In dialogo con Matilde

“Non è bene che l’uomo sia solo…” (Gen 18)

Questo blog nasce dall’esigenza di portare alla luce la sofferenza, i problemi, le contraddizioni e gli ostacoli o i divieti che derivano dalla legge del celibato obbligatorio dei preti, così come previsto nell’ordinamento della chiesa cattolica romana.
Vuole essere principalmente un punto per lo scambio di esperienze e per il sostegno reciproco di quanti sono coinvolti in questa problematica:

• Le donne, che sono costrette a nascondersi, talvolta a vergognarsi di ciò che provano, subendo i cambi continui di umore di una immaturità affettiva dei chierici

• I preti, che vivono uno stato di confusione tra ciò che sembra essere il loro obbligo di fedeltà verso la chiesa a cui appartengono, e la bellezza di una nuova scoperta.

• I figli nati da queste relazioni, che hanno tutto il diritto di essere figli come tutti gli altri e quindi amati e cresciuti da entrambi i genitori. Soprattutto, come la gerarchia sosteneva a riguardo del referendum sulla legge 40, hanno il diritto di conoscere chi è il loro padre

E’ evidente che il celibato obbligatorio sia solo uno dei sintomi di una rigidità dottrinale che non contempla il bene dell’uomo e, per questo, la chiesa stessa (il popolo di Dio) deve trovare la forza e la libertà di andare oltre la legge, proprio sulle orme dell’uomo Gesù che ha avuto il coraggio di sfidare i mali del Tempio.

In dialogo con Matilde

Messaggiodi Stefania » 18 feb 2010, 14:46

Cara Matilde, ti ringrazio di aver accettato di dialogare con me in questo spazio. So che non è facile, data la situazione, e per questo ti sono particolarmente grata.
Sono tornata indietro nel tempo per cercare il nostro primo contatto, e risale all'ottobre del 2007, quando mi hai scritto per avere informazioni sul progetto Amore Negato e per poter avviare un confronto con altre donne.
Ricordo che mi scrivesti di essere "contro il silenzio" e, poi al telefono, ho realizzato il perché...
Nella nostra prima telefonata riuscivo con fatica ad interromperti; eri come un fiume in piena!
"Perché vengo sempre all'ultimo posto per lui? Prima il vescovo, il ruolo, le conferenze, la pastorale ... poi, se avanza tempo, ci sono io".
Ho cercato di risponderti spiegandoti le ragioni per cui i preti hanno un gran da fare, o se non ce l'hanno se lo trovano. Tutto per evitare di "corrompere la sacra giornata" con pensieri e parole di questo mondo.
Eppure lui era sicuro di amarti e non poteva rinunciare a te ... questo mi hai sempre detto.
Che tipo di amore è mai questo?
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Re: In dialogo con Matilde

Messaggiodi matilde » 16 mar 2010, 13:38

“…un dilemma elementare, se aveva o non aveva senso il loro amore” da “Il dilemma” di Giorgio Gaber

