Lettera aperta del Sito Plein Jour al Papa

“Non è bene che l’uomo sia solo…” (Gen 18)

Questo blog nasce dall’esigenza di portare alla luce la sofferenza, i problemi, le contraddizioni e gli ostacoli o i divieti che derivano dalla legge del celibato obbligatorio dei preti, così come previsto nell’ordinamento della chiesa cattolica romana.
Vuole essere principalmente un punto per lo scambio di esperienze e per il sostegno reciproco di quanti sono coinvolti in questa problematica:

• Le donne, che sono costrette a nascondersi, talvolta a vergognarsi di ciò che provano, subendo i cambi continui di umore di una immaturità affettiva dei chierici

• I preti, che vivono uno stato di confusione tra ciò che sembra essere il loro obbligo di fedeltà verso la chiesa a cui appartengono, e la bellezza di una nuova scoperta.

• I figli nati da queste relazioni, che hanno tutto il diritto di essere figli come tutti gli altri e quindi amati e cresciuti da entrambi i genitori. Soprattutto, come la gerarchia sosteneva a riguardo del referendum sulla legge 40, hanno il diritto di conoscere chi è il loro padre

E’ evidente che il celibato obbligatorio sia solo uno dei sintomi di una rigidità dottrinale che non contempla il bene dell’uomo e, per questo, la chiesa stessa (il popolo di Dio) deve trovare la forza e la libertà di andare oltre la legge, proprio sulle orme dell’uomo Gesù che ha avuto il coraggio di sfidare i mali del Tempio.

Lettera aperta del Sito Plein Jour al Papa

Messaggiodi Stefania » 8 set 2011, 16:59

Cari amici,
allego qui di seguito (prima in italiano e poi in francese) la lettera aperta che il Sito Plein Jour (donne dei preti e preti sposati francesi) ha inviato di recente al papa.

Al nostro papa Benedetto XVI,

Ci permetta di presentarci. Chi scrive sono centinaia di membri dell’Associazione Plein Jour.
Il nostro obiettivo principale è prestare sostegno ai preti e alle loro compagne.
E’ possibile che non abbia mai intuito l’enorme carico di sofferenza inflitta a queste donne e a questi uomini dalla regola del celibato ecclesiastico?
Non solo questa disciplina è disumana, ma contravviene apertamente alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948.
Infatti, l’articolo 16 afferma: Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione.
Quindi si può sostenere che l’impegno profuso a salvaguardia del celibato obbligatorio per i futuri preti debba essere considerato nullo e infondato. Secondo quale principio una legge vaticana promulgata nel Medioevo si considera superiore alla legge civile di uno Stato laico nel rispetto della Carta dei diritti dell’Uomo?
Inoltre, l’articolo 12 recita: Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesioni del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.
E il divieto di sposarsi imposto al prete non è un’interferenza nella sua vita privata? E come qualificare la dura sanzione in cui incorre chi intrattiene una relazione con una donna?
Leggiamo dall’articolo 18: Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo … Il prete può dirsi un uomo libero quando l’istituzione ha pensato e deciso per lui? Gli articoli 22 e 23 affrontano le questioni sociali.
Ogni individuo in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale nel rispetto dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità. Ogni lavoratore ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia un'esistenza conforme alla dignità umana …
Anche qui la gerarchia ecclesiastica è chiaramente in difetto: le remunerazioni inferiori al Salario Minimo Garantito non danno diritto all’indennità di disoccupazione per i preti che hanno lasciato il ministero, garantendo pensioni da miseria.
L’articolo 30 precisa : Nulla nella presente dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di qualsiasi Stato (neanche quello Vaticano) gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione dei diritti e delle libertà in essa enunciati.
E’ davvero tempo di mettere fine al requisito del celibato. Esso è di fatto contrario alle disposizioni dell’articolo 16 di questo testo fondamentale al quale si attengono gli Stati del mondo. Esigere un tale impegno costituisce un abuso di potere da parte di un governo autoritario clericale iper-centralizzato.
Approfittare dei sogni della gioventù e della sua generosità non è una sorta di manipolazione mentale? Questa regola è quanto meno un’infrazione ad una legge che supera le regole di diritto di tutti gli Stati. La Dichiarazione universale è situata al di sopra di tutte le altre.
La difesa dei diritti dell’uomo implica che coloro che si sono “impegnati” si rendano conto che tale impegno non ha alcun valore né davanti a Dio né davanti agli uomini. Le uniche leggi della religione si riassumono nei due primi comandamenti “adorerai un solo Dio” e “amerai il tuo prossimo come te stesso”.
Duemila anni prima della Carta, c’è stato l’amore che ha dato senso alla vita di Gesù. Egli l’ha manifestato nel rispetto della libertà di tutti color che ha incontrato, denunciando tutte le ingiustizie.
Possa egli ispirarci!
Con i migliori ossequi

Dominique Venturini e Jean Combe.



