di ornella » 18 apr 2009, 8:02
In linea di principio concordo con Stefania, sia sul fatto che le strutture parrocchiali rischino di essere autoreferenziali che sull'abolizione dei seminari come luoghi di "separatezza dal mondo".
Per le parrocchie l'autoreferenzialità dipende moltissimo dal luogo ove sono ubicate e da chi le presiede: le comunità abbastanza piccole funzionano meglio dei parrocchioni, se chi le presiede ha un concetto strettamente gerarchico della comunità. La missione "ad gentes" va a farsi benedire stretta tra mille impegni che sono il prodotto delle richieste dei fedeli per i sacramenti (quasi esclusivamente salvo commendevoli eccezioni) e la comunità diventa autoreferenziale trascurando quanti/e hanno bisogno di parola di Dio e non frequentano. Per quanto concerne i seminari, io credo che un giovane o una giovane (quest'ultimo riferimento è detto purtroppo in prospettiva) abbiano maggiore probabilità/possibilità di crescere psicologicamente e spiritualmente rimanendo a stretto contatto con le proprie radici e con la vita quotidiana, senza nulla togliere alla loro preparazione teologica e pastorale. Ci sono preti che conosco che dicono apertis verbis di avere buttato alle ortiche un sacco di nozioni non appena si sono resi conto della perniciosità delle stesse, e ce ne sono altri che mi hanno raccontato quanto disumanizzante fosse la vita, soprattutto in età adolescenziale, in una comunità chiusa come il seminario. Questo senza aggiungere i vari scandali che sono accaduti e sappiamo dai giornali... .
Io ho sempre servito da "esterna" alle comunità che frequentavo per svariati motivi, non ultimo la indisponibilità di un tempo fisso da dedicare, e devo dire che ho riscontrata una strana affezione "al campanile", spesso la mancanza di voglia di collaborare tra parroci, ma anche alla base tra i catechisti, pur se c'era una parrocchia limitrofa in chiare difficoltà. Per cui credo che il futuro passi attraverso piccole comunità laiche di lettura della Parola, di elaborazione collettiva di quanto si legge e perciò si pratica, con una crescita umana e spirituale che tonifichi e scuota dalla routine anche i frequentatori assidui e impegnati delle parrocchie, laddove è possibile. Personalmente ho sempre "mangiato" dove mi trovavo, ma ho sempre affiancato alla celebrazione eucaristica un dialogo e un confronto teologico stretto col presbitero e qualche fratello/sorella, ove fosse possibile. Manca però, almeno per la mia esperienza, un'evangelizzazione "di strada", che esca dalle mura e raggiunga altri/e dove ci si trova, indipendentemente dal dove si frequenta. Io ho visto, e alcuni preti poi se ne lamentano non rendendosi conto che proprio la struttura e la pastorale settoriale delle parrocchie tendono a favorirlo, che ci sono fratelli e sorelle "specializzati" settorialmente che però, una volta terminate le loro "funzioni", all'esterno chiudono la bocca! Ho anche visto ex catechisti abituati a fare catechesi secondo quanto il parroco loro diceva di dire, pur non essendo convinti del tutto di quanto andavano dicendo... . Altro potrei aggiungere. Per contro, a oggi, l'unità pastorale e punto di riferimento rimane la parrocchia coi suoi pregi , che sono molti se non altro come prima accoglienza, e i suoi difetti, e da lì è obbligatorio partire. Da lì e dalle famiglie che ruotano intorno alle varie comunità. Perché questo abbiamo e non tutto è da buttare. Oltrepassare spiritualmente e fisicamente le "mura" e i "campanili" è fattibile da subito. Basta rimboccarsi le maniche e non marcare il cartellino appena finita la "lezione". Io ho fatto di tutto: dal collaborare ad animazioni liturgiche alle illustrazioni a computer dei tempi forti, dalle sintesi di testi di teologia al preparare celebrazioni per catechisti e animatori. Non ho mai fatta direttamente catechesi sacramentale, ma ho fornito molto materiale anche in questo settore, da quella per i bambini a quella prematrimoniale. Ma mai mi sono sognata di smettere quello che ho sempre ritenuto un dovere e un privilegio: ricercare con altri/e sui passi del Vangelo anche a casa, mia o altrui, e dare una mano come potevo. Ho imparato molto sia umanamente che spiritualmente. Bisogna che le persone ce le andiamo a cercare noi, e non occorre bussare alla porta in due come i TdG., vengono da sole se riscontrano apertura e disponibilità all'ascolto. Le curiosità sono tante, le reminescenze di esperienze devastanti a contatto con la struttura religiosa di più, e a fronte di questo le parrocchie non possono fare molto, abituate come sono che siamo noi che "andiamo" da loro. C'è tanto spazio "vergine" se ci si vuole/può mescolare con coloro che sono in qualche modo fuori dall'istituzione, e c'è un gran bisogno di ascolto degli adulti, per i quali la struttura non è in grado di fare niente perché non ci vanno. Un ascolto amicale e gratuito può aiutare a fare il primo passo verso... la scelta che poi ognuno/a farà in piena autonomia, senza aspettarci alcun risultato, senza statistiche dell'affluenza alle messe, senza aspettarsi di "portare a casa" qualche pecorella smarrita. Col solo mezzo e fine della gratuità.
Un saluto affettuoso
Ornella