Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

“Non è bene che l’uomo sia solo…” (Gen 18)

Questo blog nasce dall’esigenza di portare alla luce la sofferenza, i problemi, le contraddizioni e gli ostacoli o i divieti che derivano dalla legge del celibato obbligatorio dei preti, così come previsto nell’ordinamento della chiesa cattolica romana.
Vuole essere principalmente un punto per lo scambio di esperienze e per il sostegno reciproco di quanti sono coinvolti in questa problematica:

• Le donne, che sono costrette a nascondersi, talvolta a vergognarsi di ciò che provano, subendo i cambi continui di umore di una immaturità affettiva dei chierici

• I preti, che vivono uno stato di confusione tra ciò che sembra essere il loro obbligo di fedeltà verso la chiesa a cui appartengono, e la bellezza di una nuova scoperta.

• I figli nati da queste relazioni, che hanno tutto il diritto di essere figli come tutti gli altri e quindi amati e cresciuti da entrambi i genitori. Soprattutto, come la gerarchia sosteneva a riguardo del referendum sulla legge 40, hanno il diritto di conoscere chi è il loro padre

E’ evidente che il celibato obbligatorio sia solo uno dei sintomi di una rigidità dottrinale che non contempla il bene dell’uomo e, per questo, la chiesa stessa (il popolo di Dio) deve trovare la forza e la libertà di andare oltre la legge, proprio sulle orme dell’uomo Gesù che ha avuto il coraggio di sfidare i mali del Tempio.

Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi Stefania » 16 mar 2009, 13:27

Invito tutti coloro che intervengono ad attenersi all'argomento proposto.
La scelta da parte del prete di lasciare il ministero per essere libero di sposare la propria compagna non c'entra assolutamente nulla con le "trasgressioni sessuali" cui qualche iscritto erronemente fa riferimento.
Invito inoltre gli altri utenti ad ignorare ogni riferimento fuori contesto.
Grazie della collaborazione
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi mariastella » 18 mar 2009, 13:57

ciao a tutti. Finalmente trovo le parole per entrare nell'argomento, sperando di non ripetere altri interventi ( ho letto il tutto in più riprese e quindi il pericolo c'è!). Ritengo inumano che le persone siano obbligate a scegliere fra due sentimenti che, non necessariamente, devono escludersi l'un l'altro. Tutti abbiamo una qualche vocazione, sia pur più "limitata" di quella del sacerdote. Prendiamo la vocazione di "madre": l'amore che si sente per i propri figli non esclude l'amore per un'altra persona, anche perchè sono sentimenti diversi. Ad esempio, i figli unici non devono essere mai messi in condizione di dover "scegliere" fra l'amore per il/la compagno/a e l'amore verso i propri genitori, perchè, anche qui, sono sentimenti diversi e l'eventuale scelta porterebbe solo dolore. Allora, mi chiedo quanto sia "libera" la scelta di abbandonare il ministero per amare una donna. Non credo che l'amore per Dio debba necessariamente escludere qualsiasi altro amore. Mi farebbe paura leggere negli occhi dell'altro il " guarda cosa ho fatto per te", oppure essere imprigionata nel "guarda cosa hai fatto per me".
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi FedericoBollettin » 24 mar 2009, 22:40

