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Re: Noi e il prete - le storie

MessaggioInviato: 18 mar 2010, 14:43
di donfy
Cara Lostris la tua lettera mi è piaciuta moltissimo. Particamente la condivido in ogni cosa, soprattutto nello spirito che alimenta le tue parole.
In particolare le tue parole:
"scrivo perchè comunque voglio testimoniare che, nonostante l'esito a prima vista infelice, è stata una storia piena, ricca,come forse tante altre storie di amore umano, che mi ha fatto crescere come donna, come persona, come L. Nessuno mi aveva mai regalato il senso dell'Amore, umano e divino, quanto lui. ritengo di essere stata fortunata, nonostante tutte le lacrime e il dolore portato...e sogno che un giorno queste storie siano storie di libertà e libertà d'essere pienamente uomini felici. a Dio piacendo, le nostre vite vanno avanti sorprendentemente e meravigliosamente intrecciate d'amore nel mondo".

Sono certo che al di là di come è andata ci sia stato molto da salvare e per cui dire grazie. Certo forse avreste voluto di più. Tuttavia ogni amore umano è parziale, limitato come lo è ogni storia di amore dalla quale se, anche non si riceve tutto, non per questo è da gettare (o le persone sono state false).
Un rapporto è sempre tra persone prima che tra ruoli. Può anche non funzionare per altri motivi relativi alla coppia stessa. Come invece può essere il punto di partenza per una nuova vita. Ma anche tanti matrimoni, che non hanno il tarlo della clandestinità, che potenzialmente partono con i migliori auspici, mancano di tanto. Come ce ne sono molti che hanno una grande profondità.
Tuttavia non è l'ideale che potrebbe essere, ma il "reale" che avviene tra quei due volti che non si sa per quale motivo si sono amati.
Se ti sei innamoratro di lui o di lei è con questo che devi fare personalmente i conti e poi decidere.
Solo così si può dire di aver entrambi ricevuto qualcosa senza dover scaricare solo colpe sull'altra parte.
Di questo ti ringrazio in particolare, cioè di aver testimoniato di essere stata arricchita anche tu.
Poi anche io sono d'accordo che il Celibato vada reinterpretato. Ma non sono convinto che questo discorso debba essere affrontato screditanto preti che secondo me sono stati (magari con eccezioni) sinceramente innamorati della persona che avevano affianco.
Grazie. donfy

Re: Noi e il prete - le storie

MessaggioInviato: 7 giu 2011, 18:19
di Stefania
Tante (e quante) storie continuo ad ascoltare!
Le difficoltà e il dolore sempre gli stessi, sempre presenti.
Alcune di voi si sono rassegnate al dolore e alla "sopportazione" di una situazione che non dona un briciolo di serenità (salvo rarissimi casi).
E, ascoltandovi, mi sento impotente e a corto di cose da dire.
Come ripeto spessissimo, alla fine siamo noi a dover prendere una decisione. E se non la prendiamo restiamo in bilico tra la rassegnazione di non poter fare a meno della sua rara presenza e l'illusione che le cose cambino.
Il segreto per una piena consapevolezza è tenere sempre a mente che:
- l'amore è tale quando due individui sono alla pari tra loro, con eguali diritti, doveri ed eguale responsabilità nei confronti del rapporto (laddove questo presupposto mancasse, non si tratta di amore)
- l'amore si fa in due, senza che sia sempre e solo una delle parti ad interessarsi del suo andamento, o che spinga per incontrarsi più spesso
- se si passa la maggior parte del tempo a piangere, invece che gioire, nella storia non può esserci un futuro (intendendo "vita" futura, visto che risulta più mortifera che altro)
- se la controparte si preccupa prima del buon nome dell'istituzione, o del proprio, o di non scontentare la famiglia d'origine, o di ciò che dice la gente, il vicino di casa, ecc.... meglio fuggire il più lontano possibile. A meno che si pensi di valere meno di tutti questi fattori, vicino di casa compreso.
- spesso il ruolo arriva ad essere una scusa per giustificare le tante, troppe manchevolezze e il senso di colpa diventa un facile e semovibile paravento dietro cui ripararsi all'occorrenza.

Considerazioni forse ciniche ...
Derivano unicamente da ciò che ascolto ogni giorno. Sono pensieri che si affacciano alla mente ogni volta che non trovo le parole per comunicare grinta, speranza e ottimismo ad una donna intrappolata in un rapporto con un prete/religioso.

