In dialogo con Antonella

“Non è bene che l’uomo sia solo…” (Gen 18)

Questo blog nasce dall’esigenza di portare alla luce la sofferenza, i problemi, le contraddizioni e gli ostacoli o i divieti che derivano dalla legge del celibato obbligatorio dei preti, così come previsto nell’ordinamento della chiesa cattolica romana.
Vuole essere principalmente un punto per lo scambio di esperienze e per il sostegno reciproco di quanti sono coinvolti in questa problematica:

• Le donne, che sono costrette a nascondersi, talvolta a vergognarsi di ciò che provano, subendo i cambi continui di umore di una immaturità affettiva dei chierici

• I preti, che vivono uno stato di confusione tra ciò che sembra essere il loro obbligo di fedeltà verso la chiesa a cui appartengono, e la bellezza di una nuova scoperta.

• I figli nati da queste relazioni, che hanno tutto il diritto di essere figli come tutti gli altri e quindi amati e cresciuti da entrambi i genitori. Soprattutto, come la gerarchia sosteneva a riguardo del referendum sulla legge 40, hanno il diritto di conoscere chi è il loro padre

E’ evidente che il celibato obbligatorio sia solo uno dei sintomi di una rigidità dottrinale che non contempla il bene dell’uomo e, per questo, la chiesa stessa (il popolo di Dio) deve trovare la forza e la libertà di andare oltre la legge, proprio sulle orme dell’uomo Gesù che ha avuto il coraggio di sfidare i mali del Tempio.

In dialogo con Antonella

Messaggiodi Stefania » 16 feb 2010, 13:40

Cara Antonella, innanzitutto grazie per aver accettato di condividere la tua storia e i tuoi pensieri con me e con i lettori di questo spazio. E’ precisamente da settembre 2007 che ci conosciamo, cioè questa è la data della prima email che mi hai scritto (sono andata a cercarla nel mio archivio).
Un po’ come tutte le nostre amiche e sorelle, hai cercato aiuto quando sentivi che cominciava a mancarti la terra sotto i piedi … sentivi che il suo senso di colpa ti faceva perdere terreno.
Ma tu, a differenza di molte altre, hai voluto parlare al telefono subito il giorno dopo. Ricordo la mia gioia quando ho sentito la tua voce così squillante e propositiva, che, col suo tipico accento, mi spiegava come stavano le cose e cosa la sua paura suscitasse in te. All’epoca, nonostante il dolore che di certo percepivo nelle tue parole, mi sei sembrata tra le fortunate che, per lo meno, potevano raccontare una esperienza reale, cioè una storia vissuta.
Chiaramente sono emersi immediatamente i tratti tipici di una relazione a due con “un funzionario del sacro”, le cui caratteristiche sono spesso così difficili da comprendere, se prima non si indaga sul lungo e laborioso processo di (de)formazione a cui tutti loro, senza eccezioni, sono sottoposti.
Dall’inizio del nostro confronto, e – oggi lo posso dire – della nostra amicizia, siamo riuscite ad incontrarci svariate volte. Sei stata presente ad entrambi gli incontri che abbiamo organizzato e spero che, come ci siamo dette varie volte, potremo lavorare insieme per promuovere le nostre iniziative in modo più efficace.
Da allora, comunque, la tua situazione è cambiata radicalmente, in ogni senso.
Ci sono delle considerazioni o dei pensieri che ritieni possa essere utile condividere con noi?
Raccontaci.
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Re: In dialogo con Antonella

