Donna/prete: le situazioni più comuni

“Non è bene che l’uomo sia solo…” (Gen 18)

Questo blog nasce dall’esigenza di portare alla luce la sofferenza, i problemi, le contraddizioni e gli ostacoli o i divieti che derivano dalla legge del celibato obbligatorio dei preti, così come previsto nell’ordinamento della chiesa cattolica romana.
Vuole essere principalmente un punto per lo scambio di esperienze e per il sostegno reciproco di quanti sono coinvolti in questa problematica:

• Le donne, che sono costrette a nascondersi, talvolta a vergognarsi di ciò che provano, subendo i cambi continui di umore di una immaturità affettiva dei chierici

• I preti, che vivono uno stato di confusione tra ciò che sembra essere il loro obbligo di fedeltà verso la chiesa a cui appartengono, e la bellezza di una nuova scoperta.

• I figli nati da queste relazioni, che hanno tutto il diritto di essere figli come tutti gli altri e quindi amati e cresciuti da entrambi i genitori. Soprattutto, come la gerarchia sosteneva a riguardo del referendum sulla legge 40, hanno il diritto di conoscere chi è il loro padre

E’ evidente che il celibato obbligatorio sia solo uno dei sintomi di una rigidità dottrinale che non contempla il bene dell’uomo e, per questo, la chiesa stessa (il popolo di Dio) deve trovare la forza e la libertà di andare oltre la legge, proprio sulle orme dell’uomo Gesù che ha avuto il coraggio di sfidare i mali del Tempio.

Donna/prete: le situazioni più comuni

Messaggiodi Stefania » 13 gen 2009, 13:08

Mi sembra che ci troviamo in una fase del blog piuttosto fertile, con molti interventi e voglia di tentare di cambiare le cose. O se non proprio cambiarle, quanto meno darsi degli strumenti per affrontare le situazioni con una fede più adulta e una diversa consapevolezza. Per fare questo abbiamo bisogno del sostegno di tutti, dei preti sposati, già presenti sul blog, dei preti in ministero, dei simpatizzanti a qualsiasi titolo e di tutte le donne che spero saranno felici di condividere il loro pensiero.
Partirei proprio da episodi che mi capita di ascoltare nei miei contatti più frequenti.
Premetto e sottolineo che ne parlerò nel modo più generico possibile in ragione della confidenzialità e riservatezza che ho garantito a tutti/e.
Mettiamo il caso che i due si incontrino, si piacciano, lui faccia il primo passo, la storia comincia. Poi d'improvviso, il senso di colpa porta alla decisione di lui di rinunciare a qualsiasi approccio intimo, ci amiamo "come fratello e sorella", o, molto spesso la scelta è quella di evitare la confessione per non essere costretti a parlare di questa situazione, vissuta, nella maggioranza dei casi, con un vago senso di vergogna e di inadeguatezza nei confronti dei parrocchiani e dei confratelli.
Che rapporto è mai questo?
Accettare o rifiutare un compromesso di questo tipo? E perché?
(Cercate, se possibile, di fare interventi brevi e attinenti - Grazie)
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Re: Donna/prete: le situazioni più comuni

Messaggiodi ornella » 13 gen 2009, 18:11

Io rifiuterei un amore ambiguo. Perché non esistono gli "amori come", esistono dei sentimenti che non possono essere definiti per categorie. Accetterei un rapporto sororale solo se io stessa lo vivessi come tale e quindi sapessi di essere in grado di sostenerlo ed alimentarlo alle condizioni date. Ma il quel caso non c'è bisogno di definzioni né di accordi. Ognuno sa che nelle relazioni semplicemente amicali esiste un limite da non valicare, altrimenti si tratta di altro e non di semplice amicizia. Il nascondersi dietro a definizioni di "amori come" non aiuta, semmai genera insoddisfazione, speranza di cambiare l'altro, sensi di colpa perché si sente interiormente che quanto ci viene offerto o chiesto non basta. E non è che non basti perché siamo egoiste, non basta perché il nostro, scusatemi se mi includo anche se non l'ho provato, non è quel genere di amore.
Spero di essere stata concisa. E chiara.
Un affettuoso abbraccio
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Re: Donna/prete: le situazioni più comuni

