. Un errore a cui non si è mai rimediato. Quando ero nel ministero attivo, sollecitato da una mia parrocchiana, partecipai ad un incontro in cui celebrò la messa. Io assistetti, ma non concelebrai. Ebbi l’impressione di trovarmi davanti un grande magliaro. Magliaro di Dio, se si vuole, ma sempre magliaro. In quella celebrazione - la chiesa era gremita - egli sembrava un attore del sacro, con pose ispirate, atteggiamenti divinatorii... L’Eucaristia non era un incontro in cui si spezzava il pane della Parola e della Vita, ma un suo show personale che alla fine fruttava bigliettoni da 10.000, 50.000 ed anche 100.000 lire che ho visto personalmente fioccare nel cestino.
Poi si è dato alla musica gospel, jazz, rock, soul... non so bene. Ma anche qui con arte da bussinnes man. Sapendo adescare la stampa e i media in genere che hanno dato vasta eco al vescovo guaritore.
Poi vi è stato il matrimonio con Maria, secondo il rito di Moon: anche qui scene in pompa magna.
Vi è stato il pentimento: altre scene da film.
Ed eccoci all’ultima boutade: si fa paladino di tutti quei cristiani cattolici (preciso:TUTTI i cristiani cattolici e NON SOLO i preti sposati) che vivono, soffrono e pregano cercando il dialogo con i pastori affinchè s’arrivi a non considerare più il celibato come elemento consustanziale al sacerdozio cattolico di rito romano. Anche qui: hotel di prima categoria, conferenza stampa, massima eco a livello mondiale.
Scrivo a voi tutti, che so sensibili al problema, perchè vorrei considerare:
- non mi risulta che il vescovo Milingo abbia speso un solo soldo o una sola parola, in silenzio, per preti o suore che lasciano, ascoltandoli mentre vivevano il loro travaglio interiore, seguendoli, dando loro una mano concreta nel momento del bisogno. E’ vero che non sono a conoscenza delle gesta di Milingo, ma è anche vero che da quasi vent’anni mi occupo (molto meno clamorosamente) di queste cose e saprei se egli avesse fatto qualcosa in proposito;
- dico chiaramente che non mi va di cambiare casacca per far valere le mie ragioni.
Da cattolico voglio continuare a bussare alle porte di chi Cristo ha scelto per continuare la guida della sua chiesa, affinchè i Pastori ci ascoltino. Farmi Mooniano per sistemarmi, sarebbe una soluzione molto egoistica: metterei il mio sedere e quello della mia famiglia al caldo, ma non risolverei il problema di fondo che non consiste SOLO nella revisione della legge celibataria, ma prevede un ripensamento della teologia e della spiritualità del sacerdozio, come tento di proporre nel mio libro.
In questo caso, da credenti, dobbiamo lavorare per il bene della chiesa di Cristo e non per il nostro tornaconto personale o per trovare un pulpito sul quale siamo abituati a stare e che ci è stato tolto.
Tutti sappiamo le ragioni storiche per cui il celibato è stato legato consustanzilmente al presbiterato cattolico romano.
Tutti noi preti l’abbiamo abbracciato convintamente il giorno della nostra ordinazione diaconale. Lungo il cammino del nostro ministero, incontrando quella che ora è nostra moglie, abbiamo pensato che anche quello era amore.
E Dio sa il travaglio interiore attraverso il quale siamo passati noi e la le nostre compagne di vita. Dio sa quanto ci siamo sentiti rifiutati dalla nostra comunità, emarginati da quella chiesa per la quale avevamo dato la vita in pochi o tanti anni di ministero svolto con dedizione, passione, amore.
Milingo non lo sa. Lui non s’è mai dovuto cercare una casa, un lavoro, crescere dei figli (conosco uno di noi che ha 64 anni, un figlio handicappato che cura con amore e con problemi di schiena), non avere i soldi per pagare l’affitto a fine mese, svolgere un lavoro che non ci è per nulla congeniale. Milingo sa apparire, non essere. E questo discorso è troppo serio per lasciarlo alle star dei media. Anche se sono vescovi per caso
- capisco che un vescovo che sposi la nostra causa, possa far comodo. Almeno per chi è stanco d’aspettare, per chi è sfiduciato dall’aver bussato a tante porte e d’averle trovate chiuse. Ma voglio gridare con la piccole voce che non è questa la strada. Il già arcivescovo di Lusaka ci usa, ma non ci aiuta. Siamo un piedestallo al suo protagonismo, non fratelli con cui condividere un cammino. Se avesse voluto condividere, avrebbe percorso altre strade, prima delle conferenze in hotels americani. Le strade le conosciamo bene: si chiamano, ascolto, raccolta d’informazioni, incontri discreti, rilievi di problemi, promozioni di incontri allargati. Ma queste cose non fanno audience.
Vorrei conitnuare perchè ho molte cose da dire in proposito, ma preferisco chiudere per non tediare nessuno.
Questa mia mail - che invio per conoscenza anche a due esponenti della stampa - è solo per esternare la mia preoccupazione che voglio condividere con tutti quelli ( e non siete solo voi) con i quali silenziosamente e con sofferenza abbiamo camminato in questi anni.
Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce.
Siamo una foresta: attorno ai 10.000 preti e 22.000 suore in Italia, attorno ai 100.000 preti e non so quante suore nel mondo. Stiamo attenti a non lasciarci irretire in un gioco che può rovinare il lavoro silenzioso che molti di noi fanno aiutando in mille modi: scrivendo, pubblicando, ospitando, telefonando, pregando...
Ernesto Miragoli - Como



Marted́, 22 agosto 2006