"CRISI CHIESA" E "CELIBATO/PRETI SPOSATI": NOTIZIE DAL MONDO

“Non è bene che l’uomo sia solo…” (Gen 18)

Questo blog nasce dall’esigenza di portare alla luce la sofferenza, i problemi, le contraddizioni e gli ostacoli o i divieti che derivano dalla legge del celibato obbligatorio dei preti, così come previsto nell’ordinamento della chiesa cattolica romana.
Vuole essere principalmente un punto per lo scambio di esperienze e per il sostegno reciproco di quanti sono coinvolti in questa problematica:

• Le donne, che sono costrette a nascondersi, talvolta a vergognarsi di ciò che provano, subendo i cambi continui di umore di una immaturità affettiva dei chierici

• I preti, che vivono uno stato di confusione tra ciò che sembra essere il loro obbligo di fedeltà verso la chiesa a cui appartengono, e la bellezza di una nuova scoperta.

• I figli nati da queste relazioni, che hanno tutto il diritto di essere figli come tutti gli altri e quindi amati e cresciuti da entrambi i genitori. Soprattutto, come la gerarchia sosteneva a riguardo del referendum sulla legge 40, hanno il diritto di conoscere chi è il loro padre

E’ evidente che il celibato obbligatorio sia solo uno dei sintomi di una rigidità dottrinale che non contempla il bene dell’uomo e, per questo, la chiesa stessa (il popolo di Dio) deve trovare la forza e la libertà di andare oltre la legge, proprio sulle orme dell’uomo Gesù che ha avuto il coraggio di sfidare i mali del Tempio.

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Messaggiodi natolibero63 » 1 dic 2012, 0:33

Austria, "guerra fredda" tra preti ribelli e Vaticano


La decisione di revocare il titolo di monsignore a Helmut Schueller giunge mentre il movimento sta organizzando un grande evento internazionale.

Alessandro Speciale - Roma -

Una punizione dal valore più che altro simbolico ma che segnala un ulteriore raffreddamento nei confronti dell' iniziativa dei preti ' ribelli' austriaci proprio mentre questi si preparano, nel 2013, ad un grande evento internazionale che metta in collegamento tra loro quei sacerdoti che, in tutto il mondo, sono insofferenti nei confronti dell' immobilismo vaticano e cercano riforme profonde nella Chiesa.

Il Vaticano ha annunciato ieri di aver revocato il titolo di 'monsignore' a Helmut Schueller, l' ex-vicario generale dell' arcidiocesi di Vienna diventato da anni capofila della Pfarrer Initiative,



l' ampio movimento di parroci austriaci che chiede riforme ecclesiastiche su tematiche come il celibato obbligatorio, la comunione ai divorziati e le coppie gay. Schueller rimane sacerdote a tutti gli effetti ma non è più “cappellano di Sua Santità”, un titolo onorifico che aveva ricevuto quando era presidente di Caritas Austria.



La decisione romana è stata comunicata a Schueller tramite la diocesi di Vienna, ha riferito alla stampa austriaca il portavoce del cardinale Christoph Schoenborn, Michael Prueller. Schueller è parroco di St. Stephan nel paese di Probstdorf, vicino Vienna.



La notizia arriva pochi giorni dopo l' annuncio, fatto dallo stesso Schueller in un' intervista all' agenzia austriaca APA, di un incontro mondiale dei movimenti spuntati negli ultimi anni in tutto il mondo sulla falsariga della iniziativa dei parroci austriaci o che portano avanti le stesse richieste.



L' appuntamento dovrebbe tenersi nel 2013 e avrebbero già espresso interesse gruppi di sacerdoti in Germania, Irlanda, Francia, Usa e Australia con cui la Pfarrer Initiative è in contatto. Quello che viene, ha spiegato Schueller, sarà “l’ anno dell’ internazionalizzazione del movimento, un congresso si terrà probabilmente in Germania”.



Il movimento dei “parroci ribelli” raccoglie ormai un decimo di tutto il clero austriaco, più di 500 fra sacerdoti e diaconi. L’iniziativa austriaca, nata nel 2005, ha avuto risonanza mondiale dopo la pubblicazione nel 2011 con la pubblicazione di un “Appello alla disobbedienza” nel quale si chiedevano svolte radicali nella Chiesa su temi come la comunione ai divorziati risposati, il sacerdozio per i preti sposati, l’ apertura all’ ordinazione femminile, un maggior peso delle comunità di fedeli e del clero locale nella scelta dei vescovi, la richiesta di un ruolo attivo dei laici in campo liturgico, nella predicazione e nell’eucaristia laddove ci sono pochi preti, affinché questi ultimi non diventino funzionari carichi di lavoro che devono burocraticamente dire messa e dare sacramenti da una località all’altra del Paese.



Anche se i vescovi austriaci hanno sempre cercato di non chiudere del tutto le porte del dialogo con i preti 'ribelli' , in un recente intervento in Vaticano, il nuovo prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, monsignor Gerhard Ludwig Mueller, ha risposto direttamente ad una delle idee portate avanti dalla Pfarrer Initiative: chiedere che i fedeli scelgano il proprio 'pastore' , ha detto Mueller, è “un pensiero protestante”.

http://vaticaninsider.lastampa.it/inchi ... sia-20200/
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Messaggiodi natolibero63 » 20 dic 2012, 14:03

Le intercettazioni shock del prete di Condera: “A noi preti ci dovrebbero autorizzare almeno una volta nella vita a mettere incinta una donna per vedere l’ effetto che fa”


REGGIO CALABRIA – «A noi preti ci dovrebbero autorizzare almeno una volta nella vita a mettere incinta una donna “per vedere l’effetto che fa”, senza sposarla, qualche prete e qualche vescovo lo ha fatto».

Quando il capitano dei carabinieri Valerio Palmieri, ha letto in aula l’intercettazione di don Nuccio Cannizzaro, è calato il gelo. Il Presidente del Tribunale, Andrea Esposito, è rimasto di sasso.