Messaggiodi antonella carisio » 16 feb 2010, 23:30

Ciao Stefi. Grazie a te per avermi permesso di condividere con tanti amici la mia esperienza. Che strana sensazione ripensare a quel periodo! Quando ti ho contattata la mia storia era iniziata da tre mesi: una sera, lui mi aveva baciata e il suo bacio non mi aveva lasciata indifferente. All'inizio avevo cercato di troncare il rapporto sul nascere, ero convinta che Edecir mi avesse cercata solo perchè si sentiva solo, vulnerabile ed io mi ero trovata al suo fianco proprio in quel momento ma lui non aveva insistito e così avevamo iniziato ad uscire insieme... Era periodo di vacanza, i suoi confratelli non c'erano, mio figlio era spesso al mare un pò con le zie, un pò con la nonna e ci vedevamo praticamente tutti i giorni e passavamo insieme tutte le sere e anche qualche notte. Stavo benissimo, ogni tanto discutevamo ma per la maggior parte del tempo eravamo felici, o così credevo. Non ho mai vissuto questo amore con timore, non ho mai provato il benchè minimo senso di colpa o di inadeguatezza, per me era la cosa più normale del mondo: avevamo scoperto di amarci e vivevamo il nostro amore. Poi lui ha iniziato a sentirsi in colpa, a mettere in dubbio ogni cosa ma, nonostante tutto, non riusciva a stare lontano da me, non riusciva a lasciarmi ed è qui che sei entrata in gioco tu, ho trovato il tuo indirizzo mail grazie ad una mia amica, che sapeva ogni cosa, e mi è sembrato naturale scriverti e chiederti aiuto. Mi sono trovata subito a mio agio, accettata e capita. Ricordo ancora la nostra prima chiacchierata, ero in macchina e stavo andando a Milano a trovare quello che credevo essere un amico, un prete, e abbiamo parlato per tutto il viaggio, quasi due ore. Da quel momento ho capito che non ero l'unica a vivere una storia con un prete, che eravamo in tante e mi sono anche sentita particolarmente fortunata perchè, proprio come dicevi tu, anche se tra alti e bassi riuscivo a vivere in tutti i sensi la mia relazione con Edecir. E' stato l'inizio di una vera amicizia e anche di una vera sofferenza e tu mi sei stata sempre vicina, ricordi?
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Re: In dialogo con Antonella

Messaggiodi Stefania » 18 feb 2010, 14:23

Certo che mi ricordo. Quando mi hai raccontato del bacio, sono rimasta turbata. Mi sono sempre chiesta cosa lui possa aver provato o immaginato in quel momento; e ho ripensato a tutti i preti/religiosi di cui ho conosciuto marce e retro-marce ...
E mi sono domandata - in realtà me lo domando ancora - "perché non pensano mai alle conseguenze delle loro azioni?"
Coinvolgere una donna nel propria vita, o una persona in genere, a qualunque titolo lo si faccia, comporta una certa responsabilità e attenzione ai suoi bisogni.
Ma, essendo centrati unicamente su se stessi, sul proprio ruolo, sulla propria "purità", ecco allora l'ombra della caduta. E risuonano le parole dei confessori o dei padri spirituali: "Non puoi lasciarti corrompere da così poco, una donna, tu hai ricevuto una vocazione più alta".
Legarsi a qualcuno è considerato un impedimento allo svolgimento del ministero presbiterale. Questa è la teoria, l'insegnamento che i preti ricevono. La cosa triste, però, è che questa sia anche la pratica, non certo per le ragioni addotte dai formatori, ma perché è di gran lunga più comodo.
Sissignore, è comodo. Stabilire un confine oltre il quale non possono (devono) spingersi e che tiene gli altri comunque ad una certa distanza - specie se oggetti/soggetti della tentazione - significa di fatto rinunciare a vivere quell'amore per cui Dio ci ha costituiti. Però per fare questo bisogna sporcarsi le mani nella vita dell'altro, accettando di perdere la propria "tranquillità".
No, questo mai! La canonica in ordine, la predica pronta, l'abito stirato e il ponte levatoio tirato su ...
E se qualcuno o qualcuna riesce a nuotare nonostante i coccodrilli del fossato ... allora non resta che fuggire.
La parola “fuga” ti dice qualcosa ...
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Re: In dialogo con Antonella

