Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

“Non è bene che l’uomo sia solo…” (Gen 18)

Questo blog nasce dall’esigenza di portare alla luce la sofferenza, i problemi, le contraddizioni e gli ostacoli o i divieti che derivano dalla legge del celibato obbligatorio dei preti, così come previsto nell’ordinamento della chiesa cattolica romana.
Vuole essere principalmente un punto per lo scambio di esperienze e per il sostegno reciproco di quanti sono coinvolti in questa problematica:

• Le donne, che sono costrette a nascondersi, talvolta a vergognarsi di ciò che provano, subendo i cambi continui di umore di una immaturità affettiva dei chierici

• I preti, che vivono uno stato di confusione tra ciò che sembra essere il loro obbligo di fedeltà verso la chiesa a cui appartengono, e la bellezza di una nuova scoperta.

• I figli nati da queste relazioni, che hanno tutto il diritto di essere figli come tutti gli altri e quindi amati e cresciuti da entrambi i genitori. Soprattutto, come la gerarchia sosteneva a riguardo del referendum sulla legge 40, hanno il diritto di conoscere chi è il loro padre

E’ evidente che il celibato obbligatorio sia solo uno dei sintomi di una rigidità dottrinale che non contempla il bene dell’uomo e, per questo, la chiesa stessa (il popolo di Dio) deve trovare la forza e la libertà di andare oltre la legge, proprio sulle orme dell’uomo Gesù che ha avuto il coraggio di sfidare i mali del Tempio.

Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi mariastella » 2 apr 2009, 19:19

il messaggio di Giulia è "duro" da digerire, ma è reale. Questa è la realtà: si è "misconosciute", si sta in silenzio, ci si nasconde. E non si tratta solo di non poter gridare chi e quanto si ama: si DEVE stare in silenzio e basta. In un momento di ribellione, avevo pensato di avvicinarmi ai protestanti che ci sono nella mia zona. Poi non l'ho fatto: me ne è mancato il coraggio. Perfettamente d'accordo con Stefania: la scelta di cui si parla dimostra la mancanza di libertà. Ornella dice bene: restare per cambiare le cose da dentro.Ma non so come, non vedo vie d'uscita. Anzi, nell'ultimo decennio, mi è sembrato che la chiusura ad ogni rinnovamento, ed alla comprensione del mondo e delle persone, sia sempre più forte.
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi ornella » 2 apr 2009, 20:25