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A notre Pape Benoït XVI,

Permettez-nous de nous présenter. Nous sommes plusieurs centaines de personnes groupées dans l’Association Plein Jour.
Notre premier objectif est de venir en aide aux compagnes de prêtres et à leurs compagnons.
Peut-être n’avez-vous pas perçu l’énorme somme de souffrances infligées à ces femmes et à ces hommes par la règle du célibat ecclésiastique ?
Non seulement cette discipline est inhumaine, mais elle contrevient directement à la Déclaration universelle des droits de l’homme de 1948.
En effet, l’article 16 stipule : A partir de l’âge nubile, l’homme et la femme, sans aucune restriction quant à la race, la nationalité ou la religion, ont le droit de se marier et de fonder une famille.
Par conséquent, on peut affirmer que l’engagement au célibat imposé aux futurs prêtres doit être considéré comme nul et non fondé. Au nom de quel principe la loi du Vatican promulguée au Moyen Age serait-elle supérieure à la loi civile d’un Etat laïc respectant la Charte des droits humains ?
D’autre part, l’article 12 nous dit : Nul ne sera l’objet d’immixtions arbitraires dans sa vie privée, sa famille, son domicile ou sa correspondance ni d’atteintes à son honneur et à sa réputation. Toute personne a droit à la protection de la loi contre de telles immixtions ou de telles atteintes.
Or, l’ interdiction faite aux prêtres de se marier n’est-elle pas une atteinte à la vie privée ? Et comment qualifier la sanction brutale qui frappe ceux qui entretiennent une relation avec une femme ?
Nous lisons à l’article 18 Toute personne a droit à la liberté de pensée, de conscience et de religion ;
Ce droit implique la liberté de changer de religion ou de conviction ainsi que la liberté de manifester sa religion ou sa conviction...

Le prêtre est-il encore un homme libre alors que l’institution a pensé et décidé pour lui ? Les articles 22 et 23 abordent les questions sociales.
Toute personne en tant que membre de la société a droit à la sécurité sociale ;elle est fondée à obtenir la satisfactions des droits économiques, sociaux et culturels indispensables à sa dignité et au libre développement de sa personnalité... Quiconque travaille a droit à une rémunération équitable et satisfaisante lui assurant ainsi qu’à sa famille une existence conforme à la dignité humaine...
Là encore, la hiérarchie de l’Eglise est gravement prise en défaut : rémunérations inférieures au SMIC ne donnant pas droit au chômage aux prêtres ayant quitté le ministère, retraites de misère...
L’article 30 précise : Aucune disposition de la présente Déclaration ne peut être interprétée comme impliquant pour un Etat ( fût-ce celui du Vatican !) un groupement ( fût-ce une association diocésaine !) ou un individu,un droit quelconque de se livrer à une activité ou d’accomplir un acte visant à la destruction des droits et des libertés qui y sont énoncés.
Il est grand temps de mettre fin à l’obligation de la règle du célibat. Elle est notamment contraire aux dispositions de l’artice 16 de ce texte fondamental qui s’impose aux Etats du monde. Exiger ce type «d’engagement » constitue un abus de pouvoir d’un gouvernement clérical autoritaire hyper centralisé. Profiter des rêves de la jeunesse et de sa générosité n’est-ce pas une manipulation mentale ? Cette règle est au minimum en infraction avec une règle de droit qui dépasse toutes les règles de droit de tous les Etats. La Déclaration universelle se situe au dessus de toutes les autres.
La défense des droits de l’homme implique que ceux qui se sont « engagés » sachent que cet « engagement » n’a aucune valeur aussi bien devant Dieu que devant les hommes. Les seules injonctions de la religion se résument dans les deux premiers commandements « un seul Dieu tu adoreras » et « tu aimeras ton prochain comme toi-même ».
Deux millénaires avant cette Charte, c’est l’amour qui a donné sens à la vie de Jésus. Il l’a manifesté en respectant la liberté de tous ceux qu’il a rencontrés et en dénonçant toutes les injustices.
Puisse-t-il nous inspirer !
Respectueusement
Dominique Venturini et Jean Combe.
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UNA LETTERA-TESTIMONIANZA DA PLEIN JOUR

Messaggiodi Stefania » 27 feb 2012, 17:27

Dal Bollettino n. 16 di Plein Jour (il sito francese che si occupa di offrire sostegno e aiuto a donne e preti che vivono storie d'amore), riporto la traduzione di una storia.

