di matilde » 16 mar 2010, 13:38
“…un dilemma elementare, se aveva o non aveva senso il loro amore” da “Il dilemma” di Giorgio Gaber
Cara Stefania,
dopo molto tempo ritrovo la forza di scrivere, fatto assai strano poiche’ per me la scrittura ha sempre avuto una funzione catartica.
Ti chiederai perche’ ho citato questo verso di Gaber, ma da molto tempo e’ una domanda ricorrente…che senso ha questo amore?
So che quello che diro’ apparira’ scontato, banale , ricorrente, ma sara’ un’ ulteriore pagina di sofferenza, aggiunta alle tante, ma che devono servire a rompere l’omerta’.
Ma forse prima di chiedersi se ha senso l’amore, occorre chiedersi se e’ amore.
E’ amore quello che un prete ed una donna vivono? Ancora oggi, dopo quattro anni e mezzo di una “storia “con un sacerdote, sono ad interrogarmi.
Ho attraversato una gamma di fasi personali incredibile, la passione ( che non si e’ spenta), la rabbia, la nausea, la ribellione, la speranza , la fiducia in lui persa, stravolta, riconquistata e poi ripersa, l’angoscia di una dignita’ ( la mia ) massacrata , la paura .
Mi sono sentita amata, poi utilizzata, poi una concubina ,mi sono immersa nella schizofrenia del sentirsi dire ti amo e poi sentirsi negata quando lui chiudeva la porta , quando ci salutavamo e lui diceva “ci sentiamo”.
Se si puo’ odiare una frase, un’espressione, io odio con tutta me stessa quel “ci sentiamo”, detta dopo poco tempo essere stati l’una nelle braccia dell’altro, una frase che subito chiude una porta e crea una barriera fra due vite, comunque parallele perche’ mai si incontreranno nel tempo della vita.
Ha sprecato la parola amore, ha detto che la sua vita era niente senza di me, ha detto che aveva bisogno di me per essere cio’ che era, ha detto che io completavo la sua storia personale.
E’ vero quel che diceva, ma in questa verita’ c’e’ poco o niente di “romantico”.
Al pari di molti altre, ho coperto i suoi vuoti, i suoi buchi, le sue voragini affettive e fisiche, ma mentre a lui tutto cio’ bastava, perche’ subito dopo “tornava un prete”, a me lasciava solo la sensazione di essere “risucchiata “, dissanguata in un amore, in un sentimento che poi mi rimbalzava addosso .
Mentre per lui questa schizofrenia affettiva serviva per conquistare quel minimo di equilibrio che il sacerdozio abbatte , per me era solo schizofrenia pura, un vivere e non vivere, tempo speso nella speranza e nell’attesa del momento residuo dalla sua mission.
Mi ha amata? Era amore? A suo modo si’, ma era solo amore per se stesso che coltivava attraverso di me. Dunque, non era amore…
O forse era l’unico amore che poteva darmi, o forse…in questo vortice mi aggiro ancora adesso..
Ogni volta che fuggivo, lui tornava, a volte tornavo io, sempre con la stessa illusione tradotta dalla sua frase “saro’ piu’ presente, troveremo il modo”, ma quando da un concetto alquanto astratto si giungeva alla concretezza della relazione, ecco che fuggiva lui.
Lui aveva bisogno di me, lui mi amava perche’ aveva bisogno di me, non aveva bisogno di me perche’ mi amava.
Di fronte alla responsabilita’ che una relazione comporta verso l’altro, preferiva perdermi, salvo poi lamentarsi della mia assenza, salvo poi scrivere e dire che senza di me la sua vita era inutile.
Potrai eccepire che , in fondo, non sono solo i preti a comportarsi cosi’, ma la relazione con un prete ha dinamiche molto piu’ sottili che in un uomo immaturo ma “comune”.
Io, che sono uno spirito abbastanza libero ed un’anima piuttosto ribelle, ne sono rimasta invischiata, segno evidente che la nostra cultura deve fare ancora grossi passi.
Io posso dire, ohime’, di averlo amato, e riohime’, per certi versi di amarlo ancora. Piaccia o no, e’ cosi’.
Posso dire che, in certi momenti, lui e’ stato l’unico uomo a farmi sentire amata.
Posso dire che mi regalato tenerezza, attenzioni e devo confessare che lo rimpiango. Ma mentre lo dico , mi vergogno di me, perche’ ad un tratto riesplodono tutte le sue riserve, le sue reticenze, le sue bugie, il tempo che trovava solo quando io fuggivo, quel tempo che non aveva mai e che poi saltava fuori come per incanto dalla sua pienissima agenda .
Mi amava, ma nei suoi tempi e spazi, incapace anche di affermare a se stesso una verita’ che pure conosceva e conosce bene.
“Io voglio starti vicino”…quante volte lo ha detto “non voglio che tu mi lasci” “e’ assurdo non vedersi piu’”.
Gia’, perche’ quando mi allontanavo , incapace di aprire la sua anima, proponeva anche di continuare a vedersi …come, non si sa. Amici? No grazie , io non faccio l’amore con i miei amici e non sono capace, come lui , di cambiare sentimenti in un batter di ciglia.
Allora, non ha senso, perche’ non e’ amore.
L’amore non si nutre di reticenze, l’amore non riserva alle persone che lo vivono spazi personali conquistati con le bugie e le cose non dette, l’amore accetta l’altro nella pienezza del se’.
Una delle ultime cose che gli ho detto e’ che l’amore e’ condivisione e cio’ che mi aveva ferito piu’ di ogni altra cosa e’ stata la mia solitudine.
Si’, perche’ io sapevo che sarebbe stato difficile, forse impossibile, ma avrei voluto da lui il coraggio di condividere con me, almeno a parole, la rabbia per un meccanismo che impedisce agli esseri umani di vivere cio’ che da lui ( e dagli altri come lui ) viene insegnato , predicato, sbandierato.
L’esaltazione dell’amore e la sua negazione, l’esaltazione dell’amore che lo ha portato a dirmi che lo avevo ispirato in un libro dedicato ai fidanzati e la sua negazione nel momento in cui varcava la soglia del suo ministero.
Non e’ questo il senso dell’amore.