Forse un libro?

“Non è bene che l’uomo sia solo…” (Gen 18)

Questo blog nasce dall’esigenza di portare alla luce la sofferenza, i problemi, le contraddizioni e gli ostacoli o i divieti che derivano dalla legge del celibato obbligatorio dei preti, così come previsto nell’ordinamento della chiesa cattolica romana.
Vuole essere principalmente un punto per lo scambio di esperienze e per il sostegno reciproco di quanti sono coinvolti in questa problematica:

• Le donne, che sono costrette a nascondersi, talvolta a vergognarsi di ciò che provano, subendo i cambi continui di umore di una immaturità affettiva dei chierici

• I preti, che vivono uno stato di confusione tra ciò che sembra essere il loro obbligo di fedeltà verso la chiesa a cui appartengono, e la bellezza di una nuova scoperta.

• I figli nati da queste relazioni, che hanno tutto il diritto di essere figli come tutti gli altri e quindi amati e cresciuti da entrambi i genitori. Soprattutto, come la gerarchia sosteneva a riguardo del referendum sulla legge 40, hanno il diritto di conoscere chi è il loro padre

E’ evidente che il celibato obbligatorio sia solo uno dei sintomi di una rigidità dottrinale che non contempla il bene dell’uomo e, per questo, la chiesa stessa (il popolo di Dio) deve trovare la forza e la libertà di andare oltre la legge, proprio sulle orme dell’uomo Gesù che ha avuto il coraggio di sfidare i mali del Tempio.

Re: Forse un libro?

Messaggiodi ornella » 16 ott 2008, 12:37

Cara Stefania,
non ho idea di quali testate di giornale possano ospitare articoli: là bisogna provare con un tam tam capillare. E soprattutto provarci non consentendo che dei contributi vengano tirati fuori dal cassetto "ad hoc" quando si verifica il solito scandaletto nella solita parrocchia. Mi pare che Repubblica, ad esempio, possa ospitare qualcosa, tanto più che già per il passato, se ricordo bene, ha ospitato le esperienze di don Franco Barbero circa l'accompagnamento di preti in crisi. Magari si può prendere contatto con don Franco e vedere le strade da percorrere.
Circa il libro, io vedrei di concepire un canovaccio all'interno del quale muoversi, poi non è affatto necessario che si portino tante testimonianze, ma che siano poche e ben precise, possibilmente diversificate come esperienza, ambiente, cultura, famiglia etc.
L'idea di base è per me questa:
- un'introduzione che spieghi il perché del libro e che si tratta di un testo rivolto a tutti/e di condivisione di vita, indipendentemente dall'essere chierici o laici, donne o uomini, etc. All'uopo può tornare utile, sempre per schiodare l'inghippo del "sacro", Paolo ai Galati: "non vi sarà più giudeo né greco, né schiavo né libero etc..." .
- una serie di capitoli, che costituiranno l'ossatura del percorso, a tappe, chessò: Il "prima", ovvero qualche stralcio della vita di ognuna prima della "cura". "L'incontro", ovvero in quale si tuazione si sono trovati entrambi all'occasione: qua si può spaziare come si vuole, dando delle sfaccettature diverse a seconda delle storie di ognuna e di ognuno (penso a incontri fatti in un momendo di crisi personale e familiare, ad altri in situazioni assutamente tranquille etc. "La prima reazione" di ambedue davanti allo sviluppo imprevisto del rapporto. "La storia" sintetizzata. "Le difficoltà" esterne e interiori. "Le prese di posizione" delle varie istituzioni sociali ed ecclesiali nei confronti di entrambi. E... "Il cammino" che insieme o forzatamente separati si è proseguito, o la cclandestinità forzata della situazionecon tutti le conseguenze che ci si porta appresso, ivi inclusa l'ipocrisia di chi sa e tace.
All'interno delle varie "tappe", capisci che se si sviluppa un dialogo-racconto-confronto di esperienze il lettore si trova davanti a un vero e proprio sgranarsi di vicende che posso anche avvincere, non solo fare dell'arida indagine sociologica.
- Last but not least, una sintesi per "stringere" i punti in comune delle varie esperienze, stilata da una sola, magari se fosse esterna al gruppo saprebbe maggiormente "credibile", sintesi che tocchi sia il punto di vista ecclesiale che quello psicosociale di entrambi.
In appendice: spicchi di vita vissuta. Siete piene di lettere e diari: all'interno dei capitoli, si rimanda in nota all'appendice documentaria, che può andare da sensazioni, note appuntate, a lettere di reprimenda ufficiali ricevute etc., compatibili con l'oggetto del capitolo stesso.
Io a pensarlo sono arrivata sino a qui. E non so se sia fattibile a questa maniera. Quello che so è che un libro così non potrebbe essere tacciato di essere contro nessuno: presenterebbe l'evidenza di fatti quotidiani che accadono, e che nessuno/a potrà permettersi di "impiccarvi" per questo senza passare dalla parte del torto. Poi, è ovvio, l'idea si può sviluppare e prendere strade diverse da quella che avrei in mente io, ma ribadisco, l'importanza di buttare giù una stesura "di gruppo" sta sia nel fatto che aiuterebbe più di qualcuna a fare una sintesi della situazione, che non è mai un male, sia ad evitare l'ennesima inchiesta giornalistica che "seleziona a priori" sia le candidate che il tono della conversazione, a seconda della coloritura che si vuol dare al libro stesso. Insomma, un'operazione verità, anche dura quando questa verità è dura e senza sconti per nessuno. Non abbiamo bisogno di rassicurare, abbiamo bisogno di DIRE e FARE tra noi la verità, con la minuscola e con la maiuscola.
Ci pensavo ieri sera: ne ho parlato con mio marito che è ateo, quindi fuori dalle parti, e mi diceva che secondo lui è un'ottima idea.
Un abbraccio
Ornella
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Re: Forse un libro?

