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Celibato ecclesiastico: valore o convenienza?

MessaggioInviato: 4 apr 2009, 0:51
di Stefania
Su sollecitazione di un nostro amico prete sposato diamo vita a questo nuovo argomento. Beh, certamente non proprio nuovo, ma forse non ancora sufficientemente approfondito in questo spazio.
In campo di fede, a mio parere, tutto può essere valido nonché conveniente a patto che venga scelto liberamente dal diretto interessato e che lui lo ritenga opportuno per la propria crescita umana. E' evidente che la disciplina del celibato obbligatorio non possa in alcun modo favorire questa libertà e quindi questa crescita, anche se è evidente che da secoli lo si fa passare per una scelta operata in modo consapevole.
Certamente nessuno è mai stato obbligato a diventare prete. Oggi addirittura alcuni esponenti del clero affermano che in realtà questa cosa non è mai stata compresa nel modo giusto e la realtà delle cose è la seguente: "non è che chi vuole fare il prete deve restare celibe, ma fra coloro che scelgono di restare celibi c'è qualcuno che vuole fare il prete".
Ritengo questa una menzogna colossale.
Oltretutto la vita, così come le convinzioni (anche spirituali), non è detto che debbano essere immutabili, immobili e eterne. Ammesso che un ragazzo adolescente sia in grado di decidere di restare celibe, come si fa ad essere certi che non incontrerà mai una persona che gli toccherà il cuore in profondità?
Ed è più fedele chi si lascia innamorare o chi respinge l'amore e lo fugge come se fosse una malattia?
Per chi ha studiato un minimo le origini della disciplina celibataria è evidente e scontato che non si tratti di un requisito cristiano, che ha cioè attinenza con Cristo, ma che sia il risultato di operazioni di tutt'altra specie. Convenienza?

Re: Celibato ecclesiastico: valore o convenienza?

MessaggioInviato: 4 apr 2009, 11:14
di Paola
Il celibato ecclesiastico non è mai stato un valore, altrimenti Gesù non avrebbe mai pensato di scegliere Pietro che non era celibe alla guida della sua chiesa!!!
Pensate all'eredità che un prete poteva lasciare alla propria famiglia, quindi patrimoni di cui non poteva essere proprietaria la gerarchia.
E pensate alla malata concezione, sempre che ha avuto la gerarchia, che le faceva sospettare che nessuno più avrebbe dato offerte per la chiesa, poichè si pensa che la gente non vuole mantenere le famiglie dei preti lasciando offerte ma piuttosto mantiene economicamente le proprie.
Tutto questo perchè non è radicata l'idea di mettere tutto in comune, come nelle antiche comunità e perchè la chiesa è avida di denaro e di beni lussuosi!
Quindi direi che il celibato imposto è stato introdotto solo ed esclusivamente per una scelta di conveniensa: SI', MA SOLO PER CONVENIENZA ECONOMICA!!!

Re: Celibato ecclesiastico: valore o convenienza?

