Commentiamo l'articolo di Vito Mancuso sul Celbato

“Non è bene che l’uomo sia solo…” (Gen 18)

Questo blog nasce dall’esigenza di portare alla luce la sofferenza, i problemi, le contraddizioni e gli ostacoli o i divieti che derivano dalla legge del celibato obbligatorio dei preti, così come previsto nell’ordinamento della chiesa cattolica romana.
Vuole essere principalmente un punto per lo scambio di esperienze e per il sostegno reciproco di quanti sono coinvolti in questa problematica:

• Le donne, che sono costrette a nascondersi, talvolta a vergognarsi di ciò che provano, subendo i cambi continui di umore di una immaturità affettiva dei chierici

• I preti, che vivono uno stato di confusione tra ciò che sembra essere il loro obbligo di fedeltà verso la chiesa a cui appartengono, e la bellezza di una nuova scoperta.

• I figli nati da queste relazioni, che hanno tutto il diritto di essere figli come tutti gli altri e quindi amati e cresciuti da entrambi i genitori. Soprattutto, come la gerarchia sosteneva a riguardo del referendum sulla legge 40, hanno il diritto di conoscere chi è il loro padre

E’ evidente che il celibato obbligatorio sia solo uno dei sintomi di una rigidità dottrinale che non contempla il bene dell’uomo e, per questo, la chiesa stessa (il popolo di Dio) deve trovare la forza e la libertà di andare oltre la legge, proprio sulle orme dell’uomo Gesù che ha avuto il coraggio di sfidare i mali del Tempio.

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Messaggiodi Stefania » 23 giu 2011, 18:18

Perché entra in crisi il vincolo dei sacerdoti
di Vito Mancuso
in “la Repubblica” del 18 marzo 2010