Cara Mariastella,
per risponderti, sono con te che le cose stiano, se possibile, peggiorando. Quindi io non asserisco, non sostituendomi alla coscienza di nessuno/a, che sia indispensabile lottare dal di dentro, ma soltanto che sia indispensabile fare delle scelte che siano meditate, riflettute, ponderate e infine, last but not least, di fede. Che nel mio caso personale significa stare dentro senza farmi però remore di testimoniare apertamente anche il mio dissenso. Ho un amico che adesso è pastore valdese e prima era prete cattolico, non mi stupisco e non mi dà alcuna noia semplicemente perché qui in Italia vige l'equazione cattolico=cristiano. Il futuro non è questo, il futuro sarà una società più aperta, multietnica e multireligiosa. Circa il come lottare stando dentro, io posso dire soltanto questo: occorre declericalizzare, in profondità, la mentalità con la quale ci rapportiamo all'interno delle comunità e, più in senso lato, all'interno della chiesa piramidale che ci troviamo talvolta a subire. Ovvero occorre un afflato spirituale che porti a una maggiore fraternità/sororità nei rapporti interpersonali, e non sto parlando solo di relazioni tra donne e preti, ma in genere tra credenti. Occorre poi che ci prendiamo la responsabilità in prima persona di chi siamo e di cosa crediamo, criticando dove sia il caso, scrivendo ai propri vescovi quando lo riteniamo, cosa che io faccio senza remora alcuna, e che non ci occupiamo solo dell'orticello personale. Io credo molto nella sensibilizzazione delle persone, solo che per farlo è necessario sfondare quel muro di gomma che si chiama "nicodemismo".
Per quanto concerne noi donne, poi, io mi auguro una maggiore presa di coscienza che non siamo l'ultima ruota del carro né in famiglia né nella società né nella chiesa. Questo comporta un salto culturale che rimarrà un'astrazione se non lo mettiamo in pratica e non ci prendiamo gli spazi che ci competono, anche se si deve lottare e sudare per raggiungerli. Inoltre, e qui entra in gioco la valenza del "sacro" incarnato dalla figura tradizionalmente intesa del presbitero e del religioso, o della religiosa, bisogna uscire dalla minorità del laicato cattolico, per cui ci si impatana a rimirare l'alta spiritualità della "figura sacra" (spesso solo presunta) senza vedere l'uomo/la donna che ci stanno dietro nella loro ricca complessità e talvolta nella loro miseria. Difficile? Certamente, ma non impossibile. Soprattutto perché se pensiamo che sia impossibile nessuno lo farà al nostro posto. Il "come" vivere la fede dipende da noi, non da altri. Seguire una logica senza Annuncio del Regno ma solo di denuncia io non penso porti da nessuna parte, per questo io apprezzo qualsiasi decisione presa non come via di fuga ma in buona coscienza: dall'adesione a una comunità di base, fino a chi abbandona il cattolicesimo e cambia confessione religiosa. L'iter dei nostri cammini porta sempre degli ostacoli, delle svolte anche brusche, l'importante è affrontare le situazioni con un minimo di serenità. Da cercatrice di verità, ma soprattutto di umanità, è la sola risposta che l'esperienza mi detta, senza preclusione alcuna e senza ricette precotte, siano esse "chiesaiuole siano esse "dissenzienti".
Un abbraccio affettuoso
Ornella
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi mariastella » 4 apr 2009, 8:56

Cara Ornella,
che bello leggere le tue parole. Certo, parli di un futuro con una società multietnica e multireligiosa. Ho sempre sperato che fosse così. Vivo al nord, siamo un feudo della Lega e, nella mia zona, la "chiusura" è palpabile. I musulmani sono "l'avanzata islamica in Italia" e non altri che pregano diversamente lo stesso Dio. Gli stranieri, gli africani, sono i diversi e basta, sono gli stranieri. E guarda che parlo con cognizione di causa, perchè sono vedova da 21 anni ma mio marito era africano e musulmano; i miei figli sono l'insieme di noi due , ma gli altri li vedono come "altri", "stranieri", "pericolosi" o "esotici"( solo quando trovi qualcuno di benevolente.) Le donne accettabili per la Chiesa sono di tre specie: vergini, martiri, vedove. Meglio vergini, possibilmente anche martiri, così non danno fastidio. Il Papa parla di Aids in Africa e suscita polemiche. Ho capito perfettamente cosa intendeva dire il Papa, quale era il discorso finale, ma la gente cosa ne ha pensato? Fondamentalmente, la Chiesa non sa parlare alle persone e vive in una realtà ovattata,da favola. Nel migliore dei mondi, gli uomini sono tutti uguali, i bambini non muoiono di fame o di Aids, le donne non vengono violentate. Ma noi, purtroppo, non viviamo nel miglio dei mondi, ma solo nell'unico mondo che abbiamo e sarebbe il caso che anche la Chiesa ne prendesse coscienza e lo vedesse con occhi "veri" per quello che è e che capisse che le persone non sono puro spirito ( altrimenti saremmo degli angeli o saremmo morti tutti) e che le proprio corpo non ci si deve vergognare. Ho portato sempre avanti la mia piccola battaglia, ma vedo che le cose vanno in senso opposto alle mie speranze. Scrivete di gruppi di base della Chiesa, ma qui da noi non ne conosco. Abbiamo solo "Comunione e Liberazione" molto attiva: tutti grigi, immusoniti. Chissà se si fanno una sana risata quando sono tutti insieme? o se si prendono talmente sul serio e credono di essere sempre i bravi, i migliori? Nella mia famiglia, c'è il ricordo di una bis-nonna ebrea che, per sposarsi, si è convertita al cattolicesimo. Tale era la sua convinzione che, ogni volta che le moriva un figlio, diceva "è il mio Dio che mi punisce perchè mi sono fatta cristiana". Forse, stiamo tornando ancora lì, o forse da lì non ci siamo mai mossi: nel tormento dell'anima. E anche il discorso della non-volontà di avere preti cattolici romani sposati forse è solo uno dei tanti risvolti del tormento che ci viene dato nella speranza di diventare puri spiriti. E invece, magari, nell'attesa, vivere meglio qui, adesso, con meno tormenti e facendosi anche una sana risata quando occorre e amando veramente quando si può? Ecco cosa mi sembra la nostra Chiesa: arcigna. Forse, farei prima a diventare protestante che ad aspettare che la Chiesa cambi......!!!!!!
Un abbraccio
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi ornella » 4 apr 2009, 9:39