Cara Stefania,
dopo molto tempo ritrovo la forza di scrivere, fatto assai strano poiche’ per me la scrittura ha sempre avuto una funzione catartica.
Ti chiederai perche’ ho citato questo verso di Gaber, ma da molto tempo e’ una domanda ricorrente…che senso ha questo amore?
So che quello che diro’ apparira’ scontato, banale , ricorrente, ma sara’ un’ ulteriore pagina di sofferenza, aggiunta alle tante, ma che devono servire a rompere l’omerta’.
Ma forse prima di chiedersi se ha senso l’amore, occorre chiedersi se e’ amore.
E’ amore quello che un prete ed una donna vivono? Ancora oggi, dopo quattro anni e mezzo di una “storia “con un sacerdote, sono ad interrogarmi.
Ho attraversato una gamma di fasi personali incredibile, la passione ( che non si e’ spenta), la rabbia, la nausea, la ribellione, la speranza , la fiducia in lui persa, stravolta, riconquistata e poi ripersa, l’angoscia di una dignita’ ( la mia ) massacrata , la paura .
Mi sono sentita amata, poi utilizzata, poi una concubina ,mi sono immersa nella schizofrenia del sentirsi dire ti amo e poi sentirsi negata quando lui chiudeva la porta , quando ci salutavamo e lui diceva “ci sentiamo”.
Se si puo’ odiare una frase, un’espressione, io odio con tutta me stessa quel “ci sentiamo”, detta dopo poco tempo essere stati l’una nelle braccia dell’altro, una frase che subito chiude una porta e crea una barriera fra due vite, comunque parallele perche’ mai si incontreranno nel tempo della vita.
Ha sprecato la parola amore, ha detto che la sua vita era niente senza di me, ha detto che aveva bisogno di me per essere cio’ che era, ha detto che io completavo la sua storia personale.
E’ vero quel che diceva, ma in questa verita’ c’e’ poco o niente di “romantico”.
Al pari di molti altre, ho coperto i suoi vuoti, i suoi buchi, le sue voragini affettive e fisiche, ma mentre a lui tutto cio’ bastava, perche’ subito dopo “tornava un prete”, a me lasciava solo la sensazione di essere “risucchiata “, dissanguata in un amore, in un sentimento che poi mi rimbalzava addosso .
Mentre per lui questa schizofrenia affettiva serviva per conquistare quel minimo di equilibrio che il sacerdozio abbatte , per me era solo schizofrenia pura, un vivere e non vivere, tempo speso nella speranza e nell’attesa del momento residuo dalla sua mission.
Mi ha amata? Era amore? A suo modo si’, ma era solo amore per se stesso che coltivava attraverso di me. Dunque, non era amore…
O forse era l’unico amore che poteva darmi, o forse…in questo vortice mi aggiro ancora adesso..
Ogni volta che fuggivo, lui tornava, a volte tornavo io, sempre con la stessa illusione tradotta dalla sua frase “saro’ piu’ presente, troveremo il modo”, ma quando da un concetto alquanto astratto si giungeva alla concretezza della relazione, ecco che fuggiva lui.
Lui aveva bisogno di me, lui mi amava perche’ aveva bisogno di me, non aveva bisogno di me perche’ mi amava.
Di fronte alla responsabilita’ che una relazione comporta verso l’altro, preferiva perdermi, salvo poi lamentarsi della mia assenza, salvo poi scrivere e dire che senza di me la sua vita era inutile.
Potrai eccepire che , in fondo, non sono solo i preti a comportarsi cosi’, ma la relazione con un prete ha dinamiche molto piu’ sottili che in un uomo immaturo ma “comune”.
Io, che sono uno spirito abbastanza libero ed un’anima piuttosto ribelle, ne sono rimasta invischiata, segno evidente che la nostra cultura deve fare ancora grossi passi.
Io posso dire, ohime’, di averlo amato, e riohime’, per certi versi di amarlo ancora. Piaccia o no, e’ cosi’.
Posso dire che, in certi momenti, lui e’ stato l’unico uomo a farmi sentire amata.
Posso dire che mi regalato tenerezza, attenzioni e devo confessare che lo rimpiango. Ma mentre lo dico , mi vergogno di me, perche’ ad un tratto riesplodono tutte le sue riserve, le sue reticenze, le sue bugie, il tempo che trovava solo quando io fuggivo, quel tempo che non aveva mai e che poi saltava fuori come per incanto dalla sua pienissima agenda .
Mi amava, ma nei suoi tempi e spazi, incapace anche di affermare a se stesso una verita’ che pure conosceva e conosce bene.
“Io voglio starti vicino”…quante volte lo ha detto “non voglio che tu mi lasci” “e’ assurdo non vedersi piu’”.
Gia’, perche’ quando mi allontanavo , incapace di aprire la sua anima, proponeva anche di continuare a vedersi …come, non si sa. Amici? No grazie , io non faccio l’amore con i miei amici e non sono capace, come lui , di cambiare sentimenti in un batter di ciglia.
Allora, non ha senso, perche’ non e’ amore.
L’amore non si nutre di reticenze, l’amore non riserva alle persone che lo vivono spazi personali conquistati con le bugie e le cose non dette, l’amore accetta l’altro nella pienezza del se’.
Una delle ultime cose che gli ho detto e’ che l’amore e’ condivisione e cio’ che mi aveva ferito piu’ di ogni altra cosa e’ stata la mia solitudine.
Si’, perche’ io sapevo che sarebbe stato difficile, forse impossibile, ma avrei voluto da lui il coraggio di condividere con me, almeno a parole, la rabbia per un meccanismo che impedisce agli esseri umani di vivere cio’ che da lui ( e dagli altri come lui ) viene insegnato , predicato, sbandierato.
L’esaltazione dell’amore e la sua negazione, l’esaltazione dell’amore che lo ha portato a dirmi che lo avevo ispirato in un libro dedicato ai fidanzati e la sua negazione nel momento in cui varcava la soglia del suo ministero.
Non e’ questo il senso dell’amore.
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Re: In dialogo con Matilde

