di ornella » 1 dic 2008, 19:32
Cara Paola,
non per disilluderti, ma nei secoli e i millenni alla Parola si è fatto dire tutto e il contrario di tutto. Leggendo diversamente Paolo, ad esempio, i TdG. richiedono che tutti i loro diaconi e i loro anziani siano sposati da almeno cinque anni. Non lo dico per banalizzare il tuo "grido di dolore" ma a parlare di demonio e di apostasia ci starei estremamente attenta. Riguardo al fare un'azione "bellicosa", credo sia inseguire un'utopia. Piuttosto, perché non pensare alla modifica della mentalità di tanti/e che genera frustrazioni, dolori, incomprensioni o peggio indifferenza? Io cerco di fare questo, buscandole alle volte in prima persona, senza avere cause, la sola causa per me è una chiesa davvero più umana e più vicina allo spirito delle prime comunità cristiane. Che non significa una chiesa lassista, significa una comunità di cristiani e cristiane consapevoli che si incamminano congiuntamente per una meta: la predicazione e la realizzazione del regno di Dio, nella libertà della propria coscienza e nella conoscenza della Parola. Non ti dirò che per questo ci vuole "pazienza", ci vuole però la una grande capacità di mettersi in ascolto anche di coloro che non la pensano come noi, di uscire dai recinti protetti di chi vede le cose come noi, e provarci. Con testardaggine. perché non sarei affatto contenta se noi ottenessimo una riforma significativa della chiesa senza... un bel pezzo di chiesa! La questione del celibato opzionale, per uscire da ruoli vittimari e qui ti do ragione, passa dal coraggio di lavorare su noi stessi e cambiare spiritualmente e psicologicamente la frattura che esiste tra laici e presbiteri. Il problema per me sta innanzitutto lì. E lì sta il nodo della questione, perché se noi riusciamo a dimostrare, nel quotidiano, che è possibile vivere amicalmente nella diversità dei carismi ma senza alcuna sudditanza, fregandocene altamente delle chiacchiere da sacrestia, contribuiremo a schiodare il pregiudizio generato dalla separatezza del sacro. In secondo luogo vi è una necessità di trasparenza: escano fuori quei presbiteri che desiderano vivere autenticamente un rapporto a due e lo facciano coram populo, testimoniando che si possono coniugare, nella pratica se non nella grammatica, il matrimonio con il ministero. Saranno costretti ad andarsene? Certamente sì, per ora, ma dovrebbero non andarsene in silenzio, col senso di colpa, ma testimoniando il perché delle loro scelte, in comunità come fuori. Questo non significa, e francamente neppure mi piacerebbe, affidarsi al sensazionalismo ed esporsi quasi si fosse degli eroi o degli esempi. Significa semplicemente vivere senza nascondersi, vivere dimostrando che si deve fare la verità nella propria vita, se si vuole essere testimoni credibili della verità con la V maiuscola. E significa affrontare le conseguenze in due, non come mi capita spesso di leggere, con una donna "evanescente" che si staglia sullo sfondo. L'amore solido e duraturo, un progetto di vita aperto anche alla vita di figli, non può essere né disprezzabile né occultabile. Né vissuto pubblicamente come se l'altra non ci fosse.
Un affettuoso abbraccio
Ornella