I pochi presenti all’udienza di martedì sera lo hanno visto cambiare colore. Il giudice, con non poco imbarazzo, dopo pochi interminabili secondi ha chiesto all’ufficiale dell’Arma di «andare avanti», soprassedendo sui dettagli. E Palmieri ha ripreso il suo racconto, a sua volta sollevato dalla richiesta, sollecitato dalle domande del pm Stefano Musolino su un altro versante.
C’è quella frase nel fascicolo personale intestato a Cannizzaro Concetto Antonio, don Nuccio appunto. Ma c’è anche molto di più. Il cerimoniere del vescovo di Reggio Calabria è infatti imputato nel processo che mette assieme le inchieste dei pm Stefano Musolino e Sara Ombra, “Sistema” e “Raccordo” contro esponenti del clan Crucitti e non solo. Una storiaccia che vede invischiato il prete con l’accusa di aver dichiarato il falso in un procedimento penale contro la cosca per avvantaggiare il boss del quartiere Condera. Ed è in quel contesto che sono finite le intercettazioni di don Nuccio. Intercettazioni allegate al processo «al fine di delineare la personalità del religioso». Una rogna. Per tante ragioni.
Intanto don Nuccio Cannizzaro è il parroco più noto della città della Stretto. Inoltre ricopre il ruolo di cerimoniere del vescovo Vittorio Mondello e di cappellano della Polizia Municipale. Personaggio pubblico dunque, anche per la sua vicinanza a diversi esponenti politici del centrodestra. Don Nuccio per la verità non è mai stato uno che le manda a dire, ma quelli intercettati dalle microspie dei carabinieri sono giudizi pesanti. Ben oltre le righe. Scrivono i carabinieri: «Continuano a parlare di preti in generale (il parroco e il suo interlocutore, tale Giovanni, ndr) che si comportano male o che fanno abusi, don Nuccio dice a Giovanni che sono cose vere, quindi fa particolare riferimento a qualcuno di loro conoscenza che non si comporta bene.

Don Nuccio riferisce che questo religioso è diventato vescovo nonostante le porcate che ha fatto e che il vescovo non sa niente. E nessuno parla per paura. Gianni riferisce di essere a conoscenza di alcuni avvenimenti spiacevoli e Nuccio dice che le cose più gravi sono altre». E riferendosi allo stesso prelato dice: «E’ malato… capisci che è malato mentale, è malato … è pericoloso, farà danni, prima o dopo scoppierà qualche caso.. vedrai…». Qui persino i carabinieri che sintetizzano le intercettazioni non vanno oltre. Le parole registrate sulla Mercedes di don Nuccio restano, ma i militari si limitano a sottolineare soltanto che: «I due interlocutori continuano a raccontare alcune cattive azioni fatte da questa persona».



Nelle intercettazioni presentate in aula finiscono, quindi, anche diversi fatti e interlocutori, compreso l’ex consigliere comunale Suraci che, a sua volta, chiama l’allora sindaco Scopelliti. (GIUSEPPE BALDESSARRO – ilquotidianodellacalabria.it)

http://infosannio.wordpress.com/2012/12 ... to-che-fa/
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Messaggiodi natolibero63 » 20 dic 2012, 23:27

Abolire il celibato in 50 anni il progetto segreto del Vaticano

CITTÀ DEL VATICANO - «Il celibatoè un dono di Dio che va compreso», dice il cardinale Hummes, prefetto per la Congregazione per il clero. Una regola che «in nessun modo è stata messa in dubbio» dall' arcidiocesi di Vienna, aggiunge il cardinale austriaco Schoenborn, precisando le proprie dichiarazioni di 24 ore prima, in cui sembrava invece affermare che gli abusi sessuali dei preti emersi in Germania e Austria fossero in parte causati dal celibato ecclesiastico. La Chiesa fa quadrato attorno a un argomento delicatissimo, quello della rinuncia al matrimonio di sacerdoti e suore, nel timore di essere non compresa in uno dei suoi cardini fondamentali e attaccata in maniera strumentale. Eppure, da qualche tempo, e non in relazione agli ultimi episodi di cronaca legati ai casi scoppiati anche in Irlanda, il Vaticano ha cominciato a riflettere seriamente su un apparente dogma che, in un futuro molto lontano, potrebbe non essere più tale. Secondo quanto ha saputo Repubblica, la Chiesa sta anzi pensando, per un domani che si misurerà in decenni, di poter eventualmente abolire la regola del celibato per i propri esponenti. Il percorso, e lo studio, segretissimo, sarebbe stato affidato ad alcuni alti rappresentanti della Congregazione per il clero, guidata da monsignor Claudio Hummes. Naturalmente il passo del Vaticano su questo punto centrale è prudente, e le fonti parlano addirittura della possibilità di un cambiamento, in proposito, «da qui a 50 anni». Tuttavia l' approccio dimostra che la Santa Sede sta cominciando a riflettere su quella che potrebbe rivelarsi come una vera e propria rivoluzione, tale da avvicinare i cattolici al mondo protestante, dovei ministri del culto hanno famiglia e papesse luterane allevano 4 figli permettendosi persino il lusso della separazione dal consorte. Concetti che - soprattutto oggi, sotto i riflettori dei media internazionali per i casi di pedofilia e violenze scoperti uno via l' altro - la Chiesa avrebbe enormi difficoltà pubbliche ad ammettere come affrontabili. Ma il germe sembra gettato, e le prime indagini esplorative avviate. Proprio la Congregazione per il clero aveva mesi fa preparato un convegno di due giorni, cominciato ieri all' Università Lateranense, e seguitissimo, dal titolo "Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote", con un parterre di livello. E tra i molti intervenuti, fra gli altri William J. Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, Carlo Cafarra, arcivescovo di Bologna, Leo Burke, prefetto del Supremo tribunale della segnatura apostolica, Antonio Canizares Llovera, prefetto del Culto divino, alcuni relatori non hanno mancato di toccare il tema «della bellezza e dell' importanza del sacerdozio», come affermato dal vescovo di Petropolis, Filippo Santoro. Discorsi tutti ovviamente vicini alla linea ufficiale, anticipata da Hummes nel suo indirizzo di saluto. Eppure molti ricordano che fu lo stesso prefetto per il Clero, al suo arrivo a Roma nel 2006, a dire che «il celibato non è un dogma». Una tesi apparsa ardita, da quel momento mai più accennata in pubblico. E curiosamente ieri, dopo il suo intervento, il padrone di casa ha lasciato il convegno, senza potersi confrontare sull' argomento con i giornalisti. © RIPRODUZIONE RISERVATA
MARCO ANSALDO

http://ricerca.repubblica.it/repubblica ... ni-il.html
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Messaggiodi natolibero63 » 24 dic 2012, 2:17

Lettera di Natale di 11 preti che vogliono un’ altra Chiesa


Luca Kocci -

Non comincia con il tradizionale “Caro Babbo Natale”, ma con una forte critica alla politica antisociale del governo Monti e alle pretese delle gerarchie ecclesiastiche di voler imporre per legge i valori cattolici proclamati «non negoziabili».