Messaggiodi Stefania » 13 gen 2009, 19:20

Grazie Ornella.
E' ovvio che esista un limite ben preciso che distingue la relazione di coppia da un rapporto d'amore amicale. Il punto è che, pur di non "sporcare" un sentimento con qualcosa di "inopportuno", si da spazio alla più libera fantasia. "Siamo solo amici", "tu lo sai che io non posso, è stato un momento di debolezza".
Questo significa darsi sempre e comunque una giustificazione, cioè, io non ho deliberatamente intrapreso una relazione sessuale con una donna, le voglio bene e, purtroppo, siccome sono debole, qualche volta sono vittima (mai artefice!) di una scivolata, che Iddio mi perdoni!
Equivale a dire, "io di per me sarei puro e casto, ma tu mi porti dove non vorrei arrivare!"
Cosa spinge una donna a accettare di essere considerata (e in fondo a ritenersi lei stessa) una occasione di peccato?
E' abbastanza facile dare una risposta superficiale: "meglio così che per niente". E' davvero così?
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Re: Donna/prete: le situazioni più comuni

Messaggiodi ornella » 13 gen 2009, 19:53

Cara Ste,
se avessi la risposta al motivo per cui le donne si sentano un disvalore, avrei fatto tombola! Io credo che al fondo di questa continua autosvalutazione ci sia un vizio di sostanza: noi donne cristiane patiamo un maschilismo travestito di tenerezza che tende a scaricare su di noi aspettative, e quindi colpe, che non ci debbono appartenere. Verrebbe facile appigliarsi al confronto improponibile tra noi comuni mortalie la "struttura culturale "Madonna", che è più il risultato di un elaborato maschile che una realtà storica, epperò ci viene proposta come "esempio" di ogni virtù possibile da un immaginario gestito da uomini-maschi, per di più celibi, per cui la perfezione del femminile passa dalla verginità alla maternità, senza nulla nel mezzo. Riguardo al fatto che ci vengano scaricate addosso tutte le rsponsabilità, è patente immaturità dell'altra parte, avallata robustamente da tutti i preconcetti e pregiudizi assorbiti negli anni di formazione seminariale e rafforzati da una buona dose di misoginia condivisa tra confratelli. E' perciò facile che il "lui" della situazione sia del tutto impreparato a gestire dei sentimenti, non solo la sessualità, in modo adulto e quindi a non assumersi alcuna corresponsabilità in una relazione che lui stesso sa essere ambigua. Spesso persone così non chiariscono la situazione neppure con loro stesse e se possibile troncano improvvisamente ogni rapporto perché incapaci di sostenerlo. O di sostenere un confronto alla pari. Io ribalto però il problema anche dall'altro punto di vista. Perché mai accettare delle relazioni scostanti, fatte di aperture più apparenti che reali, che non accetteremmo se non avessimo a che fare con un prete o un religioso? Perché, mi pare di poter dire abbastanza semplicisticamente, noi donne e uomini laici siamo sempre in situazione di "inferiorità" nei confronti di questi fratelli, che percepiamo come in qualche modo ontologicamente diversi. E' il problema generale della maturazione del laicato, di un rapportarsi autentico con l'altro. Un problema particolarmente sentito dai/dalle cattolici/che per via della sacramentalità rappresentata dal clero. Uscire dalla pania non è semplice ma è possibile, però non è un percorso che si possa fare da una parte sola, quella di noi laici/che. E' una strada che dobbiamo imboccare insieme per uscire dal "sacro" ed approdare all'autenticità del Vangelo.
Troppo teorica l'idea? Lo capisco. Ma al fondo di troppi rapporti io "leggo" questa disparità tra la figura "sacerdotale" (virgoletto apposta perché è un termine che non condivido) e il resto dell'universo mondo.
Sarebbe lungo qui riportare il lavoro di Concilium sulle varie "rappresentazioni" del clero, riportato nel numero che riguardava la pedofilia nella chesa, ma mi rifaccio a quel testo che cred sia disponibile anche in questo sito, da rileggere, perché per me esprime bene le sfaccettature delle varie personalità che poi ci ritroviamo davanti, ovviamente tagliate un po' con l'accetta. Insomma per me il problema si fa serio quando i rapporti non sono paritari. Sempre. Lo possono essere? Io ne conservo alcuni molto preziosi, ma non faccio testo, ovviamente.
Un abbraccio forte
Ornella
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Re: Donna/prete: le situazioni più comuni