Messaggiodi antonella carisio » 20 feb 2010, 2:09

Fuga... Certo che questa parola mi dice qualcosa, anzi ti dirò che potrebbe essere una delle parole che hanno caratterizzato la nostra storia. Una storia durata un anno e mezzo, con alti e bassi, con momenti stupendi e grandi lacrime, con giorni e notti passati insieme e periodi trascorsi uno lontano dall'altra, siamo passati dal vivere insieme una romantica gita a Parigi, allo scambiarci un anello come pegno del nostro amore al non rivolgerci più la parola. Quando facevamo un passo avanti dopo pochissimo tempo tornavamo due passi indietro. Fuga, che dire di questo. Penso che Edecir abbia passato tutta la vita a fuggire, fuggire dal mondo, dalle responsabilità, dai rapporti umani... e così ha fatto anche con me. Tutte le volte che mi avvicinavo un pò di più, tutte le volte che lui si lasciava andare, tutte le volte che pensavo di aver instaurato un rapporto un pò più profondo, quando credevo di aver iniziato, finalmente, a scalfire il muro che aveva eretto intorno a sè, quando pensavo che avesse iniziato ad accettare il nostro amore, immancabilmente lui fuggiva, si allontanava da me, spesso anche fisicamente: dopo un periodo particolarmente bello lui andava a Roma, o a Genova a trovare dei confratelli, o in pellegrinaggio, o... in qualunque posto potesse servirgli a riprendere il controllo, a tornare padrone di sè, quando si sentiva più forte (sempre secondo il suo pensiero) allora tornava e così si ricominciava da capo. Mi chiedeva di essergli solo amica e poi mi pregava di stare con lui. Mi diceva di sentirsi in colpa, di non poter continuare la nostra storia perchè non dovevamo, non era giusto... e poi non riusciva a starmi vicino senza baciarmi o stringermi a sè. Tira e molla, avanti e indietro, fuga e ritorno sino alla sua grande fuga. Un giorno mi ha detto "Ti amo" e "Sei la cosa più importante dlla mia vita", mi ha regalato una fede dicendomi che era il suo modo di dimostrarmi quanto fossi importante per lui... Poi ha accettato di tornare in Brasile. Ed io sono rimasta qui a piangere e a stare male, e tu ne sai qualcosa perchè più di una volta mi hai aiutata a raccogliere i pezzi...
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Re: In dialogo con Antonella

Messaggiodi donfy » 21 feb 2010, 10:26

sono molto colpito da questo racconto, soprattutto dalla sofferenza che emerge. Sofferenza che conosco bene anche personalmente.
Vorrei solo dire che, anche se non emerge da questo e altri racconti, la sofferenza è una dimesione lancinante anche dall'altra parte, cioè del prete, che viene messo troppo spesso in luce negativa. Ti ringrazio Antonella delle cose che racconti perchè mi fanno tanto riflettere.
Io sono convinto che le cose stiano cambiando anche a livello di gestione dall'alto, magari anche per altri interessi, più che per per un discorso di giustizia.
Personalmente continuo a parlarne con i miei confratelli e se alcune volte vengo un po' "deriso", io continuo ad essere coraggioso e fiero di ciò che penso e perciò continuo a dire che il celibato non va abolito ma va permessa la possibilità di sceglierlo. Non per un discorso vocazionale, ma di giustizia pe rla persona stessa.
Con affetto, donfy.
"Io sono la Risurrezione e la vita" (Gv 11)
donfabriziobiffi@gmail.com
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Re: In dialogo con Antonella

Messaggiodi Stefania » 22 feb 2010, 20:30

Mi colpisce - e mi ha sempre colpito - la capacità di chiamare le cose con un nome diverso, con la pretesa che anche gli altri lo facciano, e a comando, per giunta.
"Siamo solo amici".
E' come se in alcuni momenti, tutto fosse troppo per essere vissuto, ... anche il solo pensiero ..., e bisognasse riportarlo entro schemi sopportabili.
O forse entro schemi istituzionalmente accettati?
Ma, è davvero così? Sono stati accolti i preti sposati provenienti dall'anglicanesimo, questo è un fatto ormai risaputo. Beninteso sono e resteranno chierici di secondo livello, ma pur sempre preti sposati cattolici di rito latino. E fa uno strano effetto.
Probabilmente se mai questa disciplina venisse abolita, lo sarebbe in relazione a uomini già sposati che vengono ammessi al presbiterato; mi sembra difficile che si possano prevedere preti ordinati celibi che poi si sposino.
E' tutta una questione di scelta "più grande", rispetto alla scelta "ordinaria"... ancora una volta l'amore ridotto a qualcosa di trascurabile.
Eppure il tuo vissuto, Antonella, è tutt'altro che ordinario. E credo anche quello di Edecir, nonostante le fughe, i ripensamenti e la precisa volontà di chiudere occhi e cuore.
Se ci pensi, però, grazie a questa storia, hai cominciato a dare spazio ai tuoi dubbi sulla religione istituzionale, a voler andare a fondo su molte cose ... e la tua vita è cambiata, forse più di quanto tu stessa riesca a vedere.
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Re: In dialogo con Antonella

