l'universo parallelo del silenzio

“Non è bene che l’uomo sia solo…” (Gen 18)

Questo blog nasce dall’esigenza di portare alla luce la sofferenza, i problemi, le contraddizioni e gli ostacoli o i divieti che derivano dalla legge del celibato obbligatorio dei preti, così come previsto nell’ordinamento della chiesa cattolica romana.
Vuole essere principalmente un punto per lo scambio di esperienze e per il sostegno reciproco di quanti sono coinvolti in questa problematica:

• Le donne, che sono costrette a nascondersi, talvolta a vergognarsi di ciò che provano, subendo i cambi continui di umore di una immaturità affettiva dei chierici

• I preti, che vivono uno stato di confusione tra ciò che sembra essere il loro obbligo di fedeltà verso la chiesa a cui appartengono, e la bellezza di una nuova scoperta.

• I figli nati da queste relazioni, che hanno tutto il diritto di essere figli come tutti gli altri e quindi amati e cresciuti da entrambi i genitori. Soprattutto, come la gerarchia sosteneva a riguardo del referendum sulla legge 40, hanno il diritto di conoscere chi è il loro padre

E’ evidente che il celibato obbligatorio sia solo uno dei sintomi di una rigidità dottrinale che non contempla il bene dell’uomo e, per questo, la chiesa stessa (il popolo di Dio) deve trovare la forza e la libertà di andare oltre la legge, proprio sulle orme dell’uomo Gesù che ha avuto il coraggio di sfidare i mali del Tempio.

Re: l'universo parallelo del silenzio

Messaggiodi signorafantasia » 19 nov 2008, 15:07

Vorrei anzitutto ringraziare di vero cuore ancora una volta voi tutte/i che avete partecipato con tanto interesse al dibattito da me sollevato. Nel leggere le risposte di tutte/i, non ho potuto fare a meno di trovarmi pienamente d’accordo con Stefania, che ha stilato una breve ma accurata analisi della “fenomenologia”(se di fenomeno si può parlare) dell’amore negato, nonché condividere il pensiero di Emma e Ornella, che, da punti di vista differenti, hanno offerto un ulteriore sviluppo della problematica sul piano tangibile .Quanto a te, Donfy, mi fa sempre più piacere che tu accompagni le nostre riflessioni con le tue considerazioni,e che scelga di condividere con noi il tuo sentire. Permettimi tuttavia di esprimere il mio dispiacere nel constatare che tu ti senta tacciato dai nostri discorsi, se non addirittura escluso dalle nostre valutazioni. Non mi pare che qui si siano mai create corsie preferenziali per affrontare l’argomento,anzi, sono sicura del contrario, dal momento che ognuno ha sempre espresso liberamente la propria opinione senza per questo sentirsi giudicato dagli altri. Del resto, credo che questo spazio sia nato proprio con l’intento di dare l’opportunità a chiunque di dire la propria,ampliando così gli orizzonti e il respiro della problematica. Perdonerai la mia franchezza, ma ho la sensazione che tu abbia le idee un po’ confuse: perché vedi, tu parli di numeri, pedine,e addirittura nemici, ma io qui non ho mai sentito nessuno parlare in questi termini. Dici che noi siamo ottuse, che facciamo di tutta l’erba un fascio,e ci limitiamo nell’analisi del problema alle nostre personalissime riflessioni. Ma sinceramente non credo di poter condividere le tue posizioni. Qui non c’è nessuno che giudichi i sentimenti o le intenzioni di alcuno, ci sono già troppe persone impegnate in questi compiti. Nessuno sta a sindacare sulla sfera affettiva di un prete, o sul turbamento che sconvolge la sua vita quando si trova faccia a faccia con una realtà che gli era stata semplicemente descritta,e si trova a fare i conti con le proprie convinzioni e contraddizioni, lacerato dal conflitto che permea il suo essere. Semplicemente si offre una prospettiva differente,sperando che si riesca a cogliere INSIEME il vero nocciolo del problema. Parli di cecità, ma l’unica volontà di non aprire gli occhi,e guardare oltre il proprio orizzonte,finora, l’ho toccata con mano solo dalla parte dei chierici. Senza dubbio dici bene quando affermi che in prima linea c’è la persona con i suoi sentimenti, il suo vissuto, il proprio modo di rielaborare le vicende e i rapporti, ci mancherebbe altro, per carità. Ma vedi,come ha ben esposto Ornella,qui non si tratta di reprimere o controllare pulsioni assolutamente naturali. Si tratta di responsabilità, intesa come capacità di rispondere alle situazioni e interagire con l’ambiente circostante. Si tratta di riconoscere la propria dignità di persona e rispettare quella dell’altro, come ha brillantemente sottolineato Emma. E questo non ha nulla a che vedere con i baci, gli abbracci o le effusioni amorose che devono essere contenute se non addirittura represse. Si tratta di alzare lo sguardo, e volgerlo verso l’altro. Capire i suoi sentimenti,e rispettarlo. Che non significa lasciarlo libero di andare dopo aver condiviso un’ora o una settimana di passione. Tu forse non te ne rendi conto, ma già il modo in cui ne parli dice molto. “Arginare la forza di un sentimento”, quasi come se si trattasse di un fiume in piena capace di distruggere ogni cosa al suo passaggio. L’amore non è questo. E’prima di tutto condivisione, che significa partecipazione, accoglienza dell’altro e nell’altro. Ad armi pari,senza maschere. La vita a due, è ben diversa dalla passione tumultuosa e dai sospiri che si perdono nei meandri del cuore nell’attesa spasmodica dell’amato/a. E in questo Ornella ci ha regalato una bellissima testimonianza che illustra in modo esaustivo il concetto. Qui non si tratta di dare lezioni o impartire insegnamenti di vita;lo trovo inutile,è la vita stessa a mostrarti il cammino. Ma vedi,un conto è affermare che le persone che incontriamo nel corso della vita ci danno l’opportunità di comprendere,attraverso le relazioni che intrecciamo con esse(di qualunque natura siano) una parte di noi che ci è ancora nascosta; un altro usarle per cercare di “stabilire un contatto” con la Divinità o approfondire il proprio rapporto con Dio. Perché visto in quest’ottica, viene alla luce un profondo egocentrismo che esclude tutto il resto,e cancella ogni buon proposito, nonchè una marcata immaturità intellettuale ed emotiva,intesa non come mancanza, ma come interruzione di un processo cognitivo fondamentale. Dovremmo prima di tutto imparare ad ascoltare. E a guardare. L’amore non fa chiudere gli occhi davanti ai problemi,anzi:li spalanca di più. Nessuno pretende di “convertire” gli altri, attraverso la propria personalissima esperienza, al proprio modo di pensare, “universalizzando” in tal modo una problematica che ha bisogno di tutt’altro che essere rinchiusa in rigidi schemi e statiche vedute; anzi,è proprio la diversità e la peculiarità che si rincorre, in modo da approfondire la questione in tutti i suoi aspetti. Del resto,se così non fosse, non staremmo qui a parlarne,e il confronto stesso non avrebbe ragione di esistere. Quanto alle “crisi”, credo che non dispiacciano a nessuno. E sento di poter parlare a nome di noi tutte, se dico che ben vengano;sono un ottimo pretesto e un punto di partenza per realizzare una piena e consapevole maturazione intellettuale e una crescita emotiva individuale e collettiva. Nessun fondamentalismo. Lasciamo gli “ismi” fuori dalla porta, siamo qui per parlare, non per fare proseliti.
Un abbraccio con affetto,e grazie ancora a tutte/i per la vostra partecipazione.
Ange
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