Ricordo cosa mi disse un pastore luterano del Camerun, sposato naturalmente, mentre gli raccontavo la mia storia: "Ci sono diversi tipi di amore!" Nella sua semplicità era entrato nel cuore dell'argomento! "L'amore per Dio è una questione di orientamento, l'amore per una persona invece è qualcosa di concreto, coinvolge la nostra fisicità e non si può mettere sullo stesso livello di quello per Dio". In modo chiaro e senza molti giri di parole, Martin mi sfatava il mito secondo cui la Chiesa per un prete cattolico è la sua sposa. Per la nostra cultura razionalistica, per chi ha avuto una certa educazione, la dimensione corporea può essere benissimo repressa per lasciar spazio a concetti, idee, ragionamenti. Perchè non possiamo sentirci tutti quanti discepoli di Cristo? In tutti gli effetti? Indipendentemente se abbiamo famiglia o no?
Vi confido, c'è ancora molta tensione dentro di me! L'altro giorno ho incontrato un amico prete sposato che mi invitava a "elaborare il lutto" accettando serenamente di non essere più prete e cancellando i miei comportamenti da prete. Per certi versi ha ragione, anche se non ho mai avuto la faccia da prete, però è giustissimo rinnegare il proprio individualismo, quella sindrome da salvatore che mi impediva di costruire rapporti alla pari. Però io credo ancora al 60% di quello che facevo mentre esercitavo ufficialmente il ministero. E continuo a proporre iniziative e attività nelle quali mi sento me stesso. Il prossimo viaggio in Africa che sto organizzando è un'esperienza che ho già fatto un paio di volte e che ripropongo proprio perchè ci credo. Forse lo faccio più per me, per cercare di trovare una continuità tra il mio passato e il mio presente. Però sento che fa parte di me.
Insomma, sto lottando con me stesso per convincermi che l'amore per una donna non mi ha "sfigurato", non mi ha cambiato del tutto, mi ha semplicemente arricchito. Mi insegna a vivere su questa terra, ma non mi sento così diverso. I miei pregi e i miei difetti sono quasi gli stessi di alcuni anni fa! Con questo voglio dire che non riesco a convincermi di aver voltato pagina, di essere saltato da una sponda all'altra, ma di aver acquisito maggior consapevolezza e soprattutto un maggiore equilibrio relazionale.
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi tere73 » 25 mar 2009, 21:35

Ciao a tutti.
non sono pienamente d'accordo sulla frase LASCIARE: UNA SCELTA PER LA LIBERTA'.... piuttosto direi LASCIARE: UNA SCELTA PER LA FELICITA' in quanto se uno SCEGLIE (sbagliato, giusto, inevitabile o imposto che sia) vuol dire che comunque si sente LIBERO di poter fare una scelta e presuppongo che il 90% delle volte l'uomo quando sceglie qualcosa è per seguire una felicità superiore a quella che già possiede.
Si lo so... c'è poi quel 10% che purtroppo ci fa non scegliere vuoi per paura, pigrizia o indifferenza... ma ci scommetto comunque che quel 10% di persone non sarà mai felice come dovrebbe essere.
Buon proseguimento a tutti.
Ciao
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi Stefania » 26 mar 2009, 14:40

Carissima Tere, la mia infatti era una sorta di provocazione.
Infatti porrei meglio la domanda: perché per amare una donna, e quindi essere pienamente felice, un prete deve scegliere? E' davvero libertà questa?
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi mariastella » 26 mar 2009, 19:39

ciao. Personalmente, non credo che sia libertà, ma solo una scelta sempre sofferta, in qualsiasi modi si scelga. Libertà è ben altro, non credete? a presto
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi Giulia » 31 mar 2009, 21:47

Lui va dal vescovo per raccontare( per l'ennesima volta) quello che gli accade.
Il vescovo gli ripete (quindi ennesima ripetizione) che deve rivedere (ennesima) la sua vita e le sue scelte precedenti.
Io mi chiedo (n*) ma qualcuno riesce a pensare che ci sono anche io!?
Le sue scelte valgono anche per me!!!

Sono stanca. Questa non è libertà.

Non uscire, non parlare, non ridere forte, non farsi vedere, non progettare, non aver voce in capitolo, non chiedere, non troppe cose!
Giulia
 
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi ornella » 31 mar 2009, 22:12