Re: Noi e il prete - le storie

MessaggioInviato: 14 lug 2011, 10:15
di iaia
Il mio sta lasciando il ministero ma ha lasciato anche me.

Re: Noi e il prete - le storie

MessaggioInviato: 14 lug 2011, 18:22
di Stefania
Cara Iaia,
mi spiace per questa tua situazione.
Se vuoi contattarmi privatamente, io ci sono...

Re: Noi e il prete - le storie

MessaggioInviato: 16 lug 2011, 10:53
di miki
ciao a tutte, volevo lasciare la mia opinione...
volevo dire che sono perfettamente d'accordo con quello che scrive Stefania. bisogna avere un po' di amor proprio, recuperare l'autostima che il prete tanto spesso calpesta e, se si vivono storie che fanno solo soffrire, dare un taglio. l'Amore è gioia, progetto di vita insieme, desiderio di vivere insieme alla persona amata senza se e senza ma. il rapporto con i preti, di solito, non è diverso da quello che una donna può trovare con un uomo sposato: sarà la sua amante, da "usare" finché le cose non si modificano (lui ne trova una più giovane, più bella, che fa meno domande, che abita più vicino (più a portata di mano), più lontano (dovrebbe dare meno grane). L'uomo sposato non lascerà mai la sua famiglia nonostante lo dica a parole. Non va a rivoluzionare il suo mondo per un'altra donna, a meno che... non sia la moglie stessa a lasciarlo! la chiesa non lascia quei pochi preti che ha, quindi...
ovviamente sto generalizzando un po', certamente ci sono anche uomini sposati che decidono loro di lasciare la famiglia per stare con un'altra donna e preti che decidono di lasciare il ministero per vivere insieme alla donna di cui si sono scoperti innamorati. ma sono l'eccezione, non la regola. però, non pensiamo che l'eccezione capiterà a noi, ci faremo solo del male.
come avevo già scritto in un altro post, il mio parere è che dovremmo diffidare di queste storie xkè, come ha scritto Ornella in un'altra discussione, nascono da momenti di sofferenza/disagio: un matrimonio che va a rotoli e la donna chiede aiuto al prete (e già qui io mi chiederei "xkè mai?? chi, MENO DI LUI, può consigliare in questi casi??" capisco la fede, ma se un matrimonio va a rotoli non si tratta di avere fede x salvarlo...), oppure il prete scopre di sentirsi inadeguato al ruolo, si sente solo, ecc (non ricordo cos'altro aveva scritto ornella, ma erano esempi giustissimi).
alla fine ci sarà sempre un motivo x cui loro "proprio non possono lasciare il ministero": dalla famiglia d'origine (mi mamma ci teneva tanto...) alla comunità (cosa dirà la gente?!), i confratelli (x i religiosi: ero un esempio x loro, ora cosa penseranno di me?), l'età (come mi riciclo nel mondo? che lavoro faccio?), ecc
quindi, fatevi forza, lasciate il prete e il suo rapporto che soffoca, che non permette di vivere e cercate un altro uomo (non sposato possibilmente ^_^), magari non sarà "splendido" come appare il prete, però, ve lo auguro, vi amerà davvero!
un abbraccio a tutte,
michela