Messaggiodi Stefania » 21 ott 2008, 12:18

Cara Ornella, grazie dei preziosi spunti e suggerimenti.
C'è una cosa che mi svolazza nella testa da alcuni giorni. Se esiste una differenza o divergenza tra la parte "esperienziale" e l'effettiva "denuncia" di un fenomeno che esiste e va portato alla luce, più di quanto non sia stato già fatto.
Il non essere "contro", a mio parere, può essere facilmente frainteso.
Credo che non bisogna mai essere condiscendenti verso nessuno. Le esperienze di sofferenza, quando questa sofferenza viene manifestata, sono già di per sé una denuncia, e su questo ci siamo.
Per quanto vissuto/ascoltato/condiviso fino ad oggi, potrei sintetizzare tre tipi di corresponsabilità:
- la prima è, ovviamente, istituzionale. Cioè la legge, il dogma, il tempio, l'imposizione, l'obbligo, il giuramento e una imposta staticità di vita che non giova al dinamismo della propria evoluzione spirituale. Per non parlare della rigidità di una preparazione che è solo teorica e mai applicata, quando va bene.
- la seconda è del soggetto coinvolto. Le fughe, un atteggiamento vigliacco che suggerisce il dietro-front o il cercare riparo nelle maglie della stessa istituzione, che copre, protegge e apparentemente conforta. Un uomo adulto che non abbia capacità critiche non mi sembra una persona evoluta e tanto meno matura, intellettivamente ed emotivamente.
- la terza è indubbiamente la nostra. L'incapacità di fermarci a ragionare su cosa sia giusto per noi, a prescindere da lui.
Sarebbe possibile secondo te una impostazione dell'ipotetico libro/scritto che possa evidenziare tutti e tre gli aspetti?
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Re: Forse un libro?