MessaggioInviato: 4 apr 2009, 13:10
di ornella
Rispondo sinteticamente: se la domanda viene posta da un prete sposato, è un'evidente "provocazione" e non ho voglia di discuterne in questi termini (convenienza o meno), perché credo che basti consultare, per chi non abbia chiara la storia del celbato ecclesiastico, il sito, ad esempio, di Vocatio.
Qua invece tengo a puntualizzare un concetto: la mancanza totale di sensibilità e di umanità nel farne un "obbligo", ovvero, o accetti il pacchetto a scatola chiusa e magari in età adolescenziale, con relative storture psicologiche che posso avvenire e di fatto avvengono, o non ti fai prete, Ora, dato per assodato che essere prete oggi non rappresenta più, e meno male, una specie di assicurazione allo studio per le famiglie più povere, né una specie di "potere" incarnato, almeno a leggere il Vaticano II, mi pare che tenere in piedi l'obbligo celibatario per i diocesani sia un nonsenso. Altro discorso faccio per i religiosi, per i quali però i voti pronunciati non possono/debbono diventare delle forche caudine se uno/a si accorge di non farcela o di essere cambiato/a e vede davanti a sé un altro percorso, non necessariamente per sposarsi. Altro appunto che mi sento di fare è l'eccesso di clericalizzazione per gli ordini maschili, per le donne la questione non si pone, per cui ho sentito dire qualcuno "quand'ero frate semplice"... . Insomma, io vedo bene il celibato facoltativo per tutti i diocesani e una revisione degli statuti sulle professioni perpetue per religiosi/e. Non per svalutare i voti professati, ma perché penso che la vita degli uomini e delle donne, inclusa la vita di fede, sia un continuo divenire e non vedo alcuna "diminuzione" nel ritorno allo stato laicale di un monaco o di una monaca. Epperò, qui ci si scontra con l'idea del "sacro" inoculata per secoli, quindi la risposta non la posso dare io, debbono darsela coloro che le scelte le fanno per loro stessi/e.
Un ultimo appuntino: per me i preti diocesani dovrebbero essere autonomi nel mantenimento della famiglia, con conseguente ricerca di vocazioni "solo ed esclusivamente" adulte e non dovrebbero sottostare a vincoli di sorta per la serie: se hai scelto il celibato fai carriera ecclesiastica altrimenti no.
In conclusione, massima apertura per i preti diocesani "adulti", indipendenti e resposabili, sia di essere celibi che di non esserlo e nessun dramma alla richiesta di esclaustrazione per i religiosi e le religiose non ordinati. Se ordinati, il sacramento dell'ordine rimane intatto, fermo restando che verrebbero a trovarsi in situazione analoga a preti che siano già sposati. D'altra parte già oggi io conosco esclaustrati celibi che, in quanto preti, sono parroci da qualche parte... .
Un saluto
Ornella

Re: Celibato ecclesiastico: valore o convenienza?

MessaggioInviato: 8 apr 2009, 19:52
di zanon Giuseppe
Tutti e due: il celibato è un valore ed è anche una convenienza!
E' un valore e non c'è dubbio, è anche un vanto della Chiesa (la nota 'Fulgida gemma'), oggi e nella sua storia bimillenaria, quando però esso è stato ed è carisma, sentito e vissuto come tale, pedana di lancio per una donazione totale alla causa del Vangelo e della sua diffusione; un esempio 'fulgido' lo abbiamo in don Primo Mazzolari di cui ricorre proprio in questi giorni il 50° anniversario della morte.
Altrimenti il celibato è un semplice dato anagrafico e, se non accompagnato dalla fede e dalle opere, è una semplice filza di zero senza un numero davanti. Senza la fede,la vocazione,il carisma il celibato ecclesiastico è una imposizione dannosa per sè e per quanti ci stanno d'attorno.

Il celibato è anche convenienza; è stato imposto come tale e continua ad esserlo anche se in forme diverse.
Ho appena finito di leggere su questo sito l'articolo di Leandro Lombardi 'Celibi per forza', dice:'..il Concilio Laterano II nel 1139, per motivazioni tipiche della società medioevale ( impedire la trasmissione ereditaria dei benefici e monachizzare il ministero) ha definitivamente imposto il celibato a tutti i sacerdoti della Chiesa latina'.
Conveniente il celibato alla organizzazione ecclesiastica che può così spostare a piacimento i sacerdoti nelle parrocchie, nelle diocesi,nelle varie mansioni gerarchiche;il sacerdozio uxorato rallenterebbe di molto la programmazione dall'alto.
Conveniente soprattutto sotto l'aspetto economico perchè se oggi al prete basta uno stipendio medio e le offerte dei parrocchiani possono andare tutte alla parrocchia, col prete sposato bisognerebbe pensare ad un'altra casa oltre alla canonica e ad uno stipendio adeguato ad una famiglia (magari numerosa!).
E così via dicendo. Se ne esce solo se si mette al primo posto la vera CONVENIENZA:che la parola di salvezza del Vangelo giunga ad ogni uomo! Le altre convenienze si possono ridimensionare, il celibato opzionale risplenderebbe di luce propria
derivante dalla libera scelta e dal carisma, il matrimonio e la donna tornerebbero al centro del popolo di Dio.
Giuseppe Zanon

Re: Celibato ecclesiastico: valore o convenienza?