«Non è bene che l'uomo sia solo», dice Dio di fronte al primo uomo. Per rimediare crea gli animali,
ma l'uomo non è soddisfatto. Allora gli toglie una costola, plasma la donna e gliela presenta. A
questo punto l'uomo non ha più dubbi: «Questa è osso delle mie ossa e carne della mia carne. La si
chiamerà išà (donna) perché da iš (uomo) è stata tolta». Una voce fuori campo commenta: «Per
questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola»
(Genesi 2,23-24). Questa scena mitica, mai avvenuta in un punto preciso del tempo perché avviene
ogni giorno, insegna che la relazione uomo-donna è scritta dentro di noi e che, ben prima dei
genitali, riguarda la carne e le ossa. La Sacra Scrittura esprime così nel modo più intenso che noi
siamo relazione in cerca di relazione, che viviamo con l'obiettivo di formare "una carne sola" e di
compiere l'uomo perfetto, quello pensato da subito nella mente divina come maschio+femmina,
secondo quanto insegna Genesi 1,27: «Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò,
maschio e femmina li creò». La vera immagine di Dio, che è comunione d'amore personale, non è
né il monaco né il prete celibe e neppure il papa, ma è la coppia umana che vive di un amore
reciproco così intenso da essere "una carne sola". Per questo, secondo un detto rabbinico, «il celibe
diminuisce l'immagine di Dio».
Lo stesso si deve dire della paternità e della maternità. Se Dio è padre che eternamente genera il
Figlio e che temporalmente genera gli uomini come figli nel Figlio, la sua immagine più completa
sulla terra sono gli uomini e le donne che a loro volta generano figli e spendono una vita di lavoro
per farli crescere. Per questo la Bibbia ebraica considera la scelta celibataria di non avere figli
qualcosa di innaturale che trasgredisce il primo comando dato agli uomini cioè "crescete e
moltiplicatevi".
Naturalmente tutti sanno che Gesù era celibe, e così anche san Paolo. Ma mentre Gesù conservava
una visione positiva del matrimonio, san Paolo giunge a ribaltare quanto dichiarato da Dio al
principio dei tempi («non è bene che l'uomo sia solo») scrivendo al contrario che «è cosa buona per
l'uomo non toccare donna» (1Cor 7,1). Per lui il matrimonio è spiritualmente giustificabile solo «a
motivo dei casi di immoralità», nulla più cioè che un remedium concupiscentiae per i deboli di
spirito che non sanno controllare le passioni della carne. L'apostolo non poteva essere più esplicito:
«Se non sanno dominarsi, si sposino: è meglio sposarsi che ardere» (1Cor 7,9). Da qui sorge la
visione che domina la tradizione occidentale che assegna una schiacciante superiorità morale e
spirituale al celibato e solo un valore secondario al matrimonio. Da qui la chiesa latina del secondo
millennio sarà portata a legare obbligatoriamente il sacerdozio alla condizione celibataria.
Ma su che cosa si fondava l'idea di Paolo? Qualcuno parla di sessuofobia, ma a mio avviso il
motivo è un altro e si chiama escatologia: ovvero la sua ferma convinzione che «il tempo ormai si è
fatto breve» (1Cor 7,29), che «passa la scena di questo mondo» (1Cor 7,31), che quanto prima cioè
giungerà la fine del mondo con il ritorno di Cristo. La Prima Corinzi, lo scritto decisivo in ordine
alla fondazione del celibato ecclesiastico, è dominata dall'attesa dell'imminente parusia (vedi 15,51-
53): se Cristo tornerà a momenti, «al suono dell'ultima tromba», a che serve sposarsi e mettere al
mondo figli?
Il mancato ritorno di Cristo al suono dell'ultima tromba ha portato naturalmente a moderare
l'impostazione già nelle lettere deuteropaoline, tra cui in particolare quella agli Efesini i cui passi si
leggono spesso durante le cerimonie nuziali, ma questo avrà solo l'effetto di giustificare il
matrimonio in quanto sacramento, non di ritenerlo spiritualmente degno almeno quanto il celibato.
Anzi, la tradizione ascetica e mistica dei padri della chiesa e della scolastica è unanime
nell'affermare la superiorità indiscussa del celibato rispetto al matrimonio. Tommaso d'Aquino la
sintetizza col dire che «indubitabilmente la verginità deve essere preferita alla vita coniugale»
(Summa theologiae II-II, q. 152, a. 4), e il decreto del Concilio di Trento del 1563 arriva persino a
scomunicare chi osi dire che «non è cosa migliore e più felice rimanere nella verginità e nel celibato
che unirsi in matrimonio» (DH 1810). Una scomunica che, a ben vedere, colpisce lo stesso Dio
Padre per quella sua frase imprudente all'inizio della Bibbia!
Oggi assistiamo alla fine abbastanza ingloriosa del modello di vita sacerdotale sancito dal Concilio
di Trento, e in genere portato avanti nel secondo millennio cristiano, con il legare obbligatoriamente
alla vita sacerdotale la scelta celibataria. I crimini legati al clero pedofilo (che la gerarchia
conosceva e copriva per anni) stanno scavando la fossa, anzi hanno già scavato la fossa, alla falsa
idea della superiorità morale e spirituale del celibato. Naturalmente non intendo per nulla cadere
nell'eccesso opposto di chi ritiene la vita celibataria alienante e disumana a priori. Conosco preti
celibi straordinari, modelli integerrimi di vita serena, pura, felicemente realizzata. Voglio piuttosto
esprimere la mia ferma convinzione che ciò che conta per un uomo di Dio (perché nulla di meno il
prete è chiamato a essere) sia avere l'anima piena della luce e della gioia del vangelo, e che a questo
scopo la condizione migliore sarà per uno vivere nel celibato e per un altro metter su famiglia, a
seconda del temperamento e dell'attitudine personali. Il che è esattamente quello che avveniva tra
gli apostoli, come ci fa sapere san Paolo quando scrive che, a differenza di lui, «gli altri apostoli e i
fratelli del Signore e Cefa» vivevano con una donna (1Cor 9,5). I capi della Chiesa non avevano
ancora dimenticato che «non è bene che l'uomo sia solo».
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Re: Commentiamo l'articolo di Vito Mancuso sul Celbato