E alla Chiesa chiedono di demolire i muri e abbassare i ponti levatoi che la separano dalla storia e di aprire le porte ai divorziati, agli omosessuali, al sacerdozio femminile, ai preti sposati.

È la “Lettera di Natale” di 11 preti del Triveneto, fra cui Albino Bizzotto dei Beati i costruttori di pace e Pierluigi Di Piazza del Centro Balducci di Zugliano (Ud), principale animatore dell’ iniziativa. Sembra una lettera eversiva, visti i tempi – dalla santificazione del “salvatore” Monti, alla dura condanna ribadita dal papa anche ieri nel tradizionale discorso alla Curia romana contro le unioni gay, «attentato all’ autentica forma della famiglia»,



e contro la teoria gender che mette in discussione «la visione dell’ essere stesso, di ciò che in realtà significa l’ essere uomini» –, ma per gli 11 è semplicemente evangelica.

«La crisi economica, causata da una finanza autoreferenziale e senza etica, provoca ricadute drammatiche sulla vita delle persone» e di interi popoli «in nome del primato del mercato», scrivono i preti, già autori di lettere simili negli anni passati. Eppure «i tagli operati nel nostro Paese non hanno riguardato denaro e immobili dei ricchi né i cacciabombardieri F-35, ma scuola, sanità e welfare», e hanno colpito «fasce di popolazione già deboli e in difficoltà». Troppo spesso «la giustizia viene pronunciata con solennità da chi la calpesta» e «le dichiarazioni di pace coprono azioni di guerra», mentre il problema è «strutturale ed esige un’ altra visione del mondo, un’ economia di giustizia e di uguaglianza reali».



La «crisi della politica» è diffusa e riguarda «i contenuti, la rappresentatività, i metodi», scrivono gli 11, mettendo il dito nelle piaghe della Chiesa «a cui con convinzione e consapevolezza critica apparteniamo come preti»: il matrimonio di interessi con alcuni partiti e l’ arroccamento nel fortino dei princìpi. È evidente, denunciano, «la pretesa impropria di una parte politica che afferma di rappresentare e di difendere i valori cattolici con l’ approvazione della gerarchia della Chiesa, mentre manifesta convinzioni, atteggiamenti, comportamenti riguardo al neoliberismo, ai privilegi, alla guerra, all’ immigrazione, contrastanti il messaggio del Vangelo con evidenze di corruzione e immoralità».



Il “sogno” degli 11 religiosi – che dichiarano di sentirsi «uniti» a tutti quei movimenti per la riforma delle strutture ecclesiastiche che negli ultimi mesi, a partire dall’ Austria dove oltre 300 parroci hanno firmato un “Appello alla disobbedienza” subito sottolineato in rosso dal papa, si sono diffusi in tutta Europa ma assai poco in Italia – è quello di una Chiesa «dal volto evangelicamente più umano», che riprenda in mano i fili spezzati del Concilio Vaticano II: il dialogo con le altre religioni, le altre Chiese e le altre culture, l’ impegno «a ritrovare una comunione reale con i divorziati e risposati» e «a valutare presenza e partecipazione nella comunità ecclesiale di omosessuali, eterosessuali, transessuali», la capacità «di interrogarsi responsabilmente sul sacerdozio alle donne, sul celibato dei preti, sull’ ordinazione di uomini sposati».



Ed è l’ idea stessa dei «princìpi non negoziabili», sempre più spesso usati dalle gerarchie ecclesiastiche sul terreno politico per dividere i “buoni” (centro e destra) dai “cattivi” (sinistra) o per spingere i “cattivi” ad essere un po’ più buoni allentando i cordoni della borsa – vedi i finanziamenti alla scuola paritaria – o rafforzando certi privilegi, ad essere abbattuta dagli 11 preti autori della lettera. La Chiesa, scrivono, non deve considerare nessun valore «non negoziabile», ma deve reputare «fondamentale ascoltare, e quindi dialogare, con le persone sulle loro storie di vita; l’ esperienza di una Chiesa povera e abitata dai poveri, liberata dall’ abbraccio mortale con il potere economico, politico, militare, mediatico. Di una simile Chiesa c’ è bisogno in ogni momento della storia». E adesso, perlomeno nella sua struttura istituzionale, sembra totalmente assente.

http://lucakocci.wordpress.com/2012/12/ ... ra-chiesa/
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Messaggiodi Stefania » 10 giu 2013, 10:57

Il parroco che si sposa: «Non ho atteso 60 anni per fare sesso»

La decisione di ‘spogliarsi’ dell’abito talare e aprire un percorso di vita con una compagna, è arrivata a metà aprile. E non prima. “Chi dice il contrario è solo un maligno”. Don Giovanni Botta, il prete originario di Salerno, va subito al nocciolo della questione replicando alle illazioni di quanti ad Avellino l’hanno etichettato come prete ‘sciupafemmene’ oppure di averla combinata grossa con la trentaduenne di Mercato San Severino. “Con quella donna non ho avuto un rapporto sessuale- precisa don Botta-: ci conoscevamo da tempo, aveva avuto la sfortuna di perdere il marito morto a causa di un male incurabile ed è venuta a confidarsi da me. E’ nata l’amicizia e con il passare del tempo questo sentimento si è tramutato in affetto reciproco.