Cara Mariastella,
sfondi una porta aperta: anch'io vivo al nord... nel profondo nord veneto, ex democristiano oggi leghista. Persino i TG regionali sono diventati inguardabili nella maggior parte dei casi.
Guarda, io sono quattro anni che mi sono autoesclusa dalla comunione dopo le indecenti parole che sono volate nei confronti dei fratelli e sorelle non credenti all'epoca del referendum sulla PMA, e dopo i relativi "consigli elettorali" sull'astensione dal voto. Questo non significa che io abbia cercata una comunità di base vicina, anche se mi pare che qualcosa ci sia a Verona, ma per me rimane distante. Io continuo a farmi sentire presso la mia diocesi e col mio vescovo, mentre per ovvi motivi, almeno ovvi per me, tralascio oramai la rete eccetto che per fare passare qualche informazione. Capisco il tuo sconforto, anche il tuo isolamento da come scrivi. Io, per parte mia, non ho figli, ho un marito non credente che ha una dote che manca a troppi cattolici-dogmatici: non è dogmatico. Quindi il nostro rapporto è assolutamente libero, sia come confronto che come vita. E' stato operato il mese scorso al cuore, ho temuto seriamente di perderlo e anche adesso ho il tempo contato perché la convalescenza sarà cosa molto lunga: nell'occasione ha avuto vicino qualche amico che è prete, uno dei quali, essendo abbastanza propssimo come località, è passato a trovarlo in ospedale dopo che è stato operato... . Per quanto mi riguarda io sono molto rattristata di questo modo manicheo nel quale si divide il mondo con l'accetta: la mia esperienza non è esattamente questa, io ho mantenuti i contatti con alcuni/e della comunità che frequentavo anche se mi sono allontanata. Forse farei prima anch'io a farmi protestante, se non fosse che credo la chiesa diversamente rispetto a coloro che si ripiegano intorno alla gerarchia. che è troppo spesso, oso dire quasi sempre, prona al potere temporale e quasi mai profetica. Ho deciso di resistere. Non mi spaventano i diktat umani. Mi spaventa di più il troppo silenzio che circonda certe prese di posizione anche se poi, lo so bene, al momenti di decidere per noi stessi si decide diversamente. Ecco, il pericolo è questo: ridurre la fede a un fatto privato, trascurando la parresìa evangelica in ambito ecclesiale. Utopia? E' possibile. Però ci ho sempre provato e continuerò a provarci per amore, non certo per disaffezione. Se fosse disaffezione... non me ne importerebbe per nulla... .
Un abbraccio pieno di comprensione
Ornella
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi mariastella » 4 apr 2009, 13:47