Re: Noi e il prete - le storie

MessaggioInviato: 16 lug 2011, 20:32
di ornella
Cara Miki,
io non sono la depositaria della verità, e non sono convinta che, in rapporti nei quali si investe molto di noi stesse, "chiodo scacci chiodo". Sono la prima ad indignarmi quando leggo tante sofferenze, e sono la prima a sostenere che siano prodotte, quasi sempre, da rapporti asimmetrici dal punto di vista sia ecclesiale che psicologico (le due cose vanno purtroppo insieme). Sono anche convinta che l'anaffettività coltivata col pretesto di "essere di tutti" di tanti presbiteri sia un solenne inganno perpetrato prima di tutto nei confronti di loro stessi, e che poi si ripercuota sulle donne coinvolte, che hanno la "colpa" "ecclesiale" di essere stigmatizzate come "le altre", quasi fossero delle poco di buono. Questo è talmente insito nell'imprinting di troppi/e cattolici/che da favorire un silenzio omertoso intorno alla problematica mentre nel mondo laico, sia pure tra le difficoltà e anche le rotture, i rapporti di coppia si chiariscono più o meno civolmente, anche se questa sensibilità è una conquista relativamente recente. Torno un momento sull'anaffettività con un esempio: la mia primissima e del tutto casuale esperienza di questo tipo fu con un giovane diacono, quasi alla vigilia dell'ordinazione, il quale aveva una ragazza e non riusciva a togliersela dalla testa. Credete che per lui la paura fosse la sessualità? No, lui aveva paura d'innamorarsi seriamente. Quando gli ho fatto presente che il servizio e la testimonianza cristiana non passa necessariamente attraverso il presbiterato ha fatto orecchie da mercante. Non so come sia andata a finire la cosa, ma so che è stato ordinato e che però ho ritrovato il suo nome, che qui non faccio, in un sito di preti sposati.
Ora, se può essere incolpevole la decisione presa da adulti di rinunciare a una vita sessuale, è non solo colpevole, ma delittuoso, castrarsi la vita affettiva perché si rimarrrà per sempre monchi di una parte di se stessi. Molti così rischiano di "prendere" tutto quello che possono in un rapporto che li gratifica, ma non se ne assumono alcuna responsabiliità perché non ne sono in grado: sono rimasti uomini a metà. E la colpa non è tutta loro, ma è quasi sempre della pressione sociale ed ecclesiastica che, oltre alla tabuizzazione del sesso, tabuizza un rapporto anche solo amichevole con l'altro sesso, e se ci fate caso le raccomandazioni degli istituti religiosi come nelle parrocchie spesso sono trasudanti un moralismo che diviene patologia: patologia dei rapporti, ed ecco perché i preti finiscono col sentirsi "soli", patologia nel galateo non detto ma di fatto seguito per "proteggere il prete" dalle donne, e infine, visto che ci siamo, talvolta una patologia del desiderio per il proibito che si confonde con l'amore.
la sola medicina che io conosca, per non finire saccheggiate spiritualmente da certi predoni e per non subire danni concreti, esempio figli lasciati senza padre, è non la semplice abrogazione dell'obbligo celibatario pur necessaria, ma una maturazione psicologica e una presa di coscienza che siamo tutti/e uguali davanti a Dio, che non esistono autorità superiori ma solo carismi diversi, che un uomo (o una donna) non è "vero" fino a quando non è pienamente se stesso, qualsiasi cosa per lui/lei questo significhi, nella chiesa come fuori da essa.

Qua sta il problema.

Con sincero affetto per tutte
Ornella

Re: Noi e il prete - le storie

MessaggioInviato: 20 lug 2011, 13:02
di miki
ciao ornella,
condivido pienamente quello che hai scritto, direi che sono d'accordo con ogni singola riga. è perfettamente vero che bisognerebbe cambiare la mentalità di tutti, rendersi conto che non ci sono superiori deputati a compiti specifici o che hanno la funzione di mediatori, ma che siamo tutti allo stesso livello, solo con carismi diversi.
per quanto riguarda l'anaffettività dei preti anche nelle semplici relazioni amicali (con donne) porto l'es. che è capitato a me in parrocchia. da noi c'è la brutta usanza di invitare i preti (e ne sono passati tanti in questi anni) a pranzo, cena o a prendere un caffè o alle nozze dei figli, ecc. in teoria, in queste cose non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che si creano parrocchiani di serie A e di serie B, con i quali il prete non ha un vero rapporto d'amicizia, ma attua poi differenze di trattamento (anche in maniera inconscia, cioè non si rende conto di attuare questi meccanismi "discriminatori"). con il prete che c'è attualmente, tanti anni fa avevamo condiviso insieme campi estivi in montagna, animazione dei ragazzi al sabato e, inoltre, all'epoca io facevo la catechista. successivamente al suo spostamento, avevamo mantenuto i contatti telefonici e un paio di volte, andando a roma x altri motivi, ero passata a trovarlo. insomma, visti i bei ricordi e credevo l'Amicizia passata, quando è ritornato nella ns. comunità, ho provato a invitarlo x una pizza o a bere qualcosa insieme ai miei amici. specifico che l'ho sempre invitato a partecipare insieme ad altre persone, mai io e lui da soli, di modo che non potesse "temere" chissà quale movente da parte mia. inoltre, essendo i "nostri" preti dei religiosi, ce ne sono sempre due in parrocchia: quindi il mio invito era sempre rivolto ad entrambi. pensate che sia venuto anche solo una volta? purtroppo si castrano l'anima, le amicizie non sono vere xkè non vanno mai nel profondo. amici sono coloro che possono servire a qualcosa: sono sempre presenti in parrocchia x attività varie (allora li si ringrazia accettando un loro invito) oppure possono procurare permessi in Comune x la realizzazione di lavori in parrocchia, ecc... insomma, una vera tristezza...
infine, volevo spiegarmi riguardo alla frase "chiodo scaccia chiodo": sono d'accordo che non serve agire così, intendevo dire di lasciare perdere la relazione con un prete xkè è, appunto come dice ornella, asimmetrica, difficilmente porterà a una relazione vera (e comunque, fin quando le cose non cambieranno, ciò dovrà avvenire fuori dal presbiterato).
un saluto a tutte,
michela