Il resto sono chiacchiere e certamente non potevo aspettare sessant’anni per fare sesso. Chi insinua qualche altra cosa è in malafede per non dire altro”. Ma siamo uomini, può starci un colpo di fulmine. “Non è vero, neanche questo c’è stato. Io parlerei d’intesa mentale. Direi che ci hanno accomunato i valori. Questa sì che è stata la scintilla che ha fatto scoppiare il nostro rapporto. Ma solo dopo una seria riflessione che può avere un domenicano come me”. Tuttavia, la gente ad Avellino, soprattutti i fedeli della chiesa del Rosario di corso Vittorio Emanuele, non le perdona il fatto che proprio lei, punto di riferimento per molti, abbia fatto una scelta del genere. “Con i fedeli e gli amici ho avuto un rapporto buonissimo, tutti possono testimoniare la mia dedizione per la missione di sacerdote. Non ho nulla da rimproverarmi sul ministero svolto. Ho fatto questa scelta perchè, ripeto, è stata ben ponderata. Ho servito la Chiesa per 35 anni con fedeltà e competenza. Lo so che tanti si dispiacciono, che hanno avuto in me un punto di riferimento, ma io sono mezzo non un punto d’arrivo. Chi fa altri ragionamenti sta fuori la realtà cristiana. La realtà di una vita di famiglia è avvenutadue mesi fa, dopo ho fatto un itinerario interiore fino ad uscire allo scoperto e spiegare la mia decisione”.
Dove andrà ora don Giovanni? “Al nord Italia, il mio lavoro sarà all’interno di un centro di recupero per giovani. Farò da collante tra il detenuto e la sua famiglia. Purtroppo dobbiamo lasciare questi posti ma non posso dire altro per non coinvolgere altre persone”. E il vescovo della Diocesi di Avellino Francesco Marino come l’ha presa? “All’inizio ha accettato il fatto che la donna venisse da me a confidarsi, poi però non è stato molto sensibile nel comunicare certe cose personalmente ma l’ha fatto verso lettere. Ma questo fa parte del nostro limite umano. Proprio l’atteggiamento del vescovo ha accelerato la mia partenza”

Leggi tutto da
http://www.metropolisweb.it/Notizie/Sal ... sesso.aspx
http://www.positanonews.it/articoli/967 ... monio.html
http://www.fanpage.it/sacerdote-lascia- ... una-donna/
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Messaggiodi ornella » 20 ago 2013, 11:01

Cara Paola,
sul tema si è stradiscusso qui ed altrove. Non c’è nessuno che non veda l’incongruenza tra i versetti citati e le decisioni successive. E faccio presente che, se papa Francesco ha adottato uno stile di vita più evangelico e toni più caritatevoli, non per questo ha abbandonato i capisaldi attuali, in materia di sessualità e morale, del CCC.
Che dedurre allora? Che i suoi inviti sinceri ad elaborare una teologia della donna, citando la Madonna (scrivo Madonna e non Maria di Nazaret appositamente perché di Maria dai sinottici sappiamo poco o nulla, mentre sulla Madonna si sono scritti fiumi d’inchiostro), dicevo che gli inviti sinceri a scrivere una teologia che parli della donna non servono a nulla. Bisogna che le donne prendano in mano la teologia, e non sono poche le teologhe femministe che lo fanno da anni, e che non parlino della donna o alle donne, ma che guardino alla storia della salvezza con lo sguardo appunto delle donne. Il misconoscere questo fatto o significa che papa Bergoglio, per altri versi molto amato, non conosce quella teologia, o significa che considera quella teologia impraticabile.
Eppure, sia per parlare di presbiterato femminile che di matrimonio dei presbiteri (e delle presbitere), da lì per me si dovrebbe partire se non altro per smetterla di fingere di “mettersi in ascolto” delle donne nel mentre si discetta quasi sempre senza conoscerle, o misconoscendole di fatto.
Faccio inoltre notare che rivolgersi al papa non serve a nulla, ma che un papa che pare delegare di più alle conferenze episcopali come papa Francesco, dovrebbe incoraggiare queste ultime a mettersi al lavoro con proposte di riforme ecclesiali che sono state bloccate sul nascere nel post- concilio.
La migliore soluzione sarebbe indire un altro concilio che facesse finalmente sbocciare l’estate dopo l’aurora primaverile del Vaticano II rimasta lettera morta. Allora potremmo aspettarci, nell’ampio riordino della struttura secolare chiesa cattolica che s’impone stante la disaffezione silenziosa di tanti/e com’è documentato in numerosi libri scritti anche qui in Italia, una seria revisione del funzionamento delle comunità, dei ruoli, e dei carismi-poteri, per arrivare a Paolo che scrive ai Galati “non vi sarà più giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna, perché saremo tutti uno in Cristo Gesù”. Non arriveremmo a tanto… ma a qualcosina potremmo immaginare di sì. Rimane comunque una grossa incognita: con vescovi arrivati ad essere tali perché scelti dai due papi extra conservatori che hanno preceduto l’attuale, cosa ci troveremmo davanti?
Un affettuoso abbraccio
Ornella
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Messaggiodi Stefania » 11 set 2013, 18:22

«Il celibato non è un dogma» Apertura di Parolin sui preti
di Gian Guido Vecchi
in Corriere della Sera del 11 settembre 2013


