Ringraziamo Maria G. Di Rienzo[per contatti: sheela59@libero.it]per averci messo a disposizione questa sua traduzione. Mahmoud Darwish è considerato uno dei più grandi poeti palestinesi viventi. E’ autore di più di trenta libri di poesia e il fondatore e direttore del giornale letterario al-Karmel.
Case assassinate. In un minuto, la vita di una casa finisce. Quando una casa viene uccisa si tratta sempre di un omicidio seriale, persino se l’edificio è vuoto: è una tomba comune di tutte le cose che davano un senso alla casa. O, in tempo di guerra, davano alla casa una poesia marginale. Una casa massacrata è la separazione degli oggetti dal loro significato, dai sentimenti che ispiravano. E’ dovere della tragedia mutare lo sguardo dell’eloquenza e riflettere sulla vita delle cose, perché in ogni cosa c’è un essere che soffre: il ricordo di dita, la memoria di un profumo, di una figura. Le case vengono uccise proprio come i loro abitanti e come i ricordi delle cose: pietra, legno, vetro, ferro, calcina, tutto è smembrato come i corpi umani. Cotone e seta, lino, quaderni di scuola, libri, fatti a pezzi come le parole non dette da persone che non hanno avuto il tempo di dirle. Piatti rotti, cucchiai, giocattoli, vecchi dischi, pipe, maniglie di porta, il frigorifero, la lavatrice, pentole, giare di olive e sottaceti, tutto rotto, come i loro possessori. I due bianchi, il sale e lo zucchero, sono sparsi in giro assieme ai fiammiferi, alle medicine, alle pillole contraccettive, gli steroidi, le corone di aglio e cipolla, pomodori, riso e lenticchie, tutto viene calpestato, come i loro proprietari. Documenti di affitto e di matrimonio fatti a pezzi assieme a certificati di nascita, bollette dell’acqua e dell’elettricità, carte d’identità, passaporti, lettere d’amore, tutto fatto a brandelli, come i cuori di chi li possedeva. Le fotografie vengono spazzate via assieme ai pettini, i rossetti, le spazzole, le scarpe, la biancheria intima, le lenzuola, le tovaglie, spazzate via come segreti di famiglia che sono stati traditi dagli altri e dalla devastazione. Tutte queste cose sono i ricordi delle persone private delle cose, e le memoria delle cose viene privata delle persone. Tutto finisce in un minuti. Le cose muoiono come noi moriamo, ma non vengono seppellite con noi.
La ragazza / L’urlo
C’è una ragazza sulla spiaggia E la ragazza ha una famiglia E la famiglia ha una casa E la casa ha due finestre e una porta. Nel mare c’è una nave di guerra che gioca un partita, prendere a bersaglio chi fa una passeggiata sulla spiaggia. Quattro cinque sei cadono sulla sabbia. La ragazza viene risparmiata da un involucro di nebbia, un qualche celestiale involucro viene a salvarla. Lei chiama: Papà, padre mio, andiamo a casa, questo mare non è per noi. E il padre non risponde. Giace nell’agonia dell’assenza, avvolto nell’ombra, nell’agonia dell’assenza. Sangue sulle mani di lei, sangue sulle nuvole, il suo grido fugge con lei dalla spiaggia e va alto. Lei urla nella notte di un deserto. L’eco non ha eco E la ragazza diventa il grido eterno di notizie nuove, già obsolete quando gli aeroplani ritornano, per bombardare una casa con due finestre e una porta.
Lunedì, 25 settembre 2006
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