Messaggiodi matilde » 18 mar 2010, 7:42

Carissime, vorrei suggerirvi, qualora non lo abbiate fatto ieri, di leggere l'articolo di Marco Bertoncini su "Italia Oggi" dal titolo "Un celibato a macchia di leopardo"...mi piacerebbe commentarlo con voi perche', pur non condividendo l'approccio del giornalista( da che parte sta?????) almeno emerge la visione del caos imperante in materia, segno evidente che la sacralita' del celibato e' assai piu' profana di quanto reputato. Buona giornata a tutte /i
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Re: In dialogo con Matilde

Messaggiodi Stefania » 25 apr 2010, 20:01

Grazie Matilde per il riferimento. Riporto qui di seguito, per comodità, l'articolo.
Ti pregherei di cominciare tu a commentarlo, se puoi.

UN CELIBATO A MACCHIA DI LEOPARDO
L'obbligo, nella Chiesa Cattolica, risale ai primordi, ma le eccezioni sono frequenti • Non c'entra con la pedofilia: stessa incidenza nei protestanti
di Marco Bertoncini
Tratto da Italia Oggi il 17 marzo 2010


Il celibato ecclesiastico l'hanno tirato in ballo a proposito delle accuse di pedofilia che da mezza Europa piovono sul clero cattolico. Per meglio dire, a sproposito, soprattutto a seguito di un intervento del solito Hans Küng, il quale, non da ieri ma da alcuni decenni, è reputato ufficialmente dalla Chiesa come privato del diritto d'insegnare in nome della Chiesa stessa, ma che, per molti progressisti, (che sono quasi tutti non credenti) ha, viceversa, il dono dell'infallibilità.

Indipendentemente dai legami, per la verità assai oscuri, tra pedofilia e celibato (non si capirebbe come mai, rispetto ai sacerdoti cattolici celibi, identiche se non superiori siano le percentuali di accusati specifici fra il clero anglicano coniugato), di quando in quando si torna a parlare di sopprimere l'obbligo del celibato.

A volte autorevoli presuli si limitano a ricordare l'ovvio, cioè non essere dogma il celibato, bensì legge ecclesiastica. Altre volte cardinali o arcivescovi accennano alla possibilità che tale legge venga rivista.

Qualche chiarimento giunge d'obbligo. Intanto, sull'antichità del precetto del celibato, posto che autorevoli studi hanno mostrato come continenza e castità fossero quasi dall'epoca apostolica praticati anche dal clero sposato. Eppoi sulla riprovazione sovente emersa dai fedeli nei confronti di preti concubini, per tacere dell'insofferenza nei confronti di alti prelati, fino all'ostilità verso qualche pontefice con figli, in età rinascimentale.

Per converso, invece, sarà da ricordare che pure oggi il celibato è legge che subisce eccezioni nella Chiesa cattolica. Possono essere ordinati diaconi uomini coniugati (ma a coloro che già sono diaconi non è consentito sposarsi).

Ci sono le chiese orientali cattoliche (cui si attribuiscono una ventina di milioni di fedeli) che, come le consorelle chiese ortodosse, ammettono l'ordinazione di uomini sposati; non consentono, però, che i sacerdoti prendano moglie una volta ordinati.

Non solo: le stesse chiese orientali non permettono il matrimonio dei vescovi; infatti possono essere consacrati vescovi soltanto sacerdoti celibi. Ancora: un paio di chiese cattoliche orientali, su una ventina complessivamente, vietano l'ordinazione degli sposati. Inoltre, ed è il dato più rilevante, sacerdoti sposati possono operare solo nei territori storici delle chiese orientali cattoliche, non nella diaspora, ove oggi vive la maggioranza di quei fedeli orientali. Quindi negli Stati Uniti, ad esempio, non sarebbero ammessi (il condizionale è dovuto alle contrarie pressioni esercitate dalle chiese d'Oriente) parroci cattolici orientali con moglie.