Il celibato sacerdotale? «Non è un dogma della Chiesa e se ne può discutere perché è una tradizione ecclesiastica». Le parole dell'arcivescovo Pietro Parolin, neo Segretario di Stato vaticano in carica dal 15 ottobre, non significano certo che la Chiesa stia pensando di abolire quella tradizione che «risale ai primi secoli» e della quale lo stesso Parolin difende il valore, «non si può dire, semplicemente, che appartiene al passato». Però è importante il fatto stesso che il suo più stretto collaboratore parli di «una grande sfida per il Papa», poiché «egli possiede il ministero dell'unità e tutte queste decisioni devono essere assunte per unire la Chiesa, non per dividerla». Che dica: «È possibile parlare e riflettere e approfondire quei temi che non sono articoli di fede e pensare ad alcune modifiche, però sempre al servizio dell'unità e secondo la volontà di Dio».
Con i tempi (lunghi) della Chiesa, l'idea di «modifiche» non è più un tabù. Parolin, nunzio a Caracas, parlando al quotidiano venezuelano El Universal pondera le parole. Dice che si tratta di seguire «la volontà di Dio e la storia della Chiesa» così come «l'apertura ai segni dei tempi», ad esempio «la scarsezza del clero». Di per sé che il celibato non sia un dogma è un dato di fatto.
Eppure, nel 2006, bastò che il cardinale Cláudio Hummes ricordasse la stessa cosa perché dal Vaticano fioccassero precisazioni imbarazzate. Era stato appena nominato prefetto del clero e la cosa, si disse, gli costò un certo isolamento in Curia. Ma i tempi cambiano, il cardinale cappuccino è un grande amico di Bergoglio (fu lui ad abbracciarlo nella Sistina e dirgli: «Ricordati dei poveri!») e chi dice queste cose non rischia più l'isolamento.
Del resto il neo Segretario di Stato parla di riforme, dei cambiamenti che riprendono il Concilio e trovano «resistenze» ma «non possono mettere in pericolo l'essenza della Chiesa»: e dice che se la Chiesa «non è una democrazia» alla fine decide il Papa «è una buona cosa che in questi tempi ci sia spirito più democratico, nel senso di ascoltare attentamente», una «conduzione collegiale dove possono esprimersi tutte le istanze». Proprio ieri il Papa ha riunito i capi dicastero in vista della riunione del «gruppo» cardinalizio che a ottobre affronterà la riforma di Curia.
Ma quali potrebbero essere le «modifiche» da discutere sul celibato? C'è un'idea che si fa strada da quando nel 2009 Benedetto XVI istituì degli «ordinariati» per gli anglicani che tornavano nella Chiesa cattolica, compresi i sacerdoti sposati. Di per sé, non una novità assoluta: nella Chiesa cattolica esistono già dei preti sposati. La disciplina del celibato vale per la Chiesa latina, ma in quelle cattoliche orientali non c'è obbligo. C'è quindi la possibilità che in futuro si vada verso una doppia disciplina anche nella Chiesa latina. Magari con le stesse regole: solo i celibi possono essere vescovi.
Del resto grandi voci nella Chiesa hanno aperto il tema. Il cardinale Carlo Maria Martini parlò del celibato come di «un grande valore e un segno evangelico» ma diceva: «Non per questo è necessario imporlo a tutti». Propose «la possibilità di ordinare viri probati», ovvero «uomini sposati che abbiano esperienza e maturità». L'ipotesi era stata bocciata nel sinodo del 2005, altre voci importanti si aggiunsero. Lo stesso Bergoglio parlò del tema da cardinale, nel libro Papa Francesco. Un testo in cui afferma d'essere «pienamente convinto» che "il celibato vada conservato". Ma dice anche che «se la Chiesa dovesse rivedere tale norma» non lo farebbe «spinta dalla scarsità» di vocazioni e comunque «non sarebbe una regola valida per tutti»: «Tratterebbe la cosa come un problema culturale di un luogo specifico, non in modo universale ma come un'opzione personale».



da: http://www.finesettimana.org/pmwiki/upl ... ecchi1.pdf


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La norma nel IV secolo ma ai preti orientali fu concesso di sposarsi
di Armando Torno
in Corriere della Sera del 11 settembre 2013


Si consiglia il celibato nelle Scritture, non lo si obbliga. Questa libertà fu seguita nei primi tempi della Chiesa. La disciplina in materia prende forma nel IV secolo nelle legislazioni conciliari; tuttavia, nel regolarla, Occidente e Oriente (dove era concesso a coloro che non sentivano la vocazione del celibato di usare i loro diritti coniugali) si dividono. Le storie indicano come prima legge in materia il canone 33 del Concilio di Elvira (intorno al 300), il quale obbligava gli ordinati in sacris alla continenza assoluta; inoltre, nel concilio romano del 386, papa Siricio promulgava una norma analoga, con l'intenzione di diffonderla in tutta la Chiesa latina. Il problema è più complesso di quello che oggi sembra: la Chiesa latina ha sempre scelto i preti tra coloro che erano celibi; quella orientale, invece, ha mantenuto la possibilità di trovarli anche tra gli sposati. Ma soprattutto il tema del celibato si presenta evidenzia Gianantonio Borgonovo, biblista e arciprete del Duomo di Milano «per la celebrazione dell'eucarestia». Nella tradizione orientale rimaneva un evento settimanale, in quella occidentale dopo l'VIII secolo si andava normalizzando come appuntamento quotidiano. Siccome «nella prassi della Chiesa non si avevano rapporti il giorno precedente la celebrazione eucaristica, si capisce come la tradizione occidentale si sia sempre più orientata a scegliere i propri ministri (eccetto i diaconi) tra coloro che avevano fatto la scelta della verginità».
Fu soltanto con il Concilio di Trento (XVI secolo) che il celibato ecclesiastico divenne effettivamente obbligante e vincolante per tutti i ministri ordinati nella Chiesa latina (l'orientale ha, invece, mantenuto la prassi antica). Tale normativa, aggiunge Borgonovo, «non è estrinseca al ministero presbiterale, ma aiuta ad affermare la testimonianza di tutta la vita impegnata nel sacerdozio». Nella Chiesa milanese ci fu sino all'XI secolo un ministero «concubinario», cioè preti con moglie, ma non ufficialmente sposati. Sant'Arialdo combatté proprio tale usanza. E ci lasciò le penne.



da: http://www.finesettimana.org/pmwiki/upl ... 1torno.pdf
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Re: "CRISI CHIESA" E "CELIBATO/PRETI SPOSATI": NOTIZIE DAL M

Messaggiodi Stefania » 16 set 2013, 9:28

Questo è un articolo de Il Fatto Quotidiano. Non è recentissimo, ma mi sembra interessante da leggere.

I preti possono sposarsi? Quel prete con moglie e figli voluto da Ratzinger

di Paolo Tessadri | 14 febbraio 2013

Il dibattito sul celibato dei preti riemerge ciclicamente. Il divieto dei sacerdoti di contrarre matrimonio non è infatti un sacro dogma, ma fu introdotto anche per salvaguardare i beni della Chiesa attorno alla metà del 1100. Benché il celibato sia stato raccomandato nei testi sacri, perché il sacerdote possa dedicarsi completamente al servizio divino. Tuttavia molti hanno chiesto l’abolizione del celibato, come i preti brasiliani. E, forse, si sarebbero evitati anche altri gravi problemi. Vi sono alcuni preti cattolici con moglie e figli. Uno di questi è Robert Ploss.

Sono trascorsi quasi dieci anni quando Robert Ploss fece il suo ingresso come sacerdote nella parrocchia di Marktredwitz, nell’Alta Baviera, ad appena uno sguardo dalla repubblica Ceca, nella diocesi di Regensburg, l’antica Ratisbona. Robert Ploss all’apparenza era un sacerdote cattolico come se ne incontrano tanti, ma, a differenza degli altri, era marito e padre di tre figli. A quel tempo c’era ancora Giovanni Paolo II e Joseph Ratzinger era alla guida della Congregazione della dottrina della fede.

