Bentornati/Bentrovati a tutti.
Tra le mie letture estive spicca di sicuro il libro del teologo Josè M. Castillo dal titolo "La Chiesa e i Diritti Umani".
L'ho letto praticamente tutto d'un fiato e l'ho trovato davvero interessante. Vi sottopongo un piccolo stralcio che mi auguro possa dar vita ad un confronto tra di noi.
Le verità e le norme della Chiesa cattolica esigono la rinuncia ai diritti che appartengono al soggetto. Per esempio, la rinuncia a godere di una libertà che, al non essere cattolico, si potrebbe tranquillamente avere. Per questo un cattolico non può, se desidera continuare in questa fede, dissentire da ciò che dice il papa o i concili ecumenici della Chiesa o, semplicemente, il "magistero ordinario" dei vescovi.
Questa auto-limitazione ai diritti umani si accentua nel caso di tutte quelle persone che si vincoano alla Chiesa mediante speciali legami, per esempio, nel caso dei sacerdoti e religiosi, che rinunciano al matrimonio e al normale esercizio della sessualità.
In tutti questi casi è una loro libera scelta. Però, allora, la domanda non è se i cattolici (e in particolare i sacerdoti e i religiosi) possono auto-limitare i loro diritti umani.
Qualasiasi persona può liberamente rinunciare al matrimonio. Il problemasta nel sapere se un'istituzione, pubblicamente accettata, riconosciuta e ufficialmente protetta dall'ordinamento costituzionale di un paese, può organizzarsi in modo che, in virtù delle sue credenze confessionali, si crede in diritto di privare i suoi fedeli di determinati diritti che hanno come cittadini.
In ogni modo e qualsiasi sia la risposta che si dà a questa questione, una cosa è fuori dubbio, che in uno stato di diritto le istituzioni hanno il dovere di informare anche pubblicamente i cittadini sui diritti umani che ogni istituzione limita, taglia o non riconosce.
(...) In uno Stato dove si prendono seriamente i diritti dei cittadini non si accetta che ci siano istituzioni che, in virtù delle loro credenze private o particolari, pretendono limitare tali diritti.