In breve, colpita da quanto scrive Giulia. Hai ragione, Giulia! Ragionissima! Fotografi una situazione nella quale tu sei sbattuta fuori in nome di "un amore più grande", come se potessimo usare un metro per misurare l'amore. Mi ha colpito anche l'ultimo intervento di Federico. Federico, io non so se esistano le "facce da prete", la mia fallibile esperienza mi dice soltanto che i seminari contribuiscono moltissimo a fabbricare un uomo "separato" non solo dagli altri (pazienza che dovrebbe vivere "per gli altri") e che questo "amore più grande" rischia di diventare fonte di solitudine, delusione, talvolta senso di impotenza quando si sbatte il naso nella realtà che non siamo perfetti, e che gli altri sono unici tanto quanto noi. Io non vedo conflitto tra l'amore per una donna e l'amore per Dio: se lo vedessi dovrei forse considerare il ministero matrimoniale in qualche modo inferiore al ministero presbiterale. Ma non sono abituata a graduare l'amore, a cercarvi una perfezione disumanizzante. Mi limito a concludere ricordando che Gesù ci insegna che "non è ciò che entra nel cuore dell'uomo/a che lo/la contamina..." citanto a braccio.
Quindi coraggio, Federico e Giulia, l'amore che non libera non è amore, è una colossale finzione dell'amore imbastita da una teologia clericale che ha perso il contatto con l'umanità del messaggio di Gesù di Nazaret.
Vi abbraccio
Ornella
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi Stefania » 1 apr 2009, 23:03

Mi sento molto vicina a Giulia per quello che ci sta raccontando. Sono certa che non sia facile vivere (o forse non vivere) un amore di nascosto, attenti a qualunque cosa si dica o faccia, perché si potrebbe sapere...
Quando si ama lo si vorrebbe poter gridare! Ed è sacrosanto.
La spaccatura, anche nelle varie opinioni presenti su questo blog riguardo la fatidica "scelta", evidenzia che, di fatto, una scelta davvero migliore di un'altra forse non c'è proprio. Ecco perché non c'è libertà.
Lasciare il ministero non è libertà, così come non lo è lasciare la donna. E' il fatto stesso che si ponga una scelta tra due cose che potrebbero coesistere a chiudere ogni possibilità di libertà, e quindi di felicità e pienezza di vita.
Allora, a parte la consueta modalità che è quella di viversi la storia di nascosto, perché non si cerca "rifugio" altrove? Intendo in un'altra denominazione cristiana in cui il prete può sposarsi.
Cos'ha questa istituzione cattolica di così speciale, oltre alla presunzione di conoscere e controllare i cuori?
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Re: Lasciare il ministero: una scelta per la libertà?

Messaggiodi ornella » 2 apr 2009, 8:22

Cara Stefania,
mi permetto una breve risposta alla tua ultima. Io credo che la risposta sia nella parola "rifugio". Uno che si rifugia in un non meglio specificato altrove comunque fugge da qualcosa o da qualcuno. E' più difficile restare dove si è e tentare di modificare la situazione stando "dentro". Certo però se uno, in questo caso sto parlando di quei preti che, dopo il matrimonio, per sopravvivere psicologicamente con la loro famiglia, non "dimentica" e non si "occulta". Personalmente non credo che esista un rifugio sicuro, perché a se stessi non si sfugge... . Per farti un esempio banalissimo sullo stato di confusione e di illiceità che uno vive in certe situazioni, porto un aneddoto che riguarda una persona che ho conosciuta piuttosto da vicino: si è sposato una prima volta a Cintano, presso il cenacolo familiare, poi si è ri-sposato, ho letto, alla CdB. di don Barbero, e non ancora in pace con se stesso, avrebbe desiderato un altro matrimonio con due testimoni quali Ausilia e suo marito, allora ancora in vita.
Se questa non è la dimostrazione lampante di quanto difficile sia anche "regolarizzare" davanti a noi stessi una situazione che si vive come una trasgressione, io non saprei quale altro esempio portare.
La libertà non la si ottiene "rifugiandosi" né buttandosi nell'oblio, ma lavorando su noi stessi. Sarà faticoso, ma un lavoro su noi stessi, che del resto compiamo tutti/e nei punti di svolta della nostra vita, è il solo in grado di aprire la strada a una adultità di rapporti con la nostra fede e con il nostro prossimo.
Posso sbagliarmi, ovviamente, però la vedo così.
Con affetto
Ornella
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