Viso rubicondo, occhialini che s’intagliavano fra corti capelli rossicci e una barba con qualche accenno di cura, Ploss spiegava così la sua vicenda: “Sono stato un sacerdote evangelico-luterano per otto anni, fino al 2000”, abbozzava. Poi chiese udienza all’arcivescovo cattolico di Regensburg Gerhard Müller. Joseph Ratzinger conosceva molto bene Ratisbona, vi aveva insegnato all’università alla fine degli anni ’60. Fra il vescovo Müller e Ratzinger c’era un rapporto di amicizia e sono loro due che decidono di acconsentire che Ploss diventi un sacerdote cattolico. L’ultimo precedente risaliva a più di trent’anni prima, ma durante il Soglio Pontifico di Giovanni Paolo II nessuno, proprio nessuno, fu mai consacrato sacerdote portando l’anello nuziale al dito.

Il principio, tuttavia, rimaneva sempre in vigore: “Se un prete si sposa è automaticamente fuori dalla Chiesa, per me è stata firmata una speciale dispensa, un permesso concesso direttamente dal Papa”, chiariva Ploss. Infatti era stato proprio Joseph Ratzinger che si era fatto carico di seguire direttamente la vicenda di Ploss, con uno strappo alle “leggi”, e il Papa Giovanni Paolo II aveva acconsentito. La sua giornata era uguale a quella di tanti. La mattina a scuola ad insegnare religione in vari istituti, poi fra i malati dell’ospedale e quindi nella sua chiesa di St. Joseph per celebrare messa. Alla sera a casa, come tanti altri di padri di famiglia, come tanti altri lavoratori.

Ma la vicenda di Ploss rimase quasi unica. Chi sa se Ratzinger, a quel tempo, voleva dare un segnale di apertura nei confronti del matrimonio dei sacerdoti?

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02 ... er/499077/
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Re: "CRISI CHIESA" E "CELIBATO/PRETI SPOSATI": NOTIZIE DAL M

Messaggiodi Stefania » 17 set 2013, 16:35

La Chiesa ci ripensa sul celibato dei preti?

Le parole di Parolin al Corriere.

Il celibato sacerdotale «non è un dogma della Chiesa e se ne può discutere perché è una tradizione ecclesiastica». Ma «non si può dire, semplicemente, che appartiene al passato».

Il neo segretario di Stato Piero Parolin ha risposto così a una domanda del quotidiano venezuelano “El Universal”. Il dato della non intangibilità della legge canonica sul celibato – sostenuto dalla maggior parte dei teologi – era stato pubblicamente contestato alcuni mesi fa dal cardinale Mauro Piacenza, prefetto del clero, mentre il suo predecessore, Claudio Hummes, aveva preso la posizione contraria.

MONSIGNOR PAROLIN AL CORRIERE – Monsignor Parolin condivide la posizione del porporato brasiliano (notoriamente molto vicino a Bergoglio). «E’ possibile parlare e riflettere e approfondire – spiega il neo segretario di Stato nell’intervista rilasciata a Caracas, dove ha deciso di restare fino a meta’ ottobre, quando entrerà in carica – quei temi che non sono articoli di fede e pensare ad alcune modifiche, però sempre al servizio dell’unità e secondo la volontà di Dio».

LA LEGGE SUL CELIBATO – Parolin difende il valore della legge sul celibato (peraltro in vigore solo nella Chiesa Cattolica di rito latino, mentre le comunita’ cattoliche orientali non la seguono) e dice che «risale ai primi secoli». Tuttavia, ammette che il tema rappresenta «una grande sfida per il Papa», poiché «egli possiede il ministero dell’unità e tutte queste decisioni devono essere assunte per unire la Chiesa, non per dividerla». Per Parolin, occorre seguire «la volontà di Dio e la storia della Chiesa», ma non si può ignorare la realta’ di oggi e cioè «la scarsezza del clero» che a un certo punto potrebbe rendere necessario rivedere questa norma. (AGI)

http://www.giornalettismo.com/archives/ ... dei-preti/

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Preti sposati, verso lo scontro tra tradizione e rivoluzione

Dopo l’ apertura del segretario di Stato Parolin al matrimonio.

Giacomo Galeazzi - Città del Vaticano - Il neo segretario di Stato riapre la discussione sui preti sposati. Il celibato sacerdotale «non è un dogma della Chiesa e se ne può discutere perché è una tradizione ecclesiastica». Però «non si può dire, semplicemente, che appartiene al passato». L’ arcivescovo Pietro Parolin ha risposto così a una domanda del quotidiano venezuelano «El Universal» e la sua «apertura» è rimbalzata immediatamente in Curia. Il dato della non intangibilità della legge canonica sul celibato, sostenuto dalla maggior parte dei teologi, era stato pubblicamente contestato alcuni mesi fa dal cardinale Mauro Piacenza, prefetto del clero, mentre il suo predecessore, Claudio Hummes aveva preso la posizione contraria. Parolin condivide l’ orientamento riformatore e dialogante del porporato brasiliano che di Francesco è amico e consigliere. «È possibile parlare, riflettere e approfondire - spiega nell’ intervista rilasciata a Caracas, dove ha deciso di restare fino a metà ottobre, quando entrerà in carica in Vaticano - quei temi che non sono articoli di fede e pensare ad alcune modifiche, però sempre al servizio dell’ unità e secondo la volontà di Dio». Parolin difende il valore della legge sul celibato (peraltro in vigore solo nella Chiesa cattolica di rito latino, mentre le comunità cattoliche orientali non la seguono) e ribadisce che «risale ai primi secoli». Tuttavia, ammette che il tema rappresenta «una grande sfida per il Papa», poiché «egli possiede il ministero dell’ unità e tutte queste decisioni devono essere assunte per unire la Chiesa, non per dividerla». Per il braccio destro di Francesco, occorre seguire «la volontà di Dio e la storia della Chiesa», ma non si può ignorare la realtà di oggi e cioè «la scarsezza del clero» che a un certo punto potrebbe rendere necessario rivedere questa norma. Commenta il cardinale canonista Velasio De Paolis, commissario papale dei Legionari di Cristo: «Il celibato è un carisma ritenuto fin dai primi secoli adatto e conveniente al sacerdozio ma appartiene alla prassi non alla dottrina». Parlarne, evidenzia De Paolis, «non è né ereticale né scandaloso» e già «soprattutto durante i pontificati di Montini e Ratzinger si è posta la questione», però «non si tratta di una semplice tradizione come il breviario, le mani giunte o i salmi». Disponibilità al confronto dunque, senza fughe in avanti. «È una questione che può essere discussa: pur sapendo che il celibato è solo una tradizione, anche dopo il Vaticano II - sottolinea lo storico del cristianesimo Giovanni Maria Vian, direttore dell’ Osservatore romano - i papi hanno confermato la prassi della Chiesa latina. Nelle comunità orientali vengono ordinati uomini sposati, ma diventano vescovi solo i celibi. Nel Vangelo Gesù parla di castità per il regno dei cieli e ciò non era esclusiva dei seguaci di Cristo: non si sposavano neppure gli asceti giudei, mentre nel monachesimo è costante la scelta celibataria, che per le donne è un elemento di parità importante».