MessaggioInviato: 8 apr 2009, 22:36
di marina
Una piccola nota alle parole del commento precedente:se la causa del Vangelo é la testimonianza dell'amore non si capisce perchè i preti celibi sono quelli che si possono donare "totalmente" a questa causa. Diciamo piuttosto che il dono può avvenire con modalità diverse nel caso si scelga il celibato o il matrimonio, ma non parliamo più di dono totale nel primo caso e di dono parziale nel secondo, per favore.

Re: Celibato ecclesiastico: valore o convenienza?

MessaggioInviato: 9 apr 2009, 11:54
di Stefania
Sono d'accordissimo con Marina per quanto riguarda il presunto concetto di donazione totale.
Il valore, l'unico a mio avviso, è la libertà. Si può scegliere (in libertà?) di essere celibi a 25 anni e a 40 incontrare una persona che ci fa rimettere in discussione le presunte certezze e, per libertà e in libertà, ri-scegliere l'amore per manifestarlo con modalità diverse.
Poi magari restare vedovi e scegliere di non sposarsi, o il contrario.
Questa è la vita, fatta di scelte e ri-scelte LIBERE.
Quanto all'aspetto economico, pur presente in molte decisioni di "opportunità" da parte dell'istituzione, non mi sembra un criterio da prendere in considerazione seriamente.
Il prete è un uomo con pari diritti/doveri di qualunque altro uomo e, a mio parere, dovrebbe lavorare per mantenere se stesso (e la sua famiglia). Se la nostra è una chiesa apostolica, gli apostoli non facevano così?

Re: Celibato ecclesiastico: valore o convenienza?

MessaggioInviato: 6 mag 2009, 19:10
di zanon Giuseppe
Riprendiamo il discorso interrotto da un pò di tempo.
Il celibato ecclesiastico è senza dubbio un valore,quando è una libera scelta,quando è un carisma dato dall'alto,quando si accompagna ad altri valori indiscussi come la fede,le opere,la vocazione,la dedizione personale,ecc...

E' anche una convenienza,una convenienza pratica ed organizzativa.
Abito in provincia di Brescia e la diocesi di questa città ne è una riprova.
Un milione di abitanti,circa 800 sacerdoti,circa 350 parrocchie, il tutto organizzato a meraviglia, o quasi:i sacerdoti proprio perchè celibi e non radicati sul territtorio, sono spostati ad libitum della Curia, con una organizzazione piramidale da far invidia.Il prete novello viene mandato in parrocchia come aiutante del parroco,come curato impegnato con i giovani.
Da lì si parte per le promozioni come parroco,in base al tempo e ai meriti, fino alle sedi più importanti in qualità di monsignore. Come organizzazione non ci sarebbe che da dir bene,se non fosse che l'operazione è tutta roba di Curia, con la popolazione,sostanzialmente, tagliata fuori e fortunate quelle parrocchie che hanno un pastore gradito,stimato,disponibile alla collaborazione con i parrocchiani.Come è la mia parrocchia di Gottolengo e son felice di poterlo dire.

Può capitare invece che questa organizzazione curiale esageri,non tenga conto dei fedeli,programmi a tavolino,ascolti i pareri della gente solo ad operazione finita.Come è capitato in Austria e Jesus di Aprile ne ha parlato diffusamente.
La Curia romana propone di far vescovo ausiliare di Linz padre Gerard Maria Wagner su posizioni ultra tradizionaliste.
Obiezioni da parte dei fedeli e degli stessi vescovi austriaci,insistenza da parte di Roma,opposizione fino a minacciare una crisi da parte del cardinale Christoph Schonborn. Finalmente la rinuncia alla nomina da parte di padre G.Wagner:'..tenen-
do conto delle massice critiche che ho ricevuto e, dopo aver pregato ed essermi consultato con il mio vescovo, sono giunto alla decisione di chiedere al santo Padre di ritirare la mia nomina come vescovo ausiliare di Linz'.
Giuseppe Zanon

Re: Celibato ecclesiastico: valore o convenienza?

