Cara Antonella, innanzitutto grazie per aver accettato di condividere la tua storia e i tuoi pensieri con me e con i lettori di questo spazio. E’ precisamente da settembre 2007 che ci conosciamo, cioè questa è la data della prima email che mi hai scritto (sono andata a cercarla nel mio archivio).
Un po’ come tutte le nostre amiche e sorelle, hai cercato aiuto quando sentivi che cominciava a mancarti la terra sotto i piedi … sentivi che il suo senso di colpa ti faceva perdere terreno.
Ma tu, a differenza di molte altre, hai voluto parlare al telefono subito il giorno dopo. Ricordo la mia gioia quando ho sentito la tua voce così squillante e propositiva, che, col suo tipico accento, mi spiegava come stavano le cose e cosa la sua paura suscitasse in te. All’epoca, nonostante il dolore che di certo percepivo nelle tue parole, mi sei sembrata tra le fortunate che, per lo meno, potevano raccontare una esperienza reale, cioè una storia vissuta.
Chiaramente sono emersi immediatamente i tratti tipici di una relazione a due con “un funzionario del sacro”, le cui caratteristiche sono spesso così difficili da comprendere, se prima non si indaga sul lungo e laborioso processo di (de)formazione a cui tutti loro, senza eccezioni, sono sottoposti.
Dall’inizio del nostro confronto, e – oggi lo posso dire – della nostra amicizia, siamo riuscite ad incontrarci svariate volte. Sei stata presente ad entrambi gli incontri che abbiamo organizzato e spero che, come ci siamo dette varie volte, potremo lavorare insieme per promuovere le nostre iniziative in modo più efficace.
Da allora, comunque, la tua situazione è cambiata radicalmente, in ogni senso.
Ci sono delle considerazioni o dei pensieri che ritieni possa essere utile condividere con noi?
Raccontaci.