Inserisco qui di seguito alcuni articoli che sembrano voler compensare i facili entusiasmi che le esternazioni di Parolin, nuovo segretario di Stato, hanno suscitato.
La Chiesa ci ripensa sul celibato dei preti? Le parole di Parolin al Corriere. Il celibato sacerdotale «non è un dogma della Chiesa e se ne può discutere perché è una tradizione ecclesiastica». Ma «non si può dire, semplicemente, che appartiene al passato».
Il neo segretario di Stato Piero Parolin ha risposto così a una domanda del quotidiano venezuelano “El Universal”. Il dato della non intangibilità della legge canonica sul celibato – sostenuto dalla maggior parte dei teologi – era stato pubblicamente contestato alcuni mesi fa dal cardinale Mauro Piacenza, prefetto del clero, mentre il suo predecessore, Claudio Hummes, aveva preso la posizione contraria.
MONSIGNOR PAROLIN AL CORRIERE – Monsignor Parolin condivide la posizione del porporato brasiliano (notoriamente molto vicino a Bergoglio). «E’ possibile parlare e riflettere e approfondire – spiega il neo segretario di Stato nell’intervista rilasciata a Caracas, dove ha deciso di restare fino a meta’ ottobre, quando entrerà in carica – quei temi che non sono articoli di fede e pensare ad alcune modifiche, però sempre al servizio dell’unità e secondo la volontà di Dio».
LA LEGGE SUL CELIBATO – Parolin difende il valore della legge sul celibato (peraltro in vigore solo nella Chiesa Cattolica di rito latino, mentre le comunita’ cattoliche orientali non la seguono) e dice che «risale ai primi secoli». Tuttavia, ammette che il tema rappresenta «una grande sfida per il Papa», poiché «egli possiede il ministero dell’unità e tutte queste decisioni devono essere assunte per unire la Chiesa, non per dividerla». Per Parolin, occorre seguire «la volontà di Dio e la storia della Chiesa», ma non si può ignorare la realta’ di oggi e cioè «la scarsezza del clero» che a un certo punto potrebbe rendere necessario rivedere questa norma. (AGI)
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Preti sposati, verso lo scontro tra tradizione e rivoluzione Dopo l’ apertura del segretario di Stato Parolin al matrimonio.Giacomo Galeazzi - Città del Vaticano - Il neo segretario di Stato riapre la discussione sui preti sposati. Il celibato sacerdotale «non è un dogma della Chiesa e se ne può discutere perché è una tradizione ecclesiastica». Però «non si può dire, semplicemente, che appartiene al passato». L’ arcivescovo Pietro Parolin ha risposto così a una domanda del quotidiano venezuelano «El Universal» e la sua «apertura» è rimbalzata immediatamente in Curia. Il dato della non intangibilità della legge canonica sul celibato, sostenuto dalla maggior parte dei teologi, era stato pubblicamente contestato alcuni mesi fa dal cardinale Mauro Piacenza, prefetto del clero, mentre il suo predecessore, Claudio Hummes aveva preso la posizione contraria. Parolin condivide l’ orientamento riformatore e dialogante del porporato brasiliano che di Francesco è amico e consigliere. «È possibile parlare, riflettere e approfondire - spiega nell’ intervista rilasciata a Caracas, dove ha deciso di restare fino a metà ottobre, quando entrerà in carica in Vaticano - quei temi che non sono articoli di fede e pensare ad alcune modifiche, però sempre al servizio dell’ unità e secondo la volontà di Dio». Parolin difende il valore della legge sul celibato (peraltro in vigore solo nella Chiesa cattolica di rito latino, mentre le comunità cattoliche orientali non la seguono) e ribadisce che «risale ai primi secoli». Tuttavia, ammette che il tema rappresenta «una grande sfida per il Papa», poiché «egli possiede il ministero dell’ unità e tutte queste decisioni devono essere assunte per unire la Chiesa, non per dividerla». Per il braccio destro di Francesco, occorre seguire «la volontà di Dio e la storia della Chiesa», ma non si può ignorare la realtà di oggi e cioè «la scarsezza del clero» che a un certo punto potrebbe rendere necessario rivedere questa norma. Commenta il cardinale canonista Velasio De Paolis, commissario papale dei Legionari di Cristo: «Il celibato è un carisma ritenuto fin dai primi secoli adatto e conveniente al sacerdozio ma appartiene alla prassi non alla dottrina». Parlarne, evidenzia De Paolis, «non è né ereticale né scandaloso» e già «soprattutto durante i pontificati di Montini e Ratzinger si è posta la questione», però «non si tratta di una semplice tradizione come il breviario, le mani giunte o i salmi». Disponibilità al confronto dunque, senza fughe in avanti. «È una questione che può essere discussa: pur sapendo che il celibato è solo una tradizione, anche dopo il Vaticano II - sottolinea lo storico del cristianesimo Giovanni Maria Vian, direttore dell’ Osservatore romano - i papi hanno confermato la prassi della Chiesa latina. Nelle comunità orientali vengono ordinati uomini sposati, ma diventano vescovi solo i celibi. Nel Vangelo Gesù parla di castità per il regno dei cieli e ciò non era esclusiva dei seguaci di Cristo: non si sposavano neppure gli asceti giudei, mentre nel monachesimo è costante la scelta celibataria, che per le donne è un elemento di parità importante».