Cara Ornella,
sei molto coraggiosa , hai le idee chiare e conosci bene anche gli argomenti di cui si parla e si scrive. I miei sono solo rimuginamenti personali e, per quanto riguarda il mio impegno"nella Chiesa", dovrei risalire all'adolescenza ( un po' distante, del resto). Per quanto mi riguarda, è vero, sono molto isolata o così mi sento. Un po' le cose della vita, un po' il carattere e un po' le mie scelte "inconsuete" (secondo gli altri) mi hanno portata a questo. Gli ultimi quattro anni, poi, con "lui" prete che usciva ed entrava come un uragano nella mia vita, mi hanno isolata ancora di più, in un mare di silenzio soprattutto. Devo solo "buttarmi" e decidere cosa voglio da me e cosa voglio fare "da grande"!!!! So solo che i "dogmi" mi lasciano perplessa e ritengo che ognuno debba essere lasciato libero di agire senza imposizioni e/o ricatti, sapendo chiaramente che le persone cambiano nel corso della vita ( mi riferisco anche all'altro intervento sull'argomento del celibato/convenienza), dal momento che la vita stessa è forutnatamente un divenire e non una grande pietra al collo.
Un abbraccio forte ed un augurio speciale a te e tuo marito.
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi ornella » 4 apr 2009, 18:19

cara Mariastella,
brevemente... nessuno può ricattare o far leva sulla paura a meno di non lasciarglielo fare. Bisogna svegliarsi in questo senso! E se ad essere ricattato in qualche modo è un prete, ecco perché io caldeggio che, celibi o sposati, i preti si mantengano esattamente come faceva san Paolo: per non subire ricatti da nessuno, almeno di ordine economico. C'è poi la piaga dolente della scarsa passione per il documentarsi sia sugli atti della nostra chiesa che per quanto riguarda le teologie passate e presenti, anche quelle che vengono considerate in qualche modo eretiche. Esiste tutta una cultura che io ho scoperta perché stimolata proprio da alcune conoscenze fatte tra il clero, pensa un po'! Conoscenze al di fuori della comunità, perché in comunità di solito si fa una media e si dà quello che la gente chiede (o che si suppone chieda). E dall'altra parte molti si guardano bene dal porre domande al prete perché lo considerano un'autorità. E così si innesta una commedia degli equivoci per cui quello che si dice in comunità è si e no la metà di quello che si dice fuori dai denti o ci si scrive, soprattutto privatamente. Non è che ci si faccia una bella figura... .
Ti auguro di crescere presto e con serenità, se questo è il tuo bisogno. E di sentirti libera: senza libertà interiore al più si sopravvive, ma non si vive... .
Un affettuoso abbraccio
Ornella
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi Stefania » 15 apr 2009, 22:32

Mi colpisce il fatto che si parli di ricatto con tanta facilità e non è una critica agli altri interventi, ma una constatazione. Esiste tutta una serie di ricatti che davvero sono presenti nella storia tra il prete e la donna, e più in generale nei fatti di chiesa.
Che siano manifesti o meno, ci sono!
Il prete è senza dubbio ricattato. Lo ricatta il superiore/vescovo ricordandogli le sue promesse, il suo ruolo, i suoi voti, il suo status (nonché il suo stipendio). E lo ricatta la sua coscienza che lo fa sentire in peccato.
La donna lo è altrettanto. La ricatta il prete ricordandole di essere prete e di appartenere a qualcun'altro o qualcos'altro e non a lei. e negandosi ad ogni richiesta che lo impegni un minimo di più, minacciando di sparire o sparendo proprio. La ricatta la società, la gente, per la quale ancora resta quella che ha infastidito e turbato il sacro. E anche lei ha a che fare con la propria coscienza.
Ci sono poi molte altre situazioni di ricatto verso tutti noi. Tutti i credenti (osservanti) sono ricattati dalla religione. Siamo tutti ostaggio di un aldilà che, a seconda del nostro comportamento sarà luminoso e fantastico o tenebroso e malefico. Veniamo ricattati per anni e anni, fin dall'infanzia, con storie orribili quanto fantasiose sul diavolo e gli indemoniati, sul peccato, sulla presunta necessità di riparare il peccato originale, di cui però porteremo traccia indelebile nonostante ogni sforzo.
Per non parlare della necessità di confessare, di elencare, di espiare i peccati di cui ci siamo macchiati prima di essere "ammessi alla comunione"
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi ornella » 16 apr 2009, 7:30