Messaggiodi antonella carisio » 24 feb 2010, 2:32

Sai è così strano rivivere la mia storia così, con te, parlandone sul blog. E' un pò come vederla "dall'esterno" e... Ci soffro ancora così tanto che a volte ho il dubbio che questo dolore non passi mai. Mi fa male ripensare ad ogni cosa ma so che è giusto farlo, devo farlo se voglio uscirne e continuare la mia vita. E' vero quello che dici, ed è vero che quello che ho vissuto, che abbiamo vissuto ha ben poco dell'ordinario. Credo che, a modo suo, anche Edecir mi abbia amata e che sia fuggito proprio per la paura di affrontare questo sentimento sconosciuto. Ogni tanto ripenso ad una frase che mi ha detto mio figlio, all'epoca aveva dodici anni ed era a conoscenza di tutto quanto, quel giorno ero arrabbiata con Edecir per i suoi continui cambi d'idea, i suoi dietro-front improvvisi, e lui mi ha detto "Mamma non ti devi arrabbiare con Edecir, devi avere pazienza. Pensa che è entrato in seminario alla mia età e nessuno gli ha mai insegnato ad amare, devi farlo tu...". Io mi creavo tanti problemi, mi domandavo se era giusto coinvolgerlo, se era giusto raccontargli ogni cosa, e mio figlio, un ragazzino, aveva accettato e capito tutto meglio di me. Ed è vero i preti non conoscono l'amore e non solo quello per una donna, non conoscono l'amore n generale, come non conoscono l'amicizia, nè l'affetto, la comprensione, la complicità, la passione, nè qualunque sentimento. Vivono in una specie di limbo dove ogni cosa passa e li sfiora senza scalfirli minimamente. Che tristezza! Non riuscirei mai a vivere una vita così. Non è neanche giusto vivere una vita così, se vita si può chiamare. Non posso nenache pensare che Dio, il Dio in cui credo possa essere così crudele da costringere chiunque a questo genere di esistenza, a rinunciare all'amore, a quell'amore che proprio Lui ci ha insegnato. E' vero questa storia mi ha fatta soffrire ma mi ha anche dato tanto e, tra le altre cose, mi ha aperto gli occhi, mi ha creato molti dubbi e ha fatto si che vedessi la religione, la Chiesa sotto una luce diversa. E' stata dura, soprattutto all'inizio, perchè piano piano, poco per volta, sono crollate tutte le mie convinzioni, sono crollati tutti i pilastri che credevo indistruttibili, ho perso tutti i miei punti di riferimento. Ma grazie a tutto questo ho riscoperto la mia Fede, una Fede ancora più forte perchè libera dai pre-concetti, dagli indottrinamenti, dalla religione. Quanto abbiamo parlato di questo, soprattutto quando sono stata a Roma a casa tua! Ricordi il nostro primo incontro?
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Re: In dialogo con Antonella

Messaggiodi Stefania » 3 mar 2010, 14:07

Mattina presto ... stazione tiburtina... freddo cane! Avevi viaggiato tutta la notte, ma eri sorridente. Siamo andate in giro per cercare un bar aperto e sembrava un'impresa impossibile. Poi infine ci siamo concesse un buon cappuccino e cornetto e abbiamo parlato per parecchio tempo sedute all'interno del bar. E ci siamo scaldate col calore della colazione e delle nostre voci. Non so quanto tempo abbiamo trascorso lì ...
Poi siamo andate a casa mia e abbiamo parlato e parlato fino a sera tardi, quando ti ho riaccompagnato a prendere il treno.
Era la prima volta che una donna tra quelle con cui ero in contatto veniva a trovarmi. Ed è stata davvero una bella sensazione.
Ascoltavo a bocca aperta il tuo racconto e partecipavo alle emozioni che mi esprimevi. All'epoca mi parlavi di speranza e di fiducia, eri certa che la vostra storia non sarebbe mai finita. Mi dicevi "se lui mi dice che non vuole vedermi, io mi presento da lui!"
Non accettavi di essere messa da parte, soprattutto perché eri sicura che non fosse un suo reale desiderio allontanarsi da te, ma un sacrificio auto-imposto, dettato da tutte le regole idiote di cui preti e religiosi sono vittime durante il lungo processo di (de)formazione e che ne influenzano reazioni e scelte.
Aver sentito la spinta e il desiderio di "confondersi" con una donna, scendendo dal predellino dove era stato collocato, dimostrando a sé stesso e agli altri che questo vago e teorico "amore per Dio" non gli era sufficiente, ben presto si è rivelata l'arma a doppio taglio che è per tutti loro.
Oltre che una questione di misoginia o sessuofobia, in questo meccanismo si nasconde qualcosa che, a mio parere, è ancora più grave: l'impossibilità di sfuggire ad uno schema di potere ben architettato.
La caduta - come la chiamano loro - o il peccatuccio, viene facilmente tollerato e perdonato. Difficile invece gestire l'innamoramento, cioè percepire il preciso bisogno dell'altro. Questo bisogno rappresenta una perdita di potere sia per il prete, che sente di "star perdendo colpi" rispetto ad una assurda ed anti-evangelica promessa, sia - e ancor di più - per l'istituzione ecclesiastica che sforna mezzi-uomini disinteressati, per ambizione, sia ai propri diritti reali, che, di fatto, a quelli degli altri.
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Re: In dialogo con Antonella