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Celibato? Una storia da preti MAGARI è solo un caso, una banale coincidenza. Eppure incuriosisce il fatto che giovedì, all' indomani dell'apertura del neo segretario di Stato sul celibato dei preti, Francesco abbia ricevuto in udienza privata proprio il cardinale Mauro Piacenza.
Tra i ministri vaticani il prefetto della Congregazione del clero è quello che deve aver digerito peggio la sortita di monsignor Pietro Parolin.
Due anni fa, al riemergere del dibattito sul matrimonio dei sacerdoti, con piglio battagliero Piacenza scese in campo a difesa dello status quo. <Non dobbiamo lasciarci condizionare o intimidire da chi non comprende il celibato e vorrebbe modificare la disciplina ecclesiastica, almeno aprendo delle fessure>, scrisse in un articolo di prima pagina, apparso sull' Osservatore romano.
STANDO a indiscrezioni, l'incontro con il papa è ruotato attorno al sempre più probabile trasferimento del cardinale al vertice della Penitenzeria apostolica. Per lo spoil system vaticano è iniziato ormai il conto alla rovescia e il nome di Piacenza viene dato in uscita dai dicasteri centrali. E il celibato? In ragione anche della sfera di competenza del ministero guidato dal porporato, è alquanto probabile che durante l'udienza sia scappata almeno una battuta sull'intervista di Parolin. In Santa sede non tutti la pensano come Piacenza. Oggi come ieri. Nel 2006, appena nominato prefetto della Congregazione per il clero, il cardinale brasiliano Claudio Hummes mise in discussione l'intangibilità della legge canonica sul celibato dei preti. Lo fece con un'intervista al quotidiano Estado de S.Paulo che suscitò parecchia irritazione Oltre Tevere. Non a caso, una volta atterrato a Roma, Hummes cedette alle pressioni e ingranò la retromarcia, assicurando che <il tema non è all'ordine del giorno>. Fu di parola, per la delusione, cocente, di chi sperava in una revisione della normativa.
FRUTTO di diritto umano, il celibato obbligatorio non è una prescrizione universale della Chiesa. Basti pensare ai preti cattolici di rito orientale che possono sposarsi, anche se, per ricevere l'ordinazione episcopale, devono essere celibi. Nella comunità cristiana delle origini i presbiteri potevano prendere moglie. È a partire dal II secolo che lentamente, sotto l'influsso dell'ellenismo, si andò affermando una posizione più stringente: niente rapporti sessuali e, con riferimento ai preti e ai vescovi sposati, l'obbligo di vivere da fratelli e sorelle. Proprio in questo contesto filosofico si consumò il primo grande scisma nella Chiesa, quello tra papa Callisto e Innocenzo (inizio del III secolo). Tra i nodi al pettine c'era anche il celibato: da una parte, il pontefice, più tollerante, dall'altra, il fustigatore di ogni lassismo morale. Lo stesso che nei secoli si guadagnò l'onore degli altari. Ultima beffa della storia per il povero Callisto, conosciuto da pochi, dimenticato da tutti. Se è vero che già con il Sinodo di Elvira (305) la Chiesa conobbe le prime disposizioni canoniche particolari contro il sesso per il clero, bisognerà attendere la riforma gregoriana (XI secolo) e soprattutto il II Concilio lateranense di Innocenzo II (1139) per l'affermazione del vigente obbligo di celibato. Sarebbe grave negare la profonda tradizione ecclesiale in cui si inserisce il precetto, ma, allo stesso tempo, l'assolutizzazione di questa non fa altro che alimentare fughe in avanti radicali. Su tutte il noto Appello alla disobbedienza dell'Iniziativa dei parroci in Austria.
LA QUESTIONE va affrontata con lungimiranza e prudenza. Due qualità messe in luce dal nuovo segretario di Stato Parolin nell'intervista al quotidiano venezuelano El Universal: <Il celibato sacerdotale non è un dogma della Chiesa e se ne può discutere, perché è una tradizione ecclesiastica, ma non si può dire semplicemente che appartiene al passato>. È possibile <parlare e riflettere e approfondire – ha aggiunto - quei temi che non sono articoli di fede e pensare ad alcune modifiche, però sempre al servizio dell’unità e secondo la volontà di Dio>. Mai un segretario di Stato si era esposto così tanto su un terreno così scivoloso. Né Angelo Sodano, né Tarcisio Bertone misero mai il tema all'ordine del giorno della Chiesa. Parolin sa di essere un apripista e tuttavia non ha smentito le sue dichiarazioni dal Sud America, segno che il segretario di Stato ha le spalle coperte da un pontefice audace, ma non sprovveduto. Tra tre settimane, alla riunione di Francesco con gli otto cardinali, non si parlerà esclusivamente di Curia. Sarà solo uno dei problemi sul tavolo delle riforme.
Giovanni Panettiere
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