http://vaticaninsider.lastampa.it/vatic ... lin-27788/ - See more at: http://apocalisselaica.net/varie/cristi ... eKrId.dpuf

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Celibato? Una storia da preti

MAGARI è solo un caso, una banale coincidenza. Eppure incuriosisce il fatto che giovedì, all' indomani dell'apertura del neo segretario di Stato sul celibato dei preti, Francesco abbia ricevuto in udienza privata proprio il cardinale Mauro Piacenza.

Tra i ministri vaticani il prefetto della Congregazione del clero è quello che deve aver digerito peggio la sortita di monsignor Pietro Parolin.

Due anni fa, al riemergere del dibattito sul matrimonio dei sacerdoti, con piglio battagliero Piacenza scese in campo a difesa dello status quo. <Non dobbiamo lasciarci condizionare o intimidire da chi non comprende il celibato e vorrebbe modificare la disciplina ecclesiastica, almeno aprendo delle fessure>, scrisse in un articolo di prima pagina, apparso sull' Osservatore romano.

STANDO a indiscrezioni, l'incontro con il papa è ruotato attorno al sempre più probabile trasferimento del cardinale al vertice della Penitenzeria apostolica. Per lo spoil system vaticano è iniziato ormai il conto alla rovescia e il nome di Piacenza viene dato in uscita dai dicasteri centrali. E il celibato? In ragione anche della sfera di competenza del ministero guidato dal porporato, è alquanto probabile che durante l'udienza sia scappata almeno una battuta sull'intervista di Parolin. In Santa sede non tutti la pensano come Piacenza. Oggi come ieri. Nel 2006, appena nominato prefetto della Congregazione per il clero, il cardinale brasiliano Claudio Hummes mise in discussione l'intangibilità della legge canonica sul celibato dei preti. Lo fece con un'intervista al quotidiano Estado de S.Paulo che suscitò parecchia irritazione Oltre Tevere. Non a caso, una volta atterrato a Roma, Hummes cedette alle pressioni e ingranò la retromarcia, assicurando che <il tema non è all'ordine del giorno>. Fu di parola, per la delusione, cocente, di chi sperava in una revisione della normativa.

FRUTTO di diritto umano, il celibato obbligatorio non è una prescrizione universale della Chiesa. Basti pensare ai preti cattolici di rito orientale che possono sposarsi, anche se, per ricevere l'ordinazione episcopale, devono essere celibi. Nella comunità cristiana delle origini i presbiteri potevano prendere moglie. È a partire dal II secolo che lentamente, sotto l'influsso dell'ellenismo, si andò affermando una posizione più stringente: niente rapporti sessuali e, con riferimento ai preti e ai vescovi sposati, l'obbligo di vivere da fratelli e sorelle. Proprio in questo contesto filosofico si consumò il primo grande scisma nella Chiesa, quello tra papa Callisto e Innocenzo (inizio del III secolo). Tra i nodi al pettine c'era anche il celibato: da una parte, il pontefice, più tollerante, dall'altra, il fustigatore di ogni lassismo morale. Lo stesso che nei secoli si guadagnò l'onore degli altari. Ultima beffa della storia per il povero Callisto, conosciuto da pochi, dimenticato da tutti. Se è vero che già con il Sinodo di Elvira (305) la Chiesa conobbe le prime disposizioni canoniche particolari contro il sesso per il clero, bisognerà attendere la riforma gregoriana (XI secolo) e soprattutto il II Concilio lateranense di Innocenzo II (1139) per l'affermazione del vigente obbligo di celibato. Sarebbe grave negare la profonda tradizione ecclesiale in cui si inserisce il precetto, ma, allo stesso tempo, l'assolutizzazione di questa non fa altro che alimentare fughe in avanti radicali. Su tutte il noto Appello alla disobbedienza dell'Iniziativa dei parroci in Austria.

LA QUESTIONE va affrontata con lungimiranza e prudenza. Due qualità messe in luce dal nuovo segretario di Stato Parolin nell'intervista al quotidiano venezuelano El Universal: <Il celibato sacerdotale non è un dogma della Chiesa e se ne può discutere, perché è una tradizione ecclesiastica, ma non si può dire semplicemente che appartiene al passato>. È possibile <parlare e riflettere e approfondire – ha aggiunto - quei temi che non sono articoli di fede e pensare ad alcune modifiche, però sempre al servizio dell’unità e secondo la volontà di Dio>. Mai un segretario di Stato si era esposto così tanto su un terreno così scivoloso. Né Angelo Sodano, né Tarcisio Bertone misero mai il tema all'ordine del giorno della Chiesa. Parolin sa di essere un apripista e tuttavia non ha smentito le sue dichiarazioni dal Sud America, segno che il segretario di Stato ha le spalle coperte da un pontefice audace, ma non sprovveduto. Tra tre settimane, alla riunione di Francesco con gli otto cardinali, non si parlerà esclusivamente di Curia. Sarà solo uno dei problemi sul tavolo delle riforme.

Giovanni Panettiere

http://blog.quotidiano.net/panettiere/2 ... a-da-preti
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Re: "CRISI CHIESA" E "CELIBATO/PRETI SPOSATI": NOTIZIE DAL M

Messaggiodi Stefania » 24 set 2013, 9:25

Al di là del fatto che in questo articolo le cose non vengono chiamate col proprio nome (e questo mi fa davvero incazzare), mi sembra interessante leggerlo.

http://www.lastampa.it/2012/05/22/crona ... agina.html


Quella storia impossibile tra il prete e la perpetua

Don Armando e Adriana, una vita l’uno accanto all’altra a Torre Pellice. Alla morte dell’insegnante il prete ha traslocato nell’appartamento di lei
di lodovico poletto

Torino - Don Armando, scusi, in paese dicono che, nonostante l’abito talare, lei abbia amato una donna per trent’anni, è vero? Affacciato sulla porta della canonica, proprio lì a due passi dalla chiesa di San Martino, a Torre Pellice, don Armando scruta l’interlocutore con l’espressione di chi preferirebbe essere da un’altra parte. In un mondo dove i pettegolezzi non esistono e dove le voci non ti bruciano l’esistenza. Dove sei libero di essere solo te stesso. Prete o laico che sia. Innamorato, disperato, solo oppure in compagnia. Come meglio ti va. Don Armando, allora non è vero che è stato rimosso dall’incarico?