Cara Stefania,
per parlare di ricatto bisogna risalire al "senso di colpa" che genera "paura". Il nocciolo della questione sta tutto lì. Ora, qualsiasi religione si dà delle regole, anche minuziose, come qualsiasi società umana, e fa leva sul giusto/sbagliato secondo una visione temporalistica della fede, sovente ignorando gli uomini e le donne che questa fede praticano. Ho parlato di "paura" e non di "rimorso" perché sono due concetti ben diversi. Il rimorso va insieme al senso del peccato, la paura alla consapevolezza del "giudizio", non quello di Dio, ma quello dei confratelli e delle consorelle, inclusi i preti e incluso per i preti. Bisogna stare attenti nel maneggiare questi temi delicati, perché la paura ha molto a che fare col sacro incarnato dalla struttura religiosa, mentre il senso del peccato (della propria mancanza che ha bisogno di perdono) ha a che vedere con la crescita della propria coscienza. Riguardo ai ricatti, quando ne ho parlato io intendevo quelli molto concreti che so esistere da persone terze, anche al di fuori dal problema delle relazioni clandestine, che mi dicono che molti "sono presi per fame" (sic). Questo va oltre la questione che stiamo trattando, comprende una miriade di situazioni diverse che causano pressioni indebite e violente nei confronti di chi, per molti motivi, non si riconosce più all'interno di una struttura, incluse le monache. Il salto qualitativo tra la pratica e la grammatica, ovvero tra quello che uno/a si trova a vivere e l'ideale che gli/le viene proposto all'inizio o che cerca di seguire è tale da essere suscettibile di generare situazioni come questa. Per quanto riguarda noi donne, siamo ricattabili nella misura in cui ci isoliamo, vivendo da sole il conflitto interiore che ci troviamo davanti. L'isolamento non è altro che la conseguenza della "paura del giudizio", prima che del senso del peccato. Ammesso che si possa parlare di peccato per un innamoramento che fa soffrire come bestie e io non lo credo. Però desidero essere molto chiara: non penso che liquidare il nostro senso del peccato ci aiuti a crescere, anche perché il nostro disagio di coscienza permarrebbe e peserebbe come piombo sulla nostra vita spirituale. Credo invece che si debba fare ogni sforzo per eliminare la paura del sacro, quella davvero sì. "Sacro" e "giudizio" vanno purtroppo insieme, e generano mostri, sia in carne ed ossa, ovvero i giudizi degli altri/e tagliati con l'accetta, sia dentro noi stessi/e, facendoci sentire disprezzabili prima ancora che ricattabili.
Uscire dalla pania passa dalla maturazione interiore, che ci consente di guardarci dentro come siamo e non come vorremmo tanto essere, del resto lo dice san Paolo quando si chiede "perché faccio il male, che non voglio, e non il bene, che voglio?".
Ma uscire dalla pania implica anche un minimo di fiducia nella condivisione di vita con altri/e, e soprattutto non confondere la fallibile, peccatrice, umanissima struttura umana, con la ecclesìa che tutti/e siamo chiamati/e, con carismi diversi, a costruire: il Regno. Ora, almeno per come la vedi io, il Regno si costruisce partendo da un po' di serenità personale e da un minimo di sororità/fraternità collettiva, qui e adesso, e da una confidenza maggiore con le parole e la prassi trasmesseci nei vangeli. Una ricerca al positivo, quindi, e non appoggiandoci sempre sui divieti ufficiali. Non perché non ne dobbiamo tenere conto, ma perché i soli divieti servono, e neanche tanto, per i bambini piccoli, i figli della "madre ansiosa" chiesa-gerarchia che mostra di avere paura anche dell'acqua fredda... . Talvolta indubbiamente in buona fede. Inerzia? Tentativo di far permanere un potere coercitivo? Ignoranza della quotidianità della gente? Mille sono le risposte possibili, ma le risposte non mi interessano più di tanto. Quello che mi importa dire è che non concepisco nessuno/a che non possa venire perdonato in una comunità, per quanto gravi siano i peccati commessi. Perché la "scomunica", ovvero l'imposizione giudiziaria a uscire dalla comunione dei credenti, significherebbe una sorta di inappellabilità di giudizio che nessun cristiano sano di mente può imporre, a meno di non sostituirsi a Dio e non diventare quindi blasfemo. E riguardo a Dio, e al nostro divenire, io credo che più rimarremo dentro il nostro carcere di paure, più sarà facile che questa prigione ci perseguiti, rendendoci asfittici, timorosi, ripiegati su noi stessi. Non credo che un Dio buono, che ha accolto il prodigo dopo avergli data la sua parte di eredità senza condizioni, non stia aspettandoci a braccia aperte. Tutti. Anche i papi che sbagliano. Anche i peggio figuri. Una fede "libera" non ci rende tutti innocenti e santi, ma ci aiuta a non drammatizzare le nostre mancanze, e a vedere le pagliuzze come tali e le travi come tali. Una fede infantile fatta di divieti, genera, solitamente, non solo la paura del giudizio ma il giudizio nostro e altrui, intendedo come "giudizio" una chiusura senza possibilità di appello. Dimenticando che "con la stessa misura con la quale giudicate sarete giudicati"... . Ora, permanendo all'interno delle nostre fantasie e frustrazioni, finiremo col giudicare gli altri, magari su altri punti di dottrina o di morale che paiono non coinvolgerci direttamente. Questo lo ho riscontrato abbastanza spesso, purtroppo.
Un bacio
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi ornella » 16 apr 2009, 8:42