Messaggiodi fragolinaa » 25 giu 2011, 10:23

io una cosa ho capito sui preti e sulla decisione di farsi preti , il sacerdozio è un rifugio per i gay , infatti il mio don me lo dice sempre la maggior parte sono tutti gay ecco perchè non toglieranno mai il celibato altrimenti come farebbero a nascondersi i gay? ma cè di più la stessa regola vale per i pedofili e per quelli che hanno dei problemi mentali , fatemi pure domande e poi vi spiego meglio...sto per uscire a presto!
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Re: Commentiamo l'articolo di Vito Mancuso sul Celbato

Messaggiodi Stefania » 26 giu 2011, 9:27

Cara fragolina,
è vero. Tra i preti ci sono molti gay, ma non credo che sia per questo che si fanno preti, come non credo che la regola del celibato obbigatorio dipenda da questa alta percentuale di omosessuali.
La chiesa istituzionale non ha problemi rispetto ai preti gay (checché se ne dica), sa benissimo che sono in tanti, ma non costituiscono un rischio. Sembra assurdo, ma è così.
E' risaputo e tollerato che i preti abbiano tendenze omosessuali perché questo non li costringerebbe a lasciare, cioè non avrebbero la "tentazione" di uscire per sposarsi.
Infatti il celibato riguarda "il restare non sposati", non riguarda il fatto di non avere rapporti sessuali. Non confondiamo il voto di castità con il celibato!

Nell'articolo di Vito Mancuso si dice molto altro. Si parla di solitudine, si racconta di come Gesù non possa mai aver neppure suggerito una regola del genere. Tra l'altro, per dirla tutta, Gesù non ha posto regole, ma ha combattuto fino alla morte quelle che gli uomini avevano imposto!!!

Che ne dite?
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Re: Commentiamo l'articolo di Vito Mancuso sul Celbato

Messaggiodi ornella » 26 giu 2011, 10:15

Care Stefania e fragolina,
scusatemi, non ho voglia di intervenire su Mancuso, ma sul tema dei preti omosessuali vorrei fare un po' di chiarezza, se non fosse bastata la sintesi del numero di Concilium sulla pedofilia del clero, che il Dialogo ospita da anni e che ho fatta io all'epoca anche se poi la ha diffusa Marinetti.
La prima domanda che viene spontanea è la seguente: perché si accetta(va)no tanti omosessuali in ministero?
La risposta dovrebbe altrettanto semplice: perché, come dice Paolo in Galati "non ci sarà più giudeo né greco, né uomo né donna"... e io aggiungerei né omosessuale né eterosessuale, nella dimensione escatologica del regno di Dio.
Poi è verissimo che li si accetta anche supponendone la misoginia, perché si è certi che non avranno storie con donne, (anche se hanno una vita lacerante con storie con uomini, non bambini, uomini, ma pare non calere nulla a nessuno), ed è anche vero che ci sono famiglie che spingono i figli omosessuali in seminario per intraprendere un cammino che li "obblighi" alla continenza sessuale, e così si tolgono il problema dai piedi. Poi dirò che ho riscontrata una cosa: coloro che si accaniscono di più nella società e nella chiesa contro l'omosessualità come "disordine intrinseco", spesso sono omosessuali "coperti", cui non interessa nulla, credetemi, scagliarsi contro le donne o l'obbligo celibatario, ma essere "più realisti del re" e quindi insospettabili dalla Gerarchia, quando di essa non ne fanno parte, perché coinvolti e lacerati su un tema che sanno essere indigesto e incompreso dai più come l'omosessualità. Inoltre, altra dato di esperienza personale, trovo che da parte dei maschi etero sia più difficile digerire la questione omosessuale che non da parte delle donne etero: un maschietto la prende come un attentato potenziale alla sua virilità. E, a proposito di virilità, come la mettiamo con le statistiche sugli abusi di ouomini etero e sposati nei confronti di figli e figlie, segno evidente di gravi patologie psicologiche?! Potrei continuare ma mi fermo qui.
Comunque esiste un documento della Santa sede del 2005, che VIETA le ordinazioni omosessuali, a meno che la fase omosessuale non sia una fase transeunte e adolescenziale (una componente omosessuale esiste in ognuno/a di noi in una certa fase della propria vita). Vedere:

CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA

Istruzione
della Congregazione per l'Educazione Cattolica
circa i criteri di discernimento vocazionale
riguardo alle persone con tendenze omosessuali
in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri




A me pare fuoriviante e omofobo, francamente, dare corda a chi pensa che l'immaginario omosessuale sia in funzione misogina: io mi sono confrontata spesso con preti omosessuali e non ve ne ho trovato traccia alcuna. Riguardo poi alla loro capacità, coerenza, onestà, se sono "maturi" interiormente, non sono né migliori e né peggiori dei preti etero.
Con un sorriso
Ornella
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Re: Commentiamo l'articolo di Vito Mancuso sul Celbato

Messaggiodi Stefania » 6 lug 2011, 10:02

Ringazio l'amica Ornella per il suo utilissimo commento e vorrei tornare per un attimo allo scritto di Mancuso.
Trovo che sia molto ben evidenziata, nelle sue sottolineature e citazioni bibliche ("non è bene che l'uomo sia solo"), la tematica della solitudine dei preti, che poi in molti casi è quella che fa andare in tilt il proposito di fedeltà alla promessa di celibato.
Conosco moltissimi preti e la gran parte di loro si trova a fare i conti con questo problema. Spesso ci fa i conti dopo averlo combattuto perché si sente in colpa. In fondo come può un uomo "consacrato in modo speciale a Dio" sentirsi solo? E' quasi inaccettabile.
Allora all'inizio si fa finta di nulla, pur rendendosi conto che si tende a cercare compagnia, ad andare a trovare le persone in modo quasi compulsivo, per non avere pomeriggi o serate vuote.
I molteplici impegni, invece che aiutare, stranamente complicano il tutto. Ci si butta a capofitto nelle iniziative parrocchiali, i gruppi, il volontariato, con la certezza che questo possa riempire il gran vuoto. Man mano che ci si rende conto che così non è, ci si sente perduti e si cerca di tamponare come possibile.
Spesso in questa fase si sente il bisogno di approfondire qualche conoscenza tra quelle superficiali di tutti i giorni, per sentirsi compresi, accettati, considerati nel proprio essere e non nel ruolo. E, talvolta, è in questi frangenti che nascono le storie, consapevolmente o meno.
Il funzionario di Dio, spogliato della sua umanità, ridotto ad un impiegato del sacro, cerca se stesso nell'altro/a. E' forse uno dei momenti in cui da spazio alla sua autenticità. Peccato che non è umanamente preparato alle conseguenze. E allora fa male e si fa male.
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Re: Commentiamo l'articolo di Vito Mancuso sul Celbato