Piove oramai da due giorni su Torre Pellice. Altro che fine maggio: qui la temperatura è quella di un novembre qualsiasi. E don Armando Girardi ha acceso la stufa in canonica. Ma questa storia, le voci di paese che raccontano di un suo presunto amore terreno, e clandestino, gli fanno dimenticare tutto. Gli occhi diventano rossi, si velano appena. Ma è un istante. «Ma che cosa dite? Sono malignità. Pettegolezzi di gente che non ha niente di meglio da fare». Sono frasi stupide di uomini e di donne che vengono in chiesa a pregare. Ma appena sono fuori sparlano». Ma poi, scavando-scavando viene fuori che sì, don Armando ha davvero voluto bene a una donna. Voluto bene, sia chiaro. Ma per trent’anni o giù di lì. Lei si chiamava Adriana. Adriana Torchi. Aveva un anno più di lui: 72 quando è mancata, nell’ottobre dell’anno passato. Vedova da decenni, insegnante in pensione. Una presenza fissa in questa canonica che si affaccia ai margini dell’isola pedonale del paese. «Una donna meravigliosa, fantastica. Unica. Da lei ho imparato tanto. Tutto direi. E comunque molto di più di ciò che si impara in seminario. Da lei ho capito cos’è la vita: mi ha aperto gli occhi e la mente. Con lei ho compreso che il Dio a cui ho votato la mia esistenza non punisce ma che accoglie. È un Dio che perdona. Che comprende le debolezze umane. Non si vendica sugli uomini, li ama».

Don Armando, forse, adesso vorrebbe anche piangere parlando di Adriana. Ma poi, chissà che direbbero in paese se questa cosa si sapesse. E allora si rimette sulla difensiva: «Io non sono mai venuto meno alla promessa che ho fatto. Mai, mai, mai. È vero, le ho voluto bene. Ma il bene che deriva dal fatto che lei era una persona speciale. Adriana era una gran signora, un’insegnante e di profonda cultura». Adesso sì, il don è di nuovo padrone della situazione. Ma andare a spiegare una vicenda così fuori da questa casa parrocchiale che trasuda Storia, che custodisce memorie di fedeli, che ha fatto da baluardo della cristianità cattolica in una valle a maggioranza Valdese, sarebbe davvero complicato. E forse non tutto capirebbero. Non i credenti, non gli altri. Del resto, quando sette mesi fa Adriana è mancata, portata via da un tumore, la gente ha guardato quasi sbigottita alla devozione che don Armando le ha pubblicamente dimostrato. E i sussurri su una presunta relazione vietata dalla Chiesa, sono diventati incontrollabili. Don Armando ha dedicato pagine e pagine del foglio parrocchiale ad Adriana. Ha pianto, da solo, in canonica la perdita di quella donna a lui così vicina. E il giorno dei funerali ha fatto scrivere sulla lapide un epitaffio che, adesso, le malelingue sono pronte a leggere come una pubblica e postuma, dichiarazione d’amore terreno: «Sarai sempre nel mio cuore: don Armando».

Scusi don, ma quell’epitaffio che ha fatto scrivere? «Ma, guardi, bene non me lo ricordo neppure più. Comunque era una cosa che sentivo e che sento. Io non mi sono mai curato delle voci e delle maldicenze. Io sono sempre andato per la mia strada. Chi mi conosce sa come sono fatto. Non si può giudicare una persona da un epitaffio». Già, non si può fare, dimenticando ciò che questo prete ha realizzato per la casa di riposo, per gli anziani e per le persone in difficoltà. I suoi progetti, il suo andare a casa di chi soffre, ha subito un lutto, o ha ricevuto una brutta notizia, a portare una parola di speranza. «Sarai sempre nel mio cuore». «E mica finisce lì: il don se n’è andato anche dalla parrocchia per l’Adriana», ammiccano all’ora di pranzo al bar dietro la chiesa. Per l’Adriana? No, dopo la morte di Adriana. In quei pomeriggi in canonica don Armando e l’insegnante in pensione si erano fatti una promessa: «Io ti lascerò tutto ciò che ho di terreno». Lei se n’è andata per prima. Gli ha lasciato il suo alloggio in viale Gilly, a Torre Pellice. E don Armando, adesso, s’è trasferito lì. «Sentivo la necessità di un po’ di privacy dopo tanti anni sempre qui, sempre in mezzo alla gente; qui ci sono persone che vanno e che vengono a tutte le ore del giorno e della notte». Già, un po’ di tranquillità. Lasciandosi cullare da memorie e malinconie. Con il pensiero che corre ad Adriana che lo assisteva e soccorreva su tutto. A quelli che lui chiama «I suoi insegnamenti».

Ma in questa storia c’è anche il dolore della perdita. Quello che ti toglie il fiato, i pensieri, la voglia di fare. Quello di un amore che finisce, se volete. Quello dell’abbandono, della vedovanza. Per don Armando è soltanto la fine terrena di amicizia. «Lo ammetto, a un certo punto ho anche pensato di mollare tutto. Di lasciare questa parrocchia. Ma poi, per fortuna, il vescovo è intervenuto. Ci siamo parlati. È grazie a lui se sono ancora qui a portare avanti la mia missione, nonostante tutto e tutti». E l’Adriana? «Vivo nella speranza di poterla reincontrare dopo la morte. Di ritrovarla e di ripartire da lì». Piove su Torre Pellice e fa freddo. La gente si ferma mal volentieri. «Don Armando? Una brava persona. Certo che sta storia si sapeva. Ma così no» sussurrano. I nomi? «Per carità: abitiamo qui». Don Armando, in canonica, sfoglia un libro di Camilleri, si prepara al funerale che celebrerà al pomeriggio, al pranzo, da solo. «Con Adriana ho capito tantissime cose. Anche che la chiesa è sessuofoba. Che ha paura di certe cose. Ecco, lei mi ha davvero aperto gli occhi su che cos’è la vita».
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