HO IL CUORE CHE TRABOCCA
Testimonianza di Nadia

Non so se faccio bene a raccontare questa mia esperienza, ma sento che mi capirete meglio di quanto farebbero i miei migliori amici. Ecco, più di nove anni fa è arrivato nella mia parrocchia un nuovo animatore. Ero ancora piccola, frequentavo la quarta classe (in Italia l'ultimo anno di scuola media) e partecipavo alle attività della parrocchia. E quando partecipi alle attività consideri il prete come un idolo, una guida. Specie quando il prete in questione si dimostra estroverso, carismatico, simpatico e attento all'umanità di ciascuno.
Un prete diverso dagli altri. La sua energia ha colpito subito anche me. Ma quel che mi ha turbato soprattutto è stata la sua audacia, la sua leggerezza. Non sembrava affatto un prete. Era un giovane tra i giovani. Negli anni sono stata conquistata dalla sua vitalità e dalla sua passione per i bambini. Ho incominciato a trascorrere molto tempo in parrocchia. Sono diventata animatrice. Le esperienze che condividevo con il prete si sono moltiplicate. La nostra reciproca conoscenza si è approfondita. Mi prendeva spesso tra le braccia per darmi forza, per consolarmi, o anche solo per dirmi buongiorno e che mi voleva bene.
Avevo davvero trovato un amico, una persona che sapeva ascoltarmi, leggermi dentro, capire con uno sguardo come stavo e indovinare quando e come avessi bisogno di essere incoraggiata. Mi aiutava ad avere fiducia in me stessa e a dare sempre il meglio di me.
Se sono cresciuta è stata grazie a lui. Sono divenuta una donna.
Questa relazione affettuosa e complice è continuata fino al giorno in cui il prete mi ha confessato di essersi innamorato di me, che io gli ispiravo sentimenti molto forti. Io ascoltavo ed avevo paura di ciò che sarebbe accaduto. Al momento restai muta. Non dissi neanche una parola.
Avevo bisogno di riflettere.
Ma come era stato possibile?
Ad un certo punto le domande sono terminate e i sentimenti hanno preso il sopravvento. In effetti anch'io ero innamorata di lui, anche se non l'avevo voluto, e non ero mai riuscita a dare un nome a ciò che sentivo.
Forse avevo troppa paura.
Così è cominciata una dolorosa relazione clandestina. Abbiamo tentato molte volte di allontanarci, di restare l'uno senza l'altra. "Per il tuo bene e il mio", ci dicevamo. Ma prima o dopo ricadevamo l'uno nelle braccia dell'altra. Ci davamo degli appuntamenti sempre in luoghi diversi per poter stare insieme, e ci ritrovavamo nella nostra gabbia di menzogne e di scuse imbastite alla perfezione perché nessuno sapesse.
Era straziante, difficile e, allo stesso tempo, bellissimo, meraviglioso. Ci siamo amati così tanto!
Non avremmo sentito mai più come allora la sensazione di essere vivi. Più di una volta mi chiese: "Cosa pensi di me, di un prete che si innamora follemente di una ragazza?"
Io rispondevo sempre che non era un problema per me, e che amavo anche questo modo di ricercare il regno di Dio da prete. Ho sempre pensato che un uomo e una donna non possano realizzarsi che amando ed essendo amati.
Ciascuno ha bisogno di avere qualcuno che gli è intimo, qualcuno che ci sia non per interesse, che ci dia di tanto in tanto un bacino, una carezza, un po' d'affetto. Qualcuno che c'è perché crede in te, perché vuole crescere con te, condividere un grande progetto di vita.
Non dimenticherò mai questi due anni della mia vita. Poi, certo, l'ora di separarci è arrivata. E' partito in missione.
E mi sono ritrovata da sola a vivere la mia quotidianità, sempre la stessa, tra gli studi universitari e l'attività di animatrice.
Il mio cuore avrebbe voluto mandare tutto a quel paese. Avrei voluto gridare al mondo il mio amore per lui, cominciare a vivere insieme. Ma alla fine l'ingiustizia ha vinto. Non so cosa ci riservi il futuro. Ciò che so è che non posso smettere di amare. Non posso immaginare la mia vita senza di lui. Sono passati già due anni dalla sua partenza. In certi momenti sono stata molto arrabbiata con lui. Per questa storia ho perso anni preziosi della mia giovinezza. E in altri momenti provo un grande sentimento d'ingiustizia. Perché? Perché mi è accaduto di innamorarmi di un prete? Perché bisogna rispettare queste regole assurde?
Sono riuscita a ringraziare Dio per avermi permesso di incontrare l'amore. Altre volte ho sperato di poter riviere quegli istanti magici. Ma sempre più spesso ero in preda al dubbio, dell'incertezza, della precarietà. Mi domando ciò che la vita si aspetti da me. Ciò che Dio si aspetti da me. Cosa mi ha voluto dire? Non ho ancora superato il dolore, ci sono dentro fino al collo e sento il cuore che trabocca.
Non vi ho scritto perché mi rispondiate, ma perché sentivo il bisogno di convidividere la mia esperienza con qualcuno. I miei amici, quei pochi che ho, sono ormai stufi della mia storia. Per loro sono guarita.
E' arrivato il momento di trovarmi un nuovo fidanzato. Purtroppo non passa così.
Ammiro il vostro coraggio: state andando contro corrente. Avrei voluto anch'io avere questo coraggio.

Grazie per l'ascolto.

Nadia
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