Messaggiodi ornella » 7 lug 2011, 15:02

Cara Ste,
il "funzionario di Dio", finché resta tale, si specchia su se stesso come Narciso e non ha bisogno di alcun confronto, anzi, tende larvatamente ad affermare la propria superiorità, prevaricando spesso l'altro/a.
La solitudine dei preti? Vera, ma né più e né meno della solitudine di tanti single che per vari motivi si ritrovano ad essere tali. La peculiarità dei preti, senza generalizzare ma per come ne ho conosciuti io, è quella di avere intorno tantissimi rapporti interpersonali fasulli, asimmetrici, poco "veri". Certamente finché questi bastano, nulla succede; ma quando per un motivo qualsiasi, magari qualche crisi di coscienza o un accadimento particolare oppure, meglio ancora, spesso un bilancio del proprio ministero e della propria vita intorno al 45/50 anni, allora possono cominciare i guai per loro, se affettivamente immaturi, e per noi donne o per i partner omosessuali che li incontrano. Può accadere infatti che si verifichi l'unione di due "crisi": penso a una confidenza che nasca da un accompagnamento di un matrimonio in difficoltà oppure dal soccorrere una solitudine esistenziale o un momento di lutto grave. Ecco, i cosiddetti fonzionari, cresciuti anafettivi, improvvisamente scoprono l'empatia, la com-passione fatta di gesti oltre che di parole precotte, e danno la stura spesso a rapporti contraddittori, dove dall'amicizia è facile cadere in altro, ovvero in un rapporto esclusivo che spesso maneggiano con nessuna cura, perché non si diventa adulti in un giorno, un mese, un anno. E si rischia di rimanere "in mezzo al guado", ovvero a concepire l'altro/a come partner part time, non semplicemente per colpa delle regole, ma perché ci si sconvolgerebbe la vita, innanzitutto la propria, e poi quella dei familiari che ci hanno portati sempre in palmo di mano, quella della comunità che "chissà cosa direbbe"... . L'assicurazione sulla vita dei "funzionari" sono da sempre i "pii" e le "pie" che da loro si aspettano che siano immarcescibili, inossidabili, disincarnati. In una parola: non umani. I preti li conoscono bene questi pii e pie, e ne usano come barriera artificiale, consciamente o meno, per non "porsi a rischio" nelle frequentazioni. Poi, se capita di innamorarsi e di non poter fare altro che arrendersi all'evidenza, si stupiscono che proprio quelli che "li amavano di più" (ma come li amavano?!) siano i loro primi detrattori con tutto lo sporco pettegolume inerente e conseguente. Io ne ho visti di "stupori" così, cara Stefania, e sono giunta alla conclusione che dobbiamo cambiare radicalmente la formazione, chiudere i seminari, formare in comunità normalmente i futuri presbiteri e, possibilmente, le future presbitere, senza aloni sacrali vari. E questa è parte delle modifiche alle comunità che ci vorrebbero, perché bisogna cambiare la testa, la percezione anche emotiva, dei/delle laici/laiche nella comunità ecclesiale sia di loro stessi/e che dei rapporti interpersonali col presbitero.
Questo comporta il passaggio da una chiesa verticistica e gerarchica a una chiesa "comunità di comunità" fraterna e orizzontale, sull'esempio delle prime comunità cristiane, della quale chiesa non si vede alcuna traccia... .
Questo per dire che l'abrogazione del celibato non è IL problema, ma uno dei problemi derivanti da una visione sacrale-verticistica dell'essere cristiani/e. Da ambo le parti.
Un abbraccio affettuoso
Ornella
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Re: Commentiamo l'articolo di Vito Mancuso sul Celbato

Messaggiodi michea » 7 apr 2012, 15:28

Vorrei solo farvi notare care amiche che Dio creò prima gli animali e poi l'uomo Genesi 1:20,26 e non come riporta Mancuso.
N.B. Prima di citare la Bibbia bisogna almeno conoscerne il contenuto. Saluti.
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Re: Commentiamo l'articolo di Vito Mancuso sul Celbato

Messaggiodi admintore » 16 apr 2012, 16:48

Una risposta a Michea. Ha ragione, prima di citare la Bibbia bisogna conoscerla e lei la cita a sproposito perchè Mancuso fa riferimento non al primo racconto della creazione ma al secondo racconto, contenuto sempre nel libro della Genesi ma al capito 2 dove la storia è come l'ha raccontata Mancuso.
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