Messaggiodi ornella » 21 ott 2008, 18:28

Cara Stefania,
intanto mi scuso per gli errori di digitazione del testo precedente, ma ero di fretta e non lo ho rivisto.
Per le domande che fai, eccoti come la penso: certo che è possibile porre in risalto i punti che tu rilevi, sia in sede di stesura dei dialoghi tra di voi che nella sintesi successiva che ne venga fatta, e che fatalmente toccherà i vari aspetti sia dell'istituzione che vostri. Per questo suggerivo una persona terza che la facesse (Codrignani ad esempio?!): non perché tolga al gruppo delle scriventi "le castagne dal fuoco", piuttosto perché il fare una sintesi è bene che sia fatto con pacatezza, senza che si possa tacciare alcuna di parzialità o emotività, ma con estrema serenità e fermezza. Inoltre, è evidente che nella ricerca delle documentazioni per l'Appendice, devono risultare chiaramente i rodimenti, le ipocrisie, e tutti quei tentativi distruttivi e distruggenti nei confronti delle parti coinvolte, esperiti dall'istituzione come da confratelli o da persone terze. Qua si tratta di dire le cose come stanno e di non farne un testo che possa essere considerato una specie di remake di "Uccelli di rovo". Si tratta di dire delle verità scomode, addentrandosii però nelle modificazioni che si vorrebbero imporre in primis a noi donne in casi come questi, perché ci hanno già pensato parecchi preti sposati a disquisire circa la parte maschile della questione. Dovrebbe essere chiaro che un rapporto d'amore maturo è un rapporto PARITARIO e RECIPROCO, che non è fatto di maternità surrogate o di altri contorsionismi del genere. Per questo è un libro difficile da scrivere in prima persona anche se collettivamente, ma che io credo utile innanzitutto a percorrere un cammino di autocomprensione collettiva. La sottoscritta infatti non si illude certamente che se, ipoteticamente, domani si togliesse l'obbligo celibatario, si aggiusterebbero tutte le situazioni che sa in essere o per interposte persone o per diretta scienza. Ma deve risultare chiaro che noi donne non siamo più disposte ad autosacrificarci, cosa che per i più, vorrebbe dire "scomparite, continuate ad accettare le condizioni che vi sono poste davanti e immolatevi in eterno perché questa è la vostra vocazione e la vostra inclinazione". NO, bisogna che cominciamo a ragionare "a partire da noi", rendendoci conto che se la parola non ce la prendiamo da sole, nessuno ce la darà. Io auspico un libro "dalla parte delle donne", di quelle donne che non intendono soggiacere a frettolosi giudizi, peggio a pre-giudizi, solo per il fatto di essere donne cattoliche, complici una teologia e una patristica maschili e spesso deteriori, e complice un'educazione ricevuta che, spiace dirlo, avvilisce invece che valorizzare il femminile. Certamente devono risaltare: l'immaturità di troppi preti dal punto di vista affettivo, ma anche l'immaturità del laicato ritenuto da sempre "infantile" e mantenuto tale nonostante sia passato un Concilio! Certamente deve risaltare l'ipocrisia ecclesiastica che condanna, ma arriva ad accettare anche di mantenere dei figli "della colpa" purché lo "scandalo" non esca, privando un prete del suo essere padre, ma soprattutto privando un figlio di avere un papà. Deve risaltare che noi donne riteniamo che credere nell'amore di Dio e del prossimo non significa solo e sempre quel dono oblativo che si vorrebbe. Che siamo più mature di quanto non si pensi, che non siamo delle "passive, irrazionali, istintive", e vediamo nel prete l'amico e il fratello in carne ed ossa e che quindi, quando amiamo, non amiamo "il ruolo", non soffriamo di "fascinazioni", ma amiamo un uomo in carne e sangue con i suoi carismi, uno dei quali è l'essere prete nella chiesa cattolica di rito latino. Per sua disgrazia... . Se lo fosse nella chiesa di rito orientale non si porrebbe neppure il problema. Per quanto concerne i religiosi, il discorso riguardo al conferimento dell'ordinazione non cambia, vi è il problema in più dei voti nella famiglia religiosa di appartenenza, che certo non sono insormontabili, creano solo un ostacolo in più perché il "gruppo" difende con le unghie e coi denti il membro del gruppo stesso, ed è più difficile staccarsene. Se solo il cammino del cristiano e della cristiana fosse concepito come un divenire, un affinarsi di esperienze e un raffinarsi delle relazioni con Dio e con il prossimo, non assisteremmo a tanti strazi. Io apprezzo molto la spiritualità del monachesimo, maschile e femminile, però so che pur tra difficoltà non da poco e discernimenti non facili, alcuni/e ne escono e non solo perché c'è di mezzo una donna (o un uomo). L'esclaustrazione non è un "tradimento", è una presa di coscienza. E' solo uno dei punti di svolta, quanti altri ce ne sono nelle nostre vite, nel cammino di persone che o si accorgono che non sono fatte per quella vita o si accorgono che, per crescere, hanno bisogno di altro. Il celibato, come del resto la povertà e l'obbedienza, sono dei valori solo se aiutano a crescere spiritualmente ed affettivamente, non se sono vissuti come un paravento dietro al quale nascondere, come se fossero degli obbrobri, delle relazioni che meriterebbero di vivere alla luce del sole. E, intendiamoci, non possono essere degli "alibi" per non scegliere indefinitamente.
Non so se ti ho risposto, lo spero. Comunque è così che io vedo la situazione.
Mi auguro che si possa finalmente narrarsi senza paure, visto che nell'amore non c'è nulla di peccaminoso o di trasgressivo, semmai è l'istituzione che nella sua immobile ipocrisia può incitare alla trasgressione i suoi membri, i quali sono sempre o quasi sempre certi di trovare ogni appoggio se si decidono per troncare una relazione buttandoci a mare. Pr tacere della pedofilia... . E NOI? .... Non possiamo più concedere di essere viste (o peggio vissute) e magari di vivere noi stesse attraverso cliché triti e vetusti. E soprattutto viziati in radice di un maschilismo patriarcale evidentissimo. Rifuggendo da ogni categoria, riprendiamoci la nostra soggettività, la nostra capacità di giudizio, la nostra dignità di persone e di cristiane: nè "madonne" né "puttane".
Se poi qualcuno vorrà vedervi un libro "contro", o ha i paraocchi o, a rileggerlo, dovrebbe prendere atto che è contro sì, ma contro ogni ipocrisia e quindi è un libro "per". Per una chiesa di uguali con carismi diversi, per una chiesa migliore, meno gerarchica, maggiormente fraterna e sororale. Quella che Gesù, che non era prete, ci ha lasciato e che noi abbiamo ridotto, sì ridotto, ad altro... .
Un abbraccio
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Re: Forse un libro?