Messaggiodi antonella carisio » 11 mar 2010, 23:02

Quanto ero ingenua all'epoca! Ero veramente convinta di riuscire a cambiare le cose! Pensavo che il mio amore, la forza del mio amore bastasse a risolvere ogni cosa. Pensavo: se sarò paziene, se gli starò vicino, se lo renderò felice alla fine lui resterà con me per sempre. Che stupida! Allora non mi rendevo conto che non si trattava solo di noi due, non era il nostro rapporto ad essere in gioco, c'era molto di più... Era una lotta impari, io non lottavo contro i suoi sensi di colpa, contro la sua (de)formazione sbagliata, contro le sue convinzioni, io, in realtà, avevo iniziato una lotta contro l'istituzione ecclesiastica. Hai pienamente ragione: il peccatuccio, la scappatella vengono facilmente perdonati! Il prete è anche e soprattutto un uomo e facilmente, prima o poi, sente la necessità di avere una donna al suo fianco, ha bisogno di affetto, di amore, di passione e si lascia andare... L'istituzione sa bene come stanno le cose e chiude un occhio su queste scappatelle perchè sa che se non facesse così rischierebbe di perdere completamente il controllo. Quindi ok alle storielle senza futuro, basta che restino clandestine e non vadano troppo oltre. E poi il prete perdonato si sente ancora più in colpa, ancora più vincolato, ancora più legato all'istituzione. E la donna? La donna soffre, piange, si dispera ma non può fare altro... se resta da sola. Anche questo, soprattutto questo, ho capito in questi anni, da quando ti conosco: da sole non possiamo fare molto ma se impariamo a stare insieme, a condividere, ad essere unite allora nessuno ci può fermare. Non è facile lo so ma unite possiamo fare qualunque cosa, ne sono convinta.
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Re: In dialogo con Antonella

Messaggiodi chino » 13 mar 2010, 22:46

non so se posso intervenire, come prete sposato, nella conversazione con Antonella. Ma sarei curioso di sapere cosa hai voluto dire con l'espressione che invoca l'unione delle donne dei preti per ottenere molto, mentre se resti da sola a combattere contro l'istituzione che copre e protegge il prete non c'è nulla da fare.
Ti parlo per esperienza, tutto o molto dipende dalla personalità del prete, se sa quello che vuole oppure non ha maturato un progetto di vita nuova.....e se ha il coraggio di decidersi per una scelta che può essere anche dolorosa, ma lo matura come uomo. Se il pretino è un mezzo uomo sarà vittima della istituzione che se lo mangia in un boccone....con mille ragioni umane, ecclesiali, cristologiche, escatologiche.. e chi più ne ha più ne metta.
L'unione delle donne dei preti in esercizio possono far sentire la loro voce presso i vescovi o presso i dicasteri romani, ma devono essere molto forti per non essere derise, e per ottenere qualcosa che cambi l'attuale disciplina del celibato obbligatorio che è stata ribadita con caparbietà anche l'altro ieri dal papa tedesco. Con tutta la mia stima, Chino prete sposato con Nadia che sta per diventare nonno di una bimba che si chiamerà Lucia
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