Re: Noi e il prete - le storie

MessaggioInviato: 20 lug 2011, 21:27
di ornella
Grazie Michela, di cuore. Rimane la domanda che si fa Stefania in un suo intervento scritto su Adista, che è riportato in questo sito e che riporto per intero. Scrive Stefania:

"La ricerca del senso delle cose, questo mi sta a cuore. Ho capito che avventurarsi in questa ricerca è già un traguardo. Sentirsi liberi di cercarlo, senza accontentarsi di risposte già preconfezionate da qualcuno che è pronto a venderle al mercato nero, come la farina in tempo di guerra. Potremmo definirla “libera ricerca spirituale”, se questo termine non fosse già sufficientemente abusato. Si tratta in sostanza di tuffarsi profondamente dentro se stessi per riportare alla luce il progetto originario, quello che in fondo siamo da sempre senza esserne consapevoli.
Mentre si sprofonda ecco che si smuovono le correnti interiori e le maree diventano ingovernabili, impetuose. Se fosse proprio questo ciò che chiamiamo Dio? Qualcosa di totalmente e assolutamente creativo, ma che lo diventa solo nella misura in cui noi lo portiamo alla luce.
E' da un pezzo che non riesco più ad immaginare un Dio-persona che si trova chissà dove, quello a cui ci si rivolge per chiedere o per ringraziare. O quello da temere, così caro alle religioni sempre meno spirituali; quello che si offende, che porta rancore, all'occorrenza anche per l'eternità. Una presenza che ha contraddistinto la formazione religiosa della gran parte dei cattolici, istruiti a sopportare la vendetta di un Padre irascibile e permaloso che per ciascuno ha previsto specifici piani spesso incomprensibili. Meno li si capisce e più si ricorre alle gettonate teorie che svuotano il pensiero e lo riempiono di assurde certezze capaci di trasformare la bellezza in senso di colpa e la passione in delitto.
È quel che accade quando le nostre scelte sono dettate dalla paura di sbagliare, o peggio ancora di trasgredire, specie laddove la presunta mancanza riguarda una legge “divina”. Nella mia esperienza con le “donne dei preti” riscontro con dolore quanto questa paura sia presente e determini le azioni e i gesti sia della donna che del chierico. La prima annaspa nel tentativo di liberarsi dalla trappola dorata di una relazione impari, condizionata dalla superiorità dell’uomo sacro che impone tempi e modalità fortemente penalizzanti ad una storia già di per sé complicata. Il secondo cerca di vivere la relazione occultando il senso di colpa per aver tradito l’istituzione, i confratelli e le aspettative che tutti ripongono in lui. In molti casi, specie se si tratta di preti giovani, questa condizione mortificante è superata dalla consapevolezza che il celibato obbligatorio non è un dogma di fede e le relazioni sono affrontate con maggiore disinvoltura. Forse troppa, stando alle testimonianze delle loro compagne, spesso abbandonate perché la storia “sta diventando troppo seria”, salvo poi constatare che un’altra donna, meno impegnativa e pretenziosa, era già nell’aria. Ma anche così il celibato è salvo.
Ecco, allora da qui la domanda: qual è il senso di tutto questo? E come uscirne? Combattere affinché l’istituzione ecclesiastica decida per l’abolizione di questa norma o cercare la forza e la strada per superare ed eliminare ciò che impedisce di essere autentici?"