MessaggioInviato: 7 mag 2009, 12:25
di Stefania
Caro Giuseppe, quanto alle opere, la fede, la dedizione, a mio parere non c'entrano nulla col celibato. Una persona si dona agli altri o non si dona, a prescindere dal fatto che sia sposato o meno, e anche a prescindere dal fatto che sia prete (non sacerdote) o meno.
Ciò premesso, il resto del discorso praticamente viene meno.
Il cristianesimo si centra sulla persona di Cristo e sulla comunità che a lui si ispira. Tutto quello che non risponde a questa centralità, a mio parere (e nella mia pratica) non serve a niente. Un presbitero (o un pastore) che non sia scelto, o almeno accettato dalla comunità, non mi rappresenta.
Se davvero potessi scegliermi il presbitero (ammesso sempre che sia necessario averne uno), gradirei che fosse felice. Tutto qui. Sposato, non sposato, gay/lesbica o qualunque cosa sia o scelga di essere.
Il fatto che in Austria il popolo di Dio abbia avuto il coraggio di rifiutare un presunto-rappresentante dal quale non si sentiva rappresentato non può che essere cosa sacrosanta, ma sappiamo fin troppo bene che una cosa del genere in Italia non accadrebbe mai.
Il cristiano, specialmente se cattolico, è ancora succube dell'istituzione, in un modo o nell'altro. Ogni volta che si ipotizza o immagina di fare qualcosa di veramente "rumoroso", che giunga quindi a scuotere un minimo i palazzi vaticani, il coro è unanime: "lascia stare, così è troppo, opporsi con forza non serve a nulla, bisogna dialogare".
Questa è anche e soprattutto una scusa per continuare a nascondersi e a protestare solo ed esclusivamente dietro ad uno schermo.
Siamo talmente tanti (fuori e dentro le gerarchie) a pensare che il celibato sia una roba vecchia, falsa, brutta e dannosa, che basterebbe che parlassimo tutti insieme, nello stesso momento e nello stesso posto, anche senza urlare.
Questa sì che sarebbe una cosa conveniente e di valore.

Re: Celibato ecclesiastico: valore o convenienza?

MessaggioInviato: 11 mag 2009, 21:41
di Giulia
Io penso che lavorare in due sia più proficuo.
L'esempio che una coppia potrebbe dare è il migliore, anche perché il più reale, l'esempio trascina.
Amare una donna o dei figli non è antitesi dell'Amore verso Dio.
Non si può esaltare pienamente la Bellezza che c'è tutt'intorno se si disdegna il calore umano.
I preti sono ormai aridi.

Re: Celibato ecclesiastico: valore o convenienza?

MessaggioInviato: 11 mag 2009, 22:34
di Stefania
Cara Giulia è la stessa espressione "in due" che in questi casi è difficilmente applicabile. I preti non sanno neanche concepire l'essere in due. Ci sono loro, la loro vocazione, il loro ministero, la loro carriera, la loro santità, la salvezza delle anime a loro affidate (che vorrà dire poi questa frase, ancora me lo chiedo)!
Fatto sta che nessuno di loro sa cosa significhi pagare una bolletta, un mutuo, arrivare a fine mese, dover far quadrare i conti. Negli ospedali vengono curati per primi e meglio. A tavola vengono serviti per primi e prendono il piatto più pieno.
Perché dovrebbero rinunciare a tutto questo, per sentirsi chiamare "traditori", per non riuscire a guardarsi allo specchio o a celebrare senza provare vergogna?