Messaggiodi Stefania » 22 ott 2008, 18:04

Cara Ornella, grazie della risposta.
Credo di parlare a nome di tutte le donne al momento ipoteticamente interessate al libro, dicendoti che non sarebbe un problema affidarne "le fila" ad un esterno, non c'è paternità, né maternità.
Si tratta di un servizio.
Ora invece ti parlo in via personale. La vedo ancora una cosa del tutto campata in aria, che bisognerebbe pensare e ripensare con attenzione.
Libri sull'argomento ce ne sono già in giro.
Dovrebbe trattarsi di una cosa diversa, se riuscissimo. E torno a dire che è fondamentale stabilire i potenziali destinatari; sarà in base a questo che potremo meglio ipotizzare il tutto.
Se fosse un libro per le donne, per tutte le donne, in particolar modo quelle coinvolte nelle storie con preti, bisognerebbe strutturarlo in un modo, se fosse indirizzato ad un bacino più ampio, allora forse bisognerebbe sottolineare maggiormente l'aspetto istituzionale.
Ma... se fosse dedicato ai preti? Intendo proprio a loro, quelli nei quali ci siamo imbattute? (tolti nomi, riferimenti e quant'altro, ovviamente), a mò di lettera, una lunga lettera che, come tante altre, rimarrà senza risposta e senza riscontro...
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Re: Forse un libro?

Messaggiodi ornella » 23 ott 2008, 9:28

Cara Stefania e care tutte,
non pretendo di avere nessuna verità in tasca, quindi ogni soluzione sia percepita al vostro interno come la più pressante è forse quella che serve di più a voi stesse. Se si opta per il servizio alla trasparenza e alla paressia evangelica, credo che un libro, comunque stilato, rivolto alla gente comune, tento più che anche noi siamo gente comune, consentirebbe una presa di coscienza maggiore circa la problematica, ed eviterebbe (sono troppo ottimista?) sia le demonizzazioni che una generica simpatia. Riguardo alla lettera (o più lettere?) rivolta ai preti coinvolti, non è inutile comunque! Ma ne farei piuttosto un articolo da mandare a qualche giornale, o ad Adista, che affrontasse finalmente la tematica.
Con questo chiedo scusa, ma ho scritto anche troppo.
Purtroppo mi difetta da anni la facoltà di sintesi, ed è uno dei motivi per cui non scrivo più pubblicamente da nessuna parte. Seguirò volentieri da lettrice.
Con affetto
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Re: Forse un libro?