Càpita che nel territorio storico delle chiese orientali si trovino fedeli latini, ed è appunto la chiesa cattolica latina a non ammettere il matrimonio dei preti. In queste circostanze, possono operare sacerdoti latini celibi a fianco a fianco di sacer-doti orientali sposati. Succede pure in Italia, verosimilmente per un totale di casi che non raggiunge le dita di una mano, con i preti cattolici della comunità italo-albanese coniugati, in Sicilia o in Italia meridionale, accanto ai sacerdoti latini, tutti celibi. In verità, nella stessa chiesa latina, sono ammessi sacerdoti sposati. È capitato con singoli sacerdoti anglicani o protestanti coniugati, accolti nel cattolicesimo, ri-ordinati e quindi rimasti preti.

Capiterà, in maniera più numerosa, con i sacerdoti anglicani che verranno accol-ti, insieme con loro fedeli, venendo a costituire specifici ordinariati, come previsto da papa Benedetto XVI nella costituzione apostolica Anglicanorum coetibus.

Quando, con la dissoluzione del comunismo, in Cecoslovacchia tornarono alla luce del sole sacerdoti ordinati clandestinamente, che avevano moglie, il problema fu risolto inserendoli nelle chiese orientali rutena e slovacca.

Insomma: se il celibato fu verosimilmente praticato fin nei primi secoli (diversamente da quanto si crede di solito), non è che oggi sia in assoluto interdetto nella Chiesa cattolica (come invece altrettanto comunemente si ritiene). Il Codice dei canoni delle chiese orientali sancisce che esso debba essere valutato come elemento di grande valore, ma riconosce altresì che lo stato dei sacerdoti coniugati è reputato degno «di onore».
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Re: In dialogo con Matilde

Messaggiodi matilde » 6 mag 2010, 22:03

Cara Stefania,
parliamo del caos personale dei sacerdoti, quello di cui la chiesa non vuol sentir parlare.
E di questa confusione discutevamo insieme l'altro giorno a Roma, una confusione che nel mio caso si e' manifestata con richieste di stare insieme a lui che, a prescindere dal contiunare il suo "ministero" , significano "in fondo devi adattarti , perche' io non posso fare diversamente, sei tu quella che deve fare la vittima sacrificale in nome dell'amore".
Allora, questo la gente dovrebbe , deve conoscere.
L'egoistica fragilita', l'egocentrica incoerenza di coloro a cui affidano le loro speranze di soluzione di problemi personali, familiari, filiali, di relazioni sfasciate , di rapporti extraconiugali e via dicendo. Il prete...a cui spesso la gente si rivolge convinta di una cristallina purezza, di una integerrima coerenza, di una capacita' di giudizio e di analisi.
Il prete...terapeuta dell'anima, soccorritore delle famiglie, dal cui giudizio molti credono non si possa prescindere perche', nei momenti peggiori, credenti o no, ci si affida come ultima risorsa, come un ponte sopra acque tempestose .
E loro parlano, parlano, con falsa pacatezza, nascondendo agli altri quanto di piu' falso e torbido si annida in loro. Intendiamoci, non voglio generalizzare, ma le nostre esperienze pesano e mi irrita, mi urta il loro passare indenni da qualunque situazione, mai smascherati, sempre integri agli occhi altrui...
Ti abbraccio
matilde
 
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Re: In dialogo con Matilde

Messaggiodi Stefania » 25 ott 2010, 20:18

Cara Matilde, mi riesce difficile descrivere la situazione dei preti di nostra conoscenza come quella di coloro "che la sfangano sempre, quelli che si salvano, che passano indenni".
L'amore quando passa non lascia mai le cose com'erano. Non può, non ne è capace.
Ciò non toglie che si possa non dargli ascolto, che si possa tentare di ignorarlo. E spesso loro lo fanno.
Se penso a quanto sono bravi ad usare le parole, che meravigliosa oratoria sfoggiano in varie occasioni, tanto che se accettassero di vivere anche solo il 5% di quella meraviglia, saremmo tutti più felici davvero.
Non molto tempo fa qualcuno mi ha detto "ti sono molto affezionato, ma io sono geloso della mia libertà".
Ma che cazzo c'entra? Ma non sei tu che mi insegni che amare è libertà?
Vabbè non voglio indagare, ovviamente, ma questo per dirti quanto i due mondi siano paralleli, ma non possano incontrarsi. Il mondo di ciò che si trasferisce a parole, e il mondo nascosto di ciò che si è in grado realmente di vivere, pensando, invece, che le due cose si equivalgano.

Per riallacciarmi al discorso, intendo confermarti che non passano indenni, poiché corrono un grande pericolo: non lasciarsi mai interpellare dalla propria umanità. E non ti sembra pericolosissimo?
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