Su sollecitazione di un nostro amico prete sposato diamo vita a questo nuovo argomento. Beh, certamente non proprio nuovo, ma forse non ancora sufficientemente approfondito in questo spazio.
In campo di fede, a mio parere, tutto può essere valido nonché conveniente a patto che venga scelto liberamente dal diretto interessato e che lui lo ritenga opportuno per la propria crescita umana. E' evidente che la disciplina del celibato obbligatorio non possa in alcun modo favorire questa libertà e quindi questa crescita, anche se è evidente che da secoli lo si fa passare per una scelta operata in modo consapevole.
Certamente nessuno è mai stato obbligato a diventare prete. Oggi addirittura alcuni esponenti del clero affermano che in realtà questa cosa non è mai stata compresa nel modo giusto e la realtà delle cose è la seguente: "non è che chi vuole fare il prete deve restare celibe, ma fra coloro che scelgono di restare celibi c'è qualcuno che vuole fare il prete".
Ritengo questa una menzogna colossale.
Oltretutto la vita, così come le convinzioni (anche spirituali), non è detto che debbano essere immutabili, immobili e eterne. Ammesso che un ragazzo adolescente sia in grado di decidere di restare celibe, come si fa ad essere certi che non incontrerà mai una persona che gli toccherà il cuore in profondità?
Ed è più fedele chi si lascia innamorare o chi respinge l'amore e lo fugge come se fosse una malattia?
Per chi ha studiato un minimo le origini della disciplina celibataria è evidente e scontato che non si tratti di un requisito cristiano, che ha cioè attinenza con Cristo, ma che sia il risultato di operazioni di tutt'altra specie. Convenienza?