Messaggiodi Stefania » 14 gen 2009, 14:56

Tutte noi, e dico proprio TUTTE, abbiamo pensato, almeno una volta, "poverino, in fondo lui ha già il suo bel da fare, ha la sua vita, io devo restare da parte, basta che ogni tanto trovi del tempo per me".
Questa è la trappola in cui cadiamo più facilmente. Una trappola che deriva dalla nostra atavica idea del prete, lui è il ministro sacro, che fa tutto per tutti; io cosa sono in rapporto alle anime di cui si prende cura? In fondo già fa una trasgressione non indifferente nei miei confronti, che chissà quanto gli costa, come faccio a pretendere chiarezza o maggiore disponibilità?
Ed ora la stoccata finale che ci toglie da ogni imbarazzo: "Per quanto mi tratti come un oggetto, mi riservi le briciole del suo tempo, mi travolga con sensi di colpa che sono i suoi ma poi diventano anche i miei, spesso faccia finta di non conoscermi davanti agli altri, decida sempre lui se-come-dove-quando tanto da costringermi ad attese sfiancanti, io senza di lui non ci so stare".
Se fossimo abbastanza lucide ed oneste con noi stesse ci renderemmo conto che in realtà, stiamo già facendo senza.
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Re: Donna/prete: le situazioni più comuni

Messaggiodi ornella » 14 gen 2009, 16:03

Magari stessimo "facendo senza"... . Stefania, il fatto grave, temo, è che noi finiamo col trovare tutte le giustificazioni possibili ed immaginabili pur di poter continuare a proiettare sull'altro i nostri desideri. Ovvero di fatto viviamo "senza" ma perseguitate dalle nostre illusioni, alimentate di gesti da niente. Il coinvolgimento è sottile, pervasivo, tanto che alcune sorelle, all'inizio, si chiedono se non vedano lucciole per lanterne... perché non siamo NOI a prendere l'iniziativa, di norma è il lui della situazione che lancia segnali inequivocabili per poi ritrarsi. E' quello che normalmente siamo abituati a chiamare "gioco seduttivo femminile" e che spiazza quando è messo in atto da un uomo, perché è al di fuori da ogni esperienza precedente. Finiamo per scambiare l'incertezza adolescenziale, la mancanza di controllo, con la "pudica tenerezza". Di storie così ne ho lette fino a farmi venire il mal di testa. Sono delle trappole mortifere, nel senso che non lasciano speranze.
Mi piacerebbe però leggere altre, anche perché per me è facile parlare, e magari sbagliare. essendone al di fuori. Io ho avuto modo di fare esperienza di un "adolescente" così che però all'anagrafe aveva cinquant'anni... so che cosa significano certi segnali e so per esperienza personale che, anche se ci si nega, o forse proprio perché ci si nega, le reazioni sono sottilmente e vigliaccamente vendicative. Come so perfettamente che, per personalità così, la coorte delle pie donne, quelle che poi diventano le carnefici di altre donne con una spietatezza unica, sono la cortina difensiva del "bambino"... il quale è vero, poveretto, ha troppo da fare, deve essere perfetto, inossidabile, immarcescibile, e poi... DEVE corrispondere a una tonnellata di proiezioni altrui eccetto essere se stesso. E come vogliamo che si cresca, a questo modo?
Un bacio
Ornella
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Re: Donna/prete: le situazioni più comuni