Errata corrige: laddove vi è ripetizione "incluso i preti e incluso", leggasi "incluso i preti e le monache".
Con le scuse
Ornella
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi chino » 16 apr 2009, 11:43

ho lasciato il ministero per sentirmi libero di amare senza remore, senza lacci di nessun genere. Lo potevo fare perchè autonomo economicamente. Ho insegnato storia e filosofia per tanti anni nei licei. Troppi preti non sono autonomi....e il vescovo li può prendere per fame. Il condizionamento è pesante. Per quanto mi riguarda non fui risparmiato da un forte ricatto da parte del vescovo: "sei un bravo prete, hai il dono della parola che tutti ti riconoscono, hai tutte le carte in regola e i titoli per la carriera episcopale, io stesso ti accompagnerò per questa strada, non lasciare il ministero!!!!" Mi sono fatto questa convinzione: i vertici della chiesa non rinunceranno alla legge del celibato, cercheranno di aggirarla in mancanza evidente di vocazioni tradizionali. Moltiplicheranno i diaconi con famiglia, elargendo loro mansioni sempre più ampie, e se proprio ci saranno costretti consentiranno a noi preti sposati qualche mansione in subordine tra i sacrestani-chierichetti e i diaconi in pensione, ma che non s'allarghino troppo!!! Infine sono convinto che solo le maniere forti possono scuotere le colonne del Bernini e il Cupolone,...ma queste maniere tardano, purtroppo a venire. Consistono in una seria organizzazione dei movimenti dei preti sposati e consorti che sia punto di riferimento con alcune idee chiare per un profondo rinnovamento complessivo della vita della chiesa in prospettiva ecumenica. Siamo troppo divisi ed individualisti !!! Per analogia faccio riferimento alla nostra sinistra arcobaleno divisa che ha la pretesa di vincere su Berlusca. Berlusca resta in eterno!!! Così il celibato!!! Mi vorrei sbagliare, sia chiaro!!! Chino
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