Messaggiodi antonella carisio » 25 ott 2008, 10:36

Ciao. Innanzi tutto chiedo scusa perchè ho dato il via alla discussione e poi non ho più scritto. Stavo meditando. La mia idea iniziale del libro era forse meno spirituale. Non volevo scrivere un romanzo alla "Uccelli di rovo" e neanche un "trattato". Mi piacerebbe scrivere un libro rivolto alla gente comune, un libro pieno di amore ma anche di riflessioni, vorrei trasmettere alcuni messaggi: primo amare non è mai peccato, secondo bisogna lottare per ciò in cui si crede, terzo una storia d'amore tra una donna ed un prete, o tra un uomo e una suora, è comunque una storia d'amore con mille problemi e complicazioni ma sempre una storia d'amore. Vorrei che la gente smettesse di seguire queste vicende con curiosità morbosa aspettando lo scandalo o i particolari "piccanti". Non voglio denunciare o incolpare nessuno ma capire e far capire, nei limiti del possibile, vorrei sensibilizzare il lettore. Avevo pensato ad un libro a più mani, un capitolo una storia, magari stilato a mò di diario, o come una raccolta di lettere. Ora, dopo aver letto gli altri interventi, mi sento un pò confusa... L'idea di scrivere il libro c'è sempre ma... Ho bisogno di aiuto. Un bi a tutti/e
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Re: Forse un libro?

Messaggiodi antonella carisio » 10 nov 2008, 13:43

Mi dispiace che nessuno sia più intevenuto nella discussione. Io però sono testona ed ho iniziato a buttare giù qualche idea. Mi date una mano? Baci
Antonella
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Re: Forse un libro?

Messaggiodi ornella » 19 gen 2009, 20:41

Care tutte,
anch'io sono testona e penso che scrivere sia terapeutico: mettere nero su bianco aiuta a fare un punto della propria situazione. poi magari condividete quanto avete scritto con altre del gruppo: da cosa nasce cosa... . Partire dall'idea "libro" forse è prematuro, ma non è mai troppo presto per buttare giù i propri pensieri per condividerli ed anche per rileggerli tra qualche mese. Chissà mai, io credo che l'ottica di ieri non sarà necessariamente l'ottica di domani, non per nulla si tengono i diari. Nulla è inutile, e tutto potrebbe rivelarsi prezioso magari messo sotto altra forma, più avanti.
Mai demordere!
Un affettuoso abbraccio
Ornella
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Re: Forse un libro?

Messaggiodi cristina » 19 gen 2009, 23:22

Ciao a tutte!
Anche io ho sempre avuto in testa l'idea di raccontare la mia storia con un libro
sarebbe un libro di lettere tra me e lui...con qualche commento di raccordo tra l'uno e l'altro pezzo.
Ma se vogliamo essere pubblicate e sopratutto lette...bisogna che il libro lo scriva qualcuno famoso parlando di noi e delle nostre storie...anche se questo vorrebbe dire perdere un pò della nostra verità o di noi stesse...io penso che ne valga la pena, se vorrà dire che il libro sarà letto e discusso da molti. Augias, Crepet, Parsi, Pasini, Alberoni, Bevilacqua ...psicologi, sociologi o giornalisti e chiunque altro vi possa venire in mente....si può proporre a loro ....al massimo diranno di no!
Un saluto a tutte
Cristina
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Re: Forse un libro?

Messaggiodi ornella » 19 gen 2009, 23:49

Cara Cristina,
per ottenere il commento di qualcuno famoso il libro dovrebbe avere un'impostazione omogenea, ossia contenere più storie con delle trame che seguano cadenze di vita precise, in modo da favorire la chiarezza dei fatti. Io direi di partire dal poco o dal molto che riuscite a scrivere e scambiarvi, e poi che lo riordinaste, senza pietà, in modo da ottenere delle storie che abbiano dei punti salienti riconoscibili. Ne avevo già scritto in precedenza. Poi, e solo poi, si potrà vedere di sottoporre a qualcuno il materiale. E solo poi ci si potrà chiedere quale sia la sensibilità più adatta a tirare le fila... lavoro delicato a da affidare non solo al "nome" ma essendo coscienti che le idee possono essere diverse dalle vostre, e quindi scegliendo una persona affine al vostro sentire, non il nome per se stesso.
Per cominciare non si può buttare giù un lavoro omogeneo, soprattutto senza incontrarsi e con il solo mezzo che è questo che stiamo usando, io direi quindi che ognuna lo imposti come meglio crede, solo dopo si potrà procedere a un vaglio in modo che il lavoro abbia un senso: quello di portare sì la testimonianza, ma anche di sottolineare i punti comuni nelle vostre storie che consentano un'analisi e una successiva sintesi/conclusione, in sintonia con quanto voi e solo voi deciderete di proporre.
Questo sta a voi pensarlo e deciderlo. E trovare un "nome" che sia disposto a spendersi.
Un abbraccio affettuoso e la buonanotte... io vado a nanna presto...
Ornella
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