Messaggiodi tere73 » 14 gen 2009, 22:50

Quanto è vero Stefania quando dici "....Per quanto mi tratti come un oggetto, mi riservi le briciole del suo tempo, mi travolga con sensi di colpa che sono i suoi ma poi diventano anche i miei, spesso faccia finta di non conoscermi davanti agli altri, decida sempre lui se-come-dove-quando tanto da costringermi ad attese sfiancanti, io senza di lui non ci so stare....".
Tutto purtroppo e precisamente VERO e allora mi chiedo: e io perchè senza di lui non ci so stare?
E provo anche a rispondermi: FORSE perchè lo amo di un amore puro, genuino, vero e vivo che non ho mai provato fino a d'ora con nessuno... E forse anche perchè anche io mi sento amata in modo particolare e speciale come nessuno mi ha mai fatto sentire prima... Lo amo più della mia stessa vita, una vita che senza di lui non avrebbe più senso ma che sono disposta a rinunciarci se un giorno mi dicesse che la sola cosa che lo rende felice e realizzato è continuare a FARE il sacerdote, già perchè amare vuol dire volere per prima cosa il bene dell'altro, dare o rinunciare anche alla propria vita per l'altro, per il tuo lui.
Ma quanto è difficile!!!! E poi a essere sincere con me stessa... ci riuscirò mai?
Spero con tutto il cuore di non darvi mai risposta a questa domanda...
Un abbraccio a tutti. ciao
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Re: Donna/prete: le situazioni più comuni

Messaggiodi enrico » 15 gen 2009, 0:18

Care amiche seguo con molto piacere i vs.scritti, e quindi vorrei farvi notare quanto segue: Le trasgressioni di natura sessuale da parte del clero, che un vescovo luterano ha definito “un problema nascosto da generazioni”, stanno ormai venendo alla luce. Ma come osserva il Los Angeles Times, questo ha portato anche a “imbarazzanti ammissioni pubbliche e costosi procedimenti legali che hanno mandato in fallimento diverse chiese”. Il Times riferisce che secondo le agenzie di assicurazione si stanno attualmente dibattendo nei tribunali ben 2.000 casi di abusi sessuali in cui sono coinvolti esponenti del clero.
È anche degno di nota il fatto che alcuni degli ecclesiastici maggiormente coinvolti sono cattolici. A. W. Richard Sipe, psicoterapeuta ed ex monaco benedettino, ha intervistato 1.000 sacerdoti e 500 altri uomini e donne, molti dei quali hanno ammesso di aver avuto contatti sessuali con ecclesiastici. La rivista Time riferisce che, secondo Sipe, circa metà dei 53.000 sacerdoti cattolici degli Stati Uniti infrangono il voto di celibato. Secondo Sipe, circa il 28 per cento dei sacerdoti hanno relazioni con donne, mentre un altro 10-13 per cento d’essi hanno rapporti sessuali con uomini adulti e il 6 per cento soddisfa le proprie voglie con bambini, di solito maschietti. Negli ultimi 6 anni le autorità cattoliche hanno dovuto sborsare a titolo di risarcimento, in oltre 100 casi di abuso da parte di ecclesiastici, dai 100 ai 300 milioni di dollari.
Molti ritengono che gran parte di questi problemi sarebbero eliminati se i sacerdoti potessero sposarsi. Forse alcuni saranno sorpresi di sapere che in nessun luogo la Bibbia proibisce ai ministri cristiani di sposarsi. Ma la Chiesa Cattolica proibisce ai sacerdoti di sposarsi dal XII secolo. È interessante notare che, parlando della grande apostasia dalla vera adorazione che si sarebbe verificata dopo la morte degli apostoli, Paolo scrisse che “alcuni si allontaneranno dalla fede, prestando attenzione a ingannevoli espressioni ispirate e a insegnamenti di demoni, mediante l’ipocrisia di uomini che diranno menzogne, . . . i quali proibiranno di sposarsi”. — 1 Timoteo 4:1-3. Un caloroso saluto.
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