* Segreteria del Gruppo romano di Noi Siamo Chiesa e coordinatrice del Blog “Amore Negato”, che tratta di celibato e delle “donne dei preti” (http://www.ildialogo.org/phpBB302) sul sito “Il Dialogo”

Articolo pubblicato su ADISTA n. 58 del 23/07/2011

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Io propendo per cercare la forza e la strada per superare ed eliminare ciò che impedisce di essere autentici/autentiche. L'abrogazione della norma verrà da sola. D'altra parte da sola l'abrogazione, con queste teste, servirebbe soltanto a togliere qualche alibi; la seconda ipotesi serve, anzi è urgente, per il popolo di Dio tutto, uomini e donne, celibi e nubli, laici e chierici, sposati o divorziati o gay etc... . Cercare insieme è possibile da subito, come è possibile da subito cominciare a scavare alla ricerca della nostra autenticità, consapevoli che costa fatica, come ogni lavoro impegnativo, ma che è liberante anche se troveremo risposte diverse perché iscritte per forza di cose anche nelle nostre storie individuali.
Un abbraccio affettuoso
Ornella

Re: Noi e il prete - le storie

MessaggioInviato: 30 apr 2013, 14:14
di antonia
LUI ha 50 anni,io 36,collaboriamo fianco a fianco per dieci anni,lo stimo lo ammiro ma non l'ho mai guardato come uomo. Una sera di un anno fa,mi chiama e mi dice di passare dal suo studio,alle 21. che orario strano penso.Mi parla di un sacco di cose che già sapevo (erano scuse)e prima di andare via,mi abbraccia(non l'aveva mai fatto!) e mi dice ti voglio bene e mi sfiora le labbra.Torno a casa sconvolta. Gli chiedo spiegazioni e la risposta è...ho bisogno d'affetto,come te,tu sei così dolce,buona comprensiva. Io mi lascio andare e mi innamoro...ed è qui che iniziano i guai,le nostre fughe,gli incontri d'amore,le lettere. Tre mesi fa i suoi sensi di colpa diventano pesanti e forti e decide di troncare. Per lui è facile,per me è un dolore che non mi da tregua,che non mi da pace. Ho provato ad allontanarmi lasciando i miei impegni in parrocchia. Piangendo mi ha chiesto con tutte le forze mi chiede di restare ed io sono rimasta,evitandolo con tutte le mie forze. Cerco di incontrarlo sempre con altri,evito perfino le uscite in comitiva se c'è lui,ma è davvero difficile.spero che arrivi presto l'estate per vederlo di meno,a giorni mi auguro di non incrociare il suo sguardo a giorni morirei per essere guardata come prima. Ero solare allegra dolce,ora sono sempre triste depressa,a giorni perfino cattiva. Avremmo potuto continuare ad essere amici,se solo non ci fosse stata questa parentesi che IO NON HO CERCATO,CHE IO NON VOLEVO...mi sento usata,svuotata e buttata via...è terribile
Dieci giorni fa ho scoperto che scrive ad un'altra quello che scriveva a me. Ho fatto una scenata di due ore davanti a tutti e due che giuravano che erano solo parole d’affetto magari un po’ forti ma di affetto.
Offendo la mia intelligenza ma ancora io gli credo

Re: Noi e il prete - le storie

MessaggioInviato: 2 mag 2013, 12:59
di ornella
Carissima Antonia,
solo un consiglio e un appello alla donna generosa che è in te: non buttarti via e non avere paura di esserti incattivita perché quello che esponi è lucido e chiarissimo, anche per questo serve lo scrivere, alle volte, più che parlarne.
Datti generosamente e con gratuità impegnando le tue risorse altrove. Non sarà né la fine della parrocchia né altro, sarà soltanto il necessario prendere le distanze per ricostruire la stima che hai di te stessa e leccarti le ferite provocate dall'ennesimo "figlio di..." . In tonaca o senza non fa poi tanta differenza. Hai commesso un errore marchiano a fidarti? Capita, capita più spesso di quanto non si pensi. Capita all'interno di matrimoni magari un po' stanchi, capita negli ambienti di lavoro per la contiuità della frequentazione o per la posizione ammirata e competente del "boss", come è capitato a te, disarmata davanti all'improvvisa "umanizzazione" di un leader.
Ti abbraccio. Non farti usare più. Non lasciarti andare a nostalgie o sensi di colpa. Riparti. E' faticoso. E' triste. Ma inseguire una relazione che tu sai essere squallida farebbe torto alla lucidità della tua analisi che denota intelligenza e sensibiità.
Ti abbraccio forte e ti auguro di risalire la china per Antonia. Di Antonie non se ne trovano poi tante.
Ornella