INTERVISTA A HANS KÜNG - TEÓLOGO

di LEANDRO BEGUOCI
(inviato speciale a Sao Lopoldo, Rio Grande do Sul (RS))

In visita in Brasile, lo svizzero difende metodi contraccettivi e sostiene la fine del celibato.
"La chiesa deve rendere più facile la vita delle persone "


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FOLHA DE SĂO PAULO (FSP) 22 OTTOBRE 2007

La chiesa deve rendere la vita delle persone più facile e non più difficile. questa frase condensa le divergenze tra i due più grandi teologi cattolici del mondo, lo Svizzero Hans KÜNG, 79, e il tedesco Joseph Ratzinger, 80, papa Benedetto XVI, secondo il quale la chiesa deve essere una comunità, magari di pochi, ma buoni e fedeli.

In questa intervista, lui dice che proibire i metodi anticoncezionali significa rendersi correspnsabili di eventuali aborti e che il celibato dei preti è qualcosa di medievale. KÜNG critica pure le visita del papa in Brasile, per aver impiegato la sua autorità per stabilire standard di morale sessuale.

Il teologo durante la settimana parlerà del suo tema prediletto - la relazione tra le religioni e l’etica mondiale - in sette conferenze in sei città: San Leopoldo, Porto Alegre, Curitiba, Brasilia, dove visiterà la camera dei deputati e si incontrerà con il presidente Lula; giovedì sarà a Rio de Janeiro e venerdì a Juiz de Fora.

Nonostante il cordiale incontro avuto con il papa nel 2005, la relazione tra KÜNG e la Chiesa cattolica ancora non è stabile. Lui non parlerà in nessuna pontificia università cattolica (PUC). La sua venuta è patrocinata principalmente dall’università federale del Paranà e dall’istituto Humanitas, della UNISINOS, legato ai gesuiti. *

FOLHA - Una delle sue frasi più conosciute dice che nel mondo ci sarà pace quando avranno fatto pace le religioni. L’umanità ha bisogno della religione per avere la pace?

HANS KÜNG - Ci sono molti argomenti contro la religione. Uno di questi è che essa legittima e provoca guerre, preconcetti, violenza. D’altra parte, le religioni hanno anche una funzione positiva. Giovanni Paolo II fu contro la guerra in Iraq. Dove le religioni sono state favorevoli alla pace, hanno facilitato la pace. Le religioni possono essere strumentalizzate, così come la musica.

FOLHA - All’inizio del suo pontificato, Benedetto XVI suggeriva che l’islam è una religione violenta.

KÜNG - Credo che lui sappia di aver commesso un errore. In fondo, lui sempre si è occupato poco dell’Islam, ha dedicato tutto il suo tempo per studiare i teologi cattolici. Come esiste molta violenza nella storia dell’Islam, così pure esiste nella storia del cristianesimo. Il papa, sbagliando, ha imparato. Durante la visita alla Turchia, ha visitato la Moschea Azzurra [Le più importante di Istanbul], dove ha dimostrato rispetto verso la religione islamica.

FOLHA -Perché chi non ha religione dovrebbe preoccuparsi di questo?

KÜNG - Oggigiorno è stato constatato che la religione è un fattore politico e che ignorarla è un errore. Essa mobilita milioni di persone. Io condanno le posizioni estreme. Una di queste è la religiosità aggressiva. Essa condanna la separazione tra Stato e religione, come gli islamici che cercano di trasformare tutto il popolo musulmano in estremisti e come gli imperialisti della Chiesa cattolica romana che vogliono fare dell’Europa, nel senso di Paolo Giovanni II, un continente cattolico come se tutti i paesi dovessero essere la Polonia. Altra posizione estrema è quella eccessivamente laica. Alcuni francesi laicisti ancora non sono riusciti a digerire la rivoluzione francese. Questa è una delle posizioni prese nel parlamento europeo da persone che si sono messe contro la menzione del cristianesimo come una delle radici dell’Europa. La posizione corretta sarebbe quella che riconosce l’importanza della religione, ma non fa di essa un fattore di dominazione.

FOLHA -Lei difende l’idea di un’etica mondiale, valida per i credenti delle più diverse religioni, oltre che per gli atei. Questa tesi ha avuto una qualche accoglienza in Vaticano?

KÜNG - Anche il papa vuole il dialogo tra le religioni. Quando ci siamo ritrovati, abbiamo discusso questo punto. Qualcosa di concreto che si può fare, e anche il papa desidera questo, è una nuova forma di associazione delle leaderships religiose mondiali che potrebbero, insieme, affermare principi etici comuni. Questa è l’idea per un progetto di etica mondiale che io difendo. Il principio basilare « tu non devi fare all’altro quello che non vorresti fosse fatto a te» è comune a varie religioni e a molte persone non credenti. Ci sono altri quattro principi importanti.

Il primo è non uccidere, e questo non vale solo quando si discutono questioni come quella dell’aborto, ma anche per le guerre, per le favelas di Rio e per la periferia di Berlino. Il secondo è non mentire, il terzo, non rubare e il quarto non abusare della sessualità. Non si può risolvere il problema della violenza esclusivamente con mezzi polizieschi. Dobbiamo mostrare questi principi nelle scuole, dicendo che essi non vengono dall’alto per opprimere i giovani, ma vengono per liberarli.

FOLHA - Quando il papa è stato qui in Brasile, nel mese di maggio di quest’anno, non si è riunito con il leaders delle chiese evangeliche e pentecostali. Come costruire questo consenso con religioni che si comportano come rivali?

KÜNG - Sarebbe stata una cosa molto buona che il papa avesse incontrato il leaders di queste religioni. Lui avrebbe udito, molto probabilmente, quali sono i punti deboli della religione cattolica, perché ha perso tanti fedeli. Come si può pensare che non sorgeranno varie comunità minori, quando in Sao Paulo c’è un prete ogni 200.000 persone? Un fattore che rende difficile il sorgere di nuovi sacerdoti è esattamente la legge medievale del celibato. La chiesa deve ripensare queste cose. Quando si prende una decisione che la messa deve essere celebrata secondo i precetti romani, la cosa finisce per essere noiosa. D’altra parte voi avete i culti pentecostali che sono molto più animati nella loro liturgia, con gesti e canzoni. Quando la gente semplicemente imita questa liturgia, non è bene. Ma approfittare degli elementi suggeriti è cosa buona.

FOLHA - Molti attribuiscono la perdita di fedeli in Brasile alla teologia della liberazione, che si sarebbe preoccupata molto più della povertà che dell’anima

KÜNG - La teologia della liberazione è stata una delle prime che ha parlato di una partecipazione popolare alla liturgia. Se si fosse dato più spazio ad essa in America Latina, probabilmente ci sarebbero meno pentecostali. Ma, fin dall’inizio, io sono stato critico in relazione al predominare di elementi marxisti nella teologia della liberazione, in rapporto all’illusione che sarebbe stata possibile una grande rivoluzione.

FOLHA -Quali sono le maggiori sfide della Chiesa e di questo papa?

KÜNG - La grande sfida della Chiesa è non retrocedere. La sfida del pontificato sarebbe portare nuovi impulsi per questo. Ma, fino ad ora, non è successo. Non si può ignorare che noi, della Chiesa cattolica, siamo nel mezzo di una grande crisi. Viaggi del Papa, come avvenuto in Brasile, mostrano soltanto la facciata di una Chiesa che nelle sue strutture più profonde sta in una situazione molto difficile.

FOLHA — Che cosa ha in comune lei con Benedetto XVI?

KÜNG - Noi due abbiamo sempre servito la stessa comunità di fede cristiana e sempre abbiamo cercato un cristianesimo autentico. La differenza si riferisce principalmente al metodo. Il papa difende il modello romano come l’unico per tutte le Chiese, sia in Cina che in America Latina, cosa che, per me, non è cattolica, nel senso di cattolico come qualcosa di universale. La mia opzione è per un modello calibrato sul Vangelo, nel Nuovo Testamento, e questo rende molto possibile il dialogo con le Chiese pentecostali protestanti.

FOLHA -Ci sono molte donne cattoliche che fanno l’aborto. Che tipo di risposta dovrebbe dare loro la Chiesa?

KÜNG - La soluzione non consiste nel permettere tutto e nemmeno nel proibire tutto. Se l’obiettivo è evitare l’aborto, il che è molto desiderabile, allora sarebbe necessario favorire i metodi contraccettivi. Chi proibisce questi metodi è corresponsabile per l’esistenza di tanti aborti. Il compito della Chiesa è trovare una posizione intermedia tra tutto è permesso e tutto è proibito, per portare le persone a una posizione intermedia nella loro vita. Questo camminare in mezzo sarebbe, nel caso di una donna che si vede davanti alla questione dell’aborto, prendere essa stessa la decisione. Purché lei, dopo, non rimanga a soffrire problemi di coscienza e di colpa, ma si veda soddisfatta per la decisione. Perfino secondo la teologia tradizionale, una coscienza che commette un errore è giustificata. La chiesa deve rendere la vita delle persone più facile, e non più difficile.

FOLHA - E agli omosessuali?

KÜNG - Anche qui ci sono posizioni estreme, tutti e due sbagliate. Da una parte sarebbe un errore ignorare che esistono propensioni omosessuali. Per quel che riguarda la vita individuale, non tocca all’autorità clericale decidere. Altra posizione estrema è quella che trasforma l’omosessualità in propaganda, puro esibizionismo e, per questo, molte manifestazioni omosessuali non hanno contribuito per nulla alla visione più corretta di questo tema, giustamente perché si mostrano in modo sfacciato, che mal si ripercuote nell’opinione pubblica.

FOLHA - C’è spazio per il dibattito su questi temi dentro la Chiesa?

KÜNG - La verità ultima appartiene soltanto a Dio. Č impossibile che qualsiasi essere umano, dal semplice fedele fino al Papa, disponga integralmente della verità. Č chiaro che esistono alcune verità realmente valide, come questi principi etici che valgono come consenso per tutte e qualsiasi persona. Ora ci sono varie maniere per applicare una verità. Č naturale che ci siano controversie su questo nella chiesa. Per quel che riguarda le verità complesse, non possono essere risolte con una dittatura ma con un dibattito. Se il papa si pronuncia contro una dittatura del relativismo, dovrebbe pure essere chiaro che molte persone hanno molta più paura della dittatura dell’assolutismo, che molte volte viene da Roma.

FOLHA - Lei, che tipo di rapporti ha con il papa?

KÜNG - Durante il pontificato di Giovanni Paolo II [1978-2005], abbiamo avuto relazioni molto tese, poi nessuna relazione. Io speravo molto che Ratzinger reagisse positivamente alla lettera che gli ho mandato subito dopo la sua elezione, chiedendo un dialogo aperto che Giovanni Paolo II non mi aveva mai concesso. Le nostre relazioni, oggi, sono molto più distese. Lui sa bene che io non smetto di fare critiche, ma posso farlo in modo più solidale. La sua posizione è molto differente da quella del suo predecessore. Ho inviato il secondo volume delle mie memorie a Roma e ho ricevuto una risposta molto amichevole.